Katrina e' figlia del nostro modello di sviluppo cambiare si può basta volerlo



 
Katrina è figlia del nostro modello di sviluppo.

Cambiare si può, basta volerlo

 Il nostro pianeta è sempre più a rischio. Dobbiamo fermarci

Giorgio Nebbia

Si scrive Katrina, si legge riscaldamento globale. Gli uragani nel Golfo
del Messico e nel Pacifico sono eventi "normali", ma l'aumento della
frequenza e dell'energia di tali fenomeni e la frequenza e il potere
devastante delle altre catastrofi "naturali" - piogge intense e improvvise,
avanzata dei deserti, erosione delle coste, alluvioni - indicano che il
nostro pianeta è davvero esposto a fenomeni "non normali" dovuti ad azioni
provocate dagli esseri umani nella loro corsa sfrenata verso l'aumento del
consumo di merci e dello sfruttamento delle fragili risorse naturali.

Se ci fossero stati ancora dubbi, gli eventi degli ultimi anni dimostrano
che effettivamente lo spostamento del calore da una zona all'altra degli
oceani e dell'atmosfera è dovuto a modificazioni del bilancio energetico
del pianeta (variazioni fra energia solare in entrata e energia termica
irraggiata dal pianeta verso gli spazi esterni), che a loro volta sono
dovute a modificazioni della composizione chimica dell'atmosfera, che a
loro volta sono provocate dalla rapida crescente immissione nella stessa
atmosfera di gas provenienti dalle attività antropiche: consumo di
combustibili fossili, processi industriali, modificazione delle pratiche
agricole, alterazione degli ecosistemi forestali, aumento della
popolazione, urbanizzazione.

I governi e le compagnie di assicurazioni si piangono addosso per i soldi -
decine e centinaia di miliardi di euro - che devono essere spesi per
risarcimenti e ricostruzioni (i dolori umani non vanno contabilizzati nelle
economie correnti), ma nessuno ha il coraggio di affrontare azioni per
evitare ancora più grandi costi futuri. Citerò solo i titoli di tali azioni
che un governo potrebbe utilmente inserire nei propri programmi.

Uno. Modificazione dell'uso delle fonti di energia con graduale diminuzione
dell'uso dei combustibili fossili. Valutazione dei costi energetici, cioè
della quantità di energia (calore e elettricità) richiesta per produrre una
unità di merce (una tonnellata di cemento o di carne in scatola) o una
unità di servizio (un chilometro percorso da una persona; un'ora di
funzionamento di un computer, eccetera).

Leggi e finanziamenti dovrebbero essere diretti a incentivare i trasporti,
l'edilizia, i processi produttivi industriali ed agricoli, che forniscono
merci e servizi con minori costi energetici.

Due. Politica delle coste. I recenti eventi "non normali" mostrano che le
zone più colpite e danneggiate sono le coste, ecologicamente più fragili.
Le coste sono state disegnate lentamente, nel corso di milioni di anni, dal
mare e dal vento, e proteggono le zone retrostanti con dune, paludi,
vegetazione. Ma le coste sono anche le zone più pregiate dal punto di vista
finanziario e sono state modificate e occupate e invase da fabbriche,
città, attività turistiche, porti, strade. Le modificazioni climatiche
coinvolgono per primi i movimenti dei mari che si scaricano in maniera
violenta sulle coste.

Le coste dovrebbero essere restituite alla proprietà pubblica, con divieti
di ulteriori modificazioni e rimozione graduale delle opere esistenti.

I francesi avevano edificato la nuova Orleans, d'oltre oceano, sulle parti
un po' più alte del delta del Mississippi, che hanno avuto meno danni; gli
speculatori hanno costruito nelle paludi, che costavano meno, la città
proletaria che è stata spazzata via dall'alluvione.

Tre. Governo dei fiumi, sia dei grandi fiumi planetari sia dei
fiumiciattoli, ancora più fragili, come quelli italiani - Po, Tevere, Arno,
Adige, o i torrentelli come Piave, Volturno, Basento, eccetera - (i
diminutivi si riferiscono al confronto con fiumi più seri, e altrettanto
fragili, come Mississippi, Danubio, Reno, o i grandi fiumi asiatici). Anche
qui l'alveo, le golene, gli argini sono stati disegnati nel corso dei
millenni dal moto alterno delle acque e gli antichi governanti avevano
vietato l'occupazione delle terre vicino ai fiumi. Anche qui le rive dei
fiumi si sono rivelate le zone finanziariamente più pregiate dove si sono
concentrate città, fabbriche e strade.

Le modificazioni climatiche, provocando rapide alternanze di siccità e
piogge intense, spingono le acque dei fiumi a recuperare quegli spazi che
la natura gli aveva riservato e a spazzare via città, ponti, strade e opere
umane. Gli argini artificiali, sfondati dal peso dell'acqua crescente, non
hanno salvato dall'alluvione i quartieri di New Orleans costruiti sotto il
livello del Mississippi
La salvezza va cercata nel controllo del trasporto, in ciascun fiume, dei
detriti dell'erosione delle valli; le modificazioni climatiche provocano
piogge intense; le piogge accelerano l'erosione dei suoli non protetti
dalla vegetazione e i prodotti dell'erosione fanno diminuire la capacità
dei fiumi di ricevere piogge intense.

Quattro. Politica agricola e forestale. Invece di pensare a miserabili
finanziamenti per risarcire i produttori di pomodori che costano tre volte
di più di quelli importati dalla Cina, si dovrebbe pensare al ruolo della
biomassa forestale e agricola, vendibile o no, ai fini della difesa del
suolo contro l'erosione e le frane (che comportano costi monetari privati e
pubblici) e ai fini dell'eliminazione dell'anidride carbonica dall'atmosfera.

Il contributo dell'Italia - una macchiolina sul mappamondo, rispetto alla
superficie dei continenti e degli oceani - può essere piccolo, ma l'effetto
negativo della distruzione delle vegetazione e della alterazione della
superficie del suolo è in proporzione maggiore.

Qualche giorno fa su queste pagine mi sono permesso, presuntuosamente, di
suggerire ai futuri governanti di leggere qualche buon libro di ecologia,
di quella seria, non da salotto, per elaborare un programma elettorale
capace di mobilitare speranze e voglia di fare, e aspirazione al bonum
publicum, che si realizza principalmente con una politica dell'ambiente e
dei beni naturali.

Non è stato forse Marx a dire che è la natura è la fonte della vera
ricchezza?