bisogna che vada sul sito di peacelink e segua la
procedura di de iscrizione .
Ma lo deve fare dallo stesso account con cui si è
iscritto
andrea agostini
----- Original Message -----
Sent: Sunday, April 03, 2005 7:01
PM
Subject: R:il bilancio partecipato un
modello
Chiedo scusa ma non trovando più il tempo per leggere
i vostri interessanti messaggi vi chiedo di non inviarmene più di
nuovi. Vi ringrazio per l’informazione e l’aiuto fin qui
profusi. Alessandro.
Il 2-04-2005 23:37, "Andrea Agostini"
<lonanoda at tin.it> ha
scritto:
da
liberazione.it sabato 26 marzo 2005
Ill bilancio partecipato come
ricerca di un modello alternativo al capitalismo Presentato a Roma il
libro dell'ex sindaco di Porto Alegre, Raul Pont
Maria
D'Amico
Si può governare ribaltando l'idea del potere gestito
dall'alto e praticare esperienze di democrazia partecipativa? Sì, si può
fare e la conferma sta tutta nella testimonianza - pacata ma emotivamente
forte - di Raul Pont, uno dei fondatori del Partito dei Lavoratori in
Brasile, ex sindaco di Porto Alegre. La città brasiliana, prima esperienza
di democrazia partecipativa diventata poi modello di riferimento in ogni
angolo del mondo di azione diretta contro la mancanza di
democrazia. L'incontro organizzato a Roma per presentare il suo ultimo
libro La democrazia partecipativa Edizioni Alegre, è diventato
un'importante occasione per confrontarsi anche su altre esperienze. Da
quella praticata dagli operai argentini che autogestiscono le fabbriche
dopo il disastro economico, per arrivare a quelle italiane. Una realtà che -
da Vimercate a Grottammare passando per la Provincia di Roma e per alcuni
Municipi capitolini - è disseminata da un arcipelago di "esperienze
partecipative". Un dato questo che, in tempi di "devolution selvaggia"
imposta dai ricatti leghisti e legiferata da una maggioranza parlamentare
rappresentativa solo degli interessi della destra, non può che far ben
sperare. «Quando nel 1997 sono diventato sindaco di Porto Alegre - ha
raccontato Pont - ho cominciato subito a lavorare per recuperare l'idea
della partecipazione diretta dei cittadini a cominciare dal
coinvolgimento dei Consigli locali. L'introduzione del
Bilancio partecipativo, come metodo democratico di gestione delle risorse
pubbliche per le quali la popolazione in forma organizzata discute e
delibera sugli investimenti, ha rappresentato una vera e propria
inversione delle priorità delle spese pubbliche. Non più "grandi opere da
realizzare" ma apertura del bilancio su salute, istruzione, politica della
casa. Il Bilancio partecipativo non è l'unico strumento di partecipazione
popolare, ma rappresenta un elemento centrale di riposta alla crisi del
socialismo per la costruzione di un modello alternativo al capitalismo».
L'esperienza di porto Alegre - ha spiegato l'ex sindaco - «ha coinvolto
migliaia di donne e uomini diventando sempre più complessa. La città è
stata divisa in 16 regioni geografiche, dove ci si riunisce in assemblee
territoriali e tematiche. Queste, rappresentano i principali canali con
cui i cittadini si appropriano del bilancio del municipio, della
composizione delle entrate e delle uscite, di quali tasse o introiti
fiscali bisogna pagare o sostenere. In questo modo le persone
fanno proprie anche le spese di ogni assessorato o struttura municipale.
La delega non è prevista, tutti partecipano nella stesura del documento
programmatico che è elaborato dalla comunità e contiene il piano di
investimenti con i servizi e le opere stabilite dalla popolazione. Radio,
giornali, megafoni sulle auto che girano per le strade, invitano tutti a
partecipare alle assemblee plenarie. E la comunicazione in quei casi è
quasi martellante per scongiurare l'esclusione di chi non sapeva. Ogni
cittadino che partecipa alle riunioni, riceve una copia del Piano di
investimenti in cui sono fornite le previsioni di entrate, le spese per
il personale, i costi e le manutenzioni, le priorità scelte dalla
popolazione per ogni anno. Questo non è un colpo di bacchetta magica, non
è la panacea per i gravi problemi che riguardano le macchine burocratiche
amministrative di molte città. Sicuramente è uno strumento efficace
perché mette in moto una relazione tra società e Stato dove le persone
assumono effettivamente la propria condizione di cittadini». «La
questione della democrazia partecipativa, il rifiuto della delega
così come testimoniato da Raul Pont, ci rimandano necessariamente alla
situazione italiana» - ha detto Nando Simeone, curatore del libro di Pont
e vicepresidente del Consiglio Provinciale di Roma - «dove il rischio è
che queste sperimentazioni si possano trasformare in un moderno strumento
di concertazione. Perché quando le politiche nazionali impongono tagli
alle amministrazioni locali, è facile chiedere sacrifici a tutti. Un
pericolo che va scongiurato coniugando il conflitto con la democrazia dal
basso».
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