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un punto sul sistema acqua in italia
- Subject: un punto sul sistema acqua in italia
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 4 Nov 2003 07:08:00 +0100
da lanuovaecologia.it Martedì 21 Ottobre 2003 RISORSE|L'Italia accusa la mancanza di un sistema conoscitivo di qualità Lo stato dell'acqua Come si prepara l'Italia al recepimento della direttiva comunitaria che disciplina la tutela delle acque? Con grave ritardo a molta lentezza. Questa l'opinione diffusa tra gli operatori e i ricercatori che hanno preso parte venerdì scorso al convegno "Sfide e opportunità per una politica sostenibile dell'acqua in Italia", organizzato da Legambiente, Gruppo 183 e Iefe (Istituto di economia e politica dell'energia e dell'ambiente), presso l' Università Bocconi di Milano. «L'Italia in materia di gestione delle acque ha una normativa con principi guida perfettamente integrati nella direttiva europea - ha spiegato Paolo Urbani, docente di diritto urbanistico alla facoltà di giurisprudenza della Luiss di Roma - Dunque, ci sarebbero tutte le condizioni per recepire la nuova legislazione partendo dalle leggi che già ci sono, come per esempio la legge 36 del 1994». La 36/94 è la così detta legge Galli che disciplina la pianificazione, la gestione e l'utilizzo delle risorse idriche suddividendo il territorio nazionale in Ambiti territoriali ottimali (Ato) all'interno dei quali un unico gestore controlla tutto il ciclo integrato dell'acqua. «Il problema - ha proseguito Urbani - è che tale normativa è applicata in modo del tutto insufficiente. Dei 91 Ato previsti solo 25 sono partiti. Inoltre permangono conflitti di competenza, le Autorità di bacino sono sostanzialmente organi di pianificazione ma non di gestione e si tendono ancora a considerare separatamente gli usi civili dell'acqua da quelli produttivi. Abbiamo buone leggi che in molti casi hanno anticipano le disposizioni europee. Ci manca una pubblica amministrazione organizzata». L'assenza delle istituzioni e del governo in questa fase di avvicinamento all'implementazione della direttiva è un altro motivo di difficoltà. A pochi mesi dalla data ultima di attivazione - entro il 22 dicembre 2003 ogni Stato membro deve individuare i bacini presenti sul proprio territorio e assegnarli a distretti idrografici indicando le autorità competenti - non c' è stato alcun dibattito in seno alle istituzioni né è stata creata una commissione che segua nello specifico l'introduzione della direttiva che ha un contenuto tecnico complesso. «La gestione sostenibile della risorsa idrica non è un tema prioritario e non figura ai primi posti dell'agenda politica italiana- ha denunciato Roberto Passino, direttore dell'Istituto di ricerca sulle acque del Cnr - Gli altri paesi europei hanno capito la severità della sfida e la stanno affrontando con impegno e umiltà mobilitando le massime risorse scientifiche e culturali. Non parlo solo di paesi tradizionalmente all'avanguardia come l 'Austria o la Germania che già hanno recepito la direttiva, ma anche di paesi con una sensibilità ambientale meno spiccata quali la Grecia, il Portogallo e la Spagna». Inoltre l'Italia accusa la grave mancanza di un sistema conoscitivo di qualità: non ci sono dati e statistiche in costante aggiornamento, il complesso dei dati appare disorganico, lo sviluppo tecnologico non è al passo con gli altri paesi europei. Una situazione non rosea se si pensa che per la corretta applicazione della direttiva occorre classificare le acque a seguito di un monitoraggio e successivamente riportare tali acque ad uno stato di qualità buono. Molto delicata è pertanto la scelta degli indicatori di qualità attraverso i quali stabilire il grado di compromissione di un ecosistema. Ebbene, il confronto tra gli indicatori richiesti dalla direttiva con quelli per i quali in Italia esistono delle informazioni disponibili mostra una carenza impressionante, che può essere colmata solo con un'azione incisiva che veda coinvolti istituzioni scientifiche, organi tecnici, autorità preposte alla gestione delle risorse idriche. Il Cnr si è detto assolutamente disponibile a fornire il necessario supporto tecnico-scientifico e di coordinamento per dotare il paese di un efficace sistema di conoscenze «senza il quale - ha concluso Romano Pagnotta dell' Istituto di Ricerca sulle acque - le possibilità di successo della direttiva appaiono molto scarse». La speranza è che qualcuno lo ascolti.
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