I COLOSSI CHE SFUTTANO LA SETE



il manifesto - 29 Luglio 2003

Per qualche sorso di euro in più
MARCO D'ERAMO

I tre colossi che sfruttano la sete planetaria
M. D'E.

Per qualche sorso di euro in più
Da risorsa indispensabile alla vita, l'acqua è diventata merce su cui
lucrare e gli acquedotti pubblici sono dati in appalto a mega imprese
private che tagliano la fornitura ai poveri, rincarano bollette, provocano
epidemie, suscitano rivolte e moti di piazza. Un mercato in cui l'Europa è
all'avanguardia

MARCO D'ERAMO

Chissà quando la Banca Mondiale e il Fondo Monetario chiederanno agli stati
di privatizzare l'erogazione di aria? Sarà quando la mamma ricorderà al
figlio: «Non dimenticarti di comprare due bombole d'aria, che domani i
negozi sono chiusi». Per il momento, e da più di 15 anni, i registi
istituzionali dell'economia globale si limitano a favorire con ogni mezzo la
privatizzazione dell'altra risorsa fondamentale per i viventi: l'acqua.
«L'acqua sarà per l'economia del XXI secolo quel che il petrolio è stato per
il XX secolo», aveva previsto Fortune. Con la siccità che incombe in Europa,
con l'effetto serra che incalza, e la conseguente tropicalizzazione dei
climi temperati, questa profezia si dimostra ogni giorno sempre più
azzeccata. Già oggi più di 1,1 miliardi di persone vivono in condizioni di
penuria d'acqua (e nel mondo 12 milioni di persone muoiono ogni anno per
malattie derivate da problemi idrici: mancanza o inquinamento). E si prevede
che nel 2025 due terzi dell'umanità avranno problemi d'approvvigionamento
idrico: intanto il 12% della popolazione mondiale usa e spreca l'85% delle
risorse d'acqua. La mercificazione di questa risorsa accelera mano mano che
l'acqua potabile si fa più rara (o perché le falde sono sfruttate fino
all'esaurimento o perché vengono inquinate da pesticidi e da scarti
industriali). La canadese Global Water sprona i suoi investitori a «mietere
le opportunità in via di accelerazione, via via che le fonti tradizionali di
acqua nel mondo si esauriscono e si degradano» e dichiara che «l'acqua ha
smesso di essere un risorsa illimitatamente disponibile che può essere presa
per garantita, per diventare una necessità razionata che può essere presa
con la forza». Da notare che la Global Water Corporation ha di recente
firmato un contratto per imbarcare per la Cina - dove saranno
imbottigliati - 58 miliardi di litri l'anno di acqua proveniente dai
ghiacciai dell'Alaska. E questo perché in Cina il costo del lavoro è più
economico.

La mercificazione assume due forme. La prima riguarda il consumo dell'acqua
in bottiglia a scapito di quella del rubinetto (ogni anno vengono venduti
più di 100 miliardi di litri di acqua imbottigliati) e, per esempio, il 54%
degli americani beve regolarmente acqua in bottiglia (che costa 1.000 volte
di più di quella dell'acquedotto). La seconda forma appalta ai privati la
gestione e distribuzione degli acquedotti, privatizza l'acqua stessa di
rubinetto. Poiché della prima forma Oipaz si è occupato l'anno scorso (19
agosto 2002), adesso ci concentreremo sulla privatizzazione delle
municipalizzate idriche che rappresenta di sicuro la fetta più succosa del
business. Oggi le multinazionali gestiscono e distribuiscono acqua solo per
il 7% della popolazione mondiale, eppure il loro fatturato si aggira intorno
ai 200 miliardi di euro e le proiezioni della Banca mondiale stimano che nel
2021 sarà di mille miliardi di euro (una somma equivalente a tutto il
prodotto nazionale lordo annuo dell'Italia).

Peculiarità del mercato idrico: è l'unico in cui l'Europa è all'avanguardia
delle privatizzazioni. Infatti, secondo Philip Rohmer, co-manager di un
fondo d'investimento globale per l'acqua lanciato da Swisss Pictet Funds,
citato dal Christian Science Monitor, in Europa occidentale il 40% degli
acquedotti sono appaltati ai privati mentre negli Usa sono solo il 15%; e
nel 2015 saranno privatizzati il 75% degli acquedotti europei e il 65% di
quegli Usa. L'acqua è anche l'unico settore in cui le grandi multinazionali
sono europee. Il che produce uno strano fenomeno mediatico: la grande stampa
Usa che fa campagna contro l'imperialismo e lo sfruttamento capitalista
delle grandi multinazionali europee!! Suez e Vivendi sono considerate la
General Motor e la Ford dell'acqua, seguite dall'anglotedesca RWE/Thames
Water che hanno praticato un'aggressiva politica di acquisizioni negli Stati
uniti (vedi scheda accanto). Viene quarta a rota la Bechtel di San
Francisco, compagnia di cui è stato amministratore delegato ed è presidente
George Schulz, che fu segretario di stato sotto Reagan. Nel consiglio
d'amministrazione della Bechtel sedeva anche Caspar Weinberger che di Reagan
fu ministro della difesa. (ma non è il solo caso in cui acqua e politica si
trovano connesse: una ditta idrica emergente, Azurix, faceva parte del
fallito gigante energetico Enron che era legato a doppio filo con l'attuale
vicepresidente Dick Cheney).

La privatizzazione degli acquedotti segue una sceneggiatura immutabile.
Viene invocata in nome di una maggior efficienza rispetto alla gestione
«burocratica degli enti pubblici», come soluzione per trovare i fondi per
riparare e modernizzare acquedotti che erano stati costruiti per un numero
molto minore di utenti. Così, per esempio, negli Stati uniti, l'Agenzia per
la protezione ambientale (Epa) stima che nei prossimi 20 anni i comuni Usa
dovranno spendere circa 151 miliardi di dollari per riparare o modernizzare
tubature, filtri e bacini di riserva (e i comuni dovranno spendere altri 460
miliardi di dollari per rimettere in sesto i sistemi fognari, altro settore
su cui si stanno avventando le multinazionali).Alla privatizzazione spingono
Banca Mondiale e Fondo monetario internazionale, che ne fanno spesso una
condizione per concedere i loro prestiti. Così, la Banca mondiale ha posto
come condizione al Cile che fosse garantito a Suez Lyonnaise des Eaux un
margine di profitto del 33%

Stati e municipalità firmano appalti con queste multinazionali a prezzi
bassissimi che si rivelano illusori. Per rientrare nei costi le
multinazionali licenziano il personale e lesinano sulle riparazioni. La
qualità dell'acqua diventa sempre meno potabile, finché si hanno casi di
epidemie, malattie. I comuni protestano. Le multinazionali dicono «Sorry, a
questi prezzi non possiamo provvedere a tutto, dobbiamo rinegoziare il
contratto». Il contratto viene rinegoziato e le tariffe dell'acqua vengono
alzate in modo insopportabile. Ecco alcuni sequels di questa trama
immutabile:

1. Londra 1989. Margaret Thatcher privatizza l'acqua. Negli anni `90 le
bollette rincarano del 141%. Persino il conservatore Daily Mirror dichiara
che «le dieci maggiori compagnie idriche inglesi sono state in grado di
sfruttare la propria posizione monopolistica di fornitori per organizzare la
più grande rapina legale della nostra storia».

2. Buenos Aires 1992. Suez vince un appalto trentennale nella periferia
della capitale argentina per gestire acquedotti e fognature, ma poiché la
costruzione delle fognature va a rilento, le case sono perpetuamente
inondate dai liquami. Proteste. Contratti rinegoziati decine di volte.
Infine nel 2001-2002, lavori bloccati a causa della crisi economica
argentina. Ma Suez Argentina «è fiera di quel che ha compiuto nel paese».

3. Provincia argentina di Tucuman, 1995. Vivendi ottiene l'appalto del
sistema idrico. La bolletta dell'acqua passa da 24 a 59 pesos (aumento del
140%). La popolazione proclama uno sciopero dei pagamenti. Dopo aver
razionalizzato il sistema di fatturazione Vivendi era riuscita a farsi
pagare il 70% delle bollette, ma con lo sciopero il tasso di raccolta crolla
al 10%. Vivendi smette di effettuare le riparazioni e così il manganese -
che era sempre stato presente nell'acqua - sale a una concentrazione tale
che l'acqua prese il colore della Cocacola. Le proteste degli abitanti
aumentano tanto che nel 1998 Vivendi è costretta a rescindere l'appalto.

4. Bolivia 1999, città di Cochabamba (800.000 abitanti). Un consorzio
controllato da Bechtel vince l'appalto per il sistema idrico. Le bollette
aumentano del 300% fino a ingoiare il quarto del reddito di una famiglia. Le
proteste s'intensificano fino a diventare una vera e propria rivolta di
massa, con centinaia di migliaia di dimostranti. Nell'aprile 2000 la polizia
spara sulla folla uccidendo una persona. Il governo rompe il contratto con
il consorzio privato e Bechtel fa causa, chiedendo 25 milioni di dollari dai
poveracci boliviani. «25 milioni di dollari sono pari allo 0,017% del
fatturato della Bechtel, ma per i boliviani con quei soldi si possono pagare
3.000 medici rurali per un anno o 125.000 nuovi allacciamenti
all'acquedotto» dice la Coordinadora che ha condotto la protesta.

5. Sudafrica, 2000. Incoraggiato dal Fmi, il governo dell'African National
Congress (Anc) lancia una politica di cost recovery dei servizi pubblici
(«recupero del costi»). A Soweto questa politica ha portato a un aumento del
400% delle bollette elettriche e del sistema idrico, con l'obiettivo di
pareggiare spese e entrate. Nel settore idrico la privatizzazione ha fatto
sì che la bolletta dell'acqua assorba un quarto delle entrate di famiglie
che hanno un reddito di soli 100 dollari al mese. Il paradosso è che poiché
le aree residenziali bianche comprano l'acqua all'ingrosso, un litro d'acqua
di una piscina bianca costa meno della metà di un litro d'acqua da bere per
una famiglia nera povera. I ricercatori dell'Università di Witwatersrand
riportano che ogni mese a Johannesburg più di 20.000 persone perdono la loro
acqua domestica a causa dell'aumento dei costi. Le famiglie che non possono
permettersi l'acqua di rubinetto attingono ormai l'acqua dei fiumi che sono
inquinati perché le stesse famiglie non sono allacciate a sistemi fognari,
così bevono l'acqua in cui defecano. Risultato, tra il 2000 e il 2002 gli
ospedali pubblici del KwaZulu-Natal hanno riportato 114.000 casi di
dissenteria, il quintuplo di quanto è stato registrato in quella provincia
in tutti e 20 anni precedenti messi insieme.

6. Questi eventi non si limitano ai paesi sottosviluppati. In Canada, dopo
che il governo dell'Ontario ha «sregolato» il mercato dell'acqua, nel 2000
nel paesetto di Walkerton 14 persone (tra cui un bambino) sono morte dopo
aver bevuto acqua contaminata da E.coli: fino ad allora Walkerton era stata
rinomata per la purezza della sua acqua. Negli Stati uniti, ad Atlanta
(Georgia) il comune ha appaltato a United Water (di proprietà di Suez) il
sistema idrico per 24 milioni di dollari all'anno. Dopo un anno un rapporto
dell'ispettorato comunale mostrava che l'acqua distribuita violava tutte le
regole sanitarie: tra l'altro i livelli di cloro erano sei volte superiori a
quelli consentiti.

In tutta questa faccenda vi sono due aspetti che sarebbero ironici se non
fossero tragici. Il primo è che la privatizzazione è giustificata con la
necessità di attirare investimenti privati. Ma in realtà le multinazionali
investono denaro preso a prestito dai governi locali. Così, per esempio, in
Sudafrica l'80% del denaro di un recente progetto di acquedotto veniva dalla
Development Bank of South Africa. In Perù, il 100% del denaro per un
progetto simile è stato versato dalla Interamerican Development Bank.

L'altra ironia è che tutte le politiche di estorsione delle multinazionali
idriche vertono sulle bollette dei privati, mentre è noto che nei centri
urbani il consumo d'acqua è al 70% industriale, al 20% istituzionale e al
6-10% domestico. Ma nessuno cerca di far pagare di più alle compagnie che
hanno sviluppato tutto un settore, e un vocabolario, per approvvigionarsi di
questa preziosa materia prima.

Così, a Silicon Valley il settore high tech usa immani quantità d'acqua,
cercando di procurarsela in tutti i modi. Ecco le diverse tecniche: water
pricing, quando l'industria fa pressione sullo stato per sussidi e aggira le
strutture idriche urbane per pompare direttamente acqua, quindi pagando
molto meno di quanto la pagano gli utenti residenziali; water mining, quando
le compagnie conquistano il diritto si sfruttare fino a esaurimento falde
acquifere sbarrandone l'accesso agli utenti minori come le fattorie
familiari; water ranching, quando l'industria compra i diritti d'acqua da
contadini e rancheros; water dumping quando l'industria contamina le fonti
d'acqua e quindi scarica sulla comunità i costi della depurazione. Insomma
se l'acqua è una merce, si hanno «miniere di acqua», «allevamenti di acqua»,
«discariche di acqua».

Non si pensi che noi italiani siamo risparmiati. Anzi: nel suo bilancio per
il 2002 Vivendi annuncia tutta fiera che ha ottenuto l'appalto trentennale
per la gestione dell'acqua potabile e per il risanamento di tutto l'Ambito
territoriale di Latina, comprendente 38 comuni e 600.000 abitanti, per 64,5
milioni di euro l'anno. Fino alla prossima rinegoziazione del contratto.