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quanto ci costa un'automobile
- Subject: quanto ci costa un'automobile
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 2 Oct 2004 07:32:09 +0200
da cunegonda.org maggio 2004 LA SPESA DEGLI ITALIANI PER L'AUTOMOBILE: I DIVERSI ONERI DERIVANTI DALLA FISCALITÀ E DAI COSTI DI ACQUISTO E DI USO DEL MEZZO Relazione di sintesi La ricerca si è posta l'obiettivo di: · analizzare il livello e le principali caratteristiche della spesa delle famiglie per l'auto in Italia e nei principali paesi europei; · individuare i principali aspetti critici relativi al sistema fiscale gravante direttamente o indirettamente sull'automobile; · individuare i principali aspetti critici relativi alla struttura ed al relativo funzionamento dei più importanti mercati dei beni direttamente o indirettamente collegati al possesso ed all'utilizzo dell'auto: acquisto del mezzo, carburanti ed assicurazioni; · identificare alcune delle possibili azioni di intervento destinate a modificare l'attuale rapporto fra il cittadino-automobilista e l'automobile. Alcuni cenni sull'incidenza dell'auto nella mobilità delle persone in Italia Il mezzo più diffuso per il trasporto dei passeggeri in Europa occidentale risulta di gran lunga essere, come noto, l'automobile. In Italia, il grado di diffusione dell'automobile è molto elevato: nel 1998 circolavano oltre 35 milioni di autoveicoli, corrispondenti, in media, ad un veicolo ogni 1.9 persone. Le ragioni del successo dell'auto sono note: il suo utilizzo ha determinato un enorme miglioramento nella libertà di spostamento degli individui, non confrontabile con nessun altro mezzo di trasporto nel passato; l'automobile rappresenta un mezzo di trasporto tipicamente individuale, dall'uso altamente flessibile: si parte quando si vuole, dal punto di origine fino a destinazione finale senza necessità di trasbordi. Il suo elevato valore d'uso è dimostrato dalla notevole disponibilità a pagare che l'utente dell'auto dimostra di avere sia al momento dell'acquisto (nell' ambito del quale giocano un importante ruolo anche motivazioni di carattere feticistico, legate all'uso dell'auto come status-symbol, ecc.) sia soprattutto nella fase di utilizzo del mezzo, come la bassa elasticità della domanda al prezzo della benzina sta a testimoniare. La diffusione dell'automobile ha determinato profonde trasformazioni strutturali nell'uso stesso del territorio, nelle aree urbane e in quelle extra-urbane, nelle decisioni localizzative delle imprese, nelle attività lavorative ed extra-lavorative delle famiglie e nella ridefinizione delle aree abitative. L'insieme di questi fattori ha contribuito a modificare le caratteristiche stesse degli spostamenti delle persone: la distanza media fra il domicilio ed il luogo di lavoro è, secondo diversi studi, raddoppiata negli ultimi due decenni, ma anche le attività extralavorative legate al tempo libero, allo sport ed al turismo hanno comportato un considerevole aumento delle distanze percorse e del numero di spostamenti giornalieri1. L'incidenza dell'auto nella spesa delle famiglie in Italia e nei principali paesi europei Un bene che ha assunto un'importanza così elevata nella vita quotidiana di milioni di europei occupa una posizione altrettanto significativa anche nella spesa mensile delle famiglie. In Italia, oltre il 70% delle famiglie possiede almeno un' automobile, di esse, il 27,2% ne possiede due ed il 3,4% tre o più. Nell'ambito di un reddito medio annuo di 25mila Euro, pari ad oltre 2mila Euro al mese, la voce relativa ai trasporti ricopre il terzo posto, dopo i prodotti alimentari e la casa. L'ammontare di spesa che ciascuna famiglia italiana destina mensilmente ai trasporti è di 303 Euro (circa 600mila Lire). Di tale somma, circa il 90%, pari a 270 Euro (522mila Lire) riguarda l'acquisto, l'uso ed il mantenimento dell'automobile. I dati riferiti all'Italia non si discostano in modo significativo da quelli relativi ai principali paesi europei, come la Francia, la Germania ed il Regno Unito, dove la spesa per l'automobile costituisce, rispettivamente, l'89, il 91 e l'86% del totale destinato ai trasporti. Tabella 1 - Spesa media complessiva, per i trasporti e per l'auto in Italia, Francia, Germania e Regno Unito (dati riportati in Euro) Voci di spesa mensile per famiglia Italia (1997) Francia (1999) Germania (1998) Regno Unito (1998/99) Spesa totale 2.025 2.579 2.061 2.065 Spesa per i trasporti 302,5 387 313 351,8 Spesa per l'auto 270,2 343 285 304,3 Fonte: Elaborazioni di Nomisma su dati dell'ISTAT, dell'INSEE, delle Statistiches Bundesamt, del Department of the Environment, Transport and the Regions. Come riportato nella tabella seguente, le principali voci di spesa per l'auto comprendono l'acquisto del mezzo, dei carburanti, delle parti di ricambio e il pagamento dell'assicurazione obbligatoria. Tabella 2 - Composizione della spesa media mensile per l'auto delle famiglie in Italia, Francia, Germania e Regno Unito (dati riportati in Euro) Italia Francia Germania Regno Unito Acquisto auto 77,1 109 118,2 138,9 Assicurazioni 38,5 9,7 35,4 41,1 Carburanti 106,7 86,8 63,4* 76,2* Manut. e ripar. 28,9 49,8 68** 36,9** Parti di ricamb. Ed olio 18,9 66,5 - - Altre spese - 22,2 - 11,2 Totale 270,1 344,0 285,0 304,3 *La voce comprende anche gli oli; **La voce comprende anche i pezzi di ricambio. Fonte: Elaborazioni di Nomisma su dati dell'ISTAT, dell'INSEE, delle Statistiches Bundesamt, del Department of the Environment, Transport and the Regions. In valore assoluto, gli ordini di grandezza delle cifre tendono ad essere abbastanza simili per la spesa relativa all'acquisto del mezzo in Francia e Germania, mentre Regno Unito e Italia risultano molto distanti l'uno dall'altro. Un ulteriore elemento di diversità riguarda la spesa per carburanti, che in Italia presenta un livello decisamente più elevato di quello registrabile negli altri paesi europei. La spesa per l'assicurazione obbligatoria per l'auto risulta in Italia su livelli molto simili a quelli della Germania e del Regno Unito, mentre è il caso francese a registrare una sostanziale differenza rispetto agli altri, con una spesa inferiore di oltre un terzo. Il peso della fiscalità nell'automobile La grande importanza che l'automobile ha assunto nel bilancio della maggior parte dei cittadini europei trova riscontro in primo luogo nel rilievo assunto dal gettito fiscale derivante dalle diverse fasi del ciclo economico dell'auto. Nel caso italiano, la cifra complessiva del gettito fiscale relativa all' auto ammonta nel 2000 a 41,7 miliardi di Euro (circa 81mila miliardi di lire). A titolo di raffronto, si consideri che tale cifra corrisponde al 4% circa del PIL e ad oltre il 15% delle entrate tributarie complessive. Il confronto con l'analogo dato relativo al 1990 indica un costante aumento di tale gettito, che nell'arco di dieci anni è aumentato di oltre l'80% in valore corrente, una variazione ben superiore a quella dell'inflazione. Classificando i diversi tipi di imposta secondo tre categorie principali di riferimento, acquisto, possesso ed uso del mezzo, emergono i seguenti risultati, riferiti all'anno 2000: · le imposte relative alla fase di acquisto del mezzo 2 contribuiscono per il 19% circa alle entrate totali, per un ammontare complessivo di 8 miliardi di Euro (oltre 15mila miliardi); · quelle relative al possesso3 contribuiscono per il 16% circa, pari ad un ammontare di 7 miliardi di Euro (12.700 miliardi di Lire); · quelle relative all'uso4 contribuiscono per il 63% circa, pari ad un ammontare di 27 miliardi di Euro (53mila miliardi di Lire). È da queste cifre che è necessario partire per individuare i possibili percorsi di riforma del sistema fiscale in vigore nel settore automobilistico. Oneri fiscali e parafiscali gravanti sul settore dell'auto in Europa Dall'analisi delle caratteristiche relative agli oneri fiscali e parafiscali gravanti sul settore dell'automobile nei maggiori paesi europei è possibile trarre alcune interessanti riflessioni: · il processo di unificazione europea, che quest'anno subirà un ulteriore accelerazione con l'entrata in vigore dell'Euro, non è ancora stato completato nel caso specifico dell'automobile: vi sono ancora ampi margini di intervento nel processo di armonizzazione dei sistemi fiscali nazionali; · finora, il gettito fiscale derivante dai diversi sistemi di imposta applicati all'automobile si è caratterizzato per la facilità nella raccolta, la sostanziale stabilità nel tempo e l'elevata continuità di rendimento, oltre che naturalmente per le notevoli dimensioni raggiunte; la progressiva saturazione del mercato dell'auto influirà probabilmente in futuro sul livello e sulle caratteristiche di tale gettito e ciò potrebbe rappresentare un utile incentivo all'attuazione di una riforma del sistema fiscale rispetto a quella attualmente in vigore nel settore; · in passato, il sistema di imposizione fiscale applicato all'automobile ha soprattutto risposto ad obiettivi di massimizzazione del gettito (o al massimo di politica energetica), mentre quelli di natura trasportistica ed ambientale erano posti in secondo piano; oggi, la necessità di intervenire nel settore dei trasporti con provvedimenti di governo della domanda rende necessario rivedere tale impostazione; si tratta in particolare di intervenire con strumenti quali ad esempio il road pricing, il park pricing, la limitazione e regolazione del traffico nei centri storici, ecc., in grado di favorire soluzioni innovative che contribuiscano a modificare le abitudini nell'uso del mezzo privato, soprattutto là dove esse determinano conseguenze particolarmente negative dal punto di vista ambientale (inquinamento atmosferico ed acustico) e della congestione stradale; · in considerazione della gravità con cui il problema della mobilità si pone soprattutto nelle aree urbane, molti osservatori concordano sul fatto che nella definizione dell'ammontare delle risorse finanziarie destinate agli investimenti pubblici in opere infrastrutturali sia necessario tenere in maggior conto della capacità del settore di generare un gettito fiscale di notevoli dimensioni. Per quanto riguarda il processo di armonizzazione dei sistemi fiscali nazionali, ed in particolare le imposte applicate al momento dell'acquisto del mezzo, la principale osservazione che emerge dall'analisi riguarda la proposta di unificare il sistema delle aliquote IVA, che allo stato attuale presentano alcune differenze fra i principali paesi dell'Unione, onde favorire una maggiore integrazione dei singoli mercati nazionali.5 In relazione alle imposte relative alla fase di immatricolazione e prima iscrizione del veicolo, esistono i margini per intervenire in funzione di diversi obiettivi. Si tratta in primo luogo di stabilire in che misura sia attuabile una piena armonizzazione a livello europeo della normativa attualmente in vigore su scala nazionale, onde favorire una più omogenea circolazione dei beni e delle persone ed un più trasparente funzionamento dei mercati. La Comunità si è finora espressa su questo argomento con riferimento alla necessità di evitare una doppia imposizione in caso di cambiamento di residenza all'interno dell'UE. Dalle imposte relative al possesso dell'automobile, ed in particolare da quella, di tipo annuale, meglio nota nel caso italiano come "bollo auto", è possibile trarre spunto per ipotizzare alcuni significativi interventi di riforma in sede europea, sulla falsariga di e sui ricoveri ed i parcheggi. Le implicazioni di tale proposta di intervento sono discusse con maggiori dettagli nel paragrafo successivo. Si fa riferimento alla comunicazione della Commissione al Consiglio: Commission of the European communities, Communication from the Commission to the Council, the European Parliament and the economic and social committee, Tax policy in the European Union - Priorities for the years ahead, Brussels, 23.5.2001. quanto è già accaduto in alcuni dei paesi membri più avanzati. Originariamente, tale tipo di imposta rappresentava uno strumento di prelievo da collegare in qualche modo all'uso del suolo urbano.7 Attualmente, la possibilità di intervenire sulle tasse di circolazione costituisce un'importante opportunità per indirizzare il gettito verso obiettivi non soltanto di natura fiscale, ma anche di carattere più direttamente trasportistico, ambientale e/o sociale, tenendo conto di fattori quali ad esempio la potenza del motore, il livello dei consumi di carburante e/o delle emissioni di sostanze inquinati, l'età della vettura, ecc. È su questa strada che probabilmente si indirizzerà la Comunità, pur nel rispetto della autonomia impositiva dei singoli paesi membri, nel tentativo di indicare un possibile percorso di riforma del settore che consenta di coniugare obiettivi di carattere sociale ed ambientale con un rinnovato e più equilibrato utilizzo dell'auto da parte dei cittadini europei. È possibile intervenire anche con ipotesi di riduzione mirata dell'ammontare di tale imposta, giocando sul fatto che essa venga calcolata, come avviene in Italia, in sede regionale. In alcune grandi città, dove il livello della congestione stradale è particolarmente elevato, si può ad esempio ipotizzare di introdurre uno sconto sull'ammontare dell'imposta da pagare a tutti coloro i quali sono disposti a partecipare a programmi di "car pooling" e/o "car sharing", previa naturalmente la messa in atto di sistemi di controllo della reale funzionalità dei programmi stessi o a chi acquisti e dimostri di utilizzare l'abbonamento ai mezzi pubblici. Un ulteriore proposta può ad esempio riguardare la possibilità di ridurre, sia pure per un periodo di tempo limitato, l'ammontare dell'imposta da pagare a coloro i quali acquistano un posto auto nei pressi della propria residenza. Dato l'ammontare del gettito complessivo, le imposte relative alla fase di utilizzo dell'automobile rappresentano di gran lunga la voce di entrata più importante per l'erario. Qualsiasi intervento in tale settore può avere quindi conseguenze molto significative nel settore dell'automobile e va quindi studiato con grande attenzione e prudenza. Tale categoria di imposte comprende, in primo luogo, quelle sui carburanti e, in generale, l'insieme di provvedimenti di natura fiscale e para-fiscale che ricadono direttamente o indirettamente sulle diverse modalità di utilizzo dell' automobile: IVA sulle parti di ricambio e sui pneumatici, sui ricoveri, sui parcheggi e sui pedaggi autostradali. Per quanto riguarda l'imposta sui carburanti, dato l'ammontare del gettito che è in grado di garantire, essa rappresenterebbe lo strumento più appropriato per intervenire sull'andamento della domanda e sul comportamento dell' automobilista. In pratica, però, le conseguenze di tipo inflazionistico legate ad un eccessivo aumento nei prezzi dei carburanti e la bassa elasticità della domanda dell'automobilista al prezzo della benzina o del gasolio sconsigliano l'uso di questo strumento per obiettivi di contenimento della domanda di trasporto su gomma. A ciò si aggiungono i problemi riguardanti i rischi di regressività dell'imposta, nella misura in cui essa viene indiscriminatamente applicata a soggetti aventi redditi molto diversi fra loro. Un aumento del prezzo della benzina dovuto ad un inasprimento del carico fiscale, ad esempio, tende ad incidere in misura più elevata sul reddito delle persone meno abbienti rispetto a chi ha redditi elevati. La sostanziale inefficacia dello strumento impositivo relativo al prezzo dei carburanti nel controllo della domanda rende necessario intervenire con strumenti di altro tipo. Il problema è complesso e lo testimonia il fatto che finora nessun governo europeo è stato in grado di trovare una soluzione ragionevole. Ci sta provando il Ministero delle Finanze del governo inglese, che ha attualmente allo studio un progetto di riforma del sistema fiscale relativo all'auto che consenta di formulare, a parità di gettito per l'erario, un sistema impositivo basato su meccanismi di incentivo e di disincentivo coerenti con specifici obiettivi di politica dei trasporti. I risultati di tale ricerca non potranno peraltro essere disponibili prima di due o tre anni. Per quanto riguarda l'ultimo tema citato, molti osservatori hanno sollevato il problema relativo al possibile utilizzo di una quota parte delle risorse finanziarie dovute al gettito derivante dall'automobile a fini trasportistici ed ambientali, con il duplice obiettivo di mitigare gli effetti dovuti alle esternalità negative che il suo uso contribuisce a produrre e di favorire, allo stesso tempo, una riduzione dei prodotti petroliferi. Si intende in tal senso fare riferimento ad interventi di realizzazione di nuove opere infrastrutturali (quali ad esempio nuove linee metropolitane e ferroviarie, parcheggi che contribuiscano a favorire l'uso di mezzi di trasporto alternativi all'automobile, sistemi di controllo e regolazione del traffico e della circolazione, ecc.).Tali interventi dovrebbero riguardare in modo particolare le aree urbane, notoriamente più soggette alle conseguenze negative del traffico privato. Accanto ad essi vanno ricordati anche quegli interventi minori, ma non meno importanti, che riguardano ad esempio il miglioramento della segnaletica stradale, la cui qualità spesso incide sul livello di incidentalità di alcune strade, la diffusione delle barriere antirumore, per combattere il crescente inquinamento acustico, ecc. A ciò si aggiunge anche un campo spesso trascurato ma di fondamentale importanza, rappresentato dai contributi alla ricerca applicata ed alla innovazione tecnologica: il lancio sul mercato a prezzi competitivi, eventualmente anche a seguito della erogazione di specifici incentivi di origine pubblica, di automobili costruite con soluzioni tecniche innovative (in termini di materiali, di livelli di consumo, di tipo di carburanti, ecc.) può contribuire in modo determinante a modificare in futuro la qualità della mobilità su gomma. Con riferimento specifico al caso italiano e considerando l'ampio spettro di soluzioni alternative che possono venire prospettate, sembra di poter concludere come la fiscalità relativa al settore dell'automobile, pur essendo stata modificata più volte nel corso degli anni, stenti ancora a presentare un disegno coerente, in grado di coniugare le esigenze di gettito con specifici obiettivi di politica dei trasporti, come è invece accaduto in altri paesi europei, come ad esempio in Francia, Germania e Regno Unito, dove il legislatore è intervenuto a più riprese sull'argomento. È questa la sfida principale che ci troviamo di fronte nei prossimi anni se davvero si intende riformare in modo radicale il sistema fiscale che oggi grava sull'automobile. La spesa per l'acquisto e l'uso dell'automobile: competizione e trasparenza dei mercati La rilevanza che il comparto dell'auto riveste nell'ambito dei consumi di una famiglia media europea trae origine non soltanto dall'esborso della somma necessaria al momento dell'acquisto del mezzo, ma anche dalle numerose spese a cui l' automobilista deve far fronte nella fase di utilizzo del veicolo. Secondo quanto emerge dall'analisi del comportamento degli utenti dell'auto, le principali voci di spesa riguardano l'acquisto dell'autovettura e dei carburanti, ed il pagamento dell'assicurazione annuale. In Italia, l'insieme di queste tre voci rappresenta oltre l'80% del totale della spesa mensile destinata all'auto da parte di una famiglia media. A ciascuna di queste voci corrisponde uno specifico mercato, i cui confini sono in alcuni casi internazionali o addirittura mondiali, come ad esempio nel caso dell'industria automobilistica o di quella di produzione e distribuzione dei carburanti, nazionali, come nel caso delle assicurazioni, o locali, come nel caso delle officine di manutenzione e riparazione, delle agenzie di pratiche auto, ecc. Sebbene la dimensione nazionale o internazionale di un settore indubbiamente influisca sul grado di concorrenza presente in esso, tutti i settori con i quali l'automobilista entra in contatto nelle diverse fasi che caratterizzano il ciclo economico dell'auto presentano, a diversi livelli, elementi di distorsione della concorrenza dovuti a norme di tipo restrittivo, al permanere di situazioni di tipo monopolistico o oligopolistico consolidate nel tempo, alla presenza di barriere all'ingresso nei confronti di nuovi operatori, ecc. che influiscono negativamente sulla formazione del prezzo dei beni o dei servizi offerti, sul grado di trasparenza nei rapporti fra i diversi livelli della filiera produttiva e distributiva, sul livello di accessibilità delle informazioni, ecc. A ciò si aggiunge il fatto che il processo di armonizzazione delle singole normative nazionali non è ancora compiuto, anche se in alcuni casi, come ad esempio in quello che riguarda i rapporti fra i produttori di automobili e la rete distributiva, i prossimi anni saranno fondamentali per ridefinirne le regole su scala europea. L'acquisto del carburante rappresenta la prima voce di spesa per le famiglie italiane e la seconda, dopo quella per l'acquisto dell'auto, per la maggior parte delle famiglie europee. L'analisi dell'attuale assetto del mercato, dalla produzione alla distribuzione dei carburanti, mette in luce come, pur non sussistendo differenze sostanziali fra i paesi europei nel livello dei prezzi alla pompa dei prodotti petroliferi, sono presenti alcune significative differenze nella struttura dei mercati delle singole realtà nazionali. Nel caso dell'Italia, in particolare, emerge come il livello dei prezzi al consumo non rifletta tanto una maggiore incidenza della componente fiscale, quanto dei costi di produzione e di distribuzione, che risultano essere relativamente più elevati rispetto agli altri paesi europei. Il dato più rilevante riguarda proprio quest'ultimo aspetto: la rete distributiva italiana presenta infatti una struttura eccessivamente frammentata, come il numero molto elevato di distributori presenti in Italia e il modesto erogato medio di ogni singolo distributore italiano rispetto a quello di un qualsiasi altro distributore europeo stanno a dimostrare. Il probabile ingresso in futuro di nuovi entranti, rappresentati dalla grande distribuzione e da altri soggetti estranei alle compagnie petrolifere, dovrebbe consentire un'accelerazione del processo di razionalizzazione della rete distributiva, già intrapresa da alcuni anni ma portata avanti finora con molta lentezza; ciò dovrebbe accompagnarsi ad ulteriori interventi utili a far crescere in misura consistente l'erogato medio per punto vendita: dalla totale liberalizzazione degli orari di vendita, all'introduzione dei turni, all'incentivazione dell'inserimento dell'attività di vendita dei carburanti in attività nonoil, come i supermercati e gli ipermercati, ecc. Ciò comporterà, probabilmente, una profonda trasformazione dell'attuale assetto organizzativo ed imprenditoriale del settore, le cui conseguenze non potranno essere forse del tutto indolori nei confronti degli operatori attuali. Il processo, che ha già preso piede negli altri paesi europei, sembra comunque irreversibile e dovrebbe consentire alcuni sostanziali benefici per l'automobilista in termini di una riduzione nei prezzi dei prodotti petroliferi e/o di un miglioramento nella qualità e nella quantità dei servizi offerti. Il mercato della produzione e della commercializzazione dell'automobile presenta numerosi elementi di complessità ma anche interessanti spunti per interventi di razionalizzazione e di miglioramento dell'assetto dei mercati, in merito ai quali la Comunità Europea potrà presumibilmente giocare un ruolo significativo in futuro. Pur costituendo, dal punto di vista della produzione industriale, uno dei settori a più alto grado di internazionalizzazione, il comparto automobilistico presenta tuttavia un regime fiscale ed un sistema di regole nella distribuzione e commercializzazione che tendono ad influire negativamente sul prezzo finale del prodotto, penalizzando il consumatore finale. Sul piano fiscale, le aliquote IVA sono ancora abbastanza diverse da paese a paese e ciò si riflette sulla formazione del prezzo di listino che le aziende produttrici tendono a fissare in relazione al livello di imposizione fiscale in ciascun mercato nazionale. Come già accennato in precedenza, il raggiungimento di una piena armonizzazione delle norme sull'IVA su scala europea favorirebbe quindi una riduzione delle differenze di prezzo oggi presenti. A tale proposito, è stato stimato che, a seguito dell'introduzione di un unico regime IVA, l'indice dei prezzi delle auto dovrebbe oscillare entro e non oltre +/- 2% rispetto alla media registrata negli ultimi quattro anni in Europa. Il maggior punto critico è comunque rappresentato dal sistema della distribuzione . L'attuale assetto, regolamentato in sede europea non garantisce un sufficiente grado di concorrenza fra le imprese e fra i sistemi distributivi nazionali. I principali elementi di distorsione del mercato sono rappresentati dalle norme che regolano i rapporti fra produttori e distributori e che non permettono, di fatto: · di acquistare la propria autovettura in qualsiasi paese dell'Unione, senza restrizioni e vincoli di sorta, come invece accade per la maggior parte dei beni di consumo durevole; · al concessionario, di vendere contemporaneamente più marche di auto nuove nel proprio salone, consentendo all'acquirente un raffronto più diretto ed immediato fra le autovetture disponibili per ciascuna categoria di prodotto; · di usufruire dei servizi di assistenza e manutenzione nel periodo di garanzia del veicolo in modo libero ed autonomo, senza cioè vincoli derivanti dal tipo di legame naturale oggi in vigore fra vendita ed assistenza; · lo sviluppo di un unico mercato delle parti di ricambio, siano esse prodotte dalla stessa casa produttrice dell'autoveicolo o da produttori indipendenti. L'attuale regolamento europeo 1475/95, che riguarda le norme che regolano la distribuzione di motoveicoli è in scadenza nel settembre 2002. Si pensa che in tale occasione il legislatore europeo interverrà sull'insieme delle norme che regolano tale mercato, con l'obiettivo di favorire una progressiva liberalizzazione dell' attuale assetto. In tale quadro, i concessionari dovrebbero in prospettiva operare in un regime di maggiore concorrenza sui prezzi e di maggiore trasparenza nei riguardi dei rapporti con l'acquirente finale. Il settore assicurativo rappresenta la terza voce di spesa per l'auto da parte del consumatore europeo. I principali problemi presenti in questo settore sono legati, da un lato, all'obbligatorietà di sottoscrivere una polizza assicurativa RC auto da parte di chiunque possegga ed utilizzi un proprio mezzo di trasporto e, dall'altro, dall'assetto di mercato prevalente a livello nazionale e dal conseguente metodo di formazione dei premi assicurativi. In passato, i controlli sulla formazione dei premi da parte del CIP 13 garantivano, almeno formalmente, che gli aumenti fossero giustificati da variazioni nei costi interni alle aziende o in altre variabili di riferimento (la frequenza dei sinistri, i mutamenti del parco autoveicoli, l'inflazione, ecc.). Con la liberalizzazione, avvenuta nel 1994, l'assetto di mercato è andato profondamente modificandosi, a seguito dei processi di acquisizione e fusione fra imprese, della crescente personalizzazione delle polizze e delle tariffe, ecc. La struttura del settore oggi si caratterizza per un elevato grado di concentrazione delle quote delle principali imprese (maggiore in Italia e Francia, minore in Germania e Regno Unito) ed una relativa internazionalizzazione dei singoli mercati nazionali. La liberalizzazione delle tariffe non ha comunque comportato risultati omogenei in tutti i paesi europei: mentre in Francia, Germania e Regno Unito l'evoluzione dei premi assicurativi ha seguito un trend ciclico caratterizzato anche da periodi di ribassi, nel caso italiano si è registrato un costante aumento delle polizze assicurative. Tale aumento sembra soprattutto dovuto, secondo diversi osservatori, alla crescita degli importi pagati per i sinistri, dovuta a sua volta all'aumento molto elevato dei costi relativi ai servizi di riparazione. È questa la maggiore anomalia che sembra caratterizzare il caso italiano rispetto agli altri paesi europei e che dipende da una diversa procedura che regola i rapporti fra le società di assicurazione A ciò si aggiunge il forte incremento degli incidenti con danni alle persone, che si ripercuotono sugli importi pagati per questa categoria di sinistri, aumentati in Italia in misura sostanzialmente maggiore che nel resto d'Europa.8 Come nel caso del settore automobilistico, l'attuale assetto concorrenziale del mercato è inoltre influenzato dalla presenza di barriere all'entrata di nuove imprese rappresentate dalle norme vigenti in materia di reti di agenti di vendita. Il rapporto monomandatario con contratto in esclusiva obbliga le imprese nuove entranti a possedere una propria rete distributiva sul territorio che naturalmente incide sui costi di ingresso accrescendo il livello di investimento necessario. L'insieme di questi fattori fa ritenere come il settore soffra ancora di un insufficiente grado di concorrenza fra le imprese e di una normativa che non consente una piena liberalizzazione del mercato. La continua crescita dei premi assicurativi, che si è verificata anche dopo che il settore è stato liberalizzato, e l'assenza 8 A questo proposito, molti osservatori sono concordi nel ritenere come il minore rigore nell'osservanza dei basilari principi di sicurezza nella guida (uso delle cinture di sicurezza, rispetto dei limiti di velocità, ecc.) che caratterizza l'automobilista italiano e la mancanza di sufficienti controlli da parte degli organi di di incentivi ad operare perché gli aumenti legati alle riparazioni fossero più contenuti sono due esempi che fanno ritenere come le imprese non sembrino sottoposte a sufficienti stimoli da parte del mercato, ma abbiano posseduto, almeno in passato, ampi margini di manovra. Il governo italiano, ed in particolare il Ministero della Attività Produttive, evidentemente consapevole della presenza di tali problemi, sembra intenzionato ad intervenire entro il 2002 con una riforma dell'intero comparto assicurativo, che nel caso della RC auto dovrebbe dare maggiore impulso alla concorrenza ed ai processi di liberalizzazione del mercato, con effetti benefici sul livello dei premi assicurativi e sul grado di trasparenza nei rapporti fra compagnie, reti di vendita e gli stessi automobilisti. Dall'analisi delle caratteristiche dei principali mercati a cui gli automobilisti fanno riferimento nella fase di acquisto e di utilizzo del proprio autoveicolo emerge come il loro assetto organizzativo ed il grado di concorrenza presente in essi costituiscano un elemento di grande rilievo nella formazione dei prezzi e delle tariffe dei beni e dei servizi scambiati e quindi, in ultima analisi, nella determinazione del livello della spesa sostenuta mensilmente dalle famiglie per l'automobile. L'approvazione di significativi progetti di riforma che si pongono l'obiettivo concreto di incidere sulla struttura di tali mercati costituisce quindi un presupposto indispensabile perché la spesa dei consumatori europei nel settore dell'automobile possa subire un significativo ridimensionamento o almeno possa registrare un miglior rapporto qualità/prezzo nei beni e nei servizi scambiati. Mentre, però, nel caso della riforma del sistema fiscale non sono presenti, almeno in teoria, difficoltà ed ostacoli particolari alla sua attuazione, salvo naturalmente il fatto di mantenere lo stesso livello di gettito complessivo da parte dell'erario, l'introduzione di riforme significative nella struttura dei mercati relativi all'acquisto ed all'utilizzo dell'auto non costituisce un'operazione del tutto indolore. L'attuazione dei processi di liberalizzazione dei mercati, la conquista di una maggiore trasparenza nei rapporti fra gli automobilisti e le imprese produttrici di beni e servizi, la definizione di regole innovative che favoriscano nuovi assetti organizzativi ed imprenditoriali all'interno dei principali settori, quali ad esempio quello assicurativo, della distribuzione dei carburanti o della rete dei concessionari auto, trovano ovvie resistenze e difficoltà dovute al fatto di incidere su specifici interessi di settore. È compito del mondo politico, a livello nazionale ed europeo, trovare soluzioni di compromesso in grado di superare tali difficoltà e di consentire quindi agli automobilisti ed ai consumatori in genere di spendere al meglio quell'importante quota del proprio reddito destinata al trasporto privato.
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