entusiasmi per l'idrogeno ? calma!



da boiler.it

lunedi 30 agosto 2004

giornale di scienza, innovazione e ambiente

Calma con l'H-entusiasmo

di ALESSANDRO LANNI

H come idrogeno. Ecco l'hocus pocus per risolvere i problemi ambientali che
affliggono la Terra. L'elemento di gran lunga più diffuso nell'universo,
quello che per primo comparse dopo il Big Bang e che costituisce in buona
parte l'acqua. Benzina pulita per la macchina mondo, si dice da più parti.
Eppure, una società all'idrogeno non è così prossima e c'è ancora molto da
fare.
Che il petrolio non potesse essere il pilastro energetico fondamentale del
terzo millennio lo si sapeva da tempo. Limiti nella quantità prima, impatto
critico sull'ambiente come l'aumento rapido dei gas serra nell'atmosfera
poi, costituivano già due buone ragioni per cercare altrove il motore per la
tecnologia prossima ventura. Se si aggiunge l'attuale momento di crisi (dal
Venezuela all'Iraq) di molte aree ricche di oro nero, la spinta a cercare
un'energia alternativa è sempre più forte. E cosa c'è di meglio
dell'idrogeno per muovere un sistema globale più ecologico e sostenibile?

Verso una società dell'idrogeno?

 In un recente dossier, la rivista Science ha tuttavia gettato acqua sui
facili entusiasmi per una "economia all'idrogeno", secondo la nota
espressione di Jeremy Rifkin. Not so simple, "non così semplice" è il titolo
della presentazione. Ed è tutto un programma. Con numerose inchieste e
approfondimenti, il prestigioso magazine americano invita alla calma e a una
buona dose di pragmatismo. L'impatto dell'idrogeno potrà essere molto
diverso da quello che immaginiamo ora, avvertono Robert Coontz e Brooks
Hanson, nell'introduzione. Un sistema economico non più basato sul petrolio
ma sull'idrogeno è un'avventura più incerta e difficile di quanto si pensi.
I gradini che ora appaiono intermedi potrebbero diventare gli obiettivi
finali, con un ridimensionamento complessivo delle prospettive. Si possono
battere molte strade parallelamente all'idrogeno per ridurre le emissioni di
gas serra nell'atmosfera. Problemi come la produzione, l'immagazzinamento,
la sicurezza dell'idrogeno non sembrano risolvibili nel giro di qualche
anno. E, soprattutto, non sembrano risolvibili in un ambito esclusivamente
scientifico, ma coinvolgono inevitabilmente scelte politiche ed economiche
globali. Una serie di articoli che in qualche maniera rispondono
all'intervento di Spencer Abraham ministro per l'Energia
dell'amministrazione Bush, uscito su Science un mese fa. Altro che destino
destinato, la sostituzione del petrolio con l'idrogeno è non solo una sfida
eccitante ma anche una sfida molto difficile da vincere.

Alcune delle questioni sollevate negli interventi sono piuttosto note. Per
esempio, la produzione dell'idrogeno. Già, perché l'idrogeno di per sé,
almeno sulla Terra, quasi non esiste. Tutti d'accordo sul carburante verde
che produce solo acqua come scoria. Ma come produrre l'idrogeno? Cosa è
necessario bruciare per ricavare quel magico propellente? Acqua, biomasse,
nucleare, vento, sole, gas naturale, carbone o lo stesso petrolio. Ma molte
di queste non sono particolarmente ecologiche o sostenibili (pensiamo al
carbone o petrolio). Con il rischio di cadere in un circolo vizioso che non
risolve nulla.

Difficoltà Usa e la speranza Islanda

Come mostra John Turner del National Renewable Energy Laboratory la
questione della produzione dell'idrogeno su larga scala è delicata e
complessa. Tanto il gas naturale quanto il carbone sono risorse limitate
quali generatori di H2. Ci sarebbero energie rinnovabili, come l'eolica e la
solare, ma anch'esse hanno ancora più contro che pro.
Poi c'è la quantità enorme di idrogeno necessaria a muovere le industrie, i
servizi, le attività dei singoli cittadini di uno Stato. È stato calcolato
che per far andare avanti gli Usa ci vorrebbero almeno 150 milioni di
tonnellate all'anno di idrogeno, senza contare di tutta l'energia necessaria
per far andare a regime una "società all'idrogeno". Allo stato attuale gli
statunitensi producono più o meno 9 milioni di tonnellate di idrogeno.
Anche una volta prodotto il carburante "buono" non è che sia tutto risolto.
L'idrogeno diventa liquido a -252,89 gradi, una temperatura prossima allo
zero assoluto. Vale a dire che l'idrogeno è molto difficile da trasformare
in un liquido. In condizioni normali, è in forma gassosa: molto difficile da
immagazzinare, da trasportare e da trattare senza pericolo.

Certo, esistono casi felici come l'Islanda, paese quasi autosufficiente dal
punto di vista energetico e che, prevedono gli isolani, nel 2050 dovrebbe
basarsi su di un'economia all'idrogeno completa. Ma, appunto, si tratta di
una mosca bianca, caso più unico che raro che sfrutta al meglio le enormi
potenzialità di una terra ricca di vulcani e di geiser. Già ora,
riscaldamento ed elettricità sono prodotti completamente da energie
sostenibili. Adesso, è il momento dei trasporti per i quali s'importa ancora
il petrolio. Autobus a celle combustibili già girano per le strade di
Reykjavik, imbarcazioni ancora no, perché non hanno serbatoi
sufficientemente capienti. E nel paesaggio urbano già compaiono le stazioni
di rifornimento per l'idrogeno, con bene in vista la conchiglia gialla di
una delle maggiori società petrolifere che sta investendo nell'energia
alternativa. In sei minuti un bus fa il pieno per una giornata. Ma appunto,
lì è il territorio e una società in miniatura a fare la differenza.

Automobili: celle a combustibile o ibride?

 Altra questione sollevata da Science è quella sulle automobili. Una volta
c'erano quelle elettriche, ma poi si è visto che non si andava molto in là.
Oggi il dubbio è: più ecologiche quelle a celle a combustibile che producono
elettricità dalla combinazione di idrogeno e ossigeno o quelle ibride? La
risposta di Nurettin Dermirdöven e John Deutch, entrambi ricercatori del
Massachusetts Institute of Technology, è: macchine ibride fino a quando la
produzione di idrogeno non sarà sganciata dai combustibili fossili. A
differenza di quanto hanno caldeggiato sia l'amministrazione democratica di
Clinton che quella repubblicana di Bush, sostengono i due ricercatori, si
dovrebbe dare una priorità all'ibrido. «Se esistono giustificazioni per un
sostegno federale alla ricerca e allo sviluppo delle celle a combustibile
per la riduzione del petrolio importato e delle emissioni di anidride
carbonica, allora esistono giustificazioni più forti per un sostegno
federale per i veicoli ibridi che raggiungeranno risultati simili più
velocemente». Anche al Mit, nel tempio dell'innovazione, le parole d'ordine
sono cautela e pragmatismo.

Il tempo è il fattore cruciale secondo le menti convocate da Science. I gas
serra continuano ad aumentare e non basta da solo l'idrogeno a cambiare le
cose. È necessario sbrigarsi e guardare in tutte le direzioni possibili per
migliorare lo stato del nostro Pianeta. Certamente l'idrogeno sarà l'energia
del futuro, dicono al Mit, a Princeton e negli altri laboratori Usa. Ma gli
stessi scienziati aggiungono: sbrighiamoci a percorrere tutte le strade
possibili. Solo così si potrà dare una speranza realistica al pianeta Terra.