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farmaci le pillole killr e i molti fantasmi di big pharma
- Subject: farmaci le pillole killr e i molti fantasmi di big pharma
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 21 Feb 2005 07:12:41 +0100
da repubblica.it MERCOLEDÌ 16 FEBBRAIO 2005 Pillole killer e rischi di crac i fantasmi di Big Pharma E dopo il caso Vioxx sotto accusa altre medicine Negli Usa e in Europa nuovi prodotti già nel mirino degli esperti Test sempre più brevi: i brevetti vanno sfruttati al massimo All´interno del sistema c´è chi teme un effetto domino Bilanci opachi, analisti compiacenti, controllori troppo pigri: sembra di rivedere il film dello scandalo Enron MAURIZIO RICCI Dopo Big Tobacco, una crociata contro Big Pharma? Al contrario delle multinazionali delle sigarette, l´industria farmaceutica dovrebbe tutelare la nostra salute. Ma si ritrova nel mezzo di uno scandalo, di fronte al quale impallidisce quello della thalidomide. Allora, alla fine degli anni ?50, fra 5 e 10 mila bambini nacquero in Europa con gravissime malformazioni, soprattutto agli arti (i «focomelici») per colpa di un medicinale assunto durante la gravidanza. Sono passati quaranta anni e tutta una serie di riforme nei meccanismi di controllo e di autorizzazione dei medicinali: ma la catastrofe del Vioxx, l´antinfiammatorio che la Merck, uno dei colossi di Big Pharma, ha ritirato dal mercato solo nel settembre scorso, dopo cinque anni di produzione e dieci miliardi di dollari di incassi, è oltre dieci volte più grande. «Il più grande disastro farmaceutico nella storia dell´umanità» l´ha definito, in una drammatica testimonianza al Congresso americano, David Graham, il medico che più si è battuto per il ritiro del Vioxx dal mercato. Quando la Merck ha cominciato a svuotare gli scaffali delle farmacie, lo usavano 2 milioni di persone negli Usa, 300 mila in Italia: il medicinale era popolare perché, al contrario degli antiartritici tradizionali, non brucia le pareti dello stomaco. Però aumenta la formazione di coaguli nel sangue e il suo uso prolungato, sostiene più di uno studio, fa crescere fino a 5 volte la possibilità di attacchi cardiaci. Graham e altri esperti calcolano che il Vioxx abbia causato fra 88 mila e 144 mila incidenti cardiaci solo negli Usa: 30-50 mila, probabilmente, letali. E la Merck sapeva dei rischi, già dal 1999, dicono le e mail di allora fra i dirigenti. Sui tavoli dei suoi uffici legali si sono già ammucchiate quasi 600 denunce per danni. Gli esperti dicono che le cause le possono costare fino a 20 miliardi di dollari. Il Vioxx e la Merck rischiano, però, di essere solo la prima stazione di una tremenda spirale, che installi Big Pharma nel ruolo di Grande Cattivo. Questa settimana, sia l´agenzia americana (Fda) sia quella europea (Emea) di controllo dei medicinali discuteranno dei possibili rischi legati agli altri antinfiammatori di nuova generazione e di eventuali più severe restrizioni al loro uso, in particolare se prolungato: Celebrex e Bextra della Pfizer, Aleve (Bayer-Roche), nonché Arcoxia (ancora Merck) e Prexige (Novartis), l´ultimo dei quali ancora non commercializzato. E Graham insiste che almeno cinque medicinali, dopo il Vioxx, presentano percentuali di rischio troppo alte per restare nelle farmacie: oltre al Bextra, il Serevent, un antismatico della Glaxo, il Reductil/Meridia, dimagrante (Abbott Labs), il Crestor, anticolesterolo (Astra Zeneca), il Roaccutan, antiacne (Roche), tutte vendute anche in Italia. Le aziende in questione difendono con decisione la sicurezza dei loro prodotti, ma i giganti fiutano l´aria che tira: «Abbiamo perso la fiducia dei consumatori» dichiara il capo di Novartis, David Vasella. Rispetto alla crociata contro Big Tobacco, tuttavia, l´elemento in più, sulla scena, è l´eco del collasso della Enron e del crollo dei miti finanziari degli anni ?90. Un gigante come la Merck (oltre 20 miliardi di dollari di fatturato annuo) rischia di scomparire: in Borsa, la quotazione si è quasi dimezzata, rispetto ad un anno fa. Oltre 30 miliardi di dollari di valore patrimoniale sono andati in fumo e ad essi si aggiungeranno le future penali dei processi. «Francamente - dice un importante industriale italiano del settore, che, in passato, ha avuto rapporti d´affari con l´azienda americana - non penso che la Merck possa sopravvivere». Ma molti dei grandi di Big Pharma hanno registrato, quest´anno, perdite in Borsa a più di due cifre. Soprattutto, la vicenda del Vioxx illumina una paralisi dei sistemi di controllo pubblico sulle medicine, impantanati in una rete di interessi incrociati fra autorità di sorveglianza, istituti di ricerca, grandi aziende. «Il meccanismo è rotto» proclama Graham. Sulla base della scarsa trasparenza dei test di ricerca e verifica, emergono segnali di collusione fra controllori e controllati, con i secondi - che, di fatto, finanziano i primi, attraverso le tariffe pagate per chiedere il via alle vendite - a reggere il bandolo del gioco. «Troppo spesso la Food and Drug Administration ha visto e continua a vedere l´industria farmaceutica come il suo cliente - una fonte vitale di finanziamento - e non come un settore della società che ha bisogno di una forte supervisione» ha scritto Richard Horton, direttore della prestigiosa rivista medica The Lancet. Puzzano di Enron anche le reazioni. Big Pharma, che ha sempre ferocemente difeso, in nome del segreto industriale, la riservatezza della sperimentazione di nuovi medicinali, adesso si dichiara pronta a pubblicare su Internet oggetto, metodologia e risultati dei test, perché sia possibile sottoporli ad una verifica indipendente. Il capo del National Institute of Health (la controparte pubblica nella ricerca) ha messo al bando i rapporti di consulenza fra i suoi scienziati e le aziende, chiedendo anche la vendita di eventuali azioni in loro possesso. Sembra di rivedere il film della Enron e degli altri scandali finanziari, con i loro bilanci opachi e spesso truccati, gli analisti di Borsa compiacenti, i controllori troppo pigri. L´Europa non è estranea alla tempesta americana. Il sistema europeo (brontolano gli industriali) è più rigoroso di quello americano, ma anche qui valgono le pressioni delle multinazionali per avere al più presto la possibilità di andare sul mercato. Tuttavia, la partita cruciale non si gioca in Europa, ma in America. Perché è sul mercato americano (anche se metà dei giganti del settore sono europei) che, grazie ai prezzi liberi dei medicinali, l´industria farmaceutica mondiale realizza metà del suo fatturato. E il 70 per cento dei suoi profitti. E´ qui che si fanno e si disfano le fortune di Big Pharma. Non è un mercato facile. Tre quarti dei profitti viene solo da un decimo delle medicine in circolazione. Sono i cosiddetti «blockbusters», i campioni di incasso, prodotti che vendono per più di un miliardo di dollari l´anno. Ma campioni come il Lipitor o lo Zocor sono maledettamente pochi: su 100 mila brevetti, solo 100 medicine arrivano ai test sull´uomo e solo 10 sul mercato. Svilupparne una nuova costa circa 400 milioni di dollari. Eppure, l´industria farmaceutica non solo prospera, ma ingrassa molto più in fretta degli altri. Se scorrete la classifica delle 500 grandi aziende censite da Fortune, vedete che le aziende farmaceutiche, nel 2003, hanno realizzato profitti pari, in media, al 15,5 per cento del fatturato. Per gli altri settori, la media è del 3,5 per cento sulle vendite. Insomma, Big Pharma è una gallina dalle uova d´oro, che fa soldi cinque volte più in fretta degli altri settori. A spiegarlo, non basta il fatto che i consumi per la salute crescano più velocemente di tutti gli altri. Gli uomini dell´industria additano, con orgoglio, le spese per la ricerca: il 14 per cento del fatturato, molto più degli altri settori. I loro critici, invece, puntano sull´enorme capitolo dei bilanci che porta l´intestazione «marketing e amministrazione», dove la voce più importante è l´esercito dei piazzisti (100 mila negli Usa) che gira per gli studi medici: 34 per cento del fatturato. In un blockbuster, insomma, c´è probabilmente più marketing che ricerca. Ma, negli ultimi anni, l´industria ha visto scadere, uno dopo l´altro, i brevetti di molti dei suoi grandi campioni: il Prozac (antidepressivo), il Prilosec (bruciori di stomaco), il Glucophage (diabete), rimpiazzati da prodotti generici che tagliano i prezzi. Per due dei blockbuster attuali - Zocor e Norvasc - i brevetti scadono nei prossimi due anni. E i nuovi potenziali campioni sono sempre di meno: nel 2003, su 72 nuove medicine autorizzate negli Usa, solo 9 contenevano nuove molecole che assicuravano un «significativo miglioramento» sulle cure esistenti. Ecco perché, in un mercato così promettente, ma così volatile, come quello farmaceutico, perdere un blockbuster può significare il precipizio. Osserva un industriale italiano, che pure non è tenero con i suoi colleghi, che allungare la durata dei brevetti (20 anni che, tuttavia, considerati i tempi per arrivare sul mercato, significano 12-14 anni di vendite effettive) allenterebbe un po´ della pressione che c´è oggi sulle aziende. Tuttavia, il caso Vioxx non riguarda il rapido esaurimento di un vecchio brevetto, ma la promozione di uno nuovo. Ed è qui che entra in gioco il delicato equilibrio fra controllori e controllati nell´autorizzazione di una nuova medicina. In un sondaggio interno del 2002, uno scienziato su cinque della Fda dichiarava di aver ricevuto pressioni dall´alto per autorizzare un medicinale, nonostante riserve sulla sua sicurezza ed efficacia. Ma è l´intero sistema che sembra disegnato soprattutto per difendere la profittabilità delle aziende. Big Pharma ha fretta di arrivare sul mercato e d ha infatti ottenuto - in America come in Europa - che, per medicinali potenzialmente «salvavita», l´autorizzazione arrivi dopo una sperimentazione non più di 12, ma di 6 mesi. Il 60 per cento degli scienziati della Fda - nello stesso sondaggio interno - dichiarava 6 mesi troppo pochi. Il motivo è semplice: un medicinale ha un mercato di massa se le controindicazioni sono ridotte al minimo, ma, soprattutto, se affronta malanni cronici, che presuppongono, cioè, un uso indefinito. E, registra Lancet, in media un quarto degli effetti negativi di una medicina si rivela dopo sei mesi, un ottavo si manifesta per la prima volta dopo sei mesi. Invece, il grosso dei controlli è concentrato sui primi sei mesi e tornare indietro su una autorizzazione è impresa difficile, come ha sperimentato Graham: a metà agosto scorso, quando il suo studio sui rischi del Vioxx era già noto, la Fda ne autorizzava la vendita anche ai bambini. Per far arrivare in fretta sul mercato una medicina che può essere utile e importante, nella logica dell´attuale sistema di controllo, conta molto di più che funzioni davvero, piuttosto che sia innocua. Ovvero, spiega Graham «una medicina è sicura, a meno che tu non possa dimostrare, con il 95 per cento di certezza, che non è sicura». E´ una soglia molto alta. Lo scienziato evoca una metafora da roulette russa per spiegarla. Immaginate una pistola da 100 colpi. Voi ne piazzate nel tamburo 95 e la Fda vi dice che è carica e pericolosa. Ne mettete 90 e, per la Fda, vale la pena rischiare. Voi sparereste? |
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