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il vero prezzo del carbone per le nostre centrali
- Subject: il vero prezzo del carbone per le nostre centrali
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 5 Mar 2005 23:06:48 +0100
da lanuovaecologia.it
Mercoledì 16 Febbraio 2005 ENERGIE|
I costi economici e ambientali della produzione di
elettricità
Il vero prezzo del carbone Mentre la Russia ratificava Kyoto, l'Enel lanciava il suo nuovo programma: il 50% della produzione sarà coperto dal carbone. Una decisione singolare, che rovescia il principio "chi inquina paga" I nuovi impianti Le nuove tecnologie di combustione consentono un uso molto più efficiente del carbone rispetto al passato. I nuovi impianti supercritici consentono di raggiungere temperature e pressioni molto elevate che si traducono in un' efficienza netta di conversione elettrica del 45% rispetto a impianti tradizionali che avevano rendimenti del 37-39%. Per contro tali impianti, per la logistica più pesante che richiedono, vengono costruiti su taglie dimensionali elevate (2.000 MW) e comportano la movimentazione di grandi quantità di materiali in entrata e in uscita come scorie (ceneri di carbone e gessi provenienti dalla reazione tra calcare e zolfo nei fumi di combustione). I cicli combinati
Anche gli impianti a gas hanno avuto un notevolissimo sviluppo tecnologico, in parte come ricaduta dei progressi fatti dall'industria aeronautica sulle turbine. Gli impianti a ciclo combinato recuperano il calore accoppiando 2 impianti e raggiungono oggi efficienze di conversione netta del 56-58%. Questa efficienza va confrontata con quella degli impianti tradizionali a gas (40%), che con la maggiore pulizia del gas naturale (non contiene zolfo né ceneri e metalli pesanti, produce quantità infinitesime di polveri sottili) porta a un bilancio ambientale maggiormente favorevole al gas che in passato. Per quanto riguarda i costi economici, se si deve partire da zero, cioè dal cosiddetto greenfield, l'elettricità da gas costa meno di quella da carbone pulito. Secondo stime effettuate da vari autori e confermate dalle ricerche presentate dall'Eia, l'agenzia energetica statunitense, al 2010 tale vantaggio sarà ancora di circa 4 millesimi di dollaro e solo nel 2025 il carbone presenterà un lieve vantaggio di 1 millesimo di dollaro. Queste stime confermano come la struttura dei costi dell'elettricità da carbone e da gas risulti invertita: il gas ha un basso costo di capitale e un elevato costo del combustibile, esattamente al contrario il carbone e il nucleare (per l'eolico il costo del combustibile è ovviamente nullo). A margine va notato anche il maggior costo dell'elettricità da nucleare (+23% sul gas) e il relativo basso costo dell'eolico (-5% sul carbone e -18% sul nucleare) che pur avendo vincoli legati alla disponibilità di vento e un minor numero di ore/anno (2.500 contro 6/7.000 degli impianti convenzionali) è oggi maturo sul piano dei costi. Se invece si trasformano impianti vecchi (brownfield), com'è il caso della trasformazione delle centrali a olio combustibile a carbone o a gas a ciclo combinato, la situazione cambia a favore del carbone perché i costi di capitale passano mediamente da 1.200 euro/kW a 750 per gli impianti a carbone, mentre per gli impianti a gas si passa da 450 a 300. Ciò porta a un vantaggio del carbone da impianti riconvertiti valutabile in un intervallo di 3-5 millesimi sul gas, invertendo la situazione rispetto agli impianti costruiti ex-novo. I costi ambientali
Per il gas non ci sono emissioni di SO2, polveri e metalli pesanti. Il confronto si può fare solo per gli ossidi di azoto (NOx) e per le emissioni di gas serra come l'anidride carbonica. Per gli ossidi di azoto le emissioni specifiche del kWh da carbone migliorano notevolmente, ma ancora di più migliorano quelle da impianti a gas a ciclo combinato. Se con la tecnologia convenzionale il peso del kWh da gas è il 77% di quello del kWh da carbone (23% in meno), con le nuove tecnologie è del 38% (62% in meno). Per l'anidride carbonica si ha una situazione simile. Il "peso" del kWh da gas degli impianti tradizionali è pari al 57% di quello degli impianti a carbone (43% in meno), mentre con gli impianti nuovi scende al 47% (53% in meno). Rispetto allo stesso grado di evoluzione della tecnologia il gas aumenta i vantaggi ambientali rispetto al carbone "pulito". L'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto ha due effetti: da un lato è necessario internalizzare i costi delle emissioni per finanziare le misure di riduzione, dall'altro la discussione sui nuovi obiettivi per il 2020 avrà un diverso peso rispetto alla precedente situazione di stallo. Co2, quanto ci costi?
I costi per abbattere una tonnellata di Co2 saranno la composizione di misure diverse. Molte avranno un costo negativo, cioè produrranno un beneficio economico diretto, altre avranno un costo variabile. Gli interventi nei vari settori sono una media dei costi (negativi e positivi) di diverse misure. Si stima che all'inizio il mercato dei "certificati blu" avrà un valore oscillante sui 10 euro/t e nel medio periodo del doppio. Conteggiando in questi termini i benefici del gas rispetto al carbone, il primo presenta un differenziale di costo per Kyoto compreso in un intervallo più ampio dei vantaggi dell'elettricità da carbone "brownfield". Il Piano nazionale di allocazione delle emissioni presentato all'Ue dal governo italiano consente un'enorme libertà di emissioni di Co2 al settore elettrico, che invece di avere un obiettivo tipo Kyoto (-6,5% sul 1990) si vede regalare circa 50 milioni di tonnellate di Co2 rispetto alle 124 che emetteva nel 1990, col risultato paradossale che il settore elettrico potrebbe espandere il carbone e allo stesso tempo vendere i permessi di emissione. Chi inquina paga?
I vantaggi economici aziendali della produzione di elettricità da carbone da impianti riconvertiti hanno un corrispettivo di svantaggi economici pubblici legati al differenziale di emissioni di Co2. L'ampia libertà di inquinare data al settore elettrico comporta che bisognerà reintrodurre una forma di carbon tax legata alle emissioni di Co2, rovesciando il principio assunto dall'Ue che chi inquina paga. Un altro aspetto riguarda l'effetto del vantaggio economico del carbone sulla produzione annuale: la "borsa elettrica" favorisce il carbone da impianti riconvertiti che funzioneranno 7.000 ore l'anno e più. Ciò significa che il carbone sarà prevalente nella base del carico elettrico annuale, dopo le fonti "obbligate" (importazioni, idroelettrico ad acqua fluente, impianti a cogenerazione ed ex CIP 6/92, fonti rinnovabili) e a scapito degli impianti a gas che prevedibilmente funzioneranno meno. Il piano dell'Enel
Prendiamo in esame il piano industriale dell'Enel per vedere quali vantaggi aziendali e quali svantaggi pubblici derivano dalla scelta del carbone. La strategia annunciata è di coprire il 40% del mercato italiano con la seguente composizione: 47% a carbone, 1% olio combustibile, 32% da idroelettrico e fonti rinnovabili, 20% dal ciclo combinato a gas: produzione netta 145,6 TWh, emissioni 69,1 MtCo2. E se invece si scegliessero i cicli combinati a gas al posto del carbone? La produzione netta sarebbe la stessa ma le emissioni calerebbero a 51,7 MtCo2. Con le ipotesi assunte, la differenza per il solo piano Enel è di almeno 17,4 milioni di tonnellate di Co2. Qual è il "costo di Kyoto" scaricato sulla collettività? Nel breve periodo con un costo di 10 euro/t avremmo 174 milioni di euro/anno, per arrivare al doppio nel medio periodo. Quanto ci guadagna l'Enel? Valutando in 3-5 millesimi di euro il vantaggio del carbone pulito sul gas a ciclo combinato (nel caso "brownfield"), il vantaggio dell'Enel sarebbe di 119-194 milioni di euro/anno. Inoltre la co-combustione di biomasse negli impianti a carbone (fino al 10% dell'elettricità prodotta e il 20% in massa di combustibile) è in fase di sperimentazione. Se fosse realizzata porterebbe le emissioni specifiche del carbone sul livello di quelle dell'olio combustibile da vecchi impianti, riducendo della stessa percentuale (10% delle emissioni da carbone) i costi sulla collettività. E consentirebbe allo stesso tempo l'emissione di certificati verdi valutabili in circa 8 centesimi/kWh. Così, con il 10% di elettricità rinnovabile da un impianto a carbone pulito, si coprirebbe l' intero ammontare di una carbon tax a 10 euro/tCo2 applicata alle emissioni totali di CO2: un altro vantaggio aziendale e un ulteriore motivo per tassare in modo coerente le emissioni del settore elettrico. Se il Piano di allocazione avesse spalmato gli obiettivi di Kyoto su tutti i settori - anziché consentire un'esplosione dei permessi di emissione al settore elettrico - come riferimento dovremmo prendere una riduzione del 6,5% rispetto alle emissioni del 1990 (110,5 MtCo2, secondo il Piano nazionale delle emissioni). Poiché l'Enel dichiara di coprire il 40% del mercato, si potrebbe attribuire la stessa quota di obiettivo ipotetico di 41,2 MtCO2. Lo scenario ufficiale presenta dunque una distanza dall'obiettivo stimabile in 27,8 MtCo2 e un costo complessivo di 278 milioni di euro/anno per la collettività, una sorta di carbon tax "implicita" scaricata sulla collettività. Giuseppe Onufrio |
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