cosa è il debito ecologico



da znet.it
giovedi 23 settembre 2004

22 agosto 2004
Comité pour l'annullation de la Dette du Tiers Monde
Far riconoscere il debito ecologico dei paesi del Nord nei confronti dei
paesi del Sud

Sylvie Bourinet

1 - Un nuovo concetto da diffondere
Se tutti sanno più o meno in cosa consiste il debito finanziario dei paesi
del Sud del mondo, la stessa cosa non vale per il debito ecologico, concetto
che esiste da meno di 15 anni. Cosa significa? Il debito ecologico è un
debito dei paesi del Nord verso i paesi del Sud, prima colonizzati, oggi
abilmente defraudati di qualsiasi cosa attraverso lo sfruttamento delle loro
risorse naturali, l'esportazione dell'impatto ambientale, o l'utilizzo
indiscriminato dello spazio planetario per lo scarico dei rifiuti. Il debito
ecologico, che ha avuto origine in epoca coloniale, da allora non ha mai
smesso di aumentare. E' decisamente superiore al debito esterno
(finanziario) del Sud verso il Nord (stimato in 2.500 miliardi di dollari
circa), sebbene nessuna valutazione globale del debito ecologico sia stata
ancora realizzata.
1.1. - Un concetto nato al Sud e sostenuto da molte organizzazioni
Verso il 1990 l'Istituto di ecologia politica del Cile ha coniato il
concetto di debito ecologico. Descrivendo il cancro della pelle, provocato
dalla diminuzione dello strato di ozono, questo istituto ha chiamato in
causa i paesi ricchi per la produzione di CFC, i gas responsabili del
cambiamento climatico, come ricorda Joan Martinez Alier, uno degli
specialisti europei di debito ecologico, in un piccola pubblicazione
disponibile in francese con il titolo: "Il debito ecologico - chi deve a
chi?" scritto dal CDE (Collettivo per la diffusione del debito ecologico) e
pubblicato da CADTM-Francia.(1) Nel 1992, a Rio de Janeiro, durante il
Vertice della Terra, alcuni gruppi ecologisti hanno adottato un "documento
di riferimento" in cui mettono in relazione il debito esterno del Sud verso
il Nord con il debito ecologico, in cui i debitori sono i cittadini e le
imprese dei paesi ricchi e i creditori gli abitanti dei paesi poveri. Il
concetto ha proseguito il suo percorso e nel novembre 1999 a Johannesburg in
Sud-Africa è stata lanciata la campagna internazionale per il riconoscimento
e la restituzione del debito ecologico. Un anno dopo a Praga, nel settembre
2000, è stata creata l'Allenaza dei popoli del Sud creditori del debito
ecologico (SPEDCA - Southern People Ecological Debt Creditors Alliance).
All'interno della SPEDCA, citiamo i nomi di alcune organizzazioni
particolarmente attive:
Accion ecologica, (Ecuador), un'organizzazione che ha studiato tra l'altro i
danni causati dalla compagnia petrolifera Texaco;
Jubilé Sud, federazione di organizzazioni che lavorano soprattutto sul
debito finanziario, creata in occasione della campagna Jubilé 2000 per la
cancellazione del debito dei paesi poveri;
OilWatch, la Rete di resistenza alle attività petrolifere nei paesi
tropicali.
Più recentemente anche gli Amici della Terra si sono impegnati nella
battaglia per il riconoscimento del debito ecologico, richiedendo
riparazioni per i danni causati alla biosfera e ai paesi del Sud del mondo.
2 - Il concetto
2.1. - Un debito legato allo stile di vita dei paesi ricchi
Prima di spiegare in modo più esatto in cosa consista il debito ecologico,
sarà utile accennare al concetto di impronta ecologica. Secondo la
definizione ufficiale, fornita dal ministero francese degli affari esteri
alla Conferenza internazionale sullo sviluppo sostenibile, l'impronta
ecologica è la superficie produttiva di suolo, di oceani e di mare
necessaria a fornire le risorse necessarie al consumo di una popolazione e
ad assimilare i rifiuti di tale popolazione. Ebbene, secondo l'ecologista
Wolfang Sachs, se tutta l'umanità producesse, consumasse e inquinasse come i
paesi "sviluppati", sarebbe necessario l'equivalente in risorse di altri
quattro pianeti. L'impronta ecologica media di un abitante dei paesi ricchi
si è quintuplicata tra il 1900 e il 2000. Tuttavia la torta Terra non
diventa più grande e il 20% della popolazione mondiale continua a consumare
l'80% delle risorse. Allora cosa fare se non reclamare l'equità e una
redistribuzione più appropriata della ricchezza? Secondo Sachs, la barriera
non è tra il Nord e il Sud, ma tra la "società trasnazionale" e la
maggioranza sociale emarginata (gli 85 milioni di tedeschi, a parte
un'esigua minoranza, fanno parte della società trasnazionale, così come 85
milioni di Indiani su più di un miliardo).
2.2 - Le quattro forme principali di debito ecologico
Il debito del carbonio o in altre parole i cambiamenti climatici dovuti in
gran parte all'emissione dei gas che producono l'effetto serra nei paesi
industrializzati o nei paesi emergenti. L'aumento della temperatura
terrestre induce un innalzamento dei livelli della superficie marina e i
paesi più colpiti sono i paesi poveri. Come il Bangladesh, che rischia di
perdere un quarto delle sue superfici coltivabili nel delta del Brahmaputra
e del Gange, a causa dell'innalzamento del livello dell'acqua nel Golfo del
Bengala. Chi si farà carico delle catastrofi umane che ne conseguiranno?
Alcuni sostengono che il cambiamento climatico rappresenta oggi una minaccia
ben più grave del terrorismo.
Un'altra evoluzione grave che riguarda il pianeta Terra è quella scoperta da
alcuni scienziati che hanno constatato come i raggi solari che raggiungono
la superficie della Terra sono diminuiti del 10% in 50 anni, cioè del 2-3%
per decennio. In regioni come l'Asia, l'Europa e gli Stati Uniti questa
percentuale è ancora più alta (fonte: The New York Times, citato da Courrier
international, 1-7 luglio 2004). Tale disfunzione non è ancora chiara agli
scienziati, ma l'inquinamento sembra esserne la spiegazione principale.
La biopirateria. Si tratta dell'appropriazione intellettuale delle
conoscenze tradizionali legate alle sementi e all'utilizzo delle piante
medicinali da parte dei laboratori dei paesi industrializzati e
dell'industria agro-alimentare moderna. L'80 % delle risorse biologiche
terrestri si trovano nella zona intertropicale e sono abbondantemente
saccheggiate dai paesi del Nord, che offrono solo magri compensi monetari
rispetto ai benefici che traggono dallo sfruttamento di tali risorse.
Ad esempio, l'albero Neem in India (Azadirachta indica o Acacia d'Egitto),
uno dei sette alberi sacri degli inni Veda. E' venerato da tempi
antichissimi (abbatterlo è peccato). Si crede che purifichi l'aria, i suoi
rami vengono usati come spazzolino da denti, dai suoi frutti si produce un
olio e dei piccoli pani che favoriscono la fertilità. Secondo Bruno Dorin e
Frédéric Landy, autori dell'opera "Agricoltura e alimentazione dell'India",
della sessantina di componenti interessanti del neem (componenti che la
farmacopea indiana usa tra l'altro abbondantemente da tempi più o meno
remoti) una rappresenta un potente insetticida, l'azadiractina (alla cui
azione sono sensibili 200 tipi di insetti). Questa componente, è stata
isolata in India dal 1960 e valorizzata in diverse forme, ma mai fatta
oggetto di un brevetto. Un'azienda americana nel 1993 ha depositato un
brevetto per un dentifricio a base di radici e semi di neem. L'anno
successivo, nel 1994, è stato concesso un brevetto, contestualmente a una
multinazionale (W.R. Grace) e al Dipartimento americano dell'agricoltura,
per l'elaborazione di una formula pesticida dai semi dello stesso albero.
Solo dopo molti anni di battaglie, nel maggio 2000, Vandana Shiva
(RFSTE-Research Foundation for Science, Technology and Ecology, n.d.t.) è
riuscita, con l'aiuto di moltissime altre ONG, a convincere l'Ufficio
Europeo dei brevetti a revocare questa "licenza americana."
I passivi ambientali. Si tratta del debito acquisito a causa dell'estrazione
delle ricchezze naturali (come il petrolio, i minerali, le risorse
forestali, marine e genetiche, ecc...) in condizioni di esportazione
sotto-remunerata e che mina le possibilità di sviluppo dei popoli. Tali
scambi sono ecologicamente iniqui poiché le risorse vengono esportate senza
tenere conto dei danni sociali e ambientali che implica il loro
sfruttamento, mettendo in pericolo la sovranità alimentare e culturale delle
comunità locali e nazionali. Gli esempi di imprese che provocano un degrado
spesso irreversibile dell'ambiente nei paesi poveri sono innumerevoli. Per
esempio, in Ecuador, secondo informazioni di Accion Ecologica, la Texaco ha
estratto negli ultimi 20 anni più di un miliardo di barili di petrolio. Nel
corso di questo periodo, ha provocato la deforestazione di un milione di
ettari di foresta tropicale umida, fughe di petrolio grezzo e di residui
petroliferi inquinanti che si sono infiltrati nei fiumi amazzonici, ha
bruciato grandi quantità di gas e costruito più di 600 siti per seppellire
rifiuti tossici. In India, i processi seguiti alla catastrofe di Bophal del
1984 hanno accordato, dopo lunghe e dure battaglie giuridiche, risarcimenti
di 150 dollari per ogni persona dceduta. Negli Stati Uniti, l'indennizzo
sarebbe stato di 15.000 dollari!
L'esportazione dei rifiuti pericolosi dai paesi industrializzati ai paesi
più poveri. Diossina, apparecchi contenenti metalli pesanti, amianto, oli di
motori usati vengono esportati nei paesi in via di sviluppo che accettano di
stockarli a basso costo in condizioni indicibili sui propri territori. Le
imprese dei paesi ricchi vi guadagnano abbondantemente approfittando
dell'elasticità della legislazione dei paesi poveri.
2.3. - Perché pretendere il riconoscimento del debito ecologico?
Perché pretendere il riconoscimento del debito ecologico, come fa la la
SPEDCA, cioè l'Alleanza dei popoli del Sud creditori del debito ecologico?
In effetti si tratta di:
Diminuire l'impatto del neoliberismo nel mondo, permettere ai popoli di
difendere la propria sovranità alimentare ed energetica, la propria dignità,
l'acqua, le sementi, la biodiversità, le conoscenze tradizionali, ecc.
L'applicazione degli accordi di libero scambio provoca un aumento del debito
ecologico dei paesi del Nord nei confronti dei paesi del Sud, poiché il
libero scambio implica uno sfruttamento massimo delle risorse naturali da
parte delle multinazionali, soprattutto petrolio, minerali, acqua,
biodiversità. Ciò passa attraverso la costruzione di mega-progetti
soprattutto nel settore dei trasporti, dell'energia e delle
telecomunicazioni.
Fermare il flusso iniquo di energie, di risorse naturali e finanziarie che
vanno dal Sud al Nord.
Mettere in evidenza l'illegittimità del debito esterno, molto meno
importante del debito ecologico. La SPEDCA è favorevole a una moratoria sul
rimborso del debito esterno, sostenendo così Jubilé Sud che chiede la
cancellazione del debito finanziario dei paesi del Sud.
Creare team multidisciplinari di esperti che procedano a una valutazione del
debito ecologico paese per paese.
Sostenere la richiesta di OilWatch di resistere all'estensione delle
attività petrolifere all'origine delle emissioni di carbonio, esse stesse
responsabili del riscaldamento climatico.
2.4. - Le conseguenze
Il debito ecologico è talmente grande che i Paesi del Nord non potranno mai
rimborsarlo. Ma ciò che conta è più il futuro che il passato, come spiega il
ricercatore catalano Joan Martinez Alier. L'obiettivo è di preservare le
generazioni future. E' necessario ottenere dei risultati in due direzioni:
è necessario tenere conto dei costi esterni nella valutazione della
produzione agricola, industriale e dei trasporti, basandosi su criteri di
sostenibilità, per esempio diminuendo le emissioni di carbonio.
d'altra parte, è necessario cercare di quantificare, di valutare il debito
ecologico. Bisogna introdurre la nozione di colpevolezza nella mentalità dei
cittadini scialacquatori o addirittura vandali.
3 - Debito ecologico/debito finanziario - come confrontarli?
Quando il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale esigono la
restituzione del debito finanziario, si esprimono esclusivamente in termini
monetari. Riferendosi al debito ecologico si deve quindi usare lo stesso
linguaggio. E' urgente pertanto valutare il debito ecologico, a ogni
occasione possibile.
Certi impatti possono essere considerati reversibili. In questo caso la
valutazione monetaria può essere utilizzata per stabilire le somme che i
responsabili dovrebbero sborsare per cancellare e neutralizzare gli effetti
di questi impatti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le conseguenze
sono purtroppo irreversibili, come la perdita di vite umane o di
biodiversità, tanto che (anche se potrebbe sembrare etico), contabilizzare
questi impatti sarebbe alquanto arbitrario.
Tuttavia, ciò non ci può impedire di quantificare certi elementi del debito
ecologico. Il non-senso della stima monetaria di certi aspetti del debito
ecologico in ragione della sua portata e dell'irreversibilità dei danni
causati, anziché limitare le ragioni della protesta, rende ancora più
evidente l'importanza degli impatti prodotti.
4 - Cosa fare in Europa? La nascita di ENRED
Come abbiamo visto nel 1999 è stata lanciata dai paesi del Sud una campagna
internazionale allo scopo di ottenere il riconoscimento del debito
ecologico. Oggi, allo stesso scopo, sta nascendo la Rete europea per il
riconoscimento del debito ecologico (ENRED, che corrisponde alla sigla
inglese: European Network for the Recognition of the Ecological Debt).
4.1. - Le origini
La proposta iniziale proviene dall'Osservatorio del debito nella
Globalizzazione (Spagna) e da CADTM-Francia (Comitato per l'Annullamento del
Debito del Terzo Mondo). E' sostenuta dall'Alleanza dei Popoli del Sud
creditori del Debito Ecologico (SPEDCA) nel quadro della campagna mondiale
lanciata per ottenere il riconoscimento del debito ecologico.
4.2. - A cosa serve ENRED?
Questa rete ha l'obiettivo di stimolare e coordinare gli sforzi volti a
ottenere il riconoscimento del debito ecologico che noi, paesi europei,
abbiamo contratto verso i paesi impoveriti. Inoltre, mira a contribuire alla
riduzione, o addirittura all'eliminazione del debito ecologico nel futuro. A
tale scopo saranno proposte, incoraggiate e attivamente sostenute campagne
condotte a livello europeo o mondiale.
La Rete è un movimento sociale di associazioni e di cittadini che mira a
sviluppare la partecipazione attiva delle persone.
E' una rete democratica, plurale, aperta, indipendente da partiti e da
confessioni.
La Rete non chiede solo il riconoscimento del debito ecologico passato o
attuale. Si impegna anche a contribuire alla riduzione dell'accumulazione di
questo debito in futuro. Si tratta per un verso di contribuire alla
sensibilizzazione della popolazione europea, il cui stile di vita è il
principale responsabile del debito ecologico. D'altra parte, la Rete intende
fare pressione sulle istituzioni e altri attori chiave (organismi
internazionali, multinazionali...) perché realizzino le politiche destinate
a ridurre progressivamente tale debito.
Nascita di ENRED in occasione del Forum Sociale Europeo di Parigi (novembre
2003). In questa circostanza è stato organizzato il primo incontro del
progetto ENRED, seguito da una riunione nel gennaio 2004 a Mumbai. Erano
presenti delegati spagnoli, italiani, irlandesi, inglesi, svizzeri, svedesi,
austriaci, belgi e francesi. Altre organizzazioni tedesche, dei Paesi Bassi
e di altri paesi hanno dichiarato di voler aderire alla rete.
In Italia. 15 e 16 aprile 2004. Seminario a Bologna sul tema "Overturning
the debt, for an economy of rights" (Cancellare il debito per un'economia
dei diritti) il cui tema principale era il debito ecologico. Organizzato
dall'associazione A Sud (www.asud.net), questo seminario, che si è tenuto in
presenza di numerosi rappresentanti dei movimenti sociali italiani, ha
permesso per la prima volta in Italia di discutere dell'importanza del
riconoscimento del debito ecologico che il Nord ha verso il Sud.
In Belgio. Un seminario è stato organizzato a à Bruxelles il 18 maggio 2004
dall'associazione VODO: "The concept of Ecological Debt: its meaning and
applicability in International Policy "
Domande su ENRED
Vogliamo una semplice giustapposizione delle campagne nazionali o una
campagna europea coordinata? La lotta per il riconoscimento del debito
ecologico apre numerose questioni e campi d'indagine che raggiungono e
unificano numerosi temi di lotta all'ingiustizia, alla povertà, al debito
finanziario, alla distruzione dell'ambiente. Costituiremo una forza utile e
efficace soltanto se sapremo organizzarci e lottare insieme. A livello
europeo, è necessaria l'organizzazione di una campagna. L'Europa si
costruisce anche attraverso i movimenti sociali. Il livello europeo non
impedisce la realizazione di campagne nazionali. Ciascun paese può
organizzare la propria campagna come preferisce, ma una campagna europea
porterà necessariamente a un arricchimento dei nostri obiettivi e delle
nostre azioni. La questione sarà dibattuta al III Forum sociale europeo che
si terrà in autunno a Londra.
(1) Tradotto in italiano dalla EMI, Bologna, 2003 (n.d.t.) (<<)