ogm affare a rischio



da boiler.it
5 dicembre 2003

Biotecnologie
Un affare a rischio

di KRISTEN PHILIPKOSKI

. Presunti colpevoli
. Nessuna differenza con i prodotti tradizionali?
. Cavalcare il sospetto
. Una guerra legale

 L'INDUSTRIA DEGLI OGM ha lottato strenuamente contro l'opposizione dei
consumatori e delle organizzazioni ambientaliste per portare i propri
prodotti sulla nostra tavola. Le lusinghe delle sue lobby hanno allettato i
politici più scettici; i suoi esperti hanno pubblicato studi a smentita
delle ricerche che sostenevano la pericolosità delle manipolazioni
alimentari. Ora però si trova ad affrontare un'altra sfida, a lungo termine
e dalle conseguenze imprevedibili: la mancanza di certificazioni. La Food
and Drug Administration americana non controlla gli Ogm. E se mancano
indicazioni istituzionali, nessuno conosce le regole, il che a breve può
costituire un problema. «Quando si tratta di farmaci o pratiche mediche, la
cosa più importante per i sottoscrittori è l'approvazione dell'Fda», spiega
Thomas Greany, vice presidente e responsabile statunitense della sezione di
tecnologia medica della Marsh, una società di consulenza per l'analisi dei
rischi. «L'Fda dà una grande sicurezza, perché i suoi standard sono
particolarmente alti e - anche nell'eventualità di incidenti - sono sempre
pronte delle procedure per gestire al meglio gli imprevisti».

Presunti colpevoli

Gli alimenti Ogm attualmente in commercio sono molto verosimilmente sicuri,
sostiene Michael Taylor, membro di Resources for the Future. Ma dal momento
che il settore si sta sviluppando e prossimamente sono previste
manipolazioni genetiche ancora più significative, il controllo dell'Fda
garantirebbe una maggiore tranquillità, incoraggiando la disponibilità dell'
opinione pubblica. Una ricerca recente ha infatti dimostrato che l'89 per
cento degli americani è convinto dell'opportunità di un'attività
istituzionale di regolamentazione degli Ogm. Le associazioni che si
preoccupano delle implicazioni sanitarie e ambientali a lungo termine del
cibo biotech sono pienamente d'accordo. «La certificazione è un problema da
considerare attentamente», commenta Craig Culp, portavoce del Center for
Food Safety di Washington, D.C., istituto di promozione di un'agricoltura
organica e sostenibile. «Le assicurazioni, in assenza di una
regolamentazione adeguata, hanno ragione di temere di trovarsi da un momento
all'altro a sborsare enormi somme per pagare i danni derivanti dalla
contaminazione genetica».

Al momento, anche quando le società biotech riescono a procurarsi una
copertura assicurativa, godono di una protezione limitata e molto costosa.
Per quanto gli Ogm possano dimostrarsi del tutto sicuri per l'uomo e l'
ambiente, il sospetto è già sufficiente a recare loro danno. Gli
assicuratori sanno bene fino a che punto la semplice presunzione di
colpevolezza può influenzare una giuria. Le cinque principali compagnie di
assicurazione inglesi hanno recentemente dichiarato di non voler avere nulla
a che fare con il settore degli Ogm. I timori di eventuali azioni legali
contro le industrie del biotech innescano una certa diffidenza, anche se i
consumatori angloamericani sono molto più disponibili degli europei nei
confronti della manipolazione genetica. «Quella relativa agli Ogm è l'
assicurazione più rischiosa che possa essere stipulata al giorno d'oggi»,
spiega Robert Hartwig, economista dell'Insurance Information Institute,
associazione sindacale di New York. «Il motivo è semplice: nessuno, neanche
i diretti interessati, sa dove ci condurranno le biotecnologie, in termini
di conseguenze per la salute dell'uomo e dell'ecosistema».

Nessuna differenza con i prodotti tradizionali?

 Secondo le aziende, gli assicuratori dovrebbero trattare gli Ogm come i
prodotti tradizionali. Scienziati di tutto il mondo riconoscono che gli
alimenti geneticamente modificati sono «sostanzialmente equivalenti a quelli
naturali», afferma Lee Quarles, portavoce di Monsanto, la maggiore società
americana del settore. «Non c'è nessun motivo valido per applicare ai
prodotti biotech una formula assicurativa diversa da quella che copre gli
alimenti non manipolati, dal momento che le due categorie sono unanimamente
riconosciute egualmente sicure». Sul sito dell'Fda si legge che il suo
compito è «controllare che il cibo che mangiamo sia nutriente e sano, che i
cosmetici /a> che usiamo non ci facciano male, che le terapie che seguiamo e
i farmaci che assumiamo siano certificati ed efficaci, che i prodotti che
emettono radiazioni - come i forni a microonde - non ci danneggino». Una
responsabilità non da poco: per assolverla al meglio è necessario che
prodotti e servizi superino un vero e proprio labirinto legislativo. Per
prima cosa, l'agenzia determina i fattori di rischio, e in base ad essi
decide se il prodotto ha bisogno di approvazione prima di essere
commercializzato. Nel 1992, l'Fda ha concluso appunto che gli Ogm sono
«sostanzialmente equivalenti», agli alimenti naturali, e perciò non hanno
bisogno di nessuna certificazione preventiva. Dal canto loro, però, le
aziende biotech hanno presentato all'agenzia una dichiarazione volontaria di
certificazione dei propri prodotti. A gennaio del 2001, alcuni membri dell'
Fda hanno firmato una petizione per il controllo preventivo degli Ogm, ma la
cosa non ha avuto seguito. «Per muoverci aspettiamo qualche studio che ce ne
dimostri la necessità», commenta Michael Herndon, uno dei portavoce dell'
agenzia.

Senza le indicazioni dell'Fda per consumatori e assicuratori, a detta dei
critici le società di assicurazione si troveranno probabilmente a dover
sborsare molti soldi. Gli aspetti controversi sono molteplici. La
contaminazione incrociata fra raccolti convenzionali e Ogm, per esempio, è
uno dei temi più discussi. Alcuni agricoltori hanno già intrapreso delle
azioni legali in questo senso. E viceversa Monsanto ha fatto causa a vari
soggetti per infrazioni dei contratti di licenza. Altri temono che gli Ogm
possano costituire un rischio per la salute umana, sia che ingeriti
direttamente, sia che assunti in maniera indiretta mangiando carne di
bestiame venuto a contatto con mangimi Gm. Tutte le compagnie assicurative
si rendono conto della situazione, ma non sono disposte a trattare la
questione con la stampa. I rappresentanti di Chubb, che ha una rilevante
unità scientifica, e di Prudential non hanno voluto rilasciare dichiarazioni
in merito. E un portavoce di American International Group, che si occupa di
biotech ma anche di malasanità, catastrofi naturali e terrorismo, si è
rifiutato di rispondere alle domande dei giornalisti. «La maggior parte
degli assicuratori considera l'Ogm la categoria potenzialmente più rischiosa
da tutelare», ha dichiarato invece Hartwig, dell'Insurance Information
Institute.

Cavalcare il sospetto

Componenti Ogm sono presenti nel 75 per cento degli alimenti in commercio,
dai cornflake al pane, dalla pasta alla salsa di soia, dal gelato alle
caramelle. Le implicazioni di eventuali azioni legali ad ampio raggio sono
perciò enormi. Milioni di persone ogni giorno ingeriscono prodotti Ogm senza
saperlo, proprio perché l'Fda li considera «sostanzialmente equivalenti» a
quelli naturali e quindi non ne impone l'etichettatura. Uno studio recente
ha dimostrato che solo il 24 per cento degli americani sa di aver consumato
cibo biotech. Le compagnie di assicurazioni, pur tenendo presente che gli
statunitensi non sanno molto di Ogm, non possono comunque fare affidamento
sulla disponibilità delle giurie. «Il vero pericolo consiste nel dover
dipendere da atteggiamenti capricciosi e arbitrari», spiega Greany.

Nel 2000, il settore del biotech ha avuto un assaggio di quello che potrebbe
aspettarlo. Un tipo di frumento Ogm, lo Starlink dell'Aventis CropScience,
ammesso solo nei mangimi animali, era accidentalmente finito tra le
componenti delle tortilla Taco Bell. Il tribunale ha risarcito gli
agricoltori per 110 milioni di dollari, e gli individui che avevano
denunciato reazioni allergiche per 6 milioni di dollari. Poco dopo, uno
studio pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology dimostrava
che un uomo che aveva ottenuto da quella causa 10 mila dollari per aver
dichiarato di essere allergico non lo era affatto. «Con il clima attuale, in
cui la gente sembra intraprendere azioni legali per motivi sia reali che
immaginari, la mancanza di affidabilità può costare cara», spiega David
Zoffer, procuratore di Chapel Hill, North Carolina.

Una guerra legale

In molti altri casi del resto, gli agricoltori che avevano denunciato una
contaminazione dei propri raccolti da parte di coltivazioni Ogm limitrofe
hanno perso la causa. La Monsanto, per esempio, ha citato in giudizio Percy
Schmeiser, agricoltore canadese, per aver coltivato grano Ogm. E rischia di
vincere, anche se Schmeiser sostiene che i semi erano arrivati nella sua
piantagione da una fattoria vicina, rovinando un raccolto a cui lui si
dedicava da oltre 40 anni. L'udienza è prevista per gennaio 2004. La
Monsanto ha già avuto la meglio, in Canada, in due cause analoghe. La
decisione presa dalla Corte suprema "«costituirà un precedente per il Nord
America», sostiene Culp del Center for Food Safety. Nel 2002 gli ettari di
terreno coltivati a Ogm erano già 145 milioni e ancora oggi il loro numero
sta crescendo a ritmi esponenziali. La contaminazione fra raccolti naturali
e non - e le azioni legali a essa collegate - verosimilmente aumenteranno di
pari passo. La diffidenza o meno dell'opinione pubblica dipenderà in gran
parte dall'esito di questi primi processi. In un clima di tale incertezza,
non c'è da meravigliarsi che le compagnie assicurative mostrino un certo
riserbo. Quando si assicura qualcosa a rischio, è inevitabile - spiega
Greany - che esista un gap rilevante tra la copertura assicurativa e l'
entità del danno in cui si può incorrere.

Un'azienda come la Monsanto dovrebbe assicurarsi per cifre comprese tra i
200 e i 300 milioni di dollari. Ma le cause anti-Ogm potrebbero costarle
risarcimenti miliardari, secondo gli esperti. Una possibilità sarebbe quella
dell'autoassicurazione: risparmiare del capitale da utilizzare in caso di
difficoltà. O si potrebbe istituire una società ad hoc, per esempio alle
Bermuda, dove il panorama fiscale è più favorevole. Le società biotech
potrebbero fondare compagnie assicurativi o da sole o in consorzio. Ma si
tratta di ipotesi tutte molto meno efficaci di una formula assicurativa
tradizionale. C'è un limite alla copertura assicurativa che un'industria può
procurarsi in un dato periodo. Tali limiti vengono monitorati da Marsh. Il
tetto, secondo una relazione del 2003, cambia di giorno in giorno. «Per il
biotech, la copertura massima attuale è di 700 milioni di dollari», informa
Greany. «Tre anni fa era circa un miliardo di dollari». A dispetto delle
preoccupazioni diffuse, però, i portavoce di Monsanto minimizzano il
problema. «Non abbiamo mai avuto difficoltà a procurarci un'assicurazione»,
sostiene Quarles. «Al momento non è un problema che ci poniamo».