l'oro verde che arricchisce i soliti noti




da boiler.it
22.04.2005

BIODIVERSITA'
L'oro verde che arricchisce i soliti noti
di SARA CAPOGROSSI COLOGNESI

AIUTARE i paesi più poveri a sfruttare al meglio le proprie risorse si è rivelato un obiettivo difficile da concretizzare. Se è vero che sono passati più di dieci anni ormai dalla Un Convention on Biological Diversity, è anche vero che la ricchezza di biodiversità, il cosiddetto "oro verde", raramente entra nelle tasche degli abitanti delle regioni dove il numero delle specie è particolarmente alto. E il tempo non gioca a loro favore. Le grandi case farmaceutiche cominciano a intraprendere nuove strade, sviluppare biotecnologie del futuro, e alcuni paesi potrebbero perdere per sempre il treno della diversità genetica. Questi sono i soggetti principali della conferenza convocata in questi giorni a New York dalla United Nations University e dall'International Centre for Trade and Sustainable Development. I temi sono ripresi da un libro di Padmashree Gehl Sampath, ricercatrice dell'Institute for New Technologies olandese, Regulating Bioprospecting: Institutions for Drug Research, Access and Benefit-Sharing. E a discutere dei risultati che emergono da questa pubblicazione (la prima di una serie della Nations University Press per creare un dibattito sul panorama della ricerca farmacologia e delle leggi che la riguardano) si ritroveranno rappresentanti di istituzioni quali i National Institutes of Health statunitensi, il Centre for International Environmental Law, la University of London, la Stanford University e l'Harvard Medical school. Quel che serve - e che continua a mancare - è un ponte equo e solidale tra un Sud ricco di risorse genetiche e un Nord ricco di tecnologie. Si parla dunque di diritti di proprietà, e dei legami - anche e forse soprattutto economici - che uniscono i vari passaggi del processo contrattuale.

I punti di partenza sono quelli della Convention del '93: l'autorità dei governi nazionali per quanto riguarda l'accesso alle risorse genetiche presenti all'interno dei loro territori, e i diritti delle comunità indigene sulle conoscenze tradizionali. Ma, come dicevamo, non basta. Manca soprattutto l'informazione sui modi in cui l'industria farmaceutica farà uso di questo materiale. In simili condizioni, spiega Gehl Sampath, non è possibile capire le esigenze contrattuali di tutte le parti. È necessario evidenziare gli aspetti economici del processo contrattuale e in che modo questi aspetti influenzeranno le decisioni politiche. Spesso è proprio la scarsa regolamentazione nei continenti più ricchi di biodiversità ad allontanare gli investitori. Il libro cerca di fornire un contributo definendo le strutture ottimali per i diritti di proprietà e i meccanismi istituzionali per la regolamentazione dell'intero processo che possano controllare una distribuzione equa dei benefici, la conservazione della biodiversità, uno sviluppo sostenibile e al contempo promuovere gli investimenti nelle risorse genetiche. E l'attenzione si divide tra il settore farmaceutico e quello botanico, con quattro suggerimenti fondamentali: individuare le politiche e le istituzioni più utili, inserire le prospettive legate alla biodiversità all'interno di politiche sanitarie più ampie, promuovere le collaborazioni per utilizzare le conoscenze mediche tradizionali, e valutare le varie opzioni nelle negoziazioni per l'accesso e la condivisione dei benefici. «Senza tenere a mente le complessità del processo di scambi economici, il raggiungimento di obiettivi quali lo sviluppo di nuove medicine, il riconoscimento delle comunità e la condivisione di benefici, la conservazione della biodiversità e gli effetti positivi delle risorse genetiche per i paesi in via di sviluppo rimarranno mete irraggiungibili. Ciascun attore in questo processo, sia esso la comunità, l'azienda farmaceutica o l'autorità di governo di ciascuna delle parti deve essere consapevole che i guadagni a breve termine, in un quadro legale errato, non sostengono una collaborazione a lungo termine per la ricerca e lo sviluppo farmacologico», conclude Gehl Sampath in un estratto del suo libro.