fabbrica di fertilizzanti nel parco



dal corriere.it
lunedi 22 settembre 2003

Fabbrica di fertilizzanti nel parco contaminato

Bari, sorgerà nell'Altopiano delle Murge. Sarà l'impianto più grande d'
Europa. L'accusa: usa fanghi al cromo


DAL NOSTRO INVIATO
ALTOPIANO DELLE MURGE (Bari) - E' almeno dal 1997 che metalli cancerogeni
come piombo e cromo filtrano nelle falde d'acqua (potabile) dell'altopiano
carsico delle Murge. Eppure, negli stessi luoghi contaminati, che per giunta
sono Sic e Zps (Sito di interesse comunitario e Zona di protezione
speciale), la stessa impresa accusata di aver inquinato, la «Tersan Puglia»,
sta costruendo il più grande impianto di compostaggio d'Europa: 800
tonnellate al giorno di rifiuti, di cui 500 di fanghi, contenenti anche
cromo. Un impianto di cui non si coglie il senso (nove Comuni che producono
appena 198 tonnellate di rifiuti) e che è avvertito come una minaccia per la
salute e l'economia (carne, latticini e pane dop).
Il Corriere della Sera è in grado di individuare alcuni punti fermi di una
vicenda inquietante. Primo: sull'altopiano delle Murge sono stati scaricati
e mescolati al terreno centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti
contenenti cromo. Fanghi industriali provenienti dai consorzi di concerie
toscane Acquarno e Cuoio Depur, che attraverso due società, Ecoespanso e
Delca, li davano alla Tersan a un prezzo di gran lunga inferiore ai 60 euro
«di mercato». Secondo: una parte di quei rifiuti è stata commercializzata
come compost, fertilizzante agricolo, senza averne le caratteristiche («Non
è necessaria la laurea in chimica - scrivono i professori Giovanni Vallini,
Francesco Fracassi e Fabrizio Pulpo in un procedimento contro Tersan del '
98, autori delle perizie sui prodotti della Tersan - per comprendere che
quel prodotto è esso stesso un rifiuto»). Illuminante quel che è accaduto
nel '98 e nel '99. Nel '98, la Tersan cede come fertilizzante 12 mila
tonnellate di fanghi alla Silva, una società i cui due soci sono la figlia
di Silvestro Delle Foglie, uno degli otto imputati e patron della Tersan, e
la moglie di un funzionario regionale. Dalla Tersan, la Silva compra anche
un'area di 180 ettari vicino a Bitonto, in cui i periti sospettano che siano
stati «smaltiti» i rifiuti pericolosi, tanto che chiedono a Renato Nitti (pm
nel procedimento del '98 e in quello attuale) di incaricare subito un
chimico per accertarsene. Ma la richiesta resta inascoltata e il sospetto
rimane tale. Nel '99 invece Tersan tratta circa 80 mila tonnellate di fanghi
e ne cede 45 mila alla sola azienda di Giuseppe Quintano (un altro imputato,
a cui sono stati sequestrati 300 ettari di terreno). Anche in questo caso,
viene chiesto al pm di incaricare subito un chimico per verificare i livelli
di contaminazione. Invano. Mentre, dicono i militari del Noe, «il Consorzio
di smaltimento di Santa Croce all'Arno continua imperterrito a inviare i
propri fanghi a Tersan, anche dopo che il ministero dell'Ambiente ha
ribadito che i fanghi contenenti cromo non possono andare al compostaggio».
Nel 2000 invece la Lipu (Lega di protezione uccelli) chiede al giudice
civile del Tribunale di Bari, Giuseppe Rana, di incaricare un collegio di
consulenti tecnici «per verificare la percolazione verso gli strati profondi
e il passaggio di eventuali inquinanti in falda». Ma Rana non ritiene di far
eseguire alcuna perizia.
Il caso «esploderà» solo quattro anni dopo. Venti giorni fa. E a Nitti verrà
affiancato il pm Roberto Rossi. Ma i ritardi aggravano la situazione perché,
dicono Vallini e Fracassi, «è dimostrato scientificamente che il cromo
trivalente, di per sé elemento con tossicità diretta, nei terreni può
trasformarsi in cromo esavalente, estremamente tossico per i sistemi
biologici». Per l'attività della Tersan, parole di fuoco. «Il suo prodotto
finale non può essere considerato compost e nemmeno ammendante». Un responso
che troverà conferma nella condanna della Tersan per pubblicità ingannevole
nel settembre 2000, su ricorso dell'Associazione nazionale fertilizzanti. E
tuttavia, proprio a settembre del 2000, la Provincia di Bari autorizza la
Tersan, che a Modugno ha l'impianto di compostaggio più grande d'Italia con
le sue 600 tonnellate al giorno, a costruirne un altro da 800 tonnellate al
giorno, il più grande d'Europa. E in zona protetta. Per giunta, addosso a
una ferrovia e a una strada statale, la Bari-Matera, chiamata «strada della
morte» perché sono vent'anni che attende il raddoppio a quattro corsie e
continua a mietere vittime a decine. Ma Anas, Ferrovie Apulo-Lucane e il
responsabile del Servizio di igiene pubblica dell'Asl Bari 3 non fanno
mancare il loro parere positivo. Un altro esempio. Il 14 luglio 1997, il
direttore generale del ministero delle Politiche agricole (governo Prodi,
ministro Michele Pinto) confeziona un parere positivo sui prodotti Tersan
basandolo solo sull'etichetta del prodotto allegata dalla stessa Tersan.
«Come chiedere all'oste se il vino è buono», è il commento dei professori
Vallini e Fracassi. E se periti e Noe chiedono «un atteggiamento più
prudente da parte delle istituzioni pubbliche», ecco che la giunta
provinciale presieduta da Marcello Vernola brucia i tempi e i suoi assessori
(Margherita, Ds, Verdi, Sdi, Pdci e Prc) votano per il mega impianto in zona
protetta, in cui la Tersan può portare rifiuti da dove le pare (in contrasto
con due pronunce della Corte Costituzionale). In particolare 500 tonnellate
al giorno di fanghi «contenenti cromo e altri tipi di plastica». Un duro
colpo per un territorio che ha eletto due consiglieri provinciali e due
regionali; oltre ai parlamentari Marida Dentamaro (Udeur), Donato Piglionica
(Ds) e Giuseppe Nocco (FI), questi due addirittura membri della Commissione
sul ciclo dei rifiuti. Mai una parola sugli impianti vecchio e nuovo della
Tersan, eccoli pronti a marciare in difesa dell'Alta Murgia.

cvulpio at corriere.it
Carlo Vulpio