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energia, una rivoluzione da concertare
- Subject: energia, una rivoluzione da concertare
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 15 Sep 2003 07:02:48 +0200
il manifesto - 25 Luglio 2003 PROBLEMI ENERGETICI Una rivoluzione energetica da concertare VINCENZO NASO * - GIANNI SILVESTRINI ** L'estate è funestata da una inquietante congiuntura energetico-ambientale. Due gli aspetti più evidenti: i cambiamenti climatici e i black out; la limitatezza delle risorse fossili e l'inquinamento globale e locale fanno da sfondo. E' il momento di far leva su questi segnali e avviare radicali cambiamenti, una rivoluzione energetica concertata di proporzioni ancora maggiori di quella degli anni Settanta. Partendo dai black out e dalle alterazioni estreme del clima, vanno prese decisioni politiche che coinvolgeranno tutti. In questi giorni, a Montecatini, al Consiglio informale dei ministri europei dell'ambiente e dell'energia, si è andata evidenziando l'inconciliabilità fra le necessità ambientali e le decisioni prese da alcuni paesi in campo energetico. Così, da un lato la commissaria Wallstrom ha messo sotto accusa dieci paesi europei, fuori-rotta rispetto al Protocollo di Kyoto (Italia inclusa: le sue emissioni sono cresciute del 6% rispetto al 1990, mentre devono ridursi del 6,5% nel 2010); dall'altro, il ministro Marzano, ha rilanciato il ruolo del carbone, sia pure «pulito» e con ipotesi di confinamento, mettendo a rischio gli obiettivi di riduzione della Co2. A rigore, il protocollo di Kyoto non è ancora ufficialmente adottato (lo sarà a settembre con la ratifica da parte della Russia?), ma già si stanno discutendo i passaggi successivi. L'Ue, da sempre riferimento nelle strategie di risposta all'emergenza climatica, prepara tagli alle emissioni fino al 40% per il 2020; il governo inglese si è spinto ad ipotizzare riduzioni dei gas climalteranti del 60% al 2050. Con obiettivi così stringenti, vanno riviste alla base le modalità di produzione e consumo dell'energia e di trasporto di persone e merci. La tendenza attuale porterebbe ad un aumento del 50% dei consumi mondiali entro il 2030. In verità, segnali di cambiamento si vedono, come il boom delle fonti rinnovabili (Germania, Spagna, Danimarca) e la riduzione dell'uso del carbone; essi mostrano con crescente chiarezza lo scenario che si sta avviando e che comporterà radicali mutamenti tecnologici, impegnendo ingentissime risorse economiche. Alla base c'è una variabile, quella climatica, che diverrà critica prima ancora dell'esaurimento delle fonti fossili. Con questo quadro di riferimento vannno prese decisioni che influiranno sui prossimi 30-40 anni; è il caso delle nuove centrali elettriche, comunque necessarie nella fase di transizione verso nuovi scenari. Un esempio dell'impatto della variabile climatica verrà dall'introduzione, nel 2005, della Direttiva europea sull'emissions trading, l'obbligo per le imprese di contenere le emissioni entro tetti prestabiliti con la possibilità di acquisire quote di anidride carbonica per rientrare nei limiti. Secondo uno studio della Mc Kinsey, il loro costo si potrebbe portare a valori tali (oltre 25 euro a tonnellata di Co2) da rendere i costi operativi delle centrali a carbone decisamente superiori rispetto a quelli dei cicli combinati a gas. Vedremo finalmente affermarsi quelle denunce sui costi «esterni», le esternalità che inficiano le effettive prestazioni economiche delle fonti fossili, da sempre evocati dai sostenitori delle fonti rinnovabili? La rivoluzione energetica dovrà avere più fronti: interventi sulla domanda, promuovendo capillarmente il risparmio energetico; interventi di transizione (microgenerazione, impianti combinati a gas e primo stadio di effettiva penetrazione delle rinnovabili); ricerca, sviluppo e diffusione delle tecnologie dell'idrogeno (inizialmente prodotto da fossili ma anche da rinnovabili, a medio termine soltanto da sole, vento, biomasse ed altre rinnovabili). Interventi sulla domanda: l'efficienza energetica La priorità nelle scelte energetiche dovrà riguardare l'efficienza degli usi finali: lo spazio per ridurre i consumi a parità di servizi erogati è molto maggiore di quanto si pensi. Una politica per l'efficienza energetica, coerente e duratura, può dare grandi risultati. Negli ultimi 30 anni, la California ha stabilizzato i consumi elettrici procapite, a fronte di un incremento medio del 50% negli Usa. In Danimarca, il consumo specifico (per m2) per il riscaldamento degli edifici si è ridotto di un quarto negli ultimi 20 anni. L'Italia è generalmente considerata efficiente, dal punto di vista energetico. In realtà, disaggregando il dato dell'intensità energetica, si scoprono comparti efficienti ed altri molto carenti; in particolare, la situazione del settore civile e residenziale è molto arretrata. In media, l'efficienza dei frigoriferi italiani è del 7% inferiore a quella europea. Così per altri elettrodomestici, ma soprattutto per gli edifici, con dispersioni decisamente superiori a quelle del resto dell'UE.E dire che i vantaggi economici degli interventi di risparmio possono risultare notevoli! Con programmi di risparmio (20 miliardi di dollari investiti nell'ultimo decennio) le compagnie elettriche statunitensi hanno evitato la costruzione e la onerosa gestione di una trentina di grandi centrali elettriche: il rapporto tra benefici e costi è stato pari a 2,1 nel settore privato e a 1,6 nel settore pubblico. E secondo un recente studio dell'European Climate Change Plan, interventi di risparmio possono evitare alla Ue emissioni di anidride carbonica per 150 milioni di tonnellate all'anno (t/a), con costi nulli o addirittura con un vantaggio economico: vantaggi economici alla collettività e decollo dell'industrializzazione ecologica, decisiva in un periodo di debolezza economica dei Paesi industrializzati. Ma che fa il nostro paese per il risparmio? Poco, se si guarda al passato; oggi, però, ci sono interessanti prospettive. Nei prossimi mesi, anche grazie ai black-out, diventeranno operativi i decreti del 2001 che obbligano i distributori di energia elettrica e gas a svolgere un ruolo attivo sul versante dell'efficienza energetica. Il meccanismo messo a punto sulla base dei decreti Bersani e Letta è sicuramente innovativo e può ridurre di circa 8 milioni di t/a le emissioni di Co2 al 2008. L'estensione di questo meccanismo al 2012 può far coprire il 20% della quota «nazionale» di riduzione prevista dal Protocollo di Kyoto (esclusi gli interventi all'estero). A questo si potrebbero aggiungere le nuove tecnologie di progettazione e gestione degli edifici energeticamente «intelligenti» o «autosufficienti». Fonti rinnovabili e generazione distribuita oggi, idrogeno domani Con buona pace di M. Pallante (il manifesto,13/7/03), l'intervento sul lato della domanda, indispensabile e prioritario, non basterà. Le emergenze, essendo più d'una, unite alla crescita imperiosa dei consumi, prevista anche dal World Energy Outlook 2002, comportano che la rivoluzione energetica concertata aggredisca anche il versante della produzione. Abbiamo esposto le nostre tesi anche su questo giornale (il manifesto, 2/11/02; 11/5 e 29/6/03): il risparmio energetico è una fonte energetica virtuale; eolico e biomasse vanno da subito affiancati alle nuove centrali a ciclo combinato ed a gas, con tutte le cure per le compatibilità ambientali di tutti e tre questi tipi di impianti. La microgenerazione e la tri-generazione (caldo-freddo-elettricità) ad altissima efficienza dovranno essere incentivate e diffondersi capillarmente (a Montecatini si è parlato di 12.000 Mw), per fronteggiare le imminenti crisi delle reti elettriche globali. La crescita della generazione distribuita rappresenta infatti un altro elemento della rivoluzione. La tendenza degli impianti di generazione era verso dimensioni unitarie sempre maggiori, per la riduzione dei costi unitari. Il collegamento tra taglia e costi si è però invertito negli anni 80. Negli Usa la liberalizzazione del mercato elettrico ha comportato un crollo della taglia: negli anni 90 sono state commissionate solo 22 grandi centrali, un decimo rispetto alla media del decennio precedente. Alle rinnovabili, che possono contribuire per la loro natura alla generazione decentrata ed attraversano un buon periodo con crescite annue dell'eolico e fotovoltaico del 30%, toccherà anche un più impegnativo ruolo: diventare, il sole per primo, le uniche fonti da cui produrre idrogeno. La rivoluzione energetica non avrà successo se non preparerà l'era dell'idrogeno pulito, ossia prodotto da rinnovabili; il suo ciclo va sperimentato e sviluppato, lavorando su produzione, accumulo, trasporto, distribuzione, utilizzazione. Lo sforzo che la rivoluzione energetica comporta è immenso, gli ostacoli enormi. Essa dovrà essere concertata, tra Organizzazioni internazionali, Governi, multinazionali, amministrazioni pubbliche, anche locali. Un primo passo possono essere i programmi di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo (Clean Development Mechanism, CDM) e con quelli in transizione (Joint Implementation, JI), favoriti dai meccanismi che deriveranno dal Protocollo di Kyoto, giustamente richiamati dai Direttori Clini ed Ortis a Montecatini. Purché le politiche di intervento all'estero non sostituiscano le molte misure da adottare in casa, che devono avere invece la priorità. La speranza è che i decisori capiscano che la svolta è indispensabile ed urgente, ma soprattutto, che questa esigenza sia metabolizzata dall'opinione pubblica mondiale, l'unica che potrà, con successo, sorvegliare, intervenire, pretendere. * Presidente ISES Italia** Direttore Scientifico Kyoto Club
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