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nuovo municipio : quado la democrazia entra in bilancio
- Subject: nuovo municipio : quado la democrazia entra in bilancio
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 16 Nov 2004 07:02:10 +0100
il manifesto - 12 Novembre 2004 Quando la democrazia entra in bilancio I comuni della rete del Nuovo municipio in assemblea domani a Bologna VITTORIO LONGHI Mentre la democrazia dall'alto continua ad arrovellarsi su come riconquistare la delega di una base sociale sempre più lontana e sempre meno rappresentata, c'è un'altra democrazia, dal basso, fatta di piccoli comuni e di municipalità, che invece lavora per coinvolgerla quella base, per farla partecipare concretamente alla gestione della cosa pubblica, restituendole voce e sovranità. Gli amministratori di questi comuni un mese fa si sono incontrati a Grottammare per l'assemblea nazionale degli enti locali impegnati nel bilancio partecipativo e domani si riuniranno a Bologna per l'assemblea della rete del Nuovo municipio. L'associazione, nata l'anno scorso a Empoli, sostiene i principi della democrazia partecipativa con l'obiettivo «di trovare - come recita la carta costitutiva - una via alternativa della democrazia che consenta di rimettere in gioco e valorizzare il patrimonio sociale, culturale e territoriale delle comunità locali». Porto Alegre d'Italia Le Porto Alegre italiane oggi consolidano pratiche che in molti casi hanno dimostrato efficacia, sia in termini politici, di coinvolgimento, sia pratici, di miglioramento concreto della qualità della vita. «L'innovazione reale della politica sta avvenendo a livello locale e queste sperimentazioni andrebbero assunte nei programmi della sinistra nazionale», suggerisce Alberto Magnaghi, docente di urbanistica all'università di Firenze e presidente dell'associazione. «La rete del Nuovo municipio non è un Anci di sinistra - puntualizza -anzi la sua caratteristica è proprio quella di raccogliere amministratori, associazioni, movimenti e laboratori universitari. Proprio in questa composizione sta il motivo della sua forza e della pressione che dal basso può fare sulle amministrazioni locali». A Bologna sarà presentata una sorta di «atlante della partecipazione», il risultato di un'indagine universitaria che tenta di valutare la nuova generazione di pratiche di buon governo in Italia. Questa analisi parte dagli esperimenti di bilancio partecipativo, il processo di discussione aperta in cui amministratori e cittadini condividono la gestione di una parte delle risorse comunali. A Porto Alegre, lo ricordiamo, questa quota riguarda soprattutto il capitolo di spesa destinato a opere e servizi e oscilla intorno al 20 per cento, con una presenza del 5 o 6 per cento della popolazione. Anche se limitata ad alcuni aspetti del bilancio e a un ristretto numero di cittadini, la discussione assembleare del bilancio è comunque un buon indicatore di democrazia, perché ha a che fare con la redistribuzione delle risorse, della ricchezza. A Grottammare, aprire il bilancio ha significato negli ultimi dieci anni trasformare completamente la faccia e la vita della città, salvandola da un piano regolatore sovradimensionato e basato sulla speculazione immobiliare per restituirla ai cittadini con nuovi spazi verdi e destinati alla socialità. Lo sviluppo sostenibile è al centro anche del lavoro fatto a Nonantola, provincia di Modena, dove per un'intera area del piano regolatore si è seguito il criterio della bioedilizia e della bioarchitettura. Per spingere al risparmio energetico, l'amministrazione ha sostenuto finanziariamente, con una serie di contributi, la trasformazione delle auto private dalla benzina al metano e al gpl.Analoga la storia di Pieve Emanuele, in provincia di Milano, dove la pratica del bilancio partecipativo è stata addirittura inserita - prima in Italia - nello statuto comunale. «Siamo al terzo ciclo di sperimentazione e vediamo che la partecipazione non aumenta solo nel numero dei cittadini coinvolti (il 30 per cento in più quest'anno), ma anche nella varietà della composizione sociale e nella qualità delle richieste», dice Salvatore Amura, assessore di Pieve e coordinatore della Rete. «L'anno scorso abbiamo destinato alla quota di bilancio partecipativo circa 7 milioni di euro che hanno finanziato la costruzione della stazione ferroviaria e un percorso ciclo-pedonale per collegare i quartieri della città». «Abbiamo tentato di individuare con i cittadini gli strumenti per discutere le priorità del welfare locale, attraverso forum sugli anziani, sui disabili, sulle povertà vecchie e nuove per arrivare alla costruzione di un piano regolatore sociale», racconta Giuseppe Caccia, assessore comunale di Venezia nel comitato esecutivo della Rete. «In questo modo - aggiunge - siamo riusciti a rispondere anche alle politiche governative di strangolamento finanziario degli enti locali, senza mettere in discussione gli standard della nostra offerta di welfare». Accoglienza attiva Ad agosto, il comune di Venezia e quello di Cosenza hanno offerto accoglienza a una trentina di richiedenti asilo africani sbarcati ad Agrigento e subito finiti nell'abbandono dei centri di permanenza temporanea. Insieme alla Rete antirazzista siciliana, Caccia e Franco Piperno, assessore neomunicipalista di Cosenza, sono andati direttamente in Sicilia, dove hanno costretto le autorità ad accelerare le pratiche per l'identificazione e la domanda di asilo politico. Una dimostrazione di come il processo di autogoverno stia sempre più integrando le buone pratiche amministrative con interventi diretti nell'ambito più strettamente sociale. Non è l'unico esempio. Sempre a Cosenza, dove si sta cercando di costruire i municipi di quartiere, da un anno l'assemblea del quartiere di San Vito discute con un gruppo di architetti la costruzione delle nuove case popolari in funzione delle esigenze degli abitanti. La partecipazione è alta, immigrati e suore compresi, ed «è interessante - racconta Piperno - come dalla discussione emergano forme dell'abitare diverse da quelle tradizionali, ad esempio si cominciano a privilegiare gli spazi comuni rispetto a quelli privati». Anche nelle assemblee dei quartieri del Municipio Roma XI, l'area della capitale compresa tra le vie Appia, Ardeatina, Cristoforo Colombo e Ostiense, non ci si riunisce solo per discutere della riqualificazione del giardino di via Tarso o del monitoraggio per l'inquinamento acustico, atmosferico ed elettromagnetico, ma anche per incontrare il sindacalista colombiano (lunedì scorso) che lotta contro la Coca cola e per sensibilizzare i cittadini sugli abusi delle multinazionali, tema di diritti globali che però finisce per riguardare anche chi vive alla Garbatella. «La nostra non è solo una prassi di buon governo locale - precisa Massimiliano Smeriglio, presidente del Municipio - e stiamo attenti a evitare le derive dei meri tecnicismi amministrativi, potremmo arrivare a una fase di arresto del processo, proprio come è avvenuto a Porto Alegre». Dopo 15 anni di governo, infatti, il Partito dei lavoratori di Lula ha clamorosamente perso le elezioni contro un'ampia coalizione, composta da 12 partiti tra cui i socialdemocratici e i liberali di destra, che si è mobilitata unicamente per sconfiggere il candidato di sinistra Raul Pont. Segnale elettorale Per Giovanni Allegretti, urbanista dell'università di Firenze, «il risultato elettorale di Porto Alegre non va interpretato come un fallimento della formula, ma come un segnale preciso e circoscritto alla classe politica locale, è semmai la dimostrazione di una maggiore attenzione da parte dei cittadini, ormai critici e consapevoli». In Italia, affinché questi esperimenti possano proseguire verso la loro naturale evoluzione, «è necessario che le città abbiano l'appoggio delle altre istituzioni - aggiunge Allegretti - attraverso nuovi investimenti nella comunicazione con i cittadini, ad esempio, ma anche nella formazione degli attori tecnici o con nuove forme di incentivo alle buone pratiche, come avviene già in alcuni Lander tedeschi». La Provincia di Milano ha già istituito un assessorato ad hoc e presto attiverà un laboratorio sulla partecipazione in cui darà finanziamenti ai comuni che adottano la democrazia diretta per il bilancio, coinvolgerà le università e metterà in rete tutte le esperienze avviate finora. «Ad Ascoli abbiamo messo al lavoro un gruppo di venti neolaureati per uno studio delle migliori pratiche - spiega Massimo Rossi, ex sindaco di Grottammare e ora presidente della Provincia - come Giunta abbiamo incontrato le amministrazioni e le associazioni del territorio per avviare una consultazione e individuare insieme i problemi, ma anche le risorse che abbiamo». Rovesciare il tavolo Anche il comune di Venezia ha da poco avviato un programma simile su tre municipalità: Marghera, Lido e Favaro. Si chiama «rovesciamo il tavolo» e prevede che, tra ottobre e novembre, i cittadini invitati a partecipare alle assemblee aperte individuino insieme agli amministratori i problemi del territorio, così da costruire «soluzioni di fattibilità» e arrivare a progetti da inserire nel bilancio di previsione 2005. A Roma, il consiglio comunale ha approvato un piano di spesa di 100 mila euro per premiare tre progetti di bilancio partecipativo da sperimentare in alcune municipalità. «Sono d'accordo sulla possibilità di articolazioni successive a quella municipale e sul ruolo di coordinamento dell'ente più grande - precisa Smeriglio -, ma tutto deve avvenire nel rispetto delle competenze, il peso della sovranità deve restare alla dimensione municipale, senza ingerenze». Esiste infatti il pericolo che la politica tradizionale s'impossessi della sola formula della democrazia partecipativa, senza neanche percepirne il contenuto, in un'operazione di puro marketing elettorale. Lo dimostrano alcuni recenti progetti di piccoli centri, annunciati come partecipativi ma che in realtà si limitano a un rapporto consultivo e individuale tra cittadino e amministrazione (attraverso internet ad esempio), evitando la componente assembleare e collettiva del processo, suo motivo di forza e di reale spinta al cambiamento. La democrazia reale e diretta, infatti, fa ancora paura, tanto alla destra quanto a una buona parte della sinistra per il rischio di scardinamento del meccanismo di delega. Il cittadino che si abitua a essere coinvolto e ascoltato diventa molto più esigente, proprio perché il sistema di partecipazione non punta a normalizzare o a creare contesti concertativi, ma a fare emergere le problematiche e perciò anche ad alimentare il conflitto, se necessario. Anche di questo si dscuterà a Bologna, dove proprio il social forum locale, alla fine di ottobre, ha lanciato l'iniziativa di una BolognAlegre 2 per parlare della città. «Si sente il bisogno di uno spazio di riflessione che prepari un a nuova stagione di conflitti sociali - dicono al Forum - per creare un nuovo protagonismo dei movimenti e per affrontare bisogni e problemi come quello della casa, dei migranti, dei Cpt, dei giovani, di questioni ambientali e sociali che quattro mesi di amministrazione Cofferati hanno lasciato quasi completamente irrisolti».
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