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i monopoli che frenano il paese
- Subject: i monopoli che frenano il paese
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 14 Oct 2004 06:37:56 +0200
da la stampa.it Sabato 9 Ottobre I monopoli che frenano il Paese 8 Ottobre 2004 di Tito Boeri Si sente dire sempre più spesso che, per contrastare il declino economico del nostro Paese, occorre spostare risorse verso il settore manifatturiero, ponendo un freno alla deindustrializzazione dell'Italia. Questa visione, tuttavia, si regge su di un equivoco che può distogliere attenzioni politiche dal vero problema che sta oggi di fronte al nostro Paese: l'insufficiente flusso di capitali verso il settore dei servizi. Le rendite di cui godono le poche imprese attive in questo settore ne sono l'altra faccia della medaglia. Negli Stati Uniti i servizi contano per quattro quinti del prodotto interno lordo, in Europa per due terzi, in Italia ancora meno. I servizi alle imprese (dalla logistica alla finanza) sono particolarmente poco rappresentati: nel Regno Unito essi raggiungono il 45% della struttura dei costi di un'industria manifatturiera, in Germania il 40%, da noi solo il 36%. Ma anche i servizi destinati alla domanda finale, come sanità e tempo libero, sono sottodimensionati. Negli Stati Uniti capitalizzano in Borsa più dell'industria chimica, siderurgica e automobilistica messe insieme. Da noi si fatica a trovare un'impresa del settore quotata. Un settore dei servizi poco sviluppato consente ai pochi grandi operatori nel mercato di godere di comode rendite. Secondo l'ultima indagine Mediobanca, il margine operativo lordo delle società terziarie è stato del 25% contro l'11% delle imprese industriali. E' un circolo vizioso: si fanno profitti extra perché non vi sono imprenditori che investano in questi settori sfidando le posizioni di monopolio esistenti e non arrivano capitali perché chi è dentro fa di tutto per impedire l'ingresso di imprese concorrenti. Abbiamo così alcuni grandi operatori e una miriade di piccole imprese che occupano nicchie, senza intaccare minimamente il potere di mercato delle imprese dominanti. I tassi di entrata (numero di imprese che entrano nel mercato in rapporto al numero di imprese esistenti) sono in Italia comparabili a quelli degli Stati Uniti. Ma una volta dentro, le imprese non crescono. A sette anni dalla loro apparizione, le imprese dei servizi negli Stati Uniti sono cresciute del 120 per cento rispetto alla loro dimensione iniziale, da noi solo del 20%. E le grandi imprese si guardano bene dall'investire nello sviluppo del mercato. Entrano una volta e poi stanno lì a godersi indisturbate il sole italiano: il grado di apertura al commercio internazionale dei servizi in Italia è la metà di quello del Regno Unito. Come uscirne? Come ricordava Montezemolo a Capri, ci vuole più concorrenza e regolamentazione più attenta agli interessi degli utenti nei servizi. Bene allora che Confindustria si batta per aprire il mercato elettrico all'acquisto di energia dalla Francia (costa un terzo che in Italia) e spinga per una riduzione dei prezzi delle telecomunicazioni, a partire da banda larga e telefonini. Bene anche che il governo cominci a fare davvero qualche liberalizzazione anziché operazioni di finanza creativa. In Finanziaria, invece di passare ad una società pubblica 1500 km di rete stradale solo per trasferire oneri su esercizi futuri, si può privatizzare segmenti di rete vendendoli alle cordate di imprenditori che si vanno mettendo insieme nel Nord-Est. Avremmo finalmente qualcuno che contrasta il potere assoluto di Autostrade per l'Italia esercitando almeno «competizione per comparazione» in termini di pedaggi e qualità della rete. Ma al di là dei settori specifici, per avere più concorrenza nei servizi ci vogliono soprattutto banche che facciano affluire capitale di rischio agli imprenditori che vogliono investire e sfidare le posizioni dominanti. La madre di tutte le liberalizzazioni è quella del sistema bancario. L'altro ieri il Financial Times titolava a tutta pagina che i grandi gruppi finanziari europei vorrebbero investire di più nel sistema bancario italiano. Opportunità da non lasciar cadere. Non riusciremo mai ad avere un sistema bancario efficiente in autarchia e non possiamo permetterci di star fuori da un processo di aggregazioni continentali.
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