[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
laurea inutile ?
- Subject: laurea inutile ?
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 20 Oct 2004 06:47:38 +0200
da lavoceinfo.it martedi 12 ottobre 2004 La laurea inutile Daniele Checchi Tullio Jappelli Oltre un terzo dei laureati italiani dichiara di essere occupato in un lavoro per il quale la laurea non è necessaria. La percentuale è significativamente minore per i medici e i laureati del gruppo chimico e farmaceutico; ma sale quasi al 50 per cento per i laureati del gruppo giuridico (vedi figura 1). La frustrazione di molti laureati non è l'unico aspetto problematico della transizione dal sistema scolastico e formativo al mercato del lavoro. L'età media dei laureati è di ventisette anni; solo due terzi degli iscritti arriva alla laurea; la durata della transizione dalla scuola al lavoro è di undici anni, quattro anni più della media dei paesi dell'Ocse. (1) Lo squilibrio tra domanda e offerta L'insoddisfazione segnalata da molti giovani non riflette soltanto una carenza di informazioni chiare sul funzionamento del mercato e sulla domanda di competenze da parte delle imprese, ma squilibri molto più profondi. La tabella confronta la domanda e l'offerta di competenze relative ai laureati del 2003. La prima colonna riporta la previsione sul fabbisogno di laureati nel 2004 sulla base dell'indagine Excelsior condotta presso le imprese e gli artigiani da Unioncamere in collaborazione con il ministero del Lavoro. Si tratta di un'indagine svolta tra novembre 2003 e aprile 2004 su un campione di 100mila imprese; comprende l'industria, i servizi e il mondo delle professioni, con esclusione della sola pubblica amministrazione. (2) Alle imprese viene chiesto di indicare non solo il livello di qualificazione (generico, diplomato o laureato), ma anche l'area di competenza per la quale sono previsti ingressi di nuovi occupati. Nel 2004 si prevede l'assunzione di 673mila persone, tra cui 54.611 laureati. Tra i laureati, il 37 per cento delle assunzioni previste riguarda persone con laurea in discipline economico-gestionali e il 30 per cento con laurea in ingegneria. Se si escludono le lauree del gruppo medico, per tutte le altre competenze scientifiche (gruppo chimico, biologico, agro-alimentare) la domanda è quantitativamente trascurabile. Le lauree del gruppo umanistico (politico-sociologico, letterario, giuridico, linguistico) rappresentano poco più del 10 per cento delle assunzioni previste. Nella seconda colonna riportiamo invece l'offerta di competenze, sulla base dei dati sulla composizione disciplinare dei laureati nell'anno 2003 in tutti gli atenei italiani. Si tratta di laureati dei vecchi ordinamenti, prima dunque della piena entrata a regime della riforma del 3+2. Colpiscono due dati: lo squilibrio complessivo tra domanda e offerta, e la differenza nella distribuzione delle competenze. A fronte di una domanda di 54mila laureati, il nostro sistema universitario ne "produce" 225mila, creando un potenziale di disoccupazione intellettuale pari a 171mila persone per anno. Lo squilibrio appare soprattutto concentrato tra i laureati del gruppo giuridico, letterario e politico-sociale. Vero che l'indagine non comprende eventuali assunzioni nella pubblica amministrazione, ma gli squilibri della finanza pubblica e il blocco del turnover suggeriscono che solo una piccola quota dei laureati potrà trovare un impiego pubblico. Molti dei laureati del 2003 sono dunque nei fatti disoccupati di lungo corso, studenti parcheggiati nelle università che dopo sei o sette anni hanno conseguito una laurea in scienze politiche, lettere o giurisprudenza non spendibile nel mercato del lavoro. Non stupisce poi che in queste condizioni molti laureati accettino impieghi per cui non è necessaria la laurea e che si dichiarino insoddisfatti del lavoro che svolgono. Dal lato della domanda di lavoro da parte delle imprese, i dati segnalano che la struttura produttiva del paese è in gran parte arretrata. Fatti assai noti, e spesso ricordati sulla base delle cifre modeste impegnate per investimenti in ricerca e sviluppo. Le competenze qualificate sono dunque poco richieste dalle imprese: delle 673mila nuove assunzioni previste nel 2004, il 41 per cento prevede il livello della scuola dell'obbligo, il 21 per cento quello delle scuole professionali, il 29 per cento gli istituti tecnici e solo l'8 per cento la laurea. Poiché questi dati sono noti e di facile accesso, sorge spontanea la domanda sul perché i giovani e le loro famiglie compiano scelte sbagliate. Allo stesso tempo, occorre chiedersi perché la scuola e l'università non cerchino di contrastare attivamente gli squilibri. Le "colpe" di scuola e università Purtroppo, l'organizzazione della scuola e dell'università sono parte del problema. La scelta della facoltà universitaria risente significativamente della scuola secondaria di provenienza, che a sua volta riflette il background economico e culturale della famiglia. Fino ad oggi, la rigida separazione tra licei, istituti tecnici e formazione professionale ha favorito l'incanalamento dei giovani secondo percorsi predefiniti, perpetuando nel tempo i comportamenti che la riforma degli accessi universitari del 1969 aveva rimosso almeno sul piano formale. In sostanza, la scuola superiore orienta anche la carriera universitaria e gli sbocchi lavorativi successivi. Dopo aver scelto di frequentare un liceo classico, la gran parte degli studenti decide di frequentare l'università, e nel 44 per cento dei casi sceglie una laurea di tipo umanistico. (3) Se invece sceglie un istituto tecnico o commerciale e decide successivamente di proseguire con l'università (poco più del 30 per cento), si iscrive con elevata probabilità in una facoltà di economia (oltre il 50 per cento dei casi). Su questo fronte, la riforma della scuola secondaria del ministro Moratti si limita a prendere atto delle rigidità esistenti. Per quanto riguarda l'università, basse tasse di frequenza e poche restrizioni all'ingresso incentivano gli studenti a iscriversi e conseguire un titolo. A sua volta, il valore legale del titolo induce molti a frequentare l'università nella speranza di accedere a impieghi pubblici o nel mondo delle professioni. Un titolo universitario rappresenta ancora, in molte zone del paese, uno status sociale ambito, e anche per chi frequenta e non conseguirà mai un titolo è più accettabile dichiararsi studente universitario piuttosto che disoccupato di lungo corso. Per molti giovani la laurea è dunque solo un "segnale" per accedere a un impiego in cui le competenze apprese non servono. Allo stesso tempo, il finanziamento pubblico delle università ha privilegiato, fino ad ora, indicatori quantitativi sul numero di iscritti e di laureati, senza attenzione alle carriere successive degli studenti. Infine, l'applicazione della riforma dei corsi di laurea (il 3+2) è stata fino ad oggi orientata più dagli interessi del corpo accademico e delle associazioni professionali, piuttosto che da quello degli studenti. Classificazione ExcelsiorPrevisione Excelsior 2004 (%)laureati e diplomati 2003 (%)eccesso domanda (valori assoluti)Classificazione Istat laureati Indirizzo scientifico: matematica e fisica + scienze naturali0.603.00-6450Gruppo scientifico Indirizzo chimico+farmaceutico5.913.32-4273Gruppo chimico-farmaceutico Indirizzo biologico e biotecnologia1.313.90-8095Gruppo geo-biologico Indirizzo medico e odontoiatrico+paramedico13.1711.16-18020Gruppo medico Indirizzo di ingegneria elettronica ed elettrotecnica + informatico e telecomunicazione + ingegneria meccanica + ingegneria edile e civile + altra ingegneria29.7913.21-13575Gruppo ingegneria Indirizzo urbanistico, territoriale e architetti1.364.95-10440Gruppo architettura Indirizzo agro-alimentare, forestale e produzioni animali0.372.38-5175Gruppo agrario Indirizzo economico-commerciale e amministrativo +statistico37.1015.87-15592Gruppo economico-statistico Indirizzo politico-sociologico2.299.60-20437Gruppo politico-sociale Indirizzo giuridico0.9811.63-25739Gruppo giuridico Indirizzo letterario, filosofico, pedagogico e assimilati4.5916.21-34114Gruppo letterario+insegnamento+psicologico Indirizzo linguistico, traduttori e interpreti2.534.76-9372Gruppo linguistico Valori assoluti54611225916-171305 Fonte: elaborazioni su http://excelsior.unioncamere.net - tabella 18.1 e dati fonte MIUR Fonte: Unioncamere-Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior 2004 (1) Per convenzione, la transizione inizia nell'anno d'età di una coorte nel quale la proporzione di giovani scolarizzati a tempo pieno scende al di sotto del 75 per cento e termina nell'anno di età durante il quale almeno la metà della coorte è occupata e non è più a scuola. La durata della transizione risulta dalla differenza tra queste due età. (2) Il campo di osservazione dell'indagine è rappresentato dall'universo delle imprese private iscritte al Registro delle imprese delle Camere di commercio con almeno un dipendente, con l'esclusione della pubblica amministrazione, delle aziende pubbliche del settore sanitario, delle unità scolastiche e universitarie pubbliche, e delle organizzazioni associative. (3) Fonte: Indagine Istat sugli sbocchi lavorativi dei laureati 1995 intervistati nel 1998. La mala informazione Virginia Maestri Dati Istat relativi all'Italia nell'anno 2001 mostrano che il 33 per cento dei laureati, a tre anni dal conseguimento del titolo di studio, svolge un lavoro per il quale la laurea non è considerata un elemento necessario. Questo dato suggerisce la presenza di una quota di lavoratori impiegati al di sotto del loro livello d'istruzione ufficiale, principalmente a causa di una carenza di altre competenze, di una qualità scadente della loro formazione o di un inserimento inadeguato nel mercato del lavoro. Cos'è la sovra-istruzione? La sovra-istruzione non è un fenomeno sconosciuto ad altri paesi, vi sono infatti molti studi che riguardano gli Stati Uniti, l'Olanda e il Portogallo, solo per citarne alcuni. (1) Ma i dati relativi alle diverse nazioni non sono comparabili, perché la consistenza di questo fenomeno dipende in modo considerevole dalla definizione del concetto. Un conto è affermare che una certa percentuale di lavoratori è stata assunta senza la richiesta esplicita del titolo di studio che possiede, un altro è dire che questa ritiene di possedere un livello d'istruzione eccessivo rispetto al contenuto delle propria occupazione. Si ottengono risultati differenti anche nel caso in cui si definiscano come sovra-istruiti i lavoratori con un grado d'istruzione superiore alla media di quello dei loro colleghi, invece di paragonarlo con quello reputato necessario per svolgere una determinata professione. Il 33 per cento dei laureati italiani potrebbe quindi essere stato assunto senza la richiesta di una laurea, ma utilizzare in via informale e profittevole per i datori di lavoro le competenze sviluppate nel corso degli studi universitari. (2) La tabella mostra i dati relativi ai laureati dell'Università Statale di Milano nell'anno accademico 1996-1997, a quattro anno di distanza: i tre valori confermano da una parte la duttilità del concetto di sovra-istruzione e dall'altra la rilevanza del fenomeno. % sovra-istruiti tra i laureati/occupati laurea non (formalmente) richiesta 31,4% laurea ritenuta eccessiva 20,1% inutilità studi universitari 42,8% Istruzione e posto di lavoro Gli studi condotti sul tema degli sbocchi professionali individuano una serie di cause che concorrono a determinare l'assegnazione dei posti di lavoro agli individui. Questi fattori riguardano aspetti intrinseci dell' istruzione (come il tipo e l'indirizzo di scuola frequentata, il superamento della durata legale del corso di studi e i voti riportati) e aspetti complementari (esperienze lavorative, di stage, all'estero e così via) o strettamente legati alle caratteristiche della persona (genere, background socio-culturale, eccetera). Ma vi sono anche altri elementi che possono ostacolare o favorire un'ulteriore acquisizione di competenze e professionalità, come il contratto di assunzione, il settore d'impiego o il canale di ricerca del lavoro (formale, informale, interinale eccetera). Poiché l'istruzione e il complesso delle conoscenze degli individui è un elemento determinante per ottenere un lavoro coerente con il proprio percorso formativo, occorre individuare quali fattori permettano un' acquisizione di competenze e un inserimento nel mondo del lavoro di "serie A" e quali invece conducano a un esito di "serie B". La formazione di tipo liceale certamente avvantaggia gli studenti che proseguono gli studi a livello terziario. Il dubbio potrebbe sorgere nel caso si volesse considerare se, ad esempio, la frequenza di una scuola tecnica rispecchi l' abilità dello studente o se invece sia frutto di una scelta della sua famiglia di provenienza. Se la competizione per i posti di lavoro si basa sulle caratteristiche dei partecipanti, bisognerebbe anche chiedersi come gli individui possano partecipare a tale competizione. Vi sono abbastanza informazioni circa i posti di lavoro vacanti e i requisiti per accedervi? O meglio, le informazioni per accedere ai lavori "più prestigiosi" sono più scarse? Una questione di trasparenza È cruciale dunque il problema della trasparenza dei mercati del lavoro. Gli studenti che, in mancanza di altri mezzi, si affidano ai contatti personali rischiano di trovare un lavoro al di sotto delle loro competenze e lo stesso vale quando si faccia ricorso ad un'agenzia (di collocamento o interinale che sia). Mentre quelli che accedono a un'occupazione tramite un tirocinio o grazie a una segnalazione da parte dell'università hanno una migliore probabilità di essere inseriti a un livello professionale adeguato. In sostanza, le persone in possesso di maggiori informazioni sull'accesso alle professioni di "serie A" sono favoriti nel loro percorso professionale, se non in modo totalmente indipendente dalla qualità della loro preparazione, almeno in modo non proporzionale. Il problema della sovra-istruzione non rappresenta necessariamente un fallimento dell'istruzione. È possibile che il background socio-culturale rivesta una particolare importanza, sebbene indiretta, nell'allocazione dei posti di lavoro. In primo luogo, il sostrato culturale gioca un ruolo decisivo nel determinare la scelta della scuola secondaria e l'acquisizione di altri elementi extra-curricolari (quali le esperienze di studio all'estero o di stage). Inoltre, può supplire alla carenza d'informazione circa le (migliori) opportunità d'impiego. Sia dal punto di vista dell'efficienza che dell'equità tale risultato del mercato del lavoro non sembra ottimale e sarebbe dunque opportuno intervenire. Ad esempio istituendo un biennio comune d'istruzione secondaria per ridurre il divario esistente tra la formazione liceale e quella orientata all' occupazione, come era previsto nel progetto di riforma Berlinguer-De Mauro. Si potrebbe altresì ripensare la struttura delle borse di studio: quelle per l'estero sono fissate in cifra fissa per tutti i paesi e svantaggiano i figli delle famiglie meno abbienti, che non possono finanziare in proprio i costi aggiuntivi dei programmi di scambio. È inoltre necessario potenziare i legami tra il mondo universitario (o scolastico) e quello lavorativo per rendere più fluido e trasparente il mercato del lavoro, affinché la carenza di informazione non vada a colpire i soggetti più deboli, magari più validi e preparati di altri. (1) Si vedano ad esempio Sicherman N. 2003, Overeducation in the Labor Market, "Economics of Education Review", 22, pp.389-394; Borghans L., de Grip A. 2000, The Overeducated Worker?, Northampton: Edward Elgar Publishing e Kiker B.F., Santos M., Mendes de Oliveira M. 1997, Overeducation and Undereducation: Evidence for Portugal, "Economics of Education Review, 16(2), pp.111-125. (2) Per il caso italiano si veda Di Pietro G., Urwin P. 2004, Education and Skills Mismatch in the Italian Graduate Labour Market, "Oxford Economic Paper", in corso di pubblicazione.
- Prev by Date: 30/10 Milano: Costruire la pace con lo sviluppo
- Next by Date: Parole di pace dal 12.10 AL 17.10.04
- Previous by thread: 30/10 Milano: Costruire la pace con lo sviluppo
- Next by thread: Parole di pace dal 12.10 AL 17.10.04
- Indice: