deriva criminale dell'economia del legno



LE MONDE diplomatique - Dicembre 2003

Contrabbando, corruzione, guerra
La deriva criminale dell'economia del legno

L'industria del legname è implicata in numerosi conflitti attraverso il
pianeta. Le sue risorse servono a finanziare gruppi mafiosi o a sostenere
poteri autoritari in Africa e in Asia. Lo sfruttamento illegale del legname
alimenta la corruzione e priva i bilanci statali di fondi necessari alla
lotta contro la povertà. Ma la responsabilità incombe anche sugli acquirenti
occidentali

Alice Blondel

In diversi paesi, soprattutto nel continente africano, l'industria del
legname alimenta alcune delle guerre più sanguinose dei nostri anni. Materia
prima preziosa, facile da vendere e sfruttare, il legno è diventato una
delle risorse principali per le diverse fazioni in conflitto, per le reti
mafiose e i mercanti di armi. Lo sfruttamento d questa risorsa naturale
fornisce infatti a tutti questi gruppi il sostegno finanziario e logistico
necessario per condurre una guerra.
In cambio, governo e movimenti insurrezionali ricompensano con partite di
legno chi li sostiene. Questo uso criminale del legname che spesso passa
sotto silenzio, alimenta - o ha alimentato - tanti conflitti, da quello in
Costa'Avorio, alla guerra in Liberia, dalla Cambogia alla Birmania.
La sanguinosa guerra civile scoppiata in Sierra Leone (1990 - 2001) è per
esempio stata in parte sostenuta proprio da capitali provenienti
dall'industria liberiana del legno (1). Nel 2003, l'ex presidente Charles
Taylor ha riconosciuto anche pubblicamente di aver usato denaro derivato
dalla vendita del legname per acquistare armi, in aperta violazione
dell'embargo delle Nazioni unite (2). Senza contare che fino al 2002 il
governo di Monrovia, assieme a diverse società locali legate alla vendita
del legno, ha finanziato e armato direttamente l'insurrezione in alcune
province occidentali della Costa díavorio (3). Anche in paesi senza guerra,
come il Camerun, lo sfruttamento illegale delle foreste ha causato
un'impennata della corruzione (4).
I continenti coinvolti in questa deriva criminale sono molti: negli anni
'90, la vendita di legname ha finanziato i Khmer rossi (per una cifra che
oscilla tra i dieci e i venti milioni di dollari al mese durante le stagioni
secche). Tale commercio non ha soltanto sostenuto la guerra, ma è diventato
esso stesso fonte di altri conflitti. Nel 1991 Pol Pot poteva dichiarare:
«Il nostro paese non ha capitali a sufficienza per sviluppare la sua potenza
né per accrescere i suoi arsenali... Le risorse naturali esistenti [nelle
zone libere o semi-libere] devono assolutamente essere sfruttate (5)».
In Russia la mafia coltiverà forti interessi nell';industria del legname
siberiano (6).
Un guadagno per pochi Si può quindi parlare di conflict timber (legno del
conflitto). Questo termine è stato utilizzato per la prima volta nel 2001,
da un gruppo di esperti delle Nazioni unite (7) per uníinchiesta sullo
sfruttamento illegale delle risorse naturali nella Repubblica democratica
del Congo (Rdc). La quantità di legname tagliato dalle fazioni ribelli,
dalle compagnie e dalle forze armate del governo dei paesi vicini è così
grande che in Uganda il prezzo di tale materia prima è crollato del 50% tra
il 1998 e il 2003. Stando così le cose, secondo il gruppo di esperti
dell'Onu, gli interessi finanziari in gioco potrebbero condurre ogni parte a
perpetuare all';infinto il conflitto. Sono riusciti a riattivare reti
estremamente articolate create dall'Uganda, dal Ruanda e dallo Zimbabwe.
L'uso criminale delle risorse congolesi si è esteso ben al di là delle
frontiere della Rdc: gli esperti hanno segnalato più di un centinaio di
personaggi e società coinvolte (8). La Ong Global Witness, definisce conflic
timber il legno il cui commercio sia stato gestito da gruppi armati, fazioni
ribelli, militari o amministrazione civile allo scopo di lucrare o
alimentare un conflitto. Esiste anche un'altra forma di utilizzo criminale
del legno: lo sfruttamento in violazione delle legislazioni nazionali e
delle convenzioni internazionali, tra le quali quelle che regolano le aree
protette. Ancora una volta, in questo caso, somme di denaro vengono
sottratti al budget nazionale, generalmente all'insaputa della comunità
internazionale.
Una parte importante dei guadagni fatti a breve tempo non arrivano nelle
casse dell'erario, ma direttamente nelle tasche di poche persone. La poca
trasparenza che caratterizza questo genere di operazioni rende necessaria
líadozione di una regolamentazione che punti, da un lato, a rompere i legami
tra il conflict timber, il commercio illegale di armi e l'industria
marittima, e dall'altro a porre fine all'importazione illegale di legname da
parte dei paesi ricchi.
In Africa solo un ristretto numero di persone, di solito collegate a grandi
reti criminali, gestisce la vendita di armi in cambio di risorse naturali
come il legno o i diamanti. Tra queste sono tristemente noti personaggi come
Victor Bout, conosciuto con il soprannome di mercante della morte e colpito
da un mandato di cattura internazionale.
Bout avrebbe infatti intrecciato lo sfruttamento delle risorse naturali con
la vendita d'armi (9) in molti paesi africani lacerati dalla guerra (Ruanda,
Sierra Leone, Angola, Liberia, Rdc). In Liberia, ci sono Gus Kouwenhoven,
membro dellíazienda malese Oriental Timber Company (Otc) segnalata dalle
Nazioni unite per le sue attività illegali (10), e Sanjivan Ruprah, accusato
di traffico di diamanti. L'Onu ha vietato loro qualsiasi spostamento, perché
colpevoli di aver fornito appoggi finanziari e militari ai ribelli del
Fronte rivoluzionario unito (Ruf) durante la guerra civile in Sierra Leone.
Stime ufficiali ritengono illegale circa la metà del commercio mondiale di
armi leggere. E senza meccanismi di controllo adeguati, adatti a colpire gli
intermediari e grazie all'assenza di regole nella gestione del commercio
internazionale, il traffico d'armi continuerà a svilupparsi, rimanendo
l'industria lucrosa quale oggi è, proseguendo ad attrarre nuovi capitali.
Nel 2002, a livello mondiale soltanto sei paesi hanno deciso di adottare una
legislazione con lo scopo di colpire i commercianti (11). Nonostante le armi
siano per la maggior parte ancora trasportate via aerea, le rotte marittime
sono sempre più utilizzate in un contesto poco trasparente e privo di una
regolamentazione, in cui l'uso di bandiere di comodo è la norma. Le
mercanzie di solito viaggiano in container e sono gli esortatori che
decidono cosa appare nelle bolle di accompagnamento (12).
In più questi container raramente vengono controllati, in modo che i
trasportatori non conoscono mai l'esatto contenuto. La maggior parte dei
cargo può contenere da 5.000 a 7000 container e il contrabbando di armi
verso zone di conflitto diviene un affare fin troppo facile.
Se tutti i governi hanno il diritto sovrano sulle proprie risorse naturali,
devono comunque rispettare delle regole internazionali e, a maggior ragione,
le loro stesse leggi. Il che, nel caso del legname e dei diamanti, dovrebbe
significare uno sfruttamento sostenibile e a beneficio della popolazione. Il
governo liberiano avrebbe passato un colpo di spugna su due milioni di
dollari che l'Otc avrebbe dovuto pagare come spese di dogana: la somma
sarebbe stata versata direttamente sui conti del presidente, senza che il
salario dei taglialegna venisse modificato in nessun modo. L'Otc ha creato
proprie prigioni, proprie caserme e una milizia di più di 2.500 uomini (13).
I paesi importatori di conflict timber scaricano tutte le responsabilità
sulle nazioni esportatrici. Continuano ad acquistarne da società
notoriamente implicate in traffici d'armi o in conflitti sanguinosi. Alcune
di queste società si sono lanciate in grandi campagne di relazioni pubbliche
in cui ostentano un grande impegno nel campo de diritti umani e
dell'ambiente: lasciano credere a acquirenti poco attenti che il legno che
vendono non proviene né da taglio illegale, né da un'industria legata alla
guerra. » così per la compagnia danese Dlh che malgrado le promesse,
continua a comprare legno dalla Liberia.
Le conseguenze di questa deriva ricadono tutte sulla popolazione. Quelle che
abitano sul territorio di una concessione forestale, non hanno in genere più
accesso ala foresta stessa. Il disboscamento e le espulsioni frequenti
stravolgono le modalità di vita: l'accesso ai beni di prima necessità e ai
farmaci diventa più complesso. In Liberia la popolazione ha anche cercato,
invano, di denunciare i metodi dell';Otc. Inoltre cambi dell'ecosistema
locale causano spesso inondazioni o siccità. Solo coloro che sono
direttamente interessati a questo commercio possono sostenere che
l'industria del legname migliora la vita delle persone in situazioni di
conflitto come quelle qui esposte.
Solo il divieto assoluto del conflict timber, deciso dalle Nazioni unite
potrà porre fine a questo commercio. Da questo punto di vista, alcuni
progressi devono comunque essere segnalati Nel maggio 2003 il consiglio di
sicurezza delle Nazioni unite ha imposto un embargo su tutto il legname
proveniente dalla Liberia. Rapporti redatti da esperti della Rdc hanno
portato alla messa sotto sequestro dei beni di società coinvolte e alla
sospensione di molti funzionari.
All'Ong Global witness è stato accordato lo status di osservatore ufficiale.
Nonostante ciò, molte raccomandazioni sono rimaste lettera morta. In
Cambogia l'osservatore indipendente che adempiva correttamente i suoi
compiti, è stato sospeso.
Quanto ai progressi rappresentati dall'embargo liberiano è sotto la miaccia
di un programma «cibo in cambio di legname», che il consiglio di sicurezza
delle Nazioni unite potrà decidere.
Tale programma potrebbe mettere fine all'embargo deciso a maggio,
permettendo all'industria dello sfruttamento del legname di riprendere il
proprio lavoro per finanziare le importazioni di derrate alimentari.
Una decisione di questo tipo non considererebbe i forti legami tra
l'industria del legname e il traffico d'armi, né le violazioni dei diritti
umani da parte di milizie padronali.
Né terrebbe conto del fatto che ridarebbe accesso alle cessioni forestali al
governo e ai gruppi ribelli.
I ribelli dei Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia (Lurd)
e quelli del Movimento per la democrazia in Liberia (Model) controllano le
regioni ricche di legno.
Dopo la caduta del presidente Taylor nell'agosto scorso, il Model si è visto
a affidare la direzione provvisoria dell'autorità per lo sviluppo forestale.
Inoltre, sarà praticamente impossibile controllare il commercio di un paese
così lacerato dalla guerra. Un tale programma rischia quindi di arricchire
le fazioni in conflitto e di ipotecare un'importante risorsa nazionale a
beneficio di un'´lite molto ristretta. Il 6 novembre, il Consiglio di
sicurezza ha deciso di mantenere le sanzioni imposte alla Liberia a tempo
indeterminato.