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eolico si eolico no
- Subject: eolico si eolico no
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 16 Dec 2005 07:11:21 +0100
da lavoceinfo.it
05-09-2005
Perché non soffia il vento dell'eolico Marco Iezzi
Mauro Sylos Labini Negli ultimi anni, la crescita del prezzo del petrolio e l’instabilità dell’area medio-orientale hanno accelerato l’espansione dell’energia eolica. Cresce nel mondo del 20 per cento all’anno, con una potenza passata dai 2.500 megawatt (MW) del 1992 agli attuali 40.000 MW. Le torri e il paesaggio
Nel mondo, ma non da noi. Pur avendo ampia disponibilità di energia eolica, l'Italia fino ad ora non ha investito su questa fonte energetica così come invece hanno fatto la Germania (15.239 MW), la Spagna (6.800 MW) e la Danimarca (3.094 MW, si veda la figura 1). Anzi, negli ultimi tempi si sono accentuate le diversità di opinioni tra il ministero dell’Ambiente, alcune Regioni e gruppi di ambientalisti e cresce la resistenza a costruire sul territorio le grandi torri per la produzione di energia eolica. Le resistenze sono comprensibili: le torri eoliche hanno un’altezza che varia tra i sessanta e i cento metri ed eliche lunghe sino a trenta metri; andrebbero costruite in punti particolari del territorio, come i crinali montuosi dove la ventilazione è maggiore, ma con un pesante impatto sul paesaggio. Lo stesso vale per gli impianti realizzati nelle vicinanze delle zone costiere, che provocano disagi anche per il rumore. Un’alternativa potrebbe essere perciò la costruzione di piattaforme off-shore, distanti alcuni chilometri dalla costa. Oltretutto, hanno il vantaggio di sfruttare venti molto più forti e continui, e dunque consentono rendimenti energetici ben maggiori. Anche i costi di produzione sono inferiori rispetto alla terraferma perché si possono realizzare installazioni di dimensioni più ampie. Le più importanti piattaforme eoliche off-shore sono in Irlanda e Danimarca. A Middelgrunden, di fronte al porto di Copenhagen, esiste una delle più grandi wind-farm del mondo che produce circa 100 milioni di kWh ogni anno. In questo caso, i mulini eolici sono stati posizionati in modo da non deturpare il colpo d’occhio della marina integrandosi nel paesaggio circostante. Nell’insieme le wind farm coprono circa il 20 per cento del fabbisogno elettrico della Danimarca con costi pari a 3 centesimi di euro/kWh, superiori solo ai costi delle centrali a carbone, che però producono notevoli quantità di CO2. Anche in Irlanda, uno dei paesi più ventosi d’Europa, è stato inaugurato il primo grande impianto off-shore: è costituito da sette eliche, ognuna alta come un palazzo di trenta piani, localizzate a dieci chilometri dalla costa nella parte sud-orientale dell’isola, sul banco sabbioso di Arklow. Le turbine, che sono state costruite dalla General Electric, forniranno elettricità a circa sedicimila abitazioni. Dopo la fase dimostrativa di un anno, probabilmente saranno acquistate da Zeusford, una società posseduta da Airtricity (il maggior produttore irlandese di energia rinnovabile) e dalla spagnola Ehn, che ha intenzione di ampliare la struttura fino a produrre 520 MW di energia, il 10 per cento del fabbisogno energetico di tutta l’Irlanda, ben al di sopra degli attuali 175 MW. Sulla terra ferma, proprio in questi giorni, è stato inaugurato nel Galles un "parco eolico" da 75 milioni di euro, il più esteso del Regno Unito, che soddisferà le esigenze di circa quarantamila famiglie inglesi. La centrale, che copre il 20 per cento della produzione eolica del Galles e consentirà un risparmio di 160mila tonnellate di CO2, è stata costruita da Falck Renevables, una società controllata dal gruppo italiano Falck. I progetti off-shore nel nostro paese
Nel nostro paese, in questo momento, i grandi progetti per la produzione di energia eolica sono tre, in Sardegna, in Calabria e in Puglia. Per il primo, siamo nella fase di individuazione del sito, in Calabria si sono rallentate le procedure per il cambio della giunta regionale, in Puglia i lavori di allestimento delle zone interessate procedono con una certa difficoltà, per l’impatto che decine di pale innalzate per sfruttare il vento possono avere sul paesaggio. Altre piattaforme eoliche off-shore potrebbero essere localizzate in prossimità dei porti, Genova, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Ancona, Olbia, Cagliari, dove è elevato il consumo di energia elettrica e limitato l’impatto sul paesaggio. Un programma di sviluppo dell’energia eolica incentrato sulle piattaforme off-shore potrebbe quindi rivelarsi molto interessante per l'Italia. Che ha bisogno di energia alternativa, pulita e a costi che non ci costringano a ridurre i consumi. Intanto, aspettiamo di vedere, tra qualche giorno, quale sarà l'adeguamento delle tariffe amministrative di luce e gas per il trimestre luglio-settembre 2005. Per saperne di più
American Wind Energy Association, "Global Market Reports", 2004, disponibile all’indirizzo http://www.awea.org/pubs/documents/globalmarket2004.pdf Danish Wind Industry Association, "Annual Report", 2004, disponibile all’indirizzo http://www.windpower.org/media/annual_report_2004.pdf The British Wind Energy Association, "Annual Review", 2004, disponibile all’indirizzo http://www.britishwindenergy.co.uk/pdf/reviewsmall.pdf 05-09-2005 Via col vento Massimo Tavoni Non rappresenta ancora più dello 0,1 per cento della produzione mondiale di elettricità, eppure l’energia eolica continua a far parlare di sé, riempie articoli scientifici e di divulgazione, viene studiata come esempio di sussidi pubblici. A volte mette perfino d’accordo eco-scettici, convinti che i mulini a vento debbano restare confinati ai libri di Cervantes, e ambientalisti doc, che guardano preoccupati allo sventolare delle pale, forse calandosi un po’ troppo nel ruolo di uccelli migratori. La situazione e le potenzialità
Nel frattempo, il vento fa la sua parte: 32 GW di potenza installata nel mondo al 2002 (poco meno della metà di quella complessiva italiana), una crescita del 32 per cento annuo dal 1997 al 2002. In termini assoluti, addirittura superiore a quella dell’idroelettrico; certo, sempre un ordine di grandezza inferiore a quello delle centrali a gas. Ma restando anche dentro i limiti dell’utilitarismo per cui "Economics matters", non se la cava poi così male (si veda la tabella): in siti buoni, il costo medio dell’energia eolica si aggira intorno ai 4-6 c$/kWh (senza sussidi o crediti), e passi avanti nella progettazione delle turbine potrebbero abbassare il costo fino a 2 c$/kWh nei prossimi venti anni. Date le premesse, viene da chiedersi quale possa essere il ruolo del vento nel soddisfare la crescente sete di energia, e allo stesso tempo limitare le emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico. Se l’energia eolica rimane infatti la più certa fonte verde di elettricità, vale anche il contrario: senza la sensibilità ambientalista di alcuni paesi, del Nord Europa in particolare, e i sussidi che ne seguirono a partire già dagli anni Settanta, la tecnologia e il mercato dell’elettricità eolica non si sarebbero di certo sviluppati così rapidamente. Adesso, con accordi stringenti sui limiti di emissioni di CO2, la disponibilità di una fonte a emissioni zero e a un prezzo ragionevole può tornare utile a tutti. Quale futuro quindi per l’eolico? È immaginabile che entro poche decadi il 20 per cento della produzione di elettricità globale sia eolica, come già accade in Danimarca? A che valore della CO2? C’è un limite superiore di penetrazione oltre il quale non si potrà comunque andare? I costi
Per studiare le potenzialità di sviluppo dell’eolico su larga scala, oltre ai costi d’installazione diretti bisogna considerare anche i costi che derivano dalla non continuità della generazione di elettricità, causata dalla variabilità del vento, e i limiti imposti dalla conformazione geografica. L’intermittenza è spesso citata come il principale ostacolo allo sviluppo dell’eolico. Sistemi di back-up – vale a dire capacità eccedente di centrali non intermittenti come le termoelettriche – devono essere approntati, e costituiscono un costo aggiuntivo che aumenta quello di pura generazione. Costi addizionali derivano dalle lunghe linee di trasmissione – i campi eolici sono spesso lontani dai centri abitati o addirittura nel mare – e dagli eventuali sistemi di accumulo. La distribuzione geografica pone, come ovvio, un limite fisico allo sviluppo dell’eolico: per essere competitivo, ha bisogno di siti con vento sostenuto, a volte in zone remote e poco accessibili, e comunque esauribili. Il costo dell’intermittenza viene generalmente quantificato attorno ai 2 c$/kWh, ma in realtà dipende da un elevato numero di fattori. In particolare, l’impatto sulla rete elettrica e i costi che ne risultano non sono ovvi quando il vento serve una percentuale importante della produzione elettrica. In Danimarca, ad esempio, i costi sono contenuti dall’efficienza del mercato elettrico del Nord Pool (Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia), dalla possibilità di accumulare energia tramite pompaggio dei bacini idrici norvegesi e dalla forte interconnessione con la rete elettrica tedesca. Qualora la penetrazione dell’energia eolica dovesse aumentare molto, investimenti in reti elettriche e connessioni saranno indispensabili, e i costi aggiuntivi potrebbero salire ben oltre i 2 c$/kWh. Molto dipenderà anche dallo sviluppo di mercati elettrici integrati, in cui poter scambiare eccesso di offerta di elettricità in modo efficiente. E la convenienza
In un articolo di prossima pubblicazione, due ricercatori nord americani hanno studiato la fattibilità economica dello sviluppo su larga scala dell’eolico per il mercato statunitense. (1) Diventa conveniente, compresi i costi aggiuntivi, per prezzi della CO2 superiori ai 40 $/tCO2: un valore elevato, ma molto vicino a quello scambiato nelle ultime settimane nel mercato dell’emission trading europeo. Inoltre, l’eolico è economicamente competitivo rispetto ad altre opzioni per la riduzione delle emissioni di gas serra, quali nucleare e carbone con sequestrazione e stoccaggio della CO2. Il successo dell’eolico, quindi, dipenderà innanzitutto da come si svilupperanno le politiche sui cambiamenti climatici, sia a livello internazionale, già dal dopo-Kyoto, sia di singole regioni o Stati. Tuttavia, sarà legato anche al modo in cui il sistema elettrico nel suo complesso saprà gestire la maggiore flessibilità imposta dall’eolico: rete e connessioni elettriche, mercati dell’elettricità, sistemi di previsione e di gestioni delle intermittenze, saranno tutti fattori importanti. Infine, la stessa composizione del parco di generazione elettrica sarà determinante: i costi aggiuntivi di intermittenza sono infatti molto più bassi se il mix elettrico è dominato dalle flessibili centrali a gas, che coprono facilmente le intermittenze, invece che da centrali a carbone o nucleare, più lente nel seguire il carico. (1) De Carolis, J. e K. David (2004), "The
Economics of Large-Scale Wind
Power in a Carbon Constrained World", in corso di pubblicazione in Energy Policy. Disponibile su internet all'indirizzo: http://dx.doi.org/ inserendo il |
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