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chia ha ucciso il pomodoro?,,
- Subject: chia ha ucciso il pomodoro?,,
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 6 Oct 2005 06:38:36 +0200
Chi ha ucciso il pomodoro Anselmo Botte* 8 settembre 2005 La campagna di trasformazione del pomodoro di quest'anno ha evidenziato in tutta la sua drammaticità alcune criticità che rischiano di stravolgere il settore nel nostro territorio. Il primo elemento di criticità riguarda un eccesso di produzione che in questi giorni ha determinato forti tensioni in Puglia e che denota una mancanza di programmazione tra le parti datoriali agricole e quelle industriali della trasformazione. È da anni che si evidenzia una carenza di pianificazione, che l'anno scorso ha determinato un eccesso di produzione equivalente a cinque mesi di consumo. Il buon senso avrebbe dovuto portare alla definizione di una contrattazione preventiva che tenesse conto di tutto ciò, invece si sono contrattati quantitativi ancora in eccesso che nel 2005 produrranno ulteriori eccedenze. Le manifestazioni dei produttori di pomodoro foggiani sono da addebbitare a questa situazione in quanto i trasformatori campani hanno difficoltà a trasformare un prodotto per il quale sanno in partenza che non ci saranno sbocchi di mercato. La cattiva pogrammazione non penalizza soltanto il mondo della produzione agricola, a rimetterci sono le stesse aziende industriali, in quanto le eccedenze di produzione determinano contrattazioni capestro per la vendita del prodotto trasformato. Il prezzo della crisi, come al solito, colpisce in maniera rilevante il mondo del lavoro composto dalle migliaia di lavoratrici e lavoratori delle campagne e delle aziende di trasformazione. Che si manifesta con una drastica riduzione dei già limitati periodi di lavorazione e nell'inasprimento delle condizioni di sfruttamento: basti pensare alle drammatiche condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori immigrati nelle campagne stagionali del conserviero nel salernitano (sottosalario,"cavallo di ritorno",ecc.). In questo scenario la sbandierata concorrenza cinese ha un ruolo decisamente marginale, in quanto il nostro paese importa esclusivamente concentrato che viene rilavorato e destinato all'export verso i paesi terzi. La crisi di questa campagna di trasformazione invece evidenzia i grossi limiti della contrattazione tra il sistema delle imprese industriali e quelle agricole che deve muoversi invece in un quadro di programmazione interregionale tra i territori di produzione agricola come la Puglia e quelli di presenza industriale come la Campania, che devono essere considerati un unico elemento della filiera e non territori in contrapposizione. La campagna conserviera in corso sarà molto probabilmente l'ultima caratterizzata da una così consistente presenza occupazionale nella nostra regione composta da circa 20.000 lavoratori stagionali e 2.000 fissi. Dal prossimo anno il gruppo A.R. (2.400 unità tra stagionali e fissi) sposterà tutta la sua produzione di pomodori, legumi e succhi in Puglia, nel foggiano, dove la vicinanza ai luoghi di produzione dovrebbe accorciare la filiera e ridurre i costi di produzione. Ciò potrebbe rappresentare un pericoloso precedente per un comparto che nato nelle nostre aree ha registrato una costante e lenta riduzione di produzione a favore dell'Emilia-Romagna prima, ed oggi rischia, con questa delocalizzazione, di innescare un processo che potrebbe determinare la sua fine. Riteniamo dunque opportuna qualche riflessione. La prima ci induce a constatare il totale fallimento delle politiche di sviluppo territoriale, va ricreduto infatti, che l'area dell'Agro-Sarnese-Nocerino e Sud-napoletano è stato oggetto di ben tre strumenti di sviluppo locale: il Distretto Agroalimentare, il Patto Territoriale e il Contratto d'Arca. Nessuno è stato in grado di creare condizioni di sviluppo, hanno al contrario determinato le condizioni per l'abbandono essendo incapaci di offrire soprattutto soluzioni delocalizzative adeguate. La seconda riguarda una pericolosa tendenza alla concorrenza delocalizzativa che rischia di innescare nel Mezzogiorno una guerra tra poveri, giocata sulle "agevolazioni" fiscali, strutturali, amministrative ecc., offerte dai territori trascinati in una competizione selvaggia della quale è facile ipotizzare le conseguenze negative di una economia costruita su soluzioni "drogate". La terza è legata alla mancanza di una strategia di siluppo del comparto, caratterizzato da un'elevata frammentazione dell'apparato produttivo e da un'esasperata competizione tra le aziende. La filiera del pomodoro nel nostro territorio avrà un futuro se riuscurà a coniugare l'alta qualità della produzione e l'altra professionalità raggiunta dalle maestranze. Questi due elementi legati ad una programmazione seria potranno rappresentare una opportunità di sviluppo di un settore che anche se da tutti considerato maturo può esprimere rinnovate potenzialità economiche per il territorio. *Anselmo Botte, Flai Cgil Salerno |
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