[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
banda larga per tutti
- Subject: banda larga per tutti
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 1 Oct 2003 06:51:28 +0200
il manifesto - 07 Settembre 2003 Che la banda sia larga davvero FRANCO CARLINI Che la banda sia larga davvero Per ora siamo lontani dai due megabyte che - come minimo - servono per trasmettere contenuti multimediali fruibili in tempo reale. Molti gli ostacoli: dal monopolio della rete ai costi troppo alti dei collegamenti. FRANCO CARLINI Il ministro dell'innovazione Lucio Stanca si è riunito a Viterbo con i ministri della comunicazione dell'Unione Europea e il tema era quello delle connessioni a banda larga. Con soddisfazione è stato rilevato che l'Italia è al terzo posto in Europa e che il numero delle connessioni attivate ha ormai raggiunto la cifra rispettabile di un milione e 700mila; se continuano gli attuali tassi di crescita, alla fine del 2003 potrebbero essere due milioni e mezzo. Questa tecnologia che permette connessioni veloci alla rete Internet da casa o da ufficio e viene ritenuta da Stanca «condizione essenziale per lo sviluppo del paese». In questo il ministro ha sicuramente ragione, ma la questione merita di essere esaminata più da vicino. Intanto non è affatto chiaro nella pubblicistica che cosa si debba intendere per banda larga. Di solito nelle statistiche ufficiali si trovano valutazioni eccessivamente generose, accontentandosi di chiamare larga ogni velocità di trasmissione dei dati superiore ai 200 kbits (migliaia di bit al secondo), ovvero 4 volte superiore ai normali modem su linea telefonica commutata. Ma con 200 kbits si fa davvero poca strada e l'aggettivo «largo» sembra francamente eccessivo e fonte di equivoci, al massimo si dovrebbe parlare di banda «allargata». Secondo chi scrive una dignitosa banda larga deve essere considerata soltanto quella che comincia con i 2 megabits e per un semplice motivo: è solo con questo valore che comincia a essere possibile una seria trasmissione di filmati «in diretta» (il cosiddetto streaming). Se per esempio si considera l'offerta commerciale di Telecom Italia (Alice) si vede che vengono offerte essenzialmente tre velocità in scaricamento (download): 256, 640 e 1200 kbits, con tre diversi costi del servizio. Sono utili per carità, ma sono tutte al di sotto della soglia significativa dei 2 mega. Lo stesso vale per molte statistiche americane e inglesi: in questi paesi infatti molte delle connessioni avvengono attraverso il cavo coassiale della televisione e anche in questo caso si viaggia a 250 kbits. Ovviamente ci si può accontentare e sostenere che si tratta comunque di un miglioramento rispetto alla lentezza dei modem, ma non è questo l'orizzonte interessante «per lo sviluppo del paese». A queste basse velocità il vantaggio della connessione non è tanto quello della banda quanto quello di essere sempre in rete, senza dover accendere il computer, collegarsi all'Internet con tutti i sibili del caso e poi navigare. Se la connessione è «sempre su», allora la rete diventa uno strumento della vita quotidiana perennemente a portata di mano, che si tratti di consultare l'orario dei treni o di fare una ricerca scolastica e questa mutata percezione dello strumento cambia le abitudini e incentiva l'uso. Di fronte a banali osservazioni del genere Riccardo Perissich, presidente del consiglio di amministrazione di Telecom Italia, ritenne a suo tempo di risponderci malamente, lasciando intendere che erano sofisticherie inutili, ma la realtà è ben diversa: se la società da lui guidata intende davvero buttarsi sul multimediale e vendere filmati in rete, allora con 200 k non farà nulla, gli serviranno i mega e a questo stanno appunto lavorando. Bando agli equivoci dunque: quale che sia la tecnologia utilizzata - cavo coassiale, fibra ottica o doppino telefonico in rame - una banda larga davvero è quello che ci si aspetta e quello che serve sia per usi di affari sia per socialità e intrattenimento. Al di sotto dei 2 megabits siamo ancora alla radio a galena. La seconda condizione per lo sviluppo di massa della banda larga riguarda i costi: un collegamento minimo costa in Italia 37 euro al mese (arrivando ai 65 per la connessione da 1,2 mega); in Inghilterra circa 39 euro, ma ben 41 negli Stati Uniti, che su questo fronte sono in netto ritardo, e soli 23 euro (25 dollari) in Corea del sud. La Corea? Proprio così: il paese che conduce le classifiche è proprio lei, grazie a una politica di investimenti pubblici assunta consapevolmente negli anni più recenti. Un orizzonte serio di sviluppo deve dare per scontato che i prezzi scendano e che ci sia una molteplicità di operatori. In Italia peraltro l'80 per cento circa dei clienti a larga banda sono di Telecom Italia: l'azienda ex di stato ha saputo muoversi mettendo a frutto la sua rete telefonica fissa (che negli anni precedenti era stata modernizzata e che dunque è adatta alle nuove prestazioni velocistiche), ma anche con una capacità di proposte dinamiche al mercato che non era tipica della sua cultura monopolista. Ma qui sono scoppiati i problemi regolamentari e anche in Inghilterra, se è per questo, dove Bt (ex British Telecom) ha fatto lo stesso: le autorità di regolazione chiedono infatti agli operatori «incombenti» di rivendere la connettività sulle loro reti ai concorrenti a prezzi orientati ai costi del servizio. Solo un po' di concorrenza infatti fa gli interessi dei consumatori sia sul fronte dei prezzi che sulla qualità del servizio. Proprio nei giorni scorsi, per esempio, l'autorità inglese (Oftel) ha imposto una riduzione dei costi della rivendita all'ingrosso della larga banda ai concorrenti, accogliendo un ricorso presentato anche dalla Tiscali inglese. Su questo fronte la polemica italiana è tuttora accesa: in prezzi alla concorrenza sono scesi, ma non abbastanza secondo Wind - la quale peraltro continua a essere un'anomalia tutta italiana, quella di un'azienda che corre e investe nelle telecomunicazioni godendo della copertura del monopolista elettrico di stato Enel, mai dismesso né privatizzato perché al centro di troppi interessi partitici. Telecom Italia risponde alle polemiche dicendo in sostanza: «di fronte all'innovazione siamo tutti uguali, se io investo e gli altri no, devo poterne godere i frutti», ma certamente sarebbe più inattaccabile se le sue attività «Alice» fossero gestite da una società separata a cui Telecom Italia venda le connessioni agli stessi prezzi di Tiscali o di Mclink. Ma su tutto aleggia una domanda: Larga Banda per cosa? E' il tema dei contenuti e dei servizi che le connessioni veloci rendono possibili e che sono certamente l'orizzonte degli anni a venire. «Tirando» un altro po' i cavi di rame, si possono raggiungere velocità ancora più sostenute e secondo Maurizio Dècina, del politecnico di Milano, l'aDSL spinta, o ancora meglio la fibra ottica, possono essere la vera realtà multimediale italiana, ben più della fantasiosa televisione digitale terrestre, oltre a tutto a costi minori. Si capisce allora meglio il tetto alle attività televisive di Telecom Italia contenuto nel disegno di legge Gasparri e sostanzialmente accettato, dopo alcune flebili proteste, da Tronchetti Provera: sul doppino telefonico è possibile fare quella televisione via cavo che l'anomala Italia non ha mai avuto. E farne una davvero «on demand», con palinsesti personalizzati e conseguente rottura del modello industriale del broadcasting. Potenzialmente è una vera minaccia per il duopolio televisivo e per questo viene congelata.