farmaci le pillole killr e i molti fantasmi di big pharma



da repubblica.it
MERCOLEDÌ 16 FEBBRAIO 2005

Pillole killer e rischi di crac i fantasmi di Big Pharma
E dopo il caso Vioxx sotto accusa altre medicine

Negli Usa e in Europa nuovi prodotti già nel mirino degli esperti
Test sempre più brevi: i brevetti vanno sfruttati al massimo
All´interno del sistema c´è chi teme un effetto domino
Bilanci opachi, analisti compiacenti, controllori troppo pigri: sembra di
rivedere il film dello scandalo Enron
MAURIZIO RICCI

Dopo Big Tobacco, una crociata contro Big Pharma? Al contrario delle
multinazionali delle sigarette, l´industria farmaceutica dovrebbe tutelare
la nostra salute. Ma si ritrova nel mezzo di uno scandalo, di fronte al
quale impallidisce quello della thalidomide. Allora, alla fine degli anni
?50, fra 5 e 10 mila bambini nacquero in Europa con gravissime
malformazioni, soprattutto agli arti (i «focomelici») per colpa di un
medicinale assunto durante la gravidanza. Sono passati quaranta anni e tutta
una serie di riforme nei meccanismi di controllo e di autorizzazione dei
medicinali: ma la catastrofe del Vioxx, l´antinfiammatorio che la Merck, uno
dei colossi di Big Pharma, ha ritirato dal mercato solo nel settembre
scorso, dopo cinque anni di produzione e dieci miliardi di dollari di
incassi, è oltre dieci volte più grande. «Il più grande disastro
farmaceutico nella storia dell´umanità» l´ha definito, in una drammatica
testimonianza al Congresso americano, David Graham, il medico che più si è
battuto per il ritiro del Vioxx dal mercato. Quando la Merck ha cominciato a
svuotare gli scaffali delle farmacie, lo usavano 2 milioni di persone negli
Usa, 300 mila in Italia: il medicinale era popolare perché, al contrario
degli antiartritici tradizionali, non brucia le pareti dello stomaco. Però
aumenta la formazione di coaguli nel sangue e il suo uso prolungato,
sostiene più di uno studio, fa crescere fino a 5 volte la possibilità di
attacchi cardiaci. Graham e altri esperti calcolano che il Vioxx abbia
causato fra 88 mila e 144 mila incidenti cardiaci solo negli Usa: 30-50
mila, probabilmente, letali. E la Merck sapeva dei rischi, già dal 1999,
dicono le e mail di allora fra i dirigenti. Sui tavoli dei suoi uffici
legali si sono già ammucchiate quasi 600 denunce per danni. Gli esperti
dicono che le cause le possono costare fino a 20 miliardi di dollari.
Il Vioxx e la Merck rischiano, però, di essere solo la prima stazione di una
tremenda spirale, che installi Big Pharma nel ruolo di Grande Cattivo.
Questa settimana, sia l´agenzia americana (Fda) sia quella europea (Emea) di
controllo dei medicinali discuteranno dei possibili rischi legati agli altri
antinfiammatori di nuova generazione e di eventuali più severe restrizioni
al loro uso, in particolare se prolungato: Celebrex e Bextra della Pfizer,
Aleve (Bayer-Roche), nonché Arcoxia (ancora Merck) e Prexige (Novartis),
l´ultimo dei quali ancora non commercializzato. E Graham insiste che almeno
cinque medicinali, dopo il Vioxx, presentano percentuali di rischio troppo
alte per restare nelle farmacie: oltre al Bextra, il Serevent, un
antismatico della Glaxo, il Reductil/Meridia, dimagrante (Abbott Labs), il
Crestor, anticolesterolo (Astra Zeneca), il Roaccutan, antiacne (Roche),
tutte vendute anche in Italia. Le aziende in questione difendono con
decisione la sicurezza dei loro prodotti, ma i giganti fiutano l´aria che
tira: «Abbiamo perso la fiducia dei consumatori» dichiara il capo di
Novartis, David Vasella.
Rispetto alla crociata contro Big Tobacco, tuttavia, l´elemento in più,
sulla scena, è l´eco del collasso della Enron e del crollo dei miti
finanziari degli anni ?90. Un gigante come la Merck (oltre 20 miliardi di
dollari di fatturato annuo) rischia di scomparire: in Borsa, la quotazione
si è quasi dimezzata, rispetto ad un anno fa. Oltre 30 miliardi di dollari
di valore patrimoniale sono andati in fumo e ad essi si aggiungeranno le
future penali dei processi. «Francamente - dice un importante industriale
italiano del settore, che, in passato, ha avuto rapporti d´affari con
l´azienda americana - non penso che la Merck possa sopravvivere». Ma molti
dei grandi di Big Pharma hanno registrato, quest´anno, perdite in Borsa a
più di due cifre. Soprattutto, la vicenda del Vioxx illumina una paralisi
dei sistemi di controllo pubblico sulle medicine, impantanati in una rete di
interessi incrociati fra autorità di sorveglianza, istituti di ricerca,
grandi aziende. «Il meccanismo è rotto» proclama Graham.
Sulla base della scarsa trasparenza dei test di ricerca e verifica, emergono
segnali di collusione fra controllori e controllati, con i secondi - che, di
fatto, finanziano i primi, attraverso le tariffe pagate per chiedere il via
alle vendite - a reggere il bandolo del gioco. «Troppo spesso la Food and
Drug Administration ha visto e continua a vedere l´industria farmaceutica
come il suo cliente - una fonte vitale di finanziamento - e non come un
settore della società che ha bisogno di una forte supervisione» ha scritto
Richard Horton, direttore della prestigiosa rivista medica The Lancet.
Puzzano di Enron anche le reazioni. Big Pharma, che ha sempre ferocemente
difeso, in nome del segreto industriale, la riservatezza della
sperimentazione di nuovi medicinali, adesso si dichiara pronta a pubblicare
su Internet oggetto, metodologia e risultati dei test, perché sia possibile
sottoporli ad una verifica indipendente. Il capo del National Institute of
Health (la controparte pubblica nella ricerca) ha messo al bando i rapporti
di consulenza fra i suoi scienziati e le aziende, chiedendo anche la vendita
di eventuali azioni in loro possesso. Sembra di rivedere il film della Enron
e degli altri scandali finanziari, con i loro bilanci opachi e spesso
truccati, gli analisti di Borsa compiacenti, i controllori troppo pigri.
L´Europa non è estranea alla tempesta americana. Il sistema europeo
(brontolano gli industriali) è più rigoroso di quello americano, ma anche
qui valgono le pressioni delle multinazionali per avere al più presto la
possibilità di andare sul mercato. Tuttavia, la partita cruciale non si
gioca in Europa, ma in America. Perché è sul mercato americano (anche se
metà dei giganti del settore sono europei) che, grazie ai prezzi liberi dei
medicinali, l´industria farmaceutica mondiale realizza metà del suo
fatturato. E il 70 per cento dei suoi profitti. E´ qui che si fanno e si
disfano le fortune di Big Pharma.
Non è un mercato facile. Tre quarti dei profitti viene solo da un decimo
delle medicine in circolazione. Sono i cosiddetti «blockbusters», i campioni
di incasso, prodotti che vendono per più di un miliardo di dollari l´anno.
Ma campioni come il Lipitor o lo Zocor sono maledettamente pochi: su 100
mila brevetti, solo 100 medicine arrivano ai test sull´uomo e solo 10 sul
mercato. Svilupparne una nuova costa circa 400 milioni di dollari. Eppure,
l´industria farmaceutica non solo prospera, ma ingrassa molto più in fretta
degli altri. Se scorrete la classifica delle 500 grandi aziende censite da
Fortune, vedete che le aziende farmaceutiche, nel 2003, hanno realizzato
profitti pari, in media, al 15,5 per cento del fatturato. Per gli altri
settori, la media è del 3,5 per cento sulle vendite.
Insomma, Big Pharma è una gallina dalle uova d´oro, che fa soldi cinque
volte più in fretta degli altri settori. A spiegarlo, non basta il fatto che
i consumi per la salute crescano più velocemente di tutti gli altri. Gli
uomini dell´industria additano, con orgoglio, le spese per la ricerca: il 14
per cento del fatturato, molto più degli altri settori. I loro critici,
invece, puntano sull´enorme capitolo dei bilanci che porta l´intestazione
«marketing e amministrazione», dove la voce più importante è l´esercito dei
piazzisti (100 mila negli Usa) che gira per gli studi medici: 34 per cento
del fatturato. In un blockbuster, insomma, c´è probabilmente più marketing
che ricerca.
Ma, negli ultimi anni, l´industria ha visto scadere, uno dopo l´altro, i
brevetti di molti dei suoi grandi campioni: il Prozac (antidepressivo), il
Prilosec (bruciori di stomaco), il Glucophage (diabete), rimpiazzati da
prodotti generici che tagliano i prezzi. Per due dei blockbuster attuali -
Zocor e Norvasc - i brevetti scadono nei prossimi due anni. E i nuovi
potenziali campioni sono sempre di meno: nel 2003, su 72 nuove medicine
autorizzate negli Usa, solo 9 contenevano nuove molecole che assicuravano un
«significativo miglioramento» sulle cure esistenti. Ecco perché, in un
mercato così promettente, ma così volatile, come quello farmaceutico,
perdere un blockbuster può significare il precipizio.
Osserva un industriale italiano, che pure non è tenero con i suoi colleghi,
che allungare la durata dei brevetti (20 anni che, tuttavia, considerati i
tempi per arrivare sul mercato, significano 12-14 anni di vendite effettive)
allenterebbe un po´ della pressione che c´è oggi sulle aziende. Tuttavia, il
caso Vioxx non riguarda il rapido esaurimento di un vecchio brevetto, ma la
promozione di uno nuovo. Ed è qui che entra in gioco il delicato equilibrio
fra controllori e controllati nell´autorizzazione di una nuova medicina.
In un sondaggio interno del 2002, uno scienziato su cinque della Fda
dichiarava di aver ricevuto pressioni dall´alto per autorizzare un
medicinale, nonostante riserve sulla sua sicurezza ed efficacia. Ma è
l´intero sistema che sembra disegnato soprattutto per difendere la
profittabilità delle aziende. Big Pharma ha fretta di arrivare sul mercato e
d ha infatti ottenuto - in America come in Europa - che, per medicinali
potenzialmente «salvavita», l´autorizzazione arrivi dopo una sperimentazione
non più di 12, ma di 6 mesi. Il 60 per cento degli scienziati della Fda -
nello stesso sondaggio interno - dichiarava 6 mesi troppo pochi.
Il motivo è semplice: un medicinale ha un mercato di massa se le
controindicazioni sono ridotte al minimo, ma, soprattutto, se affronta
malanni cronici, che presuppongono, cioè, un uso indefinito. E, registra
Lancet, in media un quarto degli effetti negativi di una medicina si rivela
dopo sei mesi, un ottavo si manifesta per la prima volta dopo sei mesi.
Invece, il grosso dei controlli è concentrato sui primi sei mesi e tornare
indietro su una autorizzazione è impresa difficile, come ha sperimentato
Graham: a metà agosto scorso, quando il suo studio sui rischi del Vioxx era
già noto, la Fda ne autorizzava la vendita anche ai bambini.
Per far arrivare in fretta sul mercato una medicina che può essere utile e
importante, nella logica dell´attuale sistema di controllo, conta molto di
più che funzioni davvero, piuttosto che sia innocua. Ovvero, spiega Graham
«una medicina è sicura, a meno che tu non possa dimostrare, con il 95 per
cento di certezza, che non è sicura». E´ una soglia molto alta. Lo
scienziato evoca una metafora da roulette russa per spiegarla. Immaginate
una pistola da 100 colpi. Voi ne piazzate nel tamburo 95 e la Fda vi dice
che è carica e pericolosa. Ne mettete 90 e, per la Fda, vale la pena
rischiare. Voi sparereste?