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I COLOSSI CHE SFUTTANO LA SETE
- Subject: I COLOSSI CHE SFUTTANO LA SETE
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 16 Sep 2003 06:46:43 +0200
il manifesto - 29 Luglio 2003 Per qualche sorso di euro in più MARCO D'ERAMO I tre colossi che sfruttano la sete planetaria M. D'E. Per qualche sorso di euro in più Da risorsa indispensabile alla vita, l'acqua è diventata merce su cui lucrare e gli acquedotti pubblici sono dati in appalto a mega imprese private che tagliano la fornitura ai poveri, rincarano bollette, provocano epidemie, suscitano rivolte e moti di piazza. Un mercato in cui l'Europa è all'avanguardia MARCO D'ERAMO Chissà quando la Banca Mondiale e il Fondo Monetario chiederanno agli stati di privatizzare l'erogazione di aria? Sarà quando la mamma ricorderà al figlio: «Non dimenticarti di comprare due bombole d'aria, che domani i negozi sono chiusi». Per il momento, e da più di 15 anni, i registi istituzionali dell'economia globale si limitano a favorire con ogni mezzo la privatizzazione dell'altra risorsa fondamentale per i viventi: l'acqua. «L'acqua sarà per l'economia del XXI secolo quel che il petrolio è stato per il XX secolo», aveva previsto Fortune. Con la siccità che incombe in Europa, con l'effetto serra che incalza, e la conseguente tropicalizzazione dei climi temperati, questa profezia si dimostra ogni giorno sempre più azzeccata. Già oggi più di 1,1 miliardi di persone vivono in condizioni di penuria d'acqua (e nel mondo 12 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie derivate da problemi idrici: mancanza o inquinamento). E si prevede che nel 2025 due terzi dell'umanità avranno problemi d'approvvigionamento idrico: intanto il 12% della popolazione mondiale usa e spreca l'85% delle risorse d'acqua. La mercificazione di questa risorsa accelera mano mano che l'acqua potabile si fa più rara (o perché le falde sono sfruttate fino all'esaurimento o perché vengono inquinate da pesticidi e da scarti industriali). La canadese Global Water sprona i suoi investitori a «mietere le opportunità in via di accelerazione, via via che le fonti tradizionali di acqua nel mondo si esauriscono e si degradano» e dichiara che «l'acqua ha smesso di essere un risorsa illimitatamente disponibile che può essere presa per garantita, per diventare una necessità razionata che può essere presa con la forza». Da notare che la Global Water Corporation ha di recente firmato un contratto per imbarcare per la Cina - dove saranno imbottigliati - 58 miliardi di litri l'anno di acqua proveniente dai ghiacciai dell'Alaska. E questo perché in Cina il costo del lavoro è più economico. La mercificazione assume due forme. La prima riguarda il consumo dell'acqua in bottiglia a scapito di quella del rubinetto (ogni anno vengono venduti più di 100 miliardi di litri di acqua imbottigliati) e, per esempio, il 54% degli americani beve regolarmente acqua in bottiglia (che costa 1.000 volte di più di quella dell'acquedotto). La seconda forma appalta ai privati la gestione e distribuzione degli acquedotti, privatizza l'acqua stessa di rubinetto. Poiché della prima forma Oipaz si è occupato l'anno scorso (19 agosto 2002), adesso ci concentreremo sulla privatizzazione delle municipalizzate idriche che rappresenta di sicuro la fetta più succosa del business. Oggi le multinazionali gestiscono e distribuiscono acqua solo per il 7% della popolazione mondiale, eppure il loro fatturato si aggira intorno ai 200 miliardi di euro e le proiezioni della Banca mondiale stimano che nel 2021 sarà di mille miliardi di euro (una somma equivalente a tutto il prodotto nazionale lordo annuo dell'Italia). Peculiarità del mercato idrico: è l'unico in cui l'Europa è all'avanguardia delle privatizzazioni. Infatti, secondo Philip Rohmer, co-manager di un fondo d'investimento globale per l'acqua lanciato da Swisss Pictet Funds, citato dal Christian Science Monitor, in Europa occidentale il 40% degli acquedotti sono appaltati ai privati mentre negli Usa sono solo il 15%; e nel 2015 saranno privatizzati il 75% degli acquedotti europei e il 65% di quegli Usa. L'acqua è anche l'unico settore in cui le grandi multinazionali sono europee. Il che produce uno strano fenomeno mediatico: la grande stampa Usa che fa campagna contro l'imperialismo e lo sfruttamento capitalista delle grandi multinazionali europee!! Suez e Vivendi sono considerate la General Motor e la Ford dell'acqua, seguite dall'anglotedesca RWE/Thames Water che hanno praticato un'aggressiva politica di acquisizioni negli Stati uniti (vedi scheda accanto). Viene quarta a rota la Bechtel di San Francisco, compagnia di cui è stato amministratore delegato ed è presidente George Schulz, che fu segretario di stato sotto Reagan. Nel consiglio d'amministrazione della Bechtel sedeva anche Caspar Weinberger che di Reagan fu ministro della difesa. (ma non è il solo caso in cui acqua e politica si trovano connesse: una ditta idrica emergente, Azurix, faceva parte del fallito gigante energetico Enron che era legato a doppio filo con l'attuale vicepresidente Dick Cheney). La privatizzazione degli acquedotti segue una sceneggiatura immutabile. Viene invocata in nome di una maggior efficienza rispetto alla gestione «burocratica degli enti pubblici», come soluzione per trovare i fondi per riparare e modernizzare acquedotti che erano stati costruiti per un numero molto minore di utenti. Così, per esempio, negli Stati uniti, l'Agenzia per la protezione ambientale (Epa) stima che nei prossimi 20 anni i comuni Usa dovranno spendere circa 151 miliardi di dollari per riparare o modernizzare tubature, filtri e bacini di riserva (e i comuni dovranno spendere altri 460 miliardi di dollari per rimettere in sesto i sistemi fognari, altro settore su cui si stanno avventando le multinazionali).Alla privatizzazione spingono Banca Mondiale e Fondo monetario internazionale, che ne fanno spesso una condizione per concedere i loro prestiti. Così, la Banca mondiale ha posto come condizione al Cile che fosse garantito a Suez Lyonnaise des Eaux un margine di profitto del 33% Stati e municipalità firmano appalti con queste multinazionali a prezzi bassissimi che si rivelano illusori. Per rientrare nei costi le multinazionali licenziano il personale e lesinano sulle riparazioni. La qualità dell'acqua diventa sempre meno potabile, finché si hanno casi di epidemie, malattie. I comuni protestano. Le multinazionali dicono «Sorry, a questi prezzi non possiamo provvedere a tutto, dobbiamo rinegoziare il contratto». Il contratto viene rinegoziato e le tariffe dell'acqua vengono alzate in modo insopportabile. Ecco alcuni sequels di questa trama immutabile: 1. Londra 1989. Margaret Thatcher privatizza l'acqua. Negli anni `90 le bollette rincarano del 141%. Persino il conservatore Daily Mirror dichiara che «le dieci maggiori compagnie idriche inglesi sono state in grado di sfruttare la propria posizione monopolistica di fornitori per organizzare la più grande rapina legale della nostra storia». 2. Buenos Aires 1992. Suez vince un appalto trentennale nella periferia della capitale argentina per gestire acquedotti e fognature, ma poiché la costruzione delle fognature va a rilento, le case sono perpetuamente inondate dai liquami. Proteste. Contratti rinegoziati decine di volte. Infine nel 2001-2002, lavori bloccati a causa della crisi economica argentina. Ma Suez Argentina «è fiera di quel che ha compiuto nel paese». 3. Provincia argentina di Tucuman, 1995. Vivendi ottiene l'appalto del sistema idrico. La bolletta dell'acqua passa da 24 a 59 pesos (aumento del 140%). La popolazione proclama uno sciopero dei pagamenti. Dopo aver razionalizzato il sistema di fatturazione Vivendi era riuscita a farsi pagare il 70% delle bollette, ma con lo sciopero il tasso di raccolta crolla al 10%. Vivendi smette di effettuare le riparazioni e così il manganese - che era sempre stato presente nell'acqua - sale a una concentrazione tale che l'acqua prese il colore della Cocacola. Le proteste degli abitanti aumentano tanto che nel 1998 Vivendi è costretta a rescindere l'appalto. 4. Bolivia 1999, città di Cochabamba (800.000 abitanti). Un consorzio controllato da Bechtel vince l'appalto per il sistema idrico. Le bollette aumentano del 300% fino a ingoiare il quarto del reddito di una famiglia. Le proteste s'intensificano fino a diventare una vera e propria rivolta di massa, con centinaia di migliaia di dimostranti. Nell'aprile 2000 la polizia spara sulla folla uccidendo una persona. Il governo rompe il contratto con il consorzio privato e Bechtel fa causa, chiedendo 25 milioni di dollari dai poveracci boliviani. «25 milioni di dollari sono pari allo 0,017% del fatturato della Bechtel, ma per i boliviani con quei soldi si possono pagare 3.000 medici rurali per un anno o 125.000 nuovi allacciamenti all'acquedotto» dice la Coordinadora che ha condotto la protesta. 5. Sudafrica, 2000. Incoraggiato dal Fmi, il governo dell'African National Congress (Anc) lancia una politica di cost recovery dei servizi pubblici («recupero del costi»). A Soweto questa politica ha portato a un aumento del 400% delle bollette elettriche e del sistema idrico, con l'obiettivo di pareggiare spese e entrate. Nel settore idrico la privatizzazione ha fatto sì che la bolletta dell'acqua assorba un quarto delle entrate di famiglie che hanno un reddito di soli 100 dollari al mese. Il paradosso è che poiché le aree residenziali bianche comprano l'acqua all'ingrosso, un litro d'acqua di una piscina bianca costa meno della metà di un litro d'acqua da bere per una famiglia nera povera. I ricercatori dell'Università di Witwatersrand riportano che ogni mese a Johannesburg più di 20.000 persone perdono la loro acqua domestica a causa dell'aumento dei costi. Le famiglie che non possono permettersi l'acqua di rubinetto attingono ormai l'acqua dei fiumi che sono inquinati perché le stesse famiglie non sono allacciate a sistemi fognari, così bevono l'acqua in cui defecano. Risultato, tra il 2000 e il 2002 gli ospedali pubblici del KwaZulu-Natal hanno riportato 114.000 casi di dissenteria, il quintuplo di quanto è stato registrato in quella provincia in tutti e 20 anni precedenti messi insieme. 6. Questi eventi non si limitano ai paesi sottosviluppati. In Canada, dopo che il governo dell'Ontario ha «sregolato» il mercato dell'acqua, nel 2000 nel paesetto di Walkerton 14 persone (tra cui un bambino) sono morte dopo aver bevuto acqua contaminata da E.coli: fino ad allora Walkerton era stata rinomata per la purezza della sua acqua. Negli Stati uniti, ad Atlanta (Georgia) il comune ha appaltato a United Water (di proprietà di Suez) il sistema idrico per 24 milioni di dollari all'anno. Dopo un anno un rapporto dell'ispettorato comunale mostrava che l'acqua distribuita violava tutte le regole sanitarie: tra l'altro i livelli di cloro erano sei volte superiori a quelli consentiti. In tutta questa faccenda vi sono due aspetti che sarebbero ironici se non fossero tragici. Il primo è che la privatizzazione è giustificata con la necessità di attirare investimenti privati. Ma in realtà le multinazionali investono denaro preso a prestito dai governi locali. Così, per esempio, in Sudafrica l'80% del denaro di un recente progetto di acquedotto veniva dalla Development Bank of South Africa. In Perù, il 100% del denaro per un progetto simile è stato versato dalla Interamerican Development Bank. L'altra ironia è che tutte le politiche di estorsione delle multinazionali idriche vertono sulle bollette dei privati, mentre è noto che nei centri urbani il consumo d'acqua è al 70% industriale, al 20% istituzionale e al 6-10% domestico. Ma nessuno cerca di far pagare di più alle compagnie che hanno sviluppato tutto un settore, e un vocabolario, per approvvigionarsi di questa preziosa materia prima. Così, a Silicon Valley il settore high tech usa immani quantità d'acqua, cercando di procurarsela in tutti i modi. Ecco le diverse tecniche: water pricing, quando l'industria fa pressione sullo stato per sussidi e aggira le strutture idriche urbane per pompare direttamente acqua, quindi pagando molto meno di quanto la pagano gli utenti residenziali; water mining, quando le compagnie conquistano il diritto si sfruttare fino a esaurimento falde acquifere sbarrandone l'accesso agli utenti minori come le fattorie familiari; water ranching, quando l'industria compra i diritti d'acqua da contadini e rancheros; water dumping quando l'industria contamina le fonti d'acqua e quindi scarica sulla comunità i costi della depurazione. Insomma se l'acqua è una merce, si hanno «miniere di acqua», «allevamenti di acqua», «discariche di acqua». Non si pensi che noi italiani siamo risparmiati. Anzi: nel suo bilancio per il 2002 Vivendi annuncia tutta fiera che ha ottenuto l'appalto trentennale per la gestione dell'acqua potabile e per il risanamento di tutto l'Ambito territoriale di Latina, comprendente 38 comuni e 600.000 abitanti, per 64,5 milioni di euro l'anno. Fino alla prossima rinegoziazione del contratto.
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