[tradenews] Pascal Lamy



"Sviluppo, sviluppo e ancora sviluppo"
Pascal Lamy nuovo direttore generale del WTO

Nel corso del consiglio generale che si svolgerà il 26 e 27 maggio prossimo,
il nostro ex commissario al commercio estero, il francese Pascal Lamy,
diventerà il quinto  direttore generale del WTO.
Il suo nome E' emerso per "consenso" dalla procedura di selezione dei
candidati che vedeva in lizza, oltre a Lamy, il brasiliano Luiz Felipe
Correa, il candidato dei paesi ACP  Jaya Krishna Cuttaree (Isole Mauritius)
e l'uruguayano Carlos Perez del Castillo, ultimo a cedere nella
competizione.
Come si può notare il nostro ex commissario era l'unico candidato dei paesi
"ricchi" ed E' riuscito a battere i tre candidati espressi dai cosiddetti
paesi in via di sviluppo che numericamente nel WTO (come nel mondo) sono
maggioranza assoluta. Può sembrare strano questo, ma succede spesso al WTO,
grazie al metodo del consenso.
Parlare di Lamy significa parlare di Seattle, di Doha e di Cancun, cioE' di
metà della vita dell'organizzazione mondiale del commercio. Significa
ripensare a tonnellate di discorsi retorici sullo sviluppo sostenibile e
sulla globalizzazione dal volto umano, contrapposti a un quotidiano impegno
per promuovere una liberalizzazione funzionale ai grossi gruppi
imprenditoriali a cui Lamy ha sempre aperto le porte.
Il 19 giugno 2003, in un seminario dedicato alle opportunità del settore
agri-food, candidamente disse che "l'industria agroalimentare ha il
privilegio di beneficiare delle attenzioni di tre commissari, un raro
privilegio nella Commissione!" , riferendosi a se stesso e ai colleghi
Liikanen (industria) e Fischler (agricoltura).
A Seattle, Lamy partì in quarta e si espose con una bozza di accordo
agricolo che per difendere la Politica agricola comune (PAC) acconsentiva
alla creazione di un gruppo di lavoro Wto che avrebbe avuto carta bianca
sulle biotecnologie, obiettivo numero uno statunitense a quel vertice
ministeriale.
Fece però un passo più lungo della gamba perché diversi paesi europei,
saputa la notizia, rifiutarono l'intesa.
Per il vertice successivo di Doha, la preparazione fu più accurata e il
nostro commissario espresse al meglio la sua capacità retorica.
E' esemplare al riguardo, l'intervista pubblicata sul Wall Street Journal
Europe il 17 luglio 2003, dove alla domanda su quali fossero i problemi più
importanti da risolvere per il Doha round, rispose: "sviluppo, sviluppo e…
sviluppo".
In effetti E' di Lamy il copyright per il termine "Doha Development Agenda",
"agenda di Doha per lo sviluppo"; in un'epoca in cui le parole hanno perso
il loro significato originale, l'idea geniale fu quella di "inventare"
questo termine per mascherare un ciclo di negoziati che in realtà prevedeva
un'agenda ben poco diversa rispetto a quella del Millennium Round rifiutato
alla conferenza di Seattle nel 1999.
Il nostro commissario uscì vincitore dal vertice in Qatar, anche se per
convincere i paesi in via di sviluppo della bontà delle sue intenzioni fu
costretto ad usare le maniere forti e far prolungare (senza consenso) di una
giornata la Conferenza. Nell'ultima notte di negoziato per convincere il
ministro indiano Maran a cedere fu necessaria persino una telefonata del
primo ministro inglese Tony Blair al collega indiano Atal Behari Vajpayee.
La Commissione europea giudicò "molto soddisfacente"  il risultato della
Conferenza, che difendeva gli interessi agricoli europei prevedendo nuove
liberalizzazioni nei servizi, nelle merci e negli investimenti.
Due anni dopo le cose andarono per un altro verso e Cancun fu per lui una
tappa dolente.
Alla vigilia del vertice in una delle tante interviste concesse, disse che
l'organizzazione mondiale del commercio "ci aiuta a passare da un mondo
Hobbesiano di illegalità diffusa verso un mondo più Kantiano - magari non
proprio di pace perpetua - ma per lo meno un mondo in cui i rapporti
commerciali non sono al di sopra della legge" .
Poi, messo piede nella località turistica messicana, Lamy estrasse dalla sua
valigia i vecchi attrezzi del mestiere e contraddicendo quanto detto, si
tuffò nell'arena comportandosi, per dirla con le parole di Hobbes, come se
le trattative commerciali fossero "una guerra di ogni uomo contro ogni altro
uomo".
Così per difendere i nostri sussidi agricoli non trovò di meglio che offrire
in cambio un bel niente, se non un accordo capestro sugli investimenti, per
ridurre lacci e lacciuoli alle imprese multinazionali.
Il gioco non riuscì perché i tempi erano cambiati e paesi come India,
Brasile e Cina non potevano più essere esclusi dalla stanza dei bottoni.
Lamy si arrabbio così tanto da definire medioevale il WTO e per qualche mese
si chiuse in uno stizzoso silenzio fingendo di avviare una revisione della
politica commerciale europea.
Ma dal medioevo di Cancun si E' passati rapidamente al Rinascimento di
Ginevra 2004, dove insieme all'inseparabile amico Robert Zoellick , gli
riuscì un colpo straordinario: riuscire a fare una conferenza ministeriale
senza giornalisti, senza organizzazioni non governative e soprattutto senza
ministri poiché nel consiglio generale che a fine luglio 2004 concordò la
ripresa dei negoziati dopo il fallimento di Cancun, furono presenti 25 dei
148 ministri del commercio  aderenti al WTO.
Poveri illusi noi che leggendo gli accordi costitutivi del WTO avevamo
capito che solo la Conferenza ministeriale era titolata per "svolgere le
funzioni dell'OMC" e a "prendere decisioni in relazione a tutti gli aspetti
contemplati dagli Accordi commerciali multilaterali" .
E ora quale sarà il programma di Pascal Lamy?
E' ovvio: "la priorità E' chiudere il round di Doha. E' l'obiettivo numero
uno, numero due e numero tre" . Non vi ricorda quello: "sviluppo, sviluppo
e.. sviluppo"?

Roberto Meregalli (Stopwto at unimondo.org)

Tradewatch (Osservatorio sul commercio internazionale promosso da Campagna
Riforma Banca Mondiale, Crocevia, Fondazione Culturale
Responsabilità Etica, Gruppo d'Appoggio al Movimento contadino dell'Africa
occidentale, Mani Tese, Rete Lilliput e ROBA dell'Altro mondo fair trade)