un punto sul sistema acqua in italia



da lanuovaecologia.it

Martedì 21 Ottobre 2003

RISORSE|L'Italia accusa la mancanza di un sistema conoscitivo di qualità

Lo stato dell'acqua

Come si prepara l'Italia al recepimento della direttiva comunitaria che
disciplina la tutela delle acque? Con grave ritardo a molta lentezza. Questa
l'opinione diffusa tra gli operatori e i ricercatori che hanno preso parte
venerdì scorso al convegno "Sfide e opportunità per una politica sostenibile
dell'acqua in Italia", organizzato da Legambiente, Gruppo 183 e Iefe
(Istituto di economia e politica dell'energia e dell'ambiente), presso l'
Università Bocconi di Milano.
«L'Italia in materia di gestione delle acque ha una normativa con principi
guida perfettamente integrati nella direttiva europea - ha spiegato Paolo
Urbani, docente di diritto urbanistico alla facoltà di giurisprudenza della
Luiss di Roma - Dunque, ci sarebbero tutte le condizioni per recepire la
nuova legislazione partendo dalle leggi che già ci sono, come per esempio la
legge 36 del 1994». La 36/94 è la così detta legge Galli che disciplina la
pianificazione, la gestione e l'utilizzo delle risorse idriche suddividendo
il territorio nazionale in Ambiti territoriali ottimali (Ato) all'interno
dei quali un unico gestore controlla tutto il ciclo integrato dell'acqua.
«Il problema - ha proseguito Urbani - è che tale normativa è applicata in
modo del tutto insufficiente. Dei 91 Ato previsti solo 25 sono partiti.
Inoltre permangono conflitti di competenza, le Autorità di bacino sono
sostanzialmente organi di pianificazione ma non di gestione e si tendono
ancora a considerare separatamente gli usi civili dell'acqua da quelli
produttivi. Abbiamo buone leggi che in molti casi hanno anticipano le
disposizioni europee. Ci manca una pubblica amministrazione organizzata».
L'assenza delle istituzioni e del governo in questa fase di avvicinamento
all'implementazione della direttiva è un altro motivo di difficoltà. A pochi
mesi dalla data ultima di attivazione - entro il 22 dicembre 2003 ogni Stato
membro deve individuare i bacini presenti sul proprio territorio e
assegnarli a distretti idrografici indicando le autorità competenti - non c'
è stato alcun dibattito in seno alle istituzioni né è stata creata una
commissione che segua nello specifico l'introduzione della direttiva che ha
un contenuto tecnico complesso.
«La gestione sostenibile della risorsa idrica non è un tema prioritario e
non figura ai primi posti dell'agenda politica italiana- ha denunciato
Roberto Passino, direttore dell'Istituto di ricerca sulle acque del Cnr -
Gli altri paesi europei hanno capito la severità della sfida e la stanno
affrontando con impegno e umiltà mobilitando le massime risorse scientifiche
e culturali. Non parlo solo di paesi tradizionalmente all'avanguardia come l
'Austria o la Germania che già hanno recepito la direttiva, ma anche di
paesi con una sensibilità ambientale meno spiccata quali la Grecia, il
Portogallo e la Spagna».
Inoltre l'Italia accusa la grave mancanza di un sistema conoscitivo di
qualità: non ci sono dati e statistiche in costante aggiornamento, il
complesso dei dati appare disorganico, lo sviluppo tecnologico non è al
passo con gli altri paesi europei. Una situazione non rosea se si pensa che
per la corretta applicazione della direttiva occorre classificare le acque a
seguito di un monitoraggio e successivamente riportare tali acque ad uno
stato di qualità buono. Molto delicata è pertanto la scelta degli indicatori
di qualità attraverso i quali stabilire il grado di compromissione di un
ecosistema.
Ebbene, il confronto tra gli indicatori richiesti dalla direttiva con quelli
per i quali in Italia esistono delle informazioni disponibili mostra una
carenza impressionante, che può essere colmata solo con un'azione incisiva
che veda coinvolti istituzioni scientifiche, organi tecnici, autorità
preposte alla gestione delle risorse idriche. Il Cnr si è detto
assolutamente disponibile a fornire il necessario supporto
tecnico-scientifico e di coordinamento per dotare il paese di un efficace
sistema di conoscenze «senza il quale - ha concluso Romano Pagnotta dell'
Istituto di Ricerca sulle acque - le possibilità di successo della direttiva
appaiono molto scarse». La speranza è che qualcuno lo ascolti.