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decrescita e democrazia
- Subject: decrescita e democrazia
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 20 Mar 2005 23:45:59 +0100
da znet.it
Nel corso degli ultimi sei mesi, la rivista
'Alternatives économiques' ha consacrato due articoli alla decrescita
1. Preoccupandosi attentamente di evitare le
questioni sollevate, gli autori descrivono la decrescita sostenibile come
necessariamente antidemocratica. Eppure i difensori del concetto di decrescita
hanno costruito la loro argomentazione proprio intorno alla priorità da
accordare alla difesa della democrazia e dell'umanesimo.
Si tratta della stessa ragion d'essere di questa idea: Se non rientriamo oggi per nostra scelta in una decrescita economica, la cui condizione è una crescita dei valori umani, corriamo tutti i rischi di vederci imposta una decrescita domani, accompagnata da un terribile regresso sociale, umano e delle nostre libertà. Più aspetteremo ad impegnarci nella decrescita sostenibile, più duro sarà l'impatto contro la fine delle risorse, e più elevato sarà il rischio di ingenerare un regime eco-totalitario 2. Eppure, in cosa la decrescita economica sarebbe necessariamente antidemocratica' I regimi totalitari non cercano mai di ridurre il loro strumento militar-industriale. Esattamente al contrario, la politica economica di tutti i regimi tirannici del XX secolo (stalinismo, fascismo, nazismo, ultranazionalismo giapponese, ecc.) ha sempre avuto come fondamento la ricerca di una crescita massima. Dittature e ricerca di potenza sono irrimediabilmente legati, indissociabili. Al contrario, la decrescita s'inscrive nella filosofia non-violenta, che è, quest'ultima, antiautoritaria per natura. Essa si situa chiaramente in una volontà di non-potenza, che non è l'impotenza. La personalità politica più vicina alle idee della decrescita (autosufficienza, semplicità volontaria) è senza dubbio Gandhi, democratico morto assassinato a forza di combattere sistemi oppressori. Il movimento filosofico che porta attualmente l'idea di decrescita economica in Francia (Silence, L'écologiste, Casseurs de pub, La ligne d'Horizon ') è, appunto, il più vicino alle idee gandhiane. Inoltre, in un'organizzazione democratica, i propugnatori dell'abbondanza (crescita) dovrebbero dividere il loro tempo di parola con i difensori della sobrietà (decrescita). E' questa la condizione di un equilibrio reale. Ora, la teoria della crescita occupa la totalità del tempo. Appena i partigiani della decrescita mettono il naso, i cani da guardia abbaiano. C'è da temere che questo tipo di rimproveri si sviluppi man mano che il concetto di decrescita si diffonderà nella società. Perché? Un'idea che disturba La scienza economica ha evacuato il parametro ecologico dal suo funzionamento. Così, essa funziona nel virtuale, sconnessa dalla realtà della biosfera. Reintegrare questo parametro fondamentale può sembrare spaventoso: esso impone di rimettere in questione 200 anni di scienze economiche, dal neoliberismo al neomarxismo. Tutta la comunità delle scienze economiche è dunque terrorizzata al solo evocare il nome di Nicholas Georgescu-R½gen, il padre della bioeconomia e teorico della decrescita, che si è appoggiato sulla scienza, lui, per fare rimettere i piedi per Terra all'economia. Galileo aveva affermato che la Terra era rotonda: è stato condannato a morte dalla Chiesa. Nicholas Georgescu-R½gen ha dimostrato che la Terra era finita, è stato condannato alla morte mediatica da tutti i paladini del dogma economico, qualunque sia la loro tendenza. La realtà paralizza questi economisti neoclassici che non riescono ad uscire dalla menzogna nella quale si sono rinchiusi da soli, e questo senza provocare drammi. Ma non è fuggendo dalla dura realtà che ci salveremo dai poteri tirannici. Esattamente al contrario, più aspetteremo ad affrontare la realtà, più i rischi di vederli arrivare saranno elevati. Insultare piuttosto che riflettere Quando un'idea ci disturba e ci obbliga a rimetterci in discussione, un riflesso umano primario suscitato dalla facilità e dall'orgoglio consiste nell'insultare il proprio contraddittore. Questo porta al 'Sei proprio un cretino!' detto nelle ore di ricreazione. E si traduce per esempio nella psicologizzazione dell'altro presso gli adulti occidentali formattati dal determinismo freudiano: 'Deve soffrire di un problema sessuale!'. La decrescita è un concetto che rompe una norma sociale integrata dall'estrema destra all'estrema sinistra. I suoi difensori saranno immancabilmente attaccati in questo registro. Che cosa c'è di più umano che insultare un interlocutore imbarazzante piuttosto che rimettersi in discussione. 'E' dichiarato pazzo colui il cui pensiero è minoritario.' I cari vecchi riflessi hanno la pelle dura e perdurano anche sotto altre forme in un altro contesto. Un'aspirazione inconscia
Lo sviluppo durevole è inteso come un approccio innanzitutto tecnico dell'ecologia. In questo risponde perfettamente alla nostra attuale ideologia dominante, ideologia che ha sacralizzato la scienza. +Siccome l'uomo non può vivere senza il sacro, riporta il suo senso del sacro proprio su quello che ne ha distrutto tutto ciò che ne era oggetto: sulla Tecnica 3. Lo 'sviluppo durevole', l''ecologia industriale', la 'crescita verde', la 'produzione pulita' sono tutti termini contraddittori che rivelano l'atteggiamento dell'Occidente di fronte alla problematica ecologista. Credendo nell'onnipotenza delle tecniche, scientifiche o economiche, l'Uomo occidentale cerca come rimedio quello che fa la sua malattia. 'Solamente un massimo di tecnologia permette di ridurre l'inquinamento al massimo' era lo slogan di una pubblicità per l'autovettura Smart 4. Sulla scienza, fondata sul dubbio, si è innestata l'ideologia scientista, vero nuovo oscurantismo. Per un'opinione largamente condizionata, rimettere in discussione la capacità della Tecnica di risolvere i problemi ambientali e sociali è allora considerato inconsciamente come una vera bestemmia. Conviene quindi operare per la salvezza dell'eretico posseduto dal demonio. Al contrario, la volontà esplicita del concetto di decrescita sostenibile è di affermare la necessità di una risposta che passi prima di tutto per il filosofico, il politico, la cultura, e di riconsiderare la scienza come un mezzo. In questo, essa contrasta totalmente con il nostro bagno ideologico. Il desiderio di discreditare in tutti i modi i difensori della decrescita sostenibile risponde anche ad una aspirazione che è inscritta molto profondamente, e il più delle volte inconsciamente, in seno all'individuo e alla nostra civiltà. Gli economisti non sono più semi-dei
Il concetto di decrescita conduce inevitabilmente ad 'estrarsi dall'economismo'. Vale a dire a rimettere l'economia al suo giusto posto nella scala dei valori. Non tocca certo all'economia il compito di dettare la sua logica all'Uomo. Essa è un mezzo e non un fine. Il suo primato sulla nostra civiltà è assurdo. Siccome la nostra società ha deificato la scienza, la 'scienza economica' è diventata una religione, con il suo tempio: la borsa; e gli economisti hanno integrato il rango di gran sacerdoti. Se già per l'opinione sembra molto arduo togliersi da un terribile condizionamento, che dire di quelli per cui la decrescita significa decadere dal loro statuto di semi-dei viventi? Saranno certamente pronti a tutto per conservare i loro privilegi, e in primo luogo a trattare da fascisti quelli che chiederanno loro di restituire un potere usurpato alla democrazia. In effetti, l'economia non è altro che la contabilità trasportata nel campo politico. Non c'entra niente. Non è una scienza, come la biologia o la matematica. E se François Partant affermava: 'Oggi, un economista è un imbecille o un criminale', siamo obbligati a constatare che il più delle volte esso è un impostore. Una soluzione tecnica ad un problema filosofico
Torniamo agli articoli di Alternatives économiques. In entrambi i casi, nonostante le inchieste di Silence abbiano evidenziato l'impossibilità di una 'crescita verde', il vicolo cieco della 'dematerializzazione dell'economia' e i limiti del riciclaggio, gli autori concludono che l'unica soluzione resta in questo tipo di concezione. Eppure, nella pratica 5, la crescita (anche quella verde o pulita) porta inevitabilmente ad un aumento di prelievi sul capitale naturale. Un esempio semplice di questo fenomeno è stato dato dall'arrivo dell'informatica. Questa ha suscitato, presso gli economisti neo-classici, una grande speranza per la salvaguardia dell'ambiente. La trasmissione di informazioni per mezzo di impulsi informatici doveva portare una riduzione nel consumo di carta, e così dare sollievo alla risorsa (foreste) e alla natura intera (inquinamento di diversi tipi per la fabbricazione). Si è prodotto, invece, il contrario: il consumo di carta è decuplicato. Siccome la carta è abbondante, la gente esige ora un lavoro perfetto e stampa ancora fino ad avere completa soddisfazione. La facilità di demoltiplicazione dei documenti produce un'inflazione della loro riproduzione. Questo senza contare l'inquinamento caratteristico della fabbricazione, del funzionamento e della distruzione dell'informatica. E' l''effetto rimbalzo' 6. E' finito il tempo in cui si era consapevoli di quanto fosse prezioso il proprio foglio bianco, da preservare accuratamente cancellando e riutilizzandolo il più possibile prima di cestinarlo. Cosa è successo' E' stata apportata una soluzione tecnica ad una problematica filosofica. Ogni volta che apportiamo una risposta inadatta ad un problema, lo amplifichiamo. I vasi rotti vengono pagati, prima o poi, ma lo saranno in ogni caso, ed in maniera tanto più grande e decuplicata, quanto più lo si sarà voluto occultare. E ancora, più forte sarà la crisi che ne deriverà, più presente sarà il rischio di veder arrivare dei poteri autoritari. Il radicalismo non è estremismo
Un altro rimprovero ricorrente è quello di considerare qualsiasi idea radicale come immancabilmente estremista, quindi potenzialmente tirannica. Ma cos'è il radicalismo nel senso in cui ne parliamo' Si tratta di andare alla radice dei problemi, di rifiutare un approccio puramente superficiale. E' il senso semantico della parola 'radicale' (radice). Radicalismo non è inesorabilmente estremismo. Si tratta di ritornare all'umano, alla filosofia, al senso, a considerare l'uomo in tutte le sue dimensioni, riflessione senza la quale siamo condannati ad una visione riduttiva e regressiva dell'Uomo, a vederlo solo come un consumatore, un tubo digerente, un ingranaggio della macchina economica. Nell'eccellente libro di Jean-Luc Porquet 'Jacques Ellul, l'uomo che aveva previsto quasi tutto' 3, Dominique Bourg, difensore dello Sviluppo durevole e dell'ecologia industriale, dichiara che 'il radicalismo è una forma di malattia del pensiero' e dice di 'ritenere che la sua azione non serva a fini puramente narcisistici'. Qualificando come malattia mentale un contraddittore del suo pensiero, Dominique Bourg svela una faccetta totalitaria del suo funzionamento psicologico. In effetti l'incapacità ad ammettere la contraddizione e il desiderio di psichiatrizzare il dissidente è rivelatore di un funzionamento totalitario, individuale o collettivo. L'avversario è per forza di cose 'estremista', quindi demente, e sarà immancabilmente fascista o traditore. Intellettuali come Alain Finkielkraut o Luc Ferry usano lo stesso procedimento. Ogni pensiero 'radicale' è qualificato come 'estremista', ogni proposito non superficiale, vitale, è subito tacciato di 'oltranzista', e colui che lo formula soffre necessariamente di una patologia. Così, Jacques Ellul parlava di 'uomo totalitario dalle convinzioni democratiche'. L'unico approccio accettato è quello superficiale. E' la condizione necessaria per 'tenere' il sistema ed evitare di rimettersi realmente in discussione, soprattutto per quanto riguarda il loro statuto di intellettuali mediatici. Non oso immaginare i qualificativi che Gesù o il Cirano di Bergerac di Rostand, se tornassero oggi, si beccherebbero, probabilmente: 'pericolosi estremisti terroristi'. Una contestazione fittizia
Così, la contestazione ammessa diventa, in maniera più paradossale, inutile, rinforzando un sistema che fonda la nostra autodistruzione (il consumatore critico può essere un consumatore, ma non deve rivendicare il suo status di umano, il capitalismo deve diventare 'commercio equo' e la razzia delle risorse e la schiavitù economica sono promesse allo 'sviluppo durevole'). Il diktat del 'pensiero del mercato'
Sarebbe sbagliato pensare che il diktat possa venire solo dalla sfera politica. Il totalitarismo assume sempre nuove forme per asservirci meglio. Quello che ci minaccia oggi è stato descritto molto bene da Aldous Huxley: +Le vecchie forme pittoresche 'elezioni, Parlamenti, alte corti di giustizia- rimarranno, ma la sostanza nascosta sarà una nuova forma di totalitarismo non-violento 7. Il nuovo diktat è quello della finanza, pensiero molle che si esprime nel nome della libertà e nega all'Uomo la possibilità di andare alla sua essenza, alla sua coscienza, a ciò che fa di lui un umano. Con il pretesto di una falsa moderazione, la violenza di questa logica è estrema: solo l'abbrutimento nel consumo, nella televisione o nei neurolettici permettono di sopravvivere. La saggezza è confusa con la sottomissione, la ricerca di equilibri con il nichilismo. Degli pseudo-difensori della democrazia diventano, il più delle volte a loro insaputa, i più servili guardiani della tirannia 8. La decrescita vuol dire obbligo a maggior democrazia
Nondimeno, il rischio di una decrescita imposta resta reale. Lester Brown, l'ex presidente del Worldwatch Institute, l'ha descritto come un'economia di guerra 9. Ma questo è specifico di questo concetto' E' proprio di tutte le idee che si irrigidiscono, senza più ammettere contraddizioni, il fatto di produrre delle ideologie che a loro volta genereranno dei sistemi autoritari. I deliri e le illusioni nell'onnipotenza della tecnoscienza ci conducono ancora più sicuramente al Migliore dei Mondi. Dominique Bourg accetta già l'idea di modificare il genoma umano per rendere l'Uomo resistente a un degrado importante dello strato di ozono 8. Diciamo che il concetto di decrescita sostenibile, fondata sulla semplicità volontaria e l'umiltà, in lui porta meno i geni della dittatura, che covano più volentieri nei sistemi ideologici fondati sulla ricerca di potenza. Inoltre, quest'idea impone di restituire la realtà del potere, rimanda gli individui alle loro responsabilità, aiuta a 'reintrodurre il sociale, il politico, nel rapporto di scambio economico, ritrovare l'obiettivo del bene comune e della buona vita nel commercio sociale' 10. La decrescita obbliga anche a distinguere la risposta istituzionale dalla risposta militante, ovvero di concepire che non possiamo avere una soluzione totale, essendo quindi, anche in questo, antitotalitaria. I terreni essenziali sono i più scivolosi, perciò bisogna essere tanto più vigilanti quando ci confrontiamo con essi. Ma il pericolo più grande resta il rifiuto di abbordarli, spaventati di fronte a questi rischi. E non è vivendo nella menzogna che ci proteggeremo. Un approccio che si rinchiuda nella superficialità produrrà inesorabilmente il caos, che a sua volta sarà portatore del rischio totalitario. |
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