nuovo municipio : quado la democrazia entra in bilancio



il manifesto - 12 Novembre 2004

Quando la democrazia entra in bilancio
I comuni della rete del Nuovo municipio in assemblea domani a Bologna
VITTORIO LONGHI

Mentre la democrazia dall'alto continua ad arrovellarsi su come
riconquistare la delega di una base sociale sempre più lontana e sempre meno
rappresentata, c'è un'altra democrazia, dal basso, fatta di piccoli comuni e
di municipalità, che invece lavora per coinvolgerla quella base, per farla
partecipare concretamente alla gestione della cosa pubblica, restituendole
voce e sovranità. Gli amministratori di questi comuni un mese fa si sono
incontrati a Grottammare per l'assemblea nazionale degli enti locali
impegnati nel bilancio partecipativo e domani si riuniranno a Bologna per
l'assemblea della rete del Nuovo municipio. L'associazione, nata l'anno
scorso a Empoli, sostiene i principi della democrazia partecipativa con
l'obiettivo «di trovare - come recita la carta costitutiva - una via
alternativa della democrazia che consenta di rimettere in gioco e
valorizzare il patrimonio sociale, culturale e territoriale delle comunità
locali».

Porto Alegre d'Italia

Le Porto Alegre italiane oggi consolidano pratiche che in molti casi hanno
dimostrato efficacia, sia in termini politici, di coinvolgimento, sia
pratici, di miglioramento concreto della qualità della vita. «L'innovazione
reale della politica sta avvenendo a livello locale e queste sperimentazioni
andrebbero assunte nei programmi della sinistra nazionale», suggerisce
Alberto Magnaghi, docente di urbanistica all'università di Firenze e
presidente dell'associazione. «La rete del Nuovo municipio non è un Anci di
sinistra - puntualizza -anzi la sua caratteristica è proprio quella di
raccogliere amministratori, associazioni, movimenti e laboratori
universitari. Proprio in questa composizione sta il motivo della sua forza e
della pressione che dal basso può fare sulle amministrazioni locali».
A Bologna sarà presentata una sorta di «atlante della partecipazione», il
risultato di un'indagine universitaria che tenta di valutare la nuova
generazione di pratiche di buon governo in Italia. Questa analisi parte
dagli esperimenti di bilancio partecipativo, il processo di discussione
aperta in cui amministratori e cittadini condividono la gestione di una
parte delle risorse comunali. A Porto Alegre, lo ricordiamo, questa quota
riguarda soprattutto il capitolo di spesa destinato a opere e servizi e
oscilla intorno al 20 per cento, con una presenza del 5 o 6 per cento della
popolazione. Anche se limitata ad alcuni aspetti del bilancio e a un
ristretto numero di cittadini, la discussione assembleare del bilancio è
comunque un buon indicatore di democrazia, perché ha a che fare con la
redistribuzione delle risorse, della ricchezza. A Grottammare, aprire il
bilancio ha significato negli ultimi dieci anni trasformare completamente la
faccia e la vita della città, salvandola da un piano regolatore
sovradimensionato e basato sulla speculazione immobiliare per restituirla ai
cittadini con nuovi spazi verdi e destinati alla socialità.
Lo sviluppo sostenibile è al centro anche del lavoro fatto a Nonantola,
provincia di Modena, dove per un'intera area del piano regolatore si è
seguito il criterio della bioedilizia e della bioarchitettura. Per spingere
al risparmio energetico, l'amministrazione ha sostenuto finanziariamente,
con una serie di contributi, la trasformazione delle auto private dalla
benzina al metano e al gpl.Analoga la storia di Pieve Emanuele, in provincia
di Milano, dove la pratica del bilancio partecipativo è stata addirittura
inserita - prima in Italia - nello statuto comunale. «Siamo al terzo ciclo
di sperimentazione e vediamo che la partecipazione non aumenta solo nel
numero dei cittadini coinvolti (il 30 per cento in più quest'anno), ma anche
nella varietà della composizione sociale e nella qualità delle richieste»,
dice Salvatore Amura, assessore di Pieve e coordinatore della Rete. «L'anno
scorso abbiamo destinato alla quota di bilancio partecipativo circa 7
milioni di euro che hanno finanziato la costruzione della stazione
ferroviaria e un percorso ciclo-pedonale per collegare i quartieri della
città».
«Abbiamo tentato di individuare con i cittadini gli strumenti per discutere
le priorità del welfare locale, attraverso forum sugli anziani, sui
disabili, sulle povertà vecchie e nuove per arrivare alla costruzione di un
piano regolatore sociale», racconta Giuseppe Caccia, assessore comunale di
Venezia nel comitato esecutivo della Rete. «In questo modo - aggiunge -
siamo riusciti a rispondere anche alle politiche governative di
strangolamento finanziario degli enti locali, senza mettere in discussione
gli standard della nostra offerta di welfare».

Accoglienza attiva

Ad agosto, il comune di Venezia e quello di Cosenza hanno offerto
accoglienza a una trentina di richiedenti asilo africani sbarcati ad
Agrigento e subito finiti nell'abbandono dei centri di permanenza
temporanea. Insieme alla Rete antirazzista siciliana, Caccia e Franco
Piperno, assessore neomunicipalista di Cosenza, sono andati direttamente in
Sicilia, dove hanno costretto le autorità ad accelerare le pratiche per
l'identificazione e la domanda di asilo politico. Una dimostrazione di come
il processo di autogoverno stia sempre più integrando le buone pratiche
amministrative con interventi diretti nell'ambito più strettamente sociale.
Non è l'unico esempio. Sempre a Cosenza, dove si sta cercando di costruire i
municipi di quartiere, da un anno l'assemblea del quartiere di San Vito
discute con un gruppo di architetti la costruzione delle nuove case popolari
in funzione delle esigenze degli abitanti. La partecipazione è alta,
immigrati e suore compresi, ed «è interessante - racconta Piperno - come
dalla discussione emergano forme dell'abitare diverse da quelle
tradizionali, ad esempio si cominciano a privilegiare gli spazi comuni
rispetto a quelli privati».
Anche nelle assemblee dei quartieri del Municipio Roma XI, l'area della
capitale compresa tra le vie Appia, Ardeatina, Cristoforo Colombo e
Ostiense, non ci si riunisce solo per discutere della riqualificazione del
giardino di via Tarso o del monitoraggio per l'inquinamento acustico,
atmosferico ed elettromagnetico, ma anche per incontrare il sindacalista
colombiano (lunedì scorso) che lotta contro la Coca cola e per
sensibilizzare i cittadini sugli abusi delle multinazionali, tema di diritti
globali che però finisce per riguardare anche chi vive alla Garbatella. «La
nostra non è solo una prassi di buon governo locale - precisa Massimiliano
Smeriglio, presidente del Municipio - e stiamo attenti a evitare le derive
dei meri tecnicismi amministrativi, potremmo arrivare a una fase di arresto
del processo, proprio come è avvenuto a Porto Alegre». Dopo 15 anni di
governo, infatti, il Partito dei lavoratori di Lula ha clamorosamente perso
le elezioni contro un'ampia coalizione, composta da 12 partiti tra cui i
socialdemocratici e i liberali di destra, che si è mobilitata unicamente per
sconfiggere il candidato di sinistra Raul Pont.

Segnale elettorale

Per Giovanni Allegretti, urbanista dell'università di Firenze, «il risultato
elettorale di Porto Alegre non va interpretato come un fallimento della
formula, ma come un segnale preciso e circoscritto alla classe politica
locale, è semmai la dimostrazione di una maggiore attenzione da parte dei
cittadini, ormai critici e consapevoli». In Italia, affinché questi
esperimenti possano proseguire verso la loro naturale evoluzione, «è
necessario che le città abbiano l'appoggio delle altre istituzioni -
aggiunge Allegretti - attraverso nuovi investimenti nella comunicazione con
i cittadini, ad esempio, ma anche nella formazione degli attori tecnici o
con nuove forme di incentivo alle buone pratiche, come avviene già in alcuni
Lander tedeschi».
La Provincia di Milano ha già istituito un assessorato ad hoc e presto
attiverà un laboratorio sulla partecipazione in cui darà finanziamenti ai
comuni che adottano la democrazia diretta per il bilancio, coinvolgerà le
università e metterà in rete tutte le esperienze avviate finora. «Ad Ascoli
abbiamo messo al lavoro un gruppo di venti neolaureati per uno studio delle
migliori pratiche - spiega Massimo Rossi, ex sindaco di Grottammare e ora
presidente della Provincia - come Giunta abbiamo incontrato le
amministrazioni e le associazioni del territorio per avviare una
consultazione e individuare insieme i problemi, ma anche le risorse che
abbiamo».

Rovesciare il tavolo

Anche il comune di Venezia ha da poco avviato un programma simile su tre
municipalità: Marghera, Lido e Favaro. Si chiama «rovesciamo il tavolo» e
prevede che, tra ottobre e novembre, i cittadini invitati a partecipare alle
assemblee aperte individuino insieme agli amministratori i problemi del
territorio, così da costruire «soluzioni di fattibilità» e arrivare a
progetti da inserire nel bilancio di previsione 2005.
A Roma, il consiglio comunale ha approvato un piano di spesa di 100 mila
euro per premiare tre progetti di bilancio partecipativo da sperimentare in
alcune municipalità. «Sono d'accordo sulla possibilità di articolazioni
successive a quella municipale e sul ruolo di coordinamento dell'ente più
grande - precisa Smeriglio -, ma tutto deve avvenire nel rispetto delle
competenze, il peso della sovranità deve restare alla dimensione municipale,
senza ingerenze».
Esiste infatti il pericolo che la politica tradizionale s'impossessi della
sola formula della democrazia partecipativa, senza neanche percepirne il
contenuto, in un'operazione di puro marketing elettorale. Lo dimostrano
alcuni recenti progetti di piccoli centri, annunciati come partecipativi ma
che in realtà si limitano a un rapporto consultivo e individuale tra
cittadino e amministrazione (attraverso internet ad esempio), evitando la
componente assembleare e collettiva del processo, suo motivo di forza e di
reale spinta al cambiamento. La democrazia reale e diretta, infatti, fa
ancora paura, tanto alla destra quanto a una buona parte della sinistra per
il rischio di scardinamento del meccanismo di delega. Il cittadino che si
abitua a essere coinvolto e ascoltato diventa molto più esigente, proprio
perché il sistema di partecipazione non punta a normalizzare o a creare
contesti concertativi, ma a fare emergere le problematiche e perciò anche ad
alimentare il conflitto, se necessario. Anche di questo si dscuterà a
Bologna, dove proprio il social forum locale, alla fine di ottobre, ha
lanciato l'iniziativa di una BolognAlegre 2 per parlare della città. «Si
sente il bisogno di uno spazio di riflessione che prepari un a nuova
stagione di conflitti sociali - dicono al Forum - per creare un nuovo
protagonismo dei movimenti e per affrontare bisogni e problemi come quello
della casa, dei migranti, dei Cpt, dei giovani, di questioni ambientali e
sociali che quattro mesi di amministrazione Cofferati hanno lasciato quasi
completamente irrisolti».