roma rinuncia alla liberalizzazione del trasporto pubblico



da corriere.it
giovedi 17 giugno 2004

L'assessore Di Carlo polemico con la Regione: «Ci fa mancare la certezza del
finanziamento»

Trasporto pubblico, una rivoluzione a metà

In giunta la delibera che affida il servizio direttamente (senza gara) a
Met.Ro e Trambus

Si stanno dando gli ultimi ritocchi alla delibera destinata a
rivoluzionare - in parte - il trasporto pubblico locale: l'assessore alla
Mobilità Mario Di Carlo la porterà in giunta mercoledì prossimo. «È un'unica
delibera - spiega l'assessore - dove è contenuta sia la decisione di
affidare direttamente alle società Trambus e Met.Ro il trasporto attraverso
contratti di servizio quinquennali o settennali, sia la decisione di mandare
in gara entro il 2005 i venticinque milioni di chilometri già oggi gestiti
dai privati». Una rivoluzione in parte «interrotta» perché il servizio di
trasporto verrà così gestito «in house» e non mandato in appalto. Ma il
Campidoglio afferma di aver scelto questa strada sia «per avere almeno
cinque o sette anni di tranquillità» perché la Regione Lazio, al contrario
della Lombardia, dell'Emilia Romagna e della Toscana, non ha pianificato una
legge adeguata per il trasporto, sia per evitare tagli al servizio, come
sarebbe avvenuto con la gara.

I fondi della Regione? Pochi e neanche sicuri»

Di Carlo: per i trasporti Milano riceve un contributo di 2,14 euro/km, noi
di 1,4. Ci rimettiamo 70 milioni


Si stanno dando gli ultimi ritocchi alla delibera. E mercoledì prossimo l'
assessore alla Mobilità Mario Di Carlo porterà in giunta uno scritto di
poche righe, destinato però a rivoluzionare tutta l'architettura della
gestione del trasporto pubblico romano. «Sarà una sola delibera - spiega Di
Carlo - che conterrà sia l'affidamento diretto a Trambus e Met.Ro del
trasporto pubblico, con un contratto di servizio di cinque o sette anni, sia
la gara, entro il 2005, per i venticinque milioni di chilometri che saranno
gestiti, come già avviene oggi, dai privati». Una rivoluzione annunciata nei
giorni scorsi in pompa magna dal sindaco Walter Veltroni nella sala delle
Bandiere in Campidoglio, che passa così alla fase operativa: l'Atac e la
Sta, almeno tutta quella parte della società che si occupa di mobilità,
saranno fuse in una nuova «Agenzia», che farà da cassaforte sia dei proventi
di biglietti e abbonamenti, sia di quelli della sosta a pagamento.
Ma la vera novità è che il trasporto pubblico romano non andrà in gara: il
Campidoglio ha preso la decisione di affidarlo «in house» a Trambus e
Met.Ro, con contratti che saranno gestiti direttamente dal VII dipartimento,
alla Mobilità. Perché? «Il problema della gara o meno è un falso problema -
prosegue Mario Di Carlo -. Il vero problema sono le risorse e il
finanziamento del trasporto pubblico romano». E spiega: il 35% delle spese
per far circolare bus, tram e metropolitane vengono coperte dai ricavi di
biglietti e abbonamenti, «lo paga chi viaggia - come dice Di Carlo - sulla
base di tariffe stabilite dalla Regione»; vi è poi il contributo del Fondo
regionale trasporti che si aggira sul 42-43%, mentre tutto il «resto» lo
mette il Comune.
Ma è proprio sul contributo regionale che partono i j'accuse da parte del
Campidoglio. «Noi riceviamo dal fondo regionale un contributo massimo del
43% - spiega Mario Di Carlo - mentre altrove, come a Milano, si arriva al
60-65%». Se poi si va più nei particolari dei numeri il contributo della
Regione Lombardia è per ogni chilometro di 2,14 euro, mentre nel Lazio la
Pisana dà 1,4 euro: una differenza di 65 centesimi a chilometro che
moltiplicata per circa 130 milioni, con un calcolo al ribasso di quelli dei
contratti di servizio, si arriva ad una differenza di 70 milioni di euro l'
anno. La polemica, però, non finisce qui. Si fa più pesante nei confronti
della Regione Lazio. «La Toscana, la Lombardia e l'Emilia Romagna - aggiunge
Mario Di Carlo - hanno emanato delle leggi che pianificano quello che accade
per i prossimi cinque anni nel mondo del trasporto locale, sia per i
contributi ai Comuni, sia per gli investimenti e infine per la politica
tariffaria. Questo significa che Bologna, Milano e Firenze sanno su quanti e
quali soldi possono contare e quali saranno le tariffe del trasporto nei
prossimi cinque anni. Nel Lazio e nella capitale - aggiunge - non c'è nesuna
certezza, perch» la Regione Lazio ogni anno aspetta la Finanziaria nazionale
e poi imposta quella regionale. Questo significa che noi siamo "appesi" di
anno in anno alle decisioni della Pisana. In questo modo, invece,
riprendiamo sotto controllo il sistema». Secondo l'assesore al Traffico si
arriverà con l'Agenzia per la Mobilità e i contratti di servizio «a cinque
anni di tranquillità dal punto di vista della qualità del servizio».
Vantaggi per il cittadino da tutta questa rivoluzione? «Noi speriamo -
risponde Di Carlo - in un bassissimo conflitto sociale e relazioni
industriali civili: per dirla in breve, di avere meno scioperi. E poi vi
sarà una maggiore responsabilizzazione delle imprese e della stessa
amministrazione».
Intanto è partito un «toto-nomine» che dà in pole position come
amministratore delegato di Met.Ro, Roberto Cavalieri, attuale direttore
generale dell'Atac. E la nuova impalcatura del trasporto prevede anche la
divisione della Sta: da una costola della società è già nata
Roma-Metropolitane, presidente Chicco Testa, che avrà la sua sede all'inizio
di via Tuscolana in un palazzo in ristrutturazione accanto al deposito dell'
Atac. Si occuperà di sorvegliare per conto del Campidoglio la costruzione
della linea «C», della direzione dei lavori per la «B1» e della
progettazione della linea «D».

Lilli Garrone

LE REAZIONI

«Pubblico e privato in competizione»

L'assessore al Bilancio Marco Causi: a Roma due gestori del trasporto su
gomma

A questa rivoluzione negli assetti societari del trasporto pubblico romano
ha dato il suo contributo l'assessore al Bilancio Marco Causi, che ha anche
la delega sulle aziende capitoline. Nato a Palermo, 47 anni, docente di
Microeconomia, Economia urbana, ed Economia dei beni e delle attività
culturali all'università di Roma Tre, vanta un'antica amicizia con Veltroni.
Come giudica la decisione di «ripensare» la liberalizzazione, dopo che la
capitale è stata la prima a mettere a gara 25 milioni di chilometri di
trasporto? È stata abbandonata la strada della concorrenza? «Non è né un
ripensamento né un abbandono - risponde - Perché il servizio su gomma
continua ad essere diviso in due lotti. Una parte, i famosi 25 milioni di
chilometri, continuerà ad andare in gara: indietro non si torna». Secondo il
titolare del Bilancio, la gara del 2005 per la gestione quinquennale del
trasporto nelle periferie sarà pur sempre «uno dei più grandi appalti di
questo tipo che vi saranno in Italia». Così «a Roma vi saranno due gestori
del trasporto su gomma - spiega Marco Causi - con la possibilità di un
confronto permanente su costi, soluzioni logistiche e tencologiche. Vi
saranno perciò un soggetto pubblico e uno privato in continua competitività,
cosa che non accade in nessuna città europea. Solo Londra - prosegue - ha
più di un gestore, ma la capitale inglese ha avuto una liberalizzazione
molto particolare».
Niente «monopolio» per Trambus e Met.Ro, ma una sorta di «terza via» che
permetta «di avere un lasso di tempo di cinque o sette anni per consentire
un po' di concorrenza - aggiunge Causi - e insieme permetta di riassorbire
uno squilibrio finanziario che deriva dall'inefficienza di Regione e
Governo». Altrimenti? «Altrimenti - risponde - se non avessimo imboccato la
via dell'affidamento in house l'unica opzione possibile era quella di
tagliare il servizio. Andando in gara avremmo dovuto fare dei tagli. Non
abbiamo voluto».
Secondo aspetto fondamentale della nuova «architettura» del trasporto
pubblico per l'assessore al Bilancio è il fatto che la gestione finanziaria
passa in gran parte nelle mani del Campidoglio. «Nei prossimi anni -
aggiunge Causi - il trasporto pubblico verrà finanziato oltre che da
biglietti e abbonamenti dalla mobiltà privata, con i proventi della sosta a
pagamento e della zona a traffico limitato. La fusione fra Atac e Sta
significa, infatti, un rafforzamento della cassaforte finanziaria, un
riequilibrio economico molto importante». C'è dunque la speranza che il
servizio funzioni meglio grazie ai nuovi introiti? «Più che una speranza è
un obbligo», conclude l'assessore.

L. Gar.
Le aziende

ATAC L'Atac, Azienda delle Tramvie ed autobus del Comune, nasce nell'ormai
lontano 1911, come azienda municipale del trasporto pubblico: ancora qualche
anno ed avrebbe compiuto il secolo. Per questo il Campidoglio sta studiando
un modo per far restare il nome nella memoria, sia pure nella fusione con la
Sta.

TRAMBUS E MET.RO
Le due società di gestione, Trambus per gli autobus e i tram e Met.Ro per le
metropolitane nacquero nel Duemila, sotto l'amministrazione Rutelli, quando
venne affidata all'Atac la pianificazione e nacquero i contratti di
servizio. Con la nuova delibera del Campidoglio questi contratti
diventeranno quinquennali.
STA
Fondata nel 1921, poi dimenticata, venne riportata alla luce nel 1995 per la
gestione della sosta a pagamento.

171
MILIONI DI CHILOMETRI
Sono quelli oggi percorsi dai mezzi di trasporto della Capitale, contro i
130 milioni di chilometri del 1998. Con l'«efficientamento» costano poco più
di tre euro a chilometro, contro le 12.500 lire del 1995

La frenata sulla liberalizzazione
UN LUNGO PROCESSO

di LINDA LANZILLOTTA

La decisione del Comune di Roma di rinunciare alla liberalizzazione del
servizio di trasporto urbano ha destato stupore e preoccupazione tra gli
osservatori economici. Roma infatti - oltre ad essere la più importante
realtà urbana del Paese in termini di ampiezza territoriale, di numero di
abitanti e di complessità urbanistica - è sempre stata laboratorio di
innovazione amministrativa e finanziaria: una sua scelta potrebbe
rappresentare un punto di svolta nazionale ed essere letta come un
autorevole segnale di mutamento del clima culturale nei confronti della
prospettiva di aprire alla concorrenza il mercato dei servizi pubblici
locali. È quindi importante interrogarsi sulle ragioni che, a differenza di
quanto avvenuto in altre città (ad esempio Firenze o Bologna), hanno indotto
l'amministrazione romana ad affidare direttamente alla propria azienda la
gestione del servizio e a non ricorrere ad una gara europea. Il primo dato
da considerare è senza dubbio la maggiore complessità della rete romana di
trasporto : 115 milioni di chilometri per garantire il «servizio
universale» - e dunque il diritto alla mobilità - a quasi due milioni di
cittadini ( oltre al milione di pendolari) su un territorio di circa 1.290
chilometri quadrati. È evidente che non sono molte sul mercato le aziende
attrezzate a gestire un sistema così vasto. Il secondo elemento è quello del
quadro delle risorse finanziarie. Il trasporto locale è da sempre il punto
dolente del bilancio del Comune, di cui assorbe una quota molto rilevante:
oggi il disavanzo annuo è di circa 160 milioni di euro e il debito
consolidato di 3,5 miliardi di euro. Sicuramente è possibile rendere più
efficiente la gestione e ridurre il costo/chilometro (oggi disallineato
rispetto alla media nazionale) ma è comunque un dato di fatto che si tratta
di un onere enorme che richiede un quadro di certezze finanziarie
pluriennale sulla cui base poter definire rapporti chiari con un eventuale
gestore privato. Bene: se questo è possibile a Firenze e a Bologna dove le
rispettive leggi regionali hanno indicato le risorse finanziare su cui il
trasporto locale potrà contare nei prossimi anni e le regole cui dovrà
attenersi , questo non è possibile nel Lazio dove la Regione non solo non ha
legiferato ma ha congelato da circa un decennio il fondo regionale dei
trasporti. La estrema precarietà del quadro finanziario e la debolezza del
mercato privato del trasporto su gomma hanno presumibilmente rafforzato
l'orientamento dell'amministrazione romana a non intraprendere oggi la via
della liberalizzazione. L'affidamento «in house» (che dovrà certo penare non
poco per superare l'esame del commissario europeo alla concorrenza) può
allora essere visto come un passaggio intermedio necessario a realizzare le
condizioni per l'approdo al mercato. In questi termini la scelta compiuta
non va considerata come un messaggio di sfiducia verso la possibilità di
accrescere la qualità e l'efficienza del sistema urbano e, insieme,
stimolare la nascita di un moderno mercato dei servizi ma un pragmatico
approccio alla gestione della fase intermedia di un lungo processo.