un depuratore ogni mille metri , ma il mare è in agonia



  
da repubblica.it sabato 15 ottobre 2005
 
Un depuratore ogni mille metri ma il mare in Calabria è in agonia
L'INCHIESTA. A rischio quasi 250 chilometri di costa
Crolla il turismo e partono le prime inchieste
Un depuratore ogni mille metri ma il mare in Calabria è in agonia
La Regione in allerta: gli impianti inquinano invece di pulire
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

CE N'È UNO ogni mille metri di costa. In tutto sono 700. Alcuni paesi dell'interno come Longobucco e Parenti ne hanno 5, Cassano 6. Quelli sul litorale però sono solo tubi che fanno viaggiare tonnellate di rifiuti, avanti e indietro. Sono depuratori fantasma. Il mare è sempre sudicio, in certi giorni la schiuma biancastra è una striscia lunga 250 chilometri.
È questa la storia dell'ultima sporca estate calabrese: il Tirreno è diventato il bidone dell'immondizia di 2 milioni d'abitanti.
Scaricano solo e sempre in acqua. Scaricano la loro lordura millecinquecento torrenti e fiumare che scendono dalle montagne, scaricano le fogne a cielo aperto di cinquanta o forse anche di sessanta comuni, scaricano liquami, detersivi, saponi, plastica, veleni.
Qualche settimana fa hanno sequestrato il depuratore del carcere di Paola, buttava in mare sostanze chimiche. Prima avevano chiuso gli impianti di Amantea, di Falconara Albanese, di Fuscaldo. Quello di Fiumefreddo Bruzio l'avevano inaugurato a fine luglio, ai primi di agosto già rovesciava sul bagnasciuga cloro 250 volte sopra il limite di guardia.
Una mezza dozzina di società che gestiscono da Cosenza a Reggio il sistema della depurazione vantano una cinquantina di milioni di euro dalle amministrazioni locali, un contenzioso che ha mandato in tilt le reti fognarie e intasato migliaia di condotte.
Nel mare scivola tutto. Ci sono canali spaccati in due a poche decine di metri dalla riva, ci sono tubi colabrodo per risparmiare sui costi, ci sono vasche per lo smaltimento che non si svuotano mai. In ogni luogo dove c'è uno di quei depuratori c'è sempre una discarica sottomarina. Per "ripulire" la Calabria, tra il 2001 e i primi mesi del 2005 sono stati spesi 337 milioni di euro. Soldi usciti dalle casse dell'ufficio del commissario straordinario per l'emergenza ambientale della Regione, soldi sborsati molto in fretta e a quanto pare male.
Hanno aperto un'inchiesta giudiziaria e messo sotto accusa l'ex governatore Giuseppe Chiaravalloti, ipotesi di truffa e di disastro ambientale. La Corte dei Conti ha verificato che "meno del 10 per cento dei manufatti erano muniti di regolare collaudo", ha scoperto opere che non erano mai state eseguite, ha censito impianti mai completati.
Così è arrivata l'estate maledetta. Con il mare sporco come non lo era stato mai prima, con 45 chilometri di costa "permanentemente non balneabile", con quella striscia biancastra che galleggia tra le onde. Ogni giorno, affiora sempre nella tarda mattinata. E così, il nuovo governatore Agazio Loiero ha dovuto chiedere scusa a coloro che avevano scelto di passare le vacanze dalle sue parti. Di turisti, tra giugno e settembre, ce ne sono stati il 35 per cento in meno rispetto al 2004. È stato un atto di coraggio quello del governatore. Loiero però adesso avverte: "L'eredità del passato è davvero pesante e per affrontare i problemi ambientali fino in fondo c'è bisogno di un lungo periodo, stiamo cercando di muoverci per risolvere le situazioni più gravi". È una lotta contro il tempo in questa Calabria costruita nell'abuso e dove il mare l'hanno usato come pattumiera.
Già nel mese di agosto alla Regione avevano bandito una gara di appalto per l'acquisto di sette battelli "pulisci mare", imbarcazioni dotate di cestelli e filtri. In pochi giorni erano in acqua per rastrellare schifezze dappertutto.
Ne hanno raccolto per oltre 16 tonnellate. Quasi tutta plastica. Tre i "punti critici" del Tirreno: davanti a Cetraro, sotto Pizzo, a Bagnara. È stato il primo intervento, poi hanno cercato di mettere in funzione qualche depuratore.
"Abbiamo provato a fronteggiare l'emergenza quando la gestione degli impianti era praticamente inesistente", ricorda Diego Tommasi, un Verde diventato assessore regionale all'Ambiente nella regione più sfregiata d'Italia. Ora l'assessore ha pronto un piano per la prossima estate e un altro di lunga durata. Spiega: "In sette o in otto mesi non possiamo certo aggiustare quello che hanno distrutto in cinquant'anni, stiamo studiando qualcosa che possa risolvere i problemi alla radice. Invece di utilizzare depuratori che abbiano capacità di smaltire i rifiuti di un solo comune, ne vogliamo fare altri e più grandi che possano servire un intero territorio".
È la sua "rivoluzione" nella lotta contro l'inquinamento. Spiega ancora: "Il problema non sono soltanto i centri urbani ma sono soprattutto i torrenti e le fiumare in piena che trascinano in mare ogni rifiuto". Il piano l'ha consegnato giovedì mattina al ministro per l'Ambiente Altero Matteoli. C'è un preventivo di spesa di 728 milioni di euro. Serviranno almeno altri 1500 chilometri di reti fognarie per liberare la Calabria dalla sua immondizia. E altri 150 depuratori.
Intanto quelli vecchi vengono sequestrati. "Non funzionano e non potranno funzionare nemmeno l'anno prossimo", annuncia Franco Greco, il sostituto procuratore di Paola che ha messo i sigilli a quasi tutti gli impianti della zona. Nella sua squadra indagano il maresciallo della Capitaneria di Porto Orlando Calvano e l'istruttore della polizia municipale Emilio Osso, ogni mattina esaminano i prelievi dell'acqua, leggono le relazioni che presentano i carabinieri del nucleo sommozzatori, ordinano ispezioni alle condotte. È una sciagura ecologica quotidiana.
Quei depuratori non depurano più nulla. Le aziende che li gestiscono spesso non garantiscono neanche la manutenzione ordinaria, quando si rompe una pompa di sollevamento non la riparano, quando un compressore è sfiatato non lo sostituiscono, quando un canale è rotto neanche lo vengono a sapere. Aspettano solo i loro soldi dai Comuni, quei 50 milioni di euro che avanzano e che le amministrazioni non vogliono scucire.
È in coma il sistema della depurazione delle acque in Calabria. Raccontano che una vittima eccellente di questa tragedia ambientale sia persino il sindaco di Reggio Giuseppe Scopelliti. Abita tra Gallico e Catona. E lì vicino ci sta pure il vice sindaco Giovanni Rizzica. A poche decine di metri dalle loro case c'è uno di quei depuratori che ammorba l'aria e scarica inesorabilmente liquami a mare.
Nemmeno un sindaco può fare contro i depuratori fantasma della Calabria. Le denunce di Legambiente e del Wwf ormai sono dossier che riempiono gli archivi. Ma lo scandalo dei depuratori è scandalo solo da quando alla Regione è cambiata la guardia, da quando è arrivato Loiero con la sua giunta.
Dice il segretario regionale di Legambiente Leucino Cavuoto: "Vanno bene alcuni interventi di emergenza, credo però che ci voglia un approccio diverso per risolvere davvero le cause dell'inquinamento". Aggiunge: "Gli interventi straordinari non porteranno mai a niente, se non si responsabilizza chi gestisce il territorio estate dopo estate saremo sempre allo stesso punto e con il mare inquinato: sono le amministrazioni comunali che devono essere coinvolte nel processo di risanamento".
Il segretario di Legambiente ci parla su una terrazza che guarda il paese di Diamante. La scorsa estate hanno sequestrato tre impianti di depurazione anche qui. Diamante è l'immagine della Calabria di oggi. Ha quei tre depuratori che non funzionano, ha un territorio di 10 chilometri quadrati, le unità abitative sono 12 mila, le seconde case 9 mila, i residenti ufficiali 5 mila e quelli reali quasi 2500. Nel mese di agosto ci vivevano in 80 mila in quel bazar di cemento.