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opportunità per un mediterraneo sostenibile
- Subject: opportunità per un mediterraneo sostenibile
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 20 Apr 2004 06:59:01 +0200
da boiler.it giornale di scienza, innovazione e ambiente 16.04.2004 FOCUS.Ambiente Le opportunità per un Mediterraneo sostenibile di WOLFGANG SACHS estratto da: ISTITUTO DI RICERCHE AMBIENTE ITALIA (a cura di) Ambiente Italia 2004. Rapporto annuale di Legambiente EDIZIONI AMBIENTE 2004 pag. 202 - euro 19,80 Wolfgang Sachs, studioso dei temi legati alle politiche ambientali e dello sviluppo, lavora presso il tedesco Wuppertal Institute per il Clima, l'Ambiente e l'Energia. È stato condirettore della rivista Development, ha insegnato presso la Pennsylvania State University e tiene corsi alla sede inglese dello Schumacher College (Centro internazionale per gli studi ecologici). Sul nostro pianeta siamo arrivati a un punto nel quale il consumo di risorse ha oltrepassato le possibilità naturali di rigenerarle. Già a partire dalla metà degli anni Settanta le attività umane avevano superato la capacità di assorbimento della biosfera, ma è da allora che il sovrasfruttamento della natura è diventato il segno distintivo della storia umana. Se, per esempio, l'attuale livello medio di emissioni procapite di anidride carbonica dei paesi industrializzati si estendesse a tutto il mondo, l'atmosfera verrebbe sommersa da una quantità di emissioni superiore di cinque volte alla sua capacità di assorbimento. Questo vuol dire, in altre parole, che per sostenere l'attuale ritmo di emissioni occorrerebbero cinque pianeti da utilizzare come discarica per anidride carbonica: noi, però, abbiamo un solo pianeta ed è questa la ragione fondamentale per la quale lo sviluppo convenzionale ha raggiunto il suo limite. Se proiettiamo questa situazione sul bacino del Mediterraneo riscontriamo due aspetti fondamentali. Da una parte ci sono sempre più persone che hanno bisogno di trovare posto nella biosfera, dall'altro vi è un enorme divario nella crescita di popolazione tra Mediterraneo settentrionale e meridionale. Le popolazioni che vivono lungo la sponda africana e mediorientale del Mediterraneo devono affrontare due problemi principali, legati alla scarsità di due risorse limitate, ma fondamentali per la vita: la terra e l'acqua. Infatti, il degrado del suolo e l'eccessivo sfruttamento del terreno coltivabile, la desertificazione e la siccità sono le maggiori emergenze che affliggono quei territori. Merita particolare attenzione anche la questione dell'agricoltura, un'attività che nel Mediterraneo, ma anche nel resto del mondo, dovrà fronteggiare in futuro due sfide significative. La prima riguarda la scarsità di acqua che colpisce soprattutto l'agricoltura di tipo industriale, ovvero quella su vasta scala, enormemente idrovora. Le riserve d'acqua infatti scarseggiano sempre di più, e diventa sempre più difficile prelevare acquaa sufficienza per dare da bere alle persone e contemporaneamente coltivare i campi. La seconda emergenza, ormai alle porte, è quella del cambiamento climatico, che porterà a un aumento delle temperature dicui sarà proprio l'agricoltura a subire le conseguenze più significative, dal momento che si modificheranno l'umidità dell'aria e il regime delle precipitazioni e anche i corsi d'acqua subiranno mutamenti sostanziali. Questo intreccio fra acqua e cambiamento climatico altererà quelle condizioniche, fino a oggi, hanno offerto uno spazio ospitale a certi tipi di agricoltura, in particolare sulla sponda sud del Mediterraneo. In questo quadro generale, un altro aspetto da esaminare fa riferimento al problema della disuguaglianza, intesa come ambivalenza della ricchezza. Pensate al Canal Grande o a Piazza San Marco a Venezia, indubbiamente la strada e la piazza più bella del mondo. Tale splendore e tale ricchezza, però, sono stati resi possibili dal trasferimento nella laguna veneta di risorse e beni provenienti da altrove. Sono state le navi cariche di spezie, di sete, di cotone provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo o dall'Asia a dare vita al patrimonio di Venezia, la città considerata per centinaia e centinaia di anni il prototipo del benessere nel mondo. Nei secoli la situazione non è poi così cambiata, se consideriamo che ancora oggi il 20% della popolazione mondiale consuma l'80% delle risorse e che l'impronta ecologica della classe consumistica del mondo è così vasta che i paesi Ocse utilizzano già tutta la superficie biologicamente produttiva del pianeta. Indubbiamente questo tipo di ricchezza ha prodotto, come a Venezia, delle meraviglie. Negli ultimi cento anni la nostra civiltà ha creato grandi cose, ma non bisogna dimenticare che questa ricchezza e questo benessere, con tutti i loro aspetti positivi, hanno un profondo lato oscuro: sono forme di benessere incapaci di giustizia, ovvero che non possono essere democratizzate rendendone partecipe l'intero globo. Al contrario, se si estendesse questo standard di ricchezza a tutta la popolazione del pianeta, se esportassimo nei cinque continenti modelli come la società automobilistica, l'alimentazione"carnivora" o un'agricoltura di tipo industriale rischieremmo una catastrofe irreversibile della biosfera. In questo contesto emerge una tensione anche nello spazio del Mediterraneo, dove le dialettiche del mondo sono molto ravvicinate. Il benesse reinventato dal Nord del bacino risponde a un modello incapace di includere tutto il Mediterraneo, per non parlare del resto del mondo. Ed è in questa contraddizione che si inserisce la sfida più difficile; quella di inventare nuove forme di benessere "leggere", che necessitino di poche risorse, capaci di giustizia e in grado di funzionare bene senza grandi inputdi risorse naturali, lasciando così molto spazio ambientale ad altri. È proprio in questa sfida che risiede la vera vocazione dell'ecologia, che nonsi deve limitare alla protezione delle balene o degli uccelli. Il vero compito dell'ecologia è garantire la cittadinanza e la convivenza mondiale. Se non si determineranno tali presupposti non ci sarà futuro per un'armonica e pacifica convivenza globale. Un altro aspetto da analizzare è quello del "leapfrogging" ecologico. Sesulla sponda settentrionale del Mediterraneo permane la situazione finoradescritta si arriverà presto a un impasse, a un vicolo cieco. In questoscenario, però, si aprono nuove possibilità per il Sud. Si apre, di fatto,l'opportunità di non imitare l'evoluzione industriale del Nord, ma disaltare e superare alcune fasi verificatesi nel Nord, raggiungendo insieme il comune obiettivo di una società e di un'economia nuove. Oggi i paesi del Sud del Mediterraneo si trovano a un bivio: seguire l'esempio della sponda nord - con i suoi modelli di grandi infrastrutture per il trasporto, l'energia, l'acqua - oppure optare per modelli alternativi, come ferrovie leggere, sistemi di scarico delle acque reflue che non sprechino l'acqua potabile, produzioni di energia decentrate. Il punto è: sapranno i paesi del Sud ribaltare la situazione e superare il Nord in questa direzione? Sapranno ribaltare la situazione, nonostante siano stati chiamati per anni "paesi sottosviluppati"? Un ultima questione concerne l'esigenza di un patto per il Mediterraneo. Oggi è sempre più irrealistico immaginare accordi globali multilaterali, dal momento che proprio l'unica potenza mondiale ha scelto di abbandonare la strada della cooperazione multilaterale. Sarà sempre più difficile promuovere conferenze come quelle di Rio o di Johannesburg, o trattative come quelle relative al Protocollo di Kyoto. Ciò non vuol dire che si deve decretare la fine della cooperazione multilaterale, ma che occorre puntare su accordi subglobali tra quei paesi che decidono di procedere nella stessa direzione. Questa via rappresenta una straordinaria occasione per l'area del Mediterraneo, perché qui, più che altrove, convivono tutti gli elementi per un accordo tra Nord e Sud. Ma perché questo scenario si realizzi, bisogna innescare tre grandi processi virtuosi: una ristrutturazione del Nord, finalizzata a creare un benessere più leggero in termini di risorse; un impegno ancora del Nord a "risarcire", poiché - ricordiamo la storia di Venezia - c'è un debito storico ed ecologico che giustifica il rimborso e la cooperazione, compresi gli investimenti; infine, la scelta da parte del Sud di optare per un "leapfrogging" ecologico, di imboccare cioè strade di sviluppo più "leggere" di quelle seguite dal Nord.
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