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governo meno tasse per i ricchi meno servizi per tutti
- Subject: governo meno tasse per i ricchi meno servizi per tutti
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 1 Apr 2004 06:52:30 +0200
da unità.it 28.03.2004 Il Robin Hood dei ricchi di Nicola Cacace Gli strateghi del disastro colpiscono ancora con i panni di Robin Hood indossati alla rovescia. Robin Hood toglieva ai ricchi per dare ai poveri mentre Silvio Berlusconi continua a togliere ai più, lavoratori, pensionati e classe media, per dare ai pochi, ai peggiori tra i pochi, quelli già privilegiati da abolizione delle tasse di successione, condoni fiscali, leggi per il rientro e riciclaggio di capitali, depenalizzazione del falso in bilancio. Questa ricetta che ha già fatto danni, rendendo da un lato il mercato interno sempre più asfittico e la crescita economica sempre più depressa, dall'altro rendendo milioni di cittadini sempre più incerti sul loro futuro, quindi impoveriti e sfiduciati nel portafoglio e nell'anima, viene riproposta con arroganza e pervicacia. L'ultimo "menù creativo" proposto da Cernobbio, ai governati del Bel paese si compone essenzialmente di tre portate, la prima rivolta ai lavoratori, lavorate di più rinunciando gratis a qualche festività, la seconda rivolta ai pensionati di ieri oggi e domani, contentatevi di pensioni sempre più misere e incerte, la terza rivolta ai "compagni di merenda", arricchitevi sempre di più che pagherete meno tasse, soprattutto quelli tra voi inclini all'evasione ed all'elusione fiscale e alla finanza creativa più che alla produzione di beni e servizi reali. Che dire? Dalla rivoluzione industriale c'è voluto poco più di un secolo di lotte politiche e sindacali per ridurre le ore di lavoro, portando la settimana lavorativa da 60 a 40 ore, a 35 in Germania, Francia e Scandinavia, portando le settimane di ferie da una a quattro, cinque in Scandinavia, introducendo tre mesi di maternità retribuita per le lavoratrici in tutti i Paesi civili, ad eccezione dell'America; così dimezzando in cento anni, in tutto il mondo industriale, le ore annue lavorate da 3200 a 1600. Oggi, nel secolo del più accelerato progresso tecnico, ci si viene a proporre di risolvere i problemi del Paese rimandando indietro le lancette della storia, avvicinandosi all'Africa ed allontanandosi dall'Europa. Le giornate di festività, dieci od undici, sono oggi il minimo di festività vigenti in tutti i Paesi industrializzati, America inclusa, e sono già state ridotte una quindicina di anni fa. Ridurle ancora significherebbe una ulteriore peggioramento della qualità della vita soprattutto per le categorie più umili. Oggi è sempre più difficile che una famiglia operaia possa trovare il tempo per passare qualche festività con figli ed amici essendo il tempo disponibile sempre più prerogativa delle classi agiate. Duemila anni fa Seneca , in una famosa lettera a Lucilio, scriveva «Caro Lucilio, fa ciò che mi scrivi, fa tesoro di tutto il tempo che hai. Sarai meno schiavo del domani se ti sarai reso padrone del tempo. Per me non è povero del tutto colui che difende gelosamente il tempo che possiede, perché, ci ammoniscono i nostri vecchi, è troppo tardi per risparmiare il vino quando si è giunti alla feccia». Oggi la differenza tra veri ricchi e veri poveri è tra chi ha tempo disponibile per il lavoro ma anche per se, per la famiglia, per la cultura, per l'amore, per la politica, per lo sport e tra chi ha tempo solo per il lavoro. Berlusconi propone di ampliare un divario nei tempi-vita tra ricchi e meno ricchi che è già nei fatti. Quanto alle tasse pagate con metodo sempre meno progressivo, secondo il programma e le proposte del governo di centro-destra, con metodo cioè che finisce per alleggerire sempre più il carico fiscale delle categorie più ricche (questo significa portare le aliquore dell'Irpef a due dalle attuali quattro abbassando la massima dal 46% al 33%), basterebbe leggersi le cronache della grande crisi del 1929-30, che dall'America si diffuse in tutti i paesi più ricchi di allora, Italia compresa, per comprendere i danni anche economici di tali politiche. Quella crisi fu determinata proprio da un decennio di politiche fiscali dei governi di destra a favore dei ricchi, che spostò reddito dalle classi operaie e medie a favore del 20% della popolazione con l'inevitabile risultato finale che fece deflagare la grande depressione: l'80% della popolazione impoverita da quelle politiche fiscali regressive, aveva sempre meno soldi per consumare determinando una grave crisi da domanda, mentre la minoranza arricchitasi oltre ogni limite fece ogni tipo di speculazione finanziaria determinando prima la Bolla di Borsa e poi la crisi della Borsa. Qualcosa di molto simile è successo in America ed in Europa con l'esplosione della Bolla di Borsa, del 2001, dopo un decennio di politiche inique di distribuzione del reddito. Questo per non parlare che degli effetti negativi sull'economia di una politica di iniqua distribuzione dei redditi. E poi c'è da ragionare sullo Stato sociale. Le politiche della destra in tutto il mondo tendono a ridurre le entrate dello Stato per privatizzare i Servizi, cioè distruggere lo Stato sociale. Basta guardare ai bilanci sempre più tagliati di Sanità ed Istruzione pubblica in Italia. Senza parlare della distruzione dello Stato sociale operata in America dall'epoca di Reagan in poi, col risultato che riducendo a senso unico le tasse, cioè solo per i ricchi, oggi 50 milioni di cittadini americani sono senza alcuna copertura sanitaria e 100 milioni di lavoratori americani non potendosi pagare una pensione integrativa sono costretti a lavorare sino a settant'anni ed oltre. Se sono questi gli obiettivi del sig. Berlusconi è bene che tutti in piedi gli diciamo che non è questo il mondo che vogliamo per noi ed i nostri figli, che per guadagnare un centesimo di punto di Pil - ammesso che ci si riesca con tali metodi medioevali - non siamo disposti a ridurre ulteriormente il nostro già scarso tempo-vita. L'attuale declino del Paese non è dovuto alle dieci festività comandate o alle 3-4 settimane di ferie di cui i lavoratori, non tutti purtroppo, godono. Esso è anche dovuto al fatto che l'economia di carta è stata favorita rispetto all'economia reale con un forte impoverimento dei redditi dei fattori produttivi, capitale e lavoro, a vantaggio delle rendite finanziarie ed immobiliari e con indebolimento della capacità di innovazione del paese. Su questi problemi bisogna agire non abolendo la festa del patrono e Pasquetta. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Ancora una volta gli strateghi del disastro tentano di uscirne con ricette ridicole e sbagliate. Non deve essere difficile far capire agli italiani che il «meno tasse e meno festività per tutti» di Berlusconi in realtà nasconde un più sgradevole «meno tasse per i ricchi e meno servizi per tutti» e che il declino del Paese è anche legato ad una filosofia pauperistica sbagliata, che punta solo a ridurre salari, pensioni e tempi di vita invece di favorire le conoscenze, il lavoro creativo, le innovazione, l'istruzione e la ricerca.
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