energia elettrica produzione consumi e impatto ambientale



da medicindademocratica.it

Impatto ambientale causato dalla liberalizzazione della enegia elettrica in
Italia
II.Produzione e consumi di energia elettrica in Italia

15 maggio 2005

di: Marco Caldiroli e Luigi Mara

Queste note focalizzano le caratteristiche del bilancio energetico
complessivo italiano e le sue implicazioni future. In proposito, la Tabella
1 presenta il bilancio energetico italiano al 2002, per tipo di
combustibile, con la quota di produzione nazionale per i diversi
combustibili, le importazioni e le esportazioni, nonchè la quota destinata
alla produzione di energia elettrica (ovviamente per le centrali
termoelettriche). L'Italia è da sempre caratterizzata da una forte
dipendenza estera : le importazioni di combustibili fossili (petrolio, gas,
carbone) pesano per circa l'85% dei consumi totali (la media europea, nel
2002, è del 54%). Per l'esattezza siamo passati dall' 80,9% del 1995 al l'84,3%
nel 2002 "davanti" a Spagna e Belgio (75 e 76%), Austria (67,7%), Grecia
(63,4%), Germania e Finlandia (57 e 59%), Francia (48,4%), Danimarca (43%),
Svezia (38,3%), Olanda (24,8%), per non dire dei paesi esportatori di
energia come la Gran Bretagna (11,3%); dietro all'Italia pochi paesi:
Lussemburgo (98,4% nel 2002), Portogallo (89,1%), e Irlanda (87,3%). La
dipendenza italiana dovrebbe ridursi (intorno all'82%) in funzione del
reale incremento nell'utilizzo di "fonti alternative", mentre la produzione
nazionale di combustibili rimarrà sostanzialmente invariata (anzi, è
prevista una riduzione nelle quantità di gas naturale estratte dal
sottosuolo italiano a fronte di un incremento dei consumi di gas nei
prossimi anni). Un altro dato che caratterizza il nostro paese: la
produzione di energia elettrica dipende per circa il 70% dai soli
combustibili derivati dal petrolio e dal gas naturale. In Europa,
mediamente, il 70% dell'energia elettrica viene prodotta dalla combustione
del carbone e dal nefasto utilizzo di centrali elettronucleari (sono queste
due ultime fonti a ridurre - eccezion fatta per la Svezia - sensibilmente
le quote di dipendenza estera dei maggiori paesi europei dai combustibili
primari). Tornando alle fonti primarie di energia e al bilancio complessivo
ricordiamo che l'energia elettrica, così come l'Idrogeno non è una fonte
primaria, anche se viene spesso trattata come tale negli studi; essa è un
vettore energetico derivato dalla trasformazione di un combustibile
primario (carbone, lignina, gas, prodotti petroliferi), ovvero si tratta di
energia trasportata dalla rete elettrica con le relative perdite sia di
trasformazione che di trasporto. Il 2002, ultimo anno per il quale si hanno
a disposizione dati completi ancorchè provvisori, rappresenta un anno di
transizione, rispetto al trend che
prevede : un incremento dell'uso di carbone, con i relativi pesanti impatti
ambientali; una stasi nei consumi di prodotti petroliferi e del ricorso a
fonti rinnovabili; incrementi consistenti nell'utilizzo del gas, previsti
con il programma di nuove centrali a gas; un incremento nelle importazioni
dirette di energia elettrica. Per il periodo 1995-2002, nella Tabella 2 si
presenta l'andamento dei consumi di energia primaria (e di energia
elettrica) espressi in milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep)
Come brevissimo excursus storico dell'energia elettrica si ricorda
(prendendo a riferimento gli ultimi 50 anni, dal 1962) che dal 1962 al 1978
le quantità di energia importate sono state ridotte (intorno al 2%), mentre
a partire dal 1978 si è avuto un incremento progressivo (1983= +6,12%;
1988= +14,17 fino al 2002 +16,28%), che va di pari passo con l'assestamento
della capacità produttiva da fonte idroelettrica (+ 20,37% tra il 1962 e il
2002) e la estensione della produzione di energia elettrica da centrali
termoelettriche "tradizionali" ( + 894% tra il 1962 e il 2002). Tornando
all'oggi, dalla previsione "tendenziale" (legislazione e "business"
riferiti al 2002) del bilancio energetico nazionale al 2010 rispetto al
2000, emerge un forte incremento nei consumi di gas naturale (+ 31%),
principalmente nel settore della generazione elettrica (+ 50%) e nei
settori residenziali e dei servizi (+ 33%); si riscontrano anche forti
incrementi nei consumi di gas nei settori dei trasporti e dell'agricoltura
(in quest'ultimo settore con valori assoluti bassi), e un incremento del 2%
nel settore industriale (v.Tabella 3). In questo decennio (2000-2010), si
prevede un incremento dei consumi elettrici (+ 11,81% ), principalmente nel
settore industriale (+ 28,8%) e in misura minore nel settore
residenziale/servizi (+ 4,3%); una modesta diminuzione dei consumi di
petrolio (- 2,4%) in tutti i settori con un incremento dell'impiego del
carbone (+ 14%) dovuto alla sua convenienza economica rispetto al petrolio;
a tacere dell'aumento dei costi sociali derivanti dall'inquinamento
ambientale causato dalla combustione del carbone. Più avanti, in questo
dossier, mostreremo gli "scenari alternativi" ipotizzati e le ricadute
sotto il profilo ambientale sulla base di studi pubblicati.La Tabella 4
focalizza la struttura del parco produttivo e la relativa produzione di
energia elettrica negli anni 1999-2003. Questa tabella sintetizza anche la
produzione dell'energia elettrica degli ultimi anni, i consumi e le
quantità importate di energia elettrica. In particolare, nel 2003, anno di
crisi idrica ( [1]) che ha causato diversi problemi di produzione, il GRTN
ha calcolato un fabbisogno annuo della rete pari a 320.658 GWh, con un
incremento del 3,1% rispetto al 2002. Da questi dati "generali" è opportuno
evidenziare alcuni aspetti sui quali fanno leva le società che richiedono l'autorizzazione
per la costruzione di nuove centrali e, viceversa, le ragioni delle
popolazioni autoorganizzate che si oppongono alla loro costruzione, per gli
impatti ambientali e sanitari causati dalle stesse. Un primo aspetto da
evidenziare è quello della voce "energia destinata ai pompaggi", ovvero la
differenza tra l'energia netta prodotta dagli impianti e quella avviata
alla rete per il consumo nei diversi settori civili ed economici. Si tratta
di un valore che è passato dagli 8.903 GWh nel 1995 ai 10.492 GWh del 2003
( + 17,8%), equivalente al 23,7% della produzione di energia elettrica da
impianti idroelettrici (nel 2003 questo valore si è leggermente ridotto, (-
1,5%), rispetto al 2002). Si tratta, quasi esclusivamente, dell'energia
elettrica consumata per il pompaggio notturno dell'acqua spinta a monte
delle centrali (utilizzando energia di importazione a basso costo). Si
tratta della medesima acqua che, durante il giorno, produce elettricità
venduta a tariffe superiori (muovendo le pale dei generatori degli impianti
idroelettrici, poi raccolta a valle degli sbarramenti negli invasi a ciò
finalizzati, per il successivo "riciclo"). L'incremento di questa pratica è
determinato da speculazioni economiche (il gestore dell'impianto
idroelettrico lucra sulla differenza tra il costo della energia utilizzata
nel periodo notturno e il prezzo di cessione della energia elettrica
prodotta nel periodo diurno), anche per questo, durante la crisi idri-ca
dell'estate 2003, i gestori degli invasi erano restii a rilasciare l'acqua
per incrementare il livello dei fiumi e permettere la produzione agricola
nonché il funzionamento delle centrali termoelettriche lungo l'asta del Po
e dei suoi affluenti, oltrechè alimentare gli acquedotti. Si tratta di
fatti sui quali riflettere, sia sotto il profilo della gestione degli
impianti da parte dei produttori di energia elettrica sia sotto il profilo
della gestione di un bene della collettività, sempre più scarso, come l'acqua.
Un altro aspetto importante è quello delle fonti primarie dei combustibili
utilizzati nelle centrali termoelettriche. Come è
noto, nonostante si tratti degli impianti a maggiore impatto ambientale
sono anche quelli ove si accentrano le richieste maggiori per la
costruzione di nuove centrali; la Tabella 5 illustra la situazione
determinatasi nel triennio 2001- 2003. Tornando ai consumi di energia
elettrica, i dati presentati nelle tabelle 3 e 4 mostrano un costante
incremento, con una tendenza media di + 3% anno e con una accelerazione
negli ultimi anni. Secondo il Gestore della Rete Nazionale di Trasmissione
(GRTN) le principali cause di tale incremento sono:
  il massiccio incremento nell'utilizzo di condizionatori;
  l'incremento nei consumi per la catena del freddo (alimentare);
  la diffusione di apparecchiature informatiche. Superfluo ricordare che
tale Gestore si dimentica di dire che in Italia, deve essere ancora
attivata una efficace politica per il recupero e il risparmio energetico in
tutti i settori da quelli civili all'industria, dal commercio al terziario,
dai trasporti all'agricoltura. Politica non più eludibile e che, se
attivata, consentirebbe notevoli risparmi energetici, quantitativamente ben
maggiori dei suddetti incrementi dei consumi di energia elettrica. Per
quanto concerne i consumi domestici (per ragioni a noi sconosciute, essi
sono sempre accorpati con quelli del settore terziario), l'incremento è
minore rispetto ai settori economici, in particolare il terziario
(soprattutto il settore commerciale) e l'industria (alimentare, meccanica,
energia e acqua; inoltre, nello stesso periodo, i settori più energivori
come la siderurgia e la chimica non hanno diminuito i loro consumi). Pur
con i necessari distinguo del caso, va sottolineato che tale mancata
riduzione e, ancor più, l'aumento dei consumi elettrici in detti comparti
economici costituiscono certamente un indicatore della obsolescenza del
nostro apparato produttivo e commerciale. In altri termini, è
indispensabile attivare una incisiva ed efficace politica di risparmio e
riduzione di tutti i consumi energetici sorretta da altrettanti efficaci
programmi di ricerca industriale a ciò finalizzati. Nella Tabella 6, per il
periodo 1995-2003, si possono apprezzare tali incrementi dei consumi
elettrici (è escluso il settore dei trasporti che utilizza combustibili
primari) ad eccezione delle ferrovie.

Articoli della Rivista

In questa sottorubrica sono contenuti alcuni articoli pubblicati sulla
rivista "Medicina Democratica"

[1] Tale crisi ha interessato l'abbassamento dei livelli dei fiumi, in
primis del Po e dei suoi affluenti, ove, lungo le loro aste, diverse
centrali termoelettriche pescano l'acqua per raffreddare gli
impianti/processi. Inoltre, se possibile, cosa ancor più importante, lungo
le stesse aste dei fiumi pescano molteplici acquedotti che forniscono alle
popolazioni l'acqua da potabilizzare. Non va comunque taciuto che una delle
principali cause dell'abbassamento dei livelli delle acque dei fiumi è da
ricercarsi nell'abbassamento dei loro alvei dovuto soprattutto alle
attività di escavazione.