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roma rinuncia alla liberalizzazione del trasporto pubblico
- Subject: roma rinuncia alla liberalizzazione del trasporto pubblico
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 20 Jun 2004 08:36:24 +0200
da corriere.it giovedi 17 giugno 2004 L'assessore Di Carlo polemico con la Regione: «Ci fa mancare la certezza del finanziamento» Trasporto pubblico, una rivoluzione a metà In giunta la delibera che affida il servizio direttamente (senza gara) a Met.Ro e Trambus Si stanno dando gli ultimi ritocchi alla delibera destinata a rivoluzionare - in parte - il trasporto pubblico locale: l'assessore alla Mobilità Mario Di Carlo la porterà in giunta mercoledì prossimo. «È un'unica delibera - spiega l'assessore - dove è contenuta sia la decisione di affidare direttamente alle società Trambus e Met.Ro il trasporto attraverso contratti di servizio quinquennali o settennali, sia la decisione di mandare in gara entro il 2005 i venticinque milioni di chilometri già oggi gestiti dai privati». Una rivoluzione in parte «interrotta» perché il servizio di trasporto verrà così gestito «in house» e non mandato in appalto. Ma il Campidoglio afferma di aver scelto questa strada sia «per avere almeno cinque o sette anni di tranquillità» perché la Regione Lazio, al contrario della Lombardia, dell'Emilia Romagna e della Toscana, non ha pianificato una legge adeguata per il trasporto, sia per evitare tagli al servizio, come sarebbe avvenuto con la gara. I fondi della Regione? Pochi e neanche sicuri» Di Carlo: per i trasporti Milano riceve un contributo di 2,14 euro/km, noi di 1,4. Ci rimettiamo 70 milioni Si stanno dando gli ultimi ritocchi alla delibera. E mercoledì prossimo l' assessore alla Mobilità Mario Di Carlo porterà in giunta uno scritto di poche righe, destinato però a rivoluzionare tutta l'architettura della gestione del trasporto pubblico romano. «Sarà una sola delibera - spiega Di Carlo - che conterrà sia l'affidamento diretto a Trambus e Met.Ro del trasporto pubblico, con un contratto di servizio di cinque o sette anni, sia la gara, entro il 2005, per i venticinque milioni di chilometri che saranno gestiti, come già avviene oggi, dai privati». Una rivoluzione annunciata nei giorni scorsi in pompa magna dal sindaco Walter Veltroni nella sala delle Bandiere in Campidoglio, che passa così alla fase operativa: l'Atac e la Sta, almeno tutta quella parte della società che si occupa di mobilità, saranno fuse in una nuova «Agenzia», che farà da cassaforte sia dei proventi di biglietti e abbonamenti, sia di quelli della sosta a pagamento. Ma la vera novità è che il trasporto pubblico romano non andrà in gara: il Campidoglio ha preso la decisione di affidarlo «in house» a Trambus e Met.Ro, con contratti che saranno gestiti direttamente dal VII dipartimento, alla Mobilità. Perché? «Il problema della gara o meno è un falso problema - prosegue Mario Di Carlo -. Il vero problema sono le risorse e il finanziamento del trasporto pubblico romano». E spiega: il 35% delle spese per far circolare bus, tram e metropolitane vengono coperte dai ricavi di biglietti e abbonamenti, «lo paga chi viaggia - come dice Di Carlo - sulla base di tariffe stabilite dalla Regione»; vi è poi il contributo del Fondo regionale trasporti che si aggira sul 42-43%, mentre tutto il «resto» lo mette il Comune. Ma è proprio sul contributo regionale che partono i j'accuse da parte del Campidoglio. «Noi riceviamo dal fondo regionale un contributo massimo del 43% - spiega Mario Di Carlo - mentre altrove, come a Milano, si arriva al 60-65%». Se poi si va più nei particolari dei numeri il contributo della Regione Lombardia è per ogni chilometro di 2,14 euro, mentre nel Lazio la Pisana dà 1,4 euro: una differenza di 65 centesimi a chilometro che moltiplicata per circa 130 milioni, con un calcolo al ribasso di quelli dei contratti di servizio, si arriva ad una differenza di 70 milioni di euro l' anno. La polemica, però, non finisce qui. Si fa più pesante nei confronti della Regione Lazio. «La Toscana, la Lombardia e l'Emilia Romagna - aggiunge Mario Di Carlo - hanno emanato delle leggi che pianificano quello che accade per i prossimi cinque anni nel mondo del trasporto locale, sia per i contributi ai Comuni, sia per gli investimenti e infine per la politica tariffaria. Questo significa che Bologna, Milano e Firenze sanno su quanti e quali soldi possono contare e quali saranno le tariffe del trasporto nei prossimi cinque anni. Nel Lazio e nella capitale - aggiunge - non c'è nesuna certezza, perch» la Regione Lazio ogni anno aspetta la Finanziaria nazionale e poi imposta quella regionale. Questo significa che noi siamo "appesi" di anno in anno alle decisioni della Pisana. In questo modo, invece, riprendiamo sotto controllo il sistema». Secondo l'assesore al Traffico si arriverà con l'Agenzia per la Mobilità e i contratti di servizio «a cinque anni di tranquillità dal punto di vista della qualità del servizio». Vantaggi per il cittadino da tutta questa rivoluzione? «Noi speriamo - risponde Di Carlo - in un bassissimo conflitto sociale e relazioni industriali civili: per dirla in breve, di avere meno scioperi. E poi vi sarà una maggiore responsabilizzazione delle imprese e della stessa amministrazione». Intanto è partito un «toto-nomine» che dà in pole position come amministratore delegato di Met.Ro, Roberto Cavalieri, attuale direttore generale dell'Atac. E la nuova impalcatura del trasporto prevede anche la divisione della Sta: da una costola della società è già nata Roma-Metropolitane, presidente Chicco Testa, che avrà la sua sede all'inizio di via Tuscolana in un palazzo in ristrutturazione accanto al deposito dell' Atac. Si occuperà di sorvegliare per conto del Campidoglio la costruzione della linea «C», della direzione dei lavori per la «B1» e della progettazione della linea «D». Lilli Garrone LE REAZIONI «Pubblico e privato in competizione» L'assessore al Bilancio Marco Causi: a Roma due gestori del trasporto su gomma A questa rivoluzione negli assetti societari del trasporto pubblico romano ha dato il suo contributo l'assessore al Bilancio Marco Causi, che ha anche la delega sulle aziende capitoline. Nato a Palermo, 47 anni, docente di Microeconomia, Economia urbana, ed Economia dei beni e delle attività culturali all'università di Roma Tre, vanta un'antica amicizia con Veltroni. Come giudica la decisione di «ripensare» la liberalizzazione, dopo che la capitale è stata la prima a mettere a gara 25 milioni di chilometri di trasporto? È stata abbandonata la strada della concorrenza? «Non è né un ripensamento né un abbandono - risponde - Perché il servizio su gomma continua ad essere diviso in due lotti. Una parte, i famosi 25 milioni di chilometri, continuerà ad andare in gara: indietro non si torna». Secondo il titolare del Bilancio, la gara del 2005 per la gestione quinquennale del trasporto nelle periferie sarà pur sempre «uno dei più grandi appalti di questo tipo che vi saranno in Italia». Così «a Roma vi saranno due gestori del trasporto su gomma - spiega Marco Causi - con la possibilità di un confronto permanente su costi, soluzioni logistiche e tencologiche. Vi saranno perciò un soggetto pubblico e uno privato in continua competitività, cosa che non accade in nessuna città europea. Solo Londra - prosegue - ha più di un gestore, ma la capitale inglese ha avuto una liberalizzazione molto particolare». Niente «monopolio» per Trambus e Met.Ro, ma una sorta di «terza via» che permetta «di avere un lasso di tempo di cinque o sette anni per consentire un po' di concorrenza - aggiunge Causi - e insieme permetta di riassorbire uno squilibrio finanziario che deriva dall'inefficienza di Regione e Governo». Altrimenti? «Altrimenti - risponde - se non avessimo imboccato la via dell'affidamento in house l'unica opzione possibile era quella di tagliare il servizio. Andando in gara avremmo dovuto fare dei tagli. Non abbiamo voluto». Secondo aspetto fondamentale della nuova «architettura» del trasporto pubblico per l'assessore al Bilancio è il fatto che la gestione finanziaria passa in gran parte nelle mani del Campidoglio. «Nei prossimi anni - aggiunge Causi - il trasporto pubblico verrà finanziato oltre che da biglietti e abbonamenti dalla mobiltà privata, con i proventi della sosta a pagamento e della zona a traffico limitato. La fusione fra Atac e Sta significa, infatti, un rafforzamento della cassaforte finanziaria, un riequilibrio economico molto importante». C'è dunque la speranza che il servizio funzioni meglio grazie ai nuovi introiti? «Più che una speranza è un obbligo», conclude l'assessore. L. Gar. Le aziende ATAC L'Atac, Azienda delle Tramvie ed autobus del Comune, nasce nell'ormai lontano 1911, come azienda municipale del trasporto pubblico: ancora qualche anno ed avrebbe compiuto il secolo. Per questo il Campidoglio sta studiando un modo per far restare il nome nella memoria, sia pure nella fusione con la Sta. TRAMBUS E MET.RO Le due società di gestione, Trambus per gli autobus e i tram e Met.Ro per le metropolitane nacquero nel Duemila, sotto l'amministrazione Rutelli, quando venne affidata all'Atac la pianificazione e nacquero i contratti di servizio. Con la nuova delibera del Campidoglio questi contratti diventeranno quinquennali. STA Fondata nel 1921, poi dimenticata, venne riportata alla luce nel 1995 per la gestione della sosta a pagamento. 171 MILIONI DI CHILOMETRI Sono quelli oggi percorsi dai mezzi di trasporto della Capitale, contro i 130 milioni di chilometri del 1998. Con l'«efficientamento» costano poco più di tre euro a chilometro, contro le 12.500 lire del 1995 La frenata sulla liberalizzazione UN LUNGO PROCESSO di LINDA LANZILLOTTA La decisione del Comune di Roma di rinunciare alla liberalizzazione del servizio di trasporto urbano ha destato stupore e preoccupazione tra gli osservatori economici. Roma infatti - oltre ad essere la più importante realtà urbana del Paese in termini di ampiezza territoriale, di numero di abitanti e di complessità urbanistica - è sempre stata laboratorio di innovazione amministrativa e finanziaria: una sua scelta potrebbe rappresentare un punto di svolta nazionale ed essere letta come un autorevole segnale di mutamento del clima culturale nei confronti della prospettiva di aprire alla concorrenza il mercato dei servizi pubblici locali. È quindi importante interrogarsi sulle ragioni che, a differenza di quanto avvenuto in altre città (ad esempio Firenze o Bologna), hanno indotto l'amministrazione romana ad affidare direttamente alla propria azienda la gestione del servizio e a non ricorrere ad una gara europea. Il primo dato da considerare è senza dubbio la maggiore complessità della rete romana di trasporto : 115 milioni di chilometri per garantire il «servizio universale» - e dunque il diritto alla mobilità - a quasi due milioni di cittadini ( oltre al milione di pendolari) su un territorio di circa 1.290 chilometri quadrati. È evidente che non sono molte sul mercato le aziende attrezzate a gestire un sistema così vasto. Il secondo elemento è quello del quadro delle risorse finanziarie. Il trasporto locale è da sempre il punto dolente del bilancio del Comune, di cui assorbe una quota molto rilevante: oggi il disavanzo annuo è di circa 160 milioni di euro e il debito consolidato di 3,5 miliardi di euro. Sicuramente è possibile rendere più efficiente la gestione e ridurre il costo/chilometro (oggi disallineato rispetto alla media nazionale) ma è comunque un dato di fatto che si tratta di un onere enorme che richiede un quadro di certezze finanziarie pluriennale sulla cui base poter definire rapporti chiari con un eventuale gestore privato. Bene: se questo è possibile a Firenze e a Bologna dove le rispettive leggi regionali hanno indicato le risorse finanziare su cui il trasporto locale potrà contare nei prossimi anni e le regole cui dovrà attenersi , questo non è possibile nel Lazio dove la Regione non solo non ha legiferato ma ha congelato da circa un decennio il fondo regionale dei trasporti. La estrema precarietà del quadro finanziario e la debolezza del mercato privato del trasporto su gomma hanno presumibilmente rafforzato l'orientamento dell'amministrazione romana a non intraprendere oggi la via della liberalizzazione. L'affidamento «in house» (che dovrà certo penare non poco per superare l'esame del commissario europeo alla concorrenza) può allora essere visto come un passaggio intermedio necessario a realizzare le condizioni per l'approdo al mercato. In questi termini la scelta compiuta non va considerata come un messaggio di sfiducia verso la possibilità di accrescere la qualità e l'efficienza del sistema urbano e, insieme, stimolare la nascita di un moderno mercato dei servizi ma un pragmatico approccio alla gestione della fase intermedia di un lungo processo.
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