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il manifesto - 25 Novembre 2004

Come le tecnologie innevatrici stanno rovinando monti, pendii e ambiente
Montagne pericolose con la neve artificiale

Come le tecnologie innevatrici stanno rovinando monti, pendii e ambiente
Montagne pericolose con la neve artificiale
Batteri sotto gli sci. Un additivo usato nella produzione di neve
artificiale facilita la moltiplicazione di batteri d'ogni tipo, che restano
poi nel terreno e sulla vegetazione. E l'uso di questi sistemi si
intensifica ogni anno, per i mutamenti climatici che stanno riducendo
l'innevamento naturale
GABRIELLA ZIPOLI

La prima neve ha già imbiancato le montagne alpine, e la stagione degli
sport invernali è ormai alle porte. Dato che i capricci del clima, o meglio
gli effetti del riscaldamento globale, rischiano di compromettere i grossi
profitti legati agli sport della neve, da qualche anno le piste da sci
vengono trattate con neve artificiale. Un solo esempio: nella passata
stagione in Francia la neve artificiale è stata riversata su 4mila ettari di
piste, in 185 stazioni sciistiche. Si potrebbe pensare quindi che non ci
siano problemi per l'economia alpina, ma sulla neve artificiale i pareri
sono molto discordi: chi guarda solo all'oggi - se operatore turistico, per
trarne profitti economici, oppure se «sportivo» per il proprio immediato
godimento nel praticare lo sci ad ogni costo - considera come una vera manna
la neve sparata dai cannoni; ma per chi invece ha compreso che l'unico
turismo davvero possibile, a media come a lunga durata, è quello
eco-compatibile, la neve artificiale è peggio del fumo negli occhi.

Già nel 1990 una ricerca, finanziata dal ministero francese del turismo e
dell'ambiente, aveva evidenziato nella neve artificiale la presenza di
goccioline d'olio lubrificante, provenienti dalle macchine usate per
produrla; ovviamente, nei fiocchi di neve che dalle nubi volteggiano fino a
terra l'olio non c'è, e quindi la neve artificiale si era rivelata un facile
veicolo per inquinanti.

Additivo ad alto impatto

Attualmente, un gruppo di ricercatori dell'Università di Torino in
collaborazione con il Cemagref (un ente pubblico francese di ricerca
scientifica e tecnica, che si occupa dell'ambiente montano e di quello
rurale) ha studiato l'impatto ambientale di un additivo, lo snomax: prodotto
e commercializzato da una ditta statunitense, si usa sui campi da sci da
circa vent'anni. Finora nessuno aveva mai analizzato gli effetti
sull'ambiente di questo prodotto, autorizzato in alcuni paesi (in Svizzera,
ad esempio), regolamentato o vietato in altri (come in due provincie
austriache).

Lo snomax si ottiene dalla coltura del batterio Pseudomonas syringae , che
normalmente si trova sulle foglie di moltissime piante e solo raramente è
libero nel suolo, ed è una proteina della parete cellulare in grado di
accelerare la cristallizzazione della goccia d'acqua. Le cellule batteriche
vengono liofilizzate e commercializzate in pellets, che vengono disciolti
nell'acqua destinata alla produzione della neve artificiale. La «proteina
che fabbrica il ghiaccio» raggiunge il suo effetto a temperature più alte
del solito (circa -3° invece dei normali -6°): in questo modo si risparmia
energia, perché non è necessario raffreddare tanto l'acqua per trasformarla
in neve. La ricerca ha voluto verificare che non ci fosse traccia dei
batteri né nella neve prodotta né nella vegetazione e nel suolo al disgelo;
e per questo ha monitorato, in tre stagioni invernali consecutive, due
località innevate artificialmente: Antagnod in Val d'Aosta e Valloire nella
Savoia francese. Nessuna traccia di Pseudomonas nella neve, anche se piccole
differenze rilevate nella vegetazione estiva hanno portato i ricercatori «a
non poter escludere deboli effetti a lungo termine». Grande soddisfazione
quindi sia per il committente della ricerca - guarda caso proprio il
produttore dell'oggetto delle analisi, l'americana York Snow Inc. (80
dipendenti ed un volume d'affari di 40 milioni di euro per il 2003!) - sia
per gli operatori turistici che «vivono» sulla neve artificiale. Ma di
solito il meccanismo della ricerca scientifica si avvicina a quello delle
scatole cinesi: ogni risultato può aprire la via ad un nuovo ramo di
indagine; e così è anche in questo caso, dato che nella stazione francese si
è osservata la presenza, sia nella neve artificiale che nei cannoni
impiegati per produrla, di batteri fecali in quantità superiore al normale.

Ecosistema delicato

Il problema non è la presenza di questi microrganismi, che si trovano
normalmente sia nell'ambiente sia nella neve naturale, quanto la loro
quantità e la loro velocità di propagazione: al momento sembra che lo snomax
funga da «brodo di coltura» per i batteri, che quindi si riprodurrebbero
molto più in fretta del normale, col rischio di una pesante contaminazione
ambientale.

L'ambiente montano è caratterizzato da ripidi pendii, la cui stabilità è
precaria. L'habitat della vegetazione, al di sopra del livello del bosco, è
molto delicato a causa del clima rigido: il periodo vegetativo è molto breve
e le gelate notturne sono frequenti. Se si altera l'equilibrio ecologico, è
difficilissimo ripristinarlo: occorrono molte decine d'anni perché un'erba
autoctona -cioè tipica di una zona - torni a ricoprire il pendio. Lo si vede
molto bene dove si spianano i fianchi della montagna per realizzare piste da
sci: per avere una nuova copertura erbosa a rapida crescita bisogna
riseminare tutti gli anni, e utilizzare concimi chimici. Esistono studi che
evidenziano come l'innevamento artificiale, arricchendo di acqua il suolo,
favorisca la crescita dell'erba; non si può però generalizzare, dato che
questo vale solo nel caso di un pendio o di un prato particolarmente
asciutti: più acqua fa crescere di più, ma solo le specie vegetali che hanno
bisogno d'acqua, e queste non sono mai quelle tipiche dell'habitat di alta
montagna. Ci può essere quindi anche un aumento del verde, ma sempre con una
grave e irrimediabile perdita di biodiversità in uno degli ecosistemi più
delicati.

La neve artificiale è inoltre molto più pesante di quella naturale: da 400 a
500 chili al metro cubo, mentre quella naturale è fra i 100 e i 200. Questo
perché il cristallo della neve artificiale, avendo forma sferica, chiude
meglio gli interstizi fra le particelle e lascia passare poca aria: si
riduce la capacità di isolamento e quindi il freddo raggiunge il suolo molto
più in fretta, ghiacciando la superficie del manto erboso e mettendo in
forse la sua ricrescita nella stagione estiva; inoltre, l'innevamento
prolungato fino a stagione inoltrata comporta un ritardo di circa 20 giorni
per l'inizio dell'attività vegetativa.

Erosione accelerata

In questo modo i pendii vengono esposti ad erosione accelerata, aggravata
dall'aumento dello scorrimento superficiale delle precipitazioni che non
possono infiltrarsi nel terreno a causa dell'impermeabilizzazione svolta
dagli strati ghiacciati: le conseguenze in termini di dissesto idrogeologico
sono ben note.

Quanta acqua ci vuole per fare la neve artificiale? Dipende dallo spessore
dello strato bianco, comunque non meno di 200 litri al metro quadrato:
questo è un grosso problema, perché nelle Alpi i corsi d'acqua sono in magra
proprio nei mesi invernali. In Francia, dove l'80% delle stazioni invernali
usa la neve artificiale, i cannoni consumano annualmente 10 milioni di metri
cubi d'acqua, l'equivalente del consumo annuo di una città di 170mila
abitanti (i calcoli sono dell'Agenzia francese per il bacino
Rodano-Mediterraneo-Corsica). Il confronto dei dati per unità di superficie
evidenzia che l'innevamento artificiale consuma molto di più di una
coltivazione di mais. Di questo passo, si arriverà a conflitti d'uso
dell'acqua, soprattutto nei mesi invernali: lo dice l'Ufficio parlamentare
francese per la valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche
(Opecst), che ha monitorato la situazione negli ultimi due anni.

Sul Notiziario speciale per la Presidenza del consiglio (gennaio 2004) nelle
«norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da
discesa e da fondo» si legge che «lo Stato, nel limite massimo di 5 milioni
di euro per l'anno 2003, interviene a sostegno dell'economia turistica degli
sport della neve, mediante la concessione di finanziamenti a favore delle
imprese turistiche operanti in zone colpite da situazioni di eccezionale
siccità invernale e mancanza di neve nelle aree sciabili, con particolare
riguardo alla copertura degli investimenti relativi agli impianti di
innevamento artificiale». Chi pensava che le norme di sicurezza
riguardassero l'obbligo per i gestori degli impianti di apporre sulle piste
la segnaletica necessaria, oppure un comportamento responsabile richiesto
agli sciatori, o ancora l'uso del casco per i minori di 14 anni, rimarrà
certamente sorpreso.

Se è vero che sciare su una pista male innevata espone lo sciatore a rischi
elevati per la propria incolumità, è altrettanto vero che gli stanziamenti
previsti per la neve artificiale superano di gran lunga la necessità di
coprire i sassi sulle piste. Mountain Wilderness protesta, facendo notare
come i cannoni da neve, inizialmente semplici garanti dell'innevamento,
siano oggi usati per aprire nuove piste a quote sempre più alte: il
riscaldamento globale infatti sta provocando l'innalzamento (si prevede
anche di 300 metri) del limite medio delle nevicate.

Tutto come una volta?

A fronte del mutamento, a quanto pare irreversibile, delle condizioni
meteo-nivali (sempre meno neve, sempre meno giorni di neve) la neve
artificiale è abilmente utilizzata per indurre la convinzione che tutto sia
come una volta: il numero degli sciatori può essere mantenuto alto e
costante, anche se l'innalzamento della quota di partenza degli impianti di
risalita (in basso non c'è neve) comporta un «inevitabile» adeguamento degli
impianti (sempre più veloci, e quindi sempre più voraci di energia). E alti
e costanti sono anche i profitti immediati degli operatori turistici. In
ogni caso, come per ogni palliativo, la situazione è destinata a durare
pochi anni: gli impianti per la neve artificiale producono un pesante
impatto ambientale e quando anche la neve artificiale si scioglie, le
pendici montane appaiono ogni anno più marroni e più secche.

Lo sviluppo (anche turistico) sostenibile è oggi questione generale di
sopravvivenza: dove sono gli investimenti per combattere le vere cause
dell'innalzamento del limite delle nevicate? E'giunto il momento di adattare
le nostre abitudini al clima che cambia: sviluppo (turistico) sostenibile
vuol dire che si scia se c'è neve, e se non c'è si fanno passeggiate.

Come funzionano i cannoni per la neve

Il fiocco di neve naturale ha una struttura piana, generalmente esagonale;
la neve artificiale è invece costituita da granelli tridimensionali e per
questo è più resistente al traffico sciistico, ai raggi solari e alla
perdita di coesione. Il cannone nebulizza l'acqua, cioè la riduce in
microscopiche goccioline che vengono raffreddate al di sotto di 0° C,
passando allo stato solido; se il sistema è a bassa pressione, la
nebulizzazione viene favorita da un piccolo compressore, e l'espulsione
delle gocce è ottenuta mediante l'impiego di una grande ventola in grado di
produrre una corrente d'aria sufficiente al trasporto delle gocce a grande
distanza. Nei cannoni ad alta pressione invece la nebulizzazione dell'acqua
è ottenuta da una miscela di acqua e di aria fortemente compressa: a
contatto con l'aria a pressione atmosferica normale, l'aria compressa si
espande rapidamente, determinando un sensibile raffreddamento dell'acqua che
così diventa neve artificiale a temperature superiori rispetto al sistema a
bassa pressione.

Il meccanismo è piuttosto semplice; qual è il suo impatto ambientale?

Occorre acqua in quantità davvero gigantesche: per coprire una superficie di
3600 metri quadrati (l'equivalente di circa 1/2 campo da calcio) con uno
strato di 15 centimetri di neve saranno necessari 283 metri cubi d'acqua,
cioè 283.000 litri d'acqua, che riempirebbero 10 Tir. Per ottenere la
nebulizzazione, la pressione dell'acqua deve essere molto elevata: si usano
quindi compressori potenti (e rumorosi) che assorbono una grande quantità di
energia elettrica (inquinamento dislocato) o bruciano notevoli quantità di
gasolio (inquinamento locale). E poi ci sono gli oli lubrificanti ed i
batteri che la neve artificiale distribuisce sul suolo al momento del
disgelo... (G.Z.)