ALLARME BOLKENSTEIN



ALLARME BOLKENSTEIN



Marco Cedolin



Sta per approdare al voto a Strasburgo fra pochi giorni la proposta di
direttiva Bolkenstain (che prende il nome dal commissario europeo per la
concorrenza ed il mercato interno) forse il più fulgido esempio della
direzione nella quale l'Unione Europea intende muoversi nel prossimo
futuro, attraverso una strada lastricata dalla sistematica soppressione
dello stato sociale, dei diritti dei lavoratori e della libertà individuale.

Contrariamente al nobile proposito di ridurre gli intralci burocratici che
soffocano la competitività europea, di creare crescita e nuovi posti di
lavoro, la direttiva in oggetto si manifesta fin da subito come un flagello
in grado di smantellare definitivamente lo stato sociale, i diritti dei
lavoratori e gli equilibri salariali.

Innescandosi sulla situazione attuale già profondamente compromessa dalle
privatizzazioni indiscriminate, dalla pesante recessione economica, dalla
disoccupazione in continua ascesa, la Direttiva Bolkstein si propone di
stabilire un quadro giuridico applicabile, salvo rare eccezioni, a tutte le
attività economiche di servizi, perseguendo un approccio orizzontale e
rifiutando a priori ogni sforzo di armonizzazione con le singole
legislazioni dei vari paesi.
Per rendere l'idea di quanto vasto sia il settore di applicazione della
proposta, basti pensare che i servizi in essa contemplati rappresentano
oltre il 50% dell'intera attività economica dell'UE.

I reali obiettivi che la Direttiva Bolkstein intende perseguire appaiono
chiari non appena si prova a trasporre nella realtà il testo della stessa,
spogliandolo della maschera di falsi buoni propositi, della quale si è
inteso infarcirlo in maniera quasi ossessiva.
Scopriremo così come fra le pieghe di favole quali la "riduzione degli
oneri amministrativi" "l'incentivazione all'espansione transfrontaliera
delle imprese" "la riduzione dei prezzi attraverso lo stimolo alla
concorrenza" "la sequela infinita di vantaggi per il consumatore" ed altre
amenità sui generis, si celi invece una realtà destinata a parlare un
linguaggio per molti versi antitetico.

Gli ostacoli che la proposta intende seriamente smantellare, riguardano la
tutela del consumatore, la trasparenza nelle procedure, le garanzie sociali
ed ambientali, la qualità dei servizi, la possibilità di prendere decisioni
da parte delle autorità locali, nonchè i pochi paletti che ancora si
frappongono ad una privatizzazione selvaggia dei settori pubblici
dell'istruzione e della sanità, il tutto perseguendo l'isolamento ed il
disarmo incondizionato delle organizzazioni sindacali.

Il punto attraverso il quale si può apprezzare in maniera più evidente il
reale spirito che anima la direttiva è costituito dall'art. 16 che
introduce il "Principio del paese di origine".
In base a codesto principio, sovvertendo la legislazione finora in vigore,
un qualsivoglia fornitore di servizi è tenuto a rispettare solo e solamente
la legislazione del paese nel quale ha sede la propria impresa, potendosi
così permettere d'ignorare le leggi dei vari paesi nei quali fornisce il
servizio.
Appare immediatamente in tutta la sua evidenza, come una norma di questo
genere, che si va ad innescare su una molteplicità di stati sovrani ben
lontani dal rappresentare un'omogeneità legislativa a livello sociale,
fiscale ed ambientale, si proponga come trampolino di lancio per una serie
di conseguenze che anche un ottimista non esiterebbe a definire
catastrofiche.
In primo luogo le imprese risulteranno fortemente incentivate al
trasferimento delle proprie sedi sul suolo di quei paesi la cui legislatura
meno tutela i lavoratori ed il sociale.
In secondo luogo si creerà una sperequazione sociale fra lavoratori
operanti nello stesso stato, con conseguente progressivo appiattimento
verso il basso dei diritti e delle retribuzioni di coloro che lavorano nei
paesi che fino ad oggi sono stati più attenti alla tutela del lavoro e dei
diritti.
Più in generale s'introduce una cacofonia legislativa che da un lato
deregolamenta completamente il mondo dei servizi e dall'altro esautora le
organizzazioni sindacali e gli enti locali da ogni possibilità d'intervento.

La direttiva Bolkenstain non va letta come un errore di percorso, come un
qualcosa di avulso al contesto nel quale l'UE si sta muovendo da ormai
molti anni con risolutezza.
L'Europa del futuro, quella che man mano si sta tratteggiando, sia pur
permeata dai falsi buoni propositi, sarà in realtà permeata dal progressivo
regresso delle conquiste sociali che i suoi cittadini avevano conquistato
nella seconda metà del novecento.
Si profila un domani da vivere (o sopravvivere) in un mondo del lavoro
precarizzato oltremisura, dove lo stato di diritto e quello sociale
diverranno ben presto retaggi del passato.
Un'Europa sempre più privatizzata, succube della competizione sfrenata,
probabilmente più omogenea perché appiattita su un livello di qualità della
vita decisamente più basso rispetto a quello di oggi.
Un Europa dove perderà sempre più importanza il valore dell'individuo,
immolato sull'altare della competitività, del mercato e della concorrenza.
Un'Europa sempre più schiava del capitale, delle Corporation, delle banche,
delle grandi multinazionaliŠ.ancora una volta il passato che ritorna viene
spacciato per "nuovo" nell'intento di ottenere la supina accettazione da
parte dell'opinione pubblica.