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Fw: il piano fiat?
- Subject: Fw: il piano fiat?
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 3 Jul 2003 07:03:47 +0200
----- Original Message ----- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it> To: "ECONOMIA" <economia at peacelink.it> Sent: Wednesday, July 02, 2003 6:34 AM Subject: il piano fiat? > da liberazione.it > > venerdi 27 giugno 2003 > > Piano industriale? Una congettura davvero debole > Sergio Cusani* > > Il Piano di Rilancio del Gruppo Fiat presentato ieri non contiene, come era > stato espressamente richiesto dalla Fiom-Cgil nella lettera del 24 giugno > scorso indirizzata all'amministratore delegato della Fiat Giuseppe Morchio, > ma come era forse prevedibile, alcun riferimento concreto a dati di conto > economico e stato patrimoniale. > In particolare, i risultati economici attesi non trovano alcun riscontro in > correlate situazioni patrimoniali: > ¥ La manovra sul reddito di 4,7 miliardi nel periodo 2003-2006 deriva da > margini di nuovi prodotti per 1,6 miliardi, e maggiori margini e riduzioni > di costi per 3,1 miliardi. Sorge subito una domanda: se la manovra è su > quattro anni, in quale anno si avranno gli effetti positivi attesi? Nel > 2003, nel 2004, nel 2005 o nel 2006? > ¥ Si dichiara il break even > del risultato operativo nel 2005 e del risultato netto nel 2006: quale conto > economico sostiene queste affermazioni? > ¥ Ci si attende variazioni di ammortamenti (?) perché forse cambiano i piani > allungando il periodo di ammortamento anche del goodwill Cnh? > ¥ Ci si attendono effetti positivi dal cambio del perimetro di > consolidamento e dall'effetto cambi: ma quanto valgono ciascuno? > L'attendibilità di queste generiche previsioni deve essere tutta dimostrata. > ¥ La prevista riduzione di costi per 3,1 miliardi deriva da: > razionalizzazione delle piattaforme, riduzione del personale, chiusura di 12 > stabilimenti. > ¥ Si dichiara che la posizione finanziaria netta è stabile nel periodo > 2003-2005 e migliora nel 2006 (?), ma manca una benché minima dimostrazione > con riferimento ai flussi di cassa. > ¥ La posizione finanziaria netta è peggiorata nel primo trimestre di > quest'anno di 1,4 miliardi, passando da -3,8 miliardi a -5,2 miliardi: come > si può immaginare che rimanga stabile per tutto il 2003, il 2004 e il 2005? > ¥ Se il cash flow risulterà positivo nel 2005, quanto sarà necessario > aumentare ancora l'indebitamento con il mercato e le banche? > ¥ La strategia finanziaria prevede il ricorso al capital market, ma chi > sottoscriverà le obbligazioni se la Fiat non è nemmeno in grado di > dimostrare come restituirà quanto ha già ricevuto da milioni di > risparmiatori, preoccupati perché si sono visti già declassare le loro > obbligazioni a titoli spazzatura da tutte le principali agenzie di rating > internazionali? > ¥ Il piano finanziario prevede cessioni per 7 miliardi: ma quali altre > cessioni sono previste oltre a Toro e Fiat Avio e su quali basi credibili di > incasso? Sono in corso trattative che consentono di prevedere puntualmente > questa liquidità attesa? > ¥ Inoltre, manca un esame puntuale della situazione debitoria, e non c'è > nessun accenno alla restituzione del debito. > ¥ Sono giustificate, e come, le previsioni di aumento di quote di mercato > nel periodo 2004-2006, e la riduzione dei costi dei materiali diretti per 2 > miliardi? > > Sarà comunque necessario un approfondimento per valutare le minime e > incomplete informazioni fornite ma: la credibilità di un piano dipende dalla > trasparenza delle informazioni e dall'affidabilità delle fonti finanziarie, > e in questo caso non si ha né trasparenza né informazione sulle fonti; > stante la situazione del Gruppo Fiat, un piano che non comprende almeno la > valutazione prospettica di conto economico e l'evoluzione dettagliata della > posizione finanziaria netta non è credibile. > In sintesi quello presentato oggi è un piano descrittivo di cosa l'attuale > management e l'attuale proprietà vorrebbero fare, senza dire come e > soprattutto con quali mezzi. Una congettura davvero debole. > Una tragedia per i lavoratori del pianeta Fiat, una drammatica beffa per i > risparmiatori, un'offesa all'intelligenza della comunità finanziaria e del > mondo professionale. Non ci si poteva aspettare di peggio. > coordinatore della Banca > della Solidarietà > > Sui futuri scenari della Fiat parla Marco Revelli, docente di Scienze della > politica > Operai di nuovo protagonisti > > Giornata tutta in salita, ieri, per Fiat. La Borsa ha reagito penalizzando > duramente i titoli del Lingotto. Su quello che sta accadendo a Torino > abbiamo intervistato l'economista e sociologo Marco Revelli. > > Professore, il piano Fiat appena varato è già stato bocciato dai mercati > finanziari. Secondo lei perché? > > L'eterno problema della Fiat è che sono anni che si ripete questa > sceneggiata. La famiglia mette o niente o la miseria: il minimo > indispensabile. Ogni volta il management di turno racconta la sua versione, > in genere tesa a rassicurare. Ogni volta gli amministratori locali a fare da > guardaspalla, ad avallare le diverse versioni fatte sempre con ottimismo. > Ogni volta il governo al potere a tener bordone. E ogni volta gli operai e > il territorio a pagare. > > Questa volta saranno 12.800... > > Questo numero, incentrato su ciò che sta dentro le mura dell'impresa, deriva > da un calcolo falso. L'impresa non è più quella degli anni '50, '60 e '70: > una realtà in cui il 70 o l'80% dell'attività produttiva avviene > all'interno. L'impresa è uno snodo di flussi produttivi di un tessuto > articolato. C'è tutto un sistema che ruota intorno: i danni delle onde > lunghe delle ristrutturazioni sono incalcolabili. Le cifre vengono > presentate in modo da rassicurare, invece non rassicurano e non dicono > nulla. Tra l'altro occorrerebbe mettere sul piatto della bilancia tutte le > risorse investite in queste operazioni per stabilire quali conseguenze > producono nella mancata destinazione ad altri utilizzi. Non sono soldi > freschi che provengono dalla cassaforte di famiglia, sono soldi drenati in > parte dal sistema bancario e in parte sul mercato finanziario: capitali > sottratti ai territori. > > Quanto pesa questo drenaggio di risorse? > > Me lo chiedo anch'io, in una città come Torino, quale può essere la > conseguenza di un immobilizzo così massiccio di capitali. E le banche > torinesi ci sono dentro fino al collo: il Sanpaolo, la Cassa di risparmio. > Questa operazione, per cui si concentrano tutte le risorse disponibili > intorno al maniero feudale, come se fosse ancora quello il motore di tutto > lo sviluppo del territorio, è un errore gravissimo perché invece si > sottraggono risorse a un tessuto territoriale che avrebbe bisogno di > finanziamenti capillari, di una politica del finanziamento a piccole e medie > imprese che devono convertirsi, emanciparsi dalla dipendenza. > > Emanciparsi dalla Fiat? > > Tutta l'impresa metalmeccanica piemontese, che appunto era stata abituata a > dipendere dal produttore di riferimento, oggi avrebbe un disperato bisogno > di respiro finanziario per riconvertirsi, cercare commesse, fare ricerca e > sviluppo. > > Invece? > > Invece succede che il grosso dei capitali va al potere forte per > un'operazione terribilmente incerta; e per gli altri: "si salvi chi può". > Credo che abbia perfettamente ragione Luciano Gallino, quando dice che tutta > la parte del piano industriale relativa allo sviluppo di mercato nei > prossimi anni è una scommessa, e secondo me è una scommessa persa in > partenza. Investire tutto in una scommessa così incerta, lasciando sguarnito > il territorio, è un'operazione che riflette una spaventosa subalternità ai > poteri forti ed anche un "ritardo mentale" di chi pensa che salvando il > pilastro centrale tutto il sistema continui a funzionare. > > Non è più cosi? > > Supposto che si salvi la Fiat, non ne trarrà vantaggio il territorio > piemontese o italiano, né ovviamente i lavoratori Fiat, i quali rimangono > pur sempre ostaggio di politiche guidate dalla finanza, né i lavoratori > dell'indotto, a maggior ragione, che vengono bastonati due volte: rischiano > il posto e sono invisibili. > > Cosa dovrebbero fare i lavoratori? > > Credo che questa classe operaia debba incominciare davvero a contare quasi > esclusivamente sulle proprie forze. Nel contesto politico, culturale e > sociale dell'Italia del 2003, la classe operaia non può contare su sicuri > alleati, né sul versante governativo, né sul versante maggioritario > dell'opposizione, perché entrambi mettono al primo posto l'impresa, non > certo la forza lavoro; mettono al centro la proprietà, che ha il problema di > salvarsi e di salvare i propri "sghei". > > Gli operai sono dunque soli? > > Sono soli, bisogna ammetterlo. E io credo che sarebbe una buona operazione, > da parte di tutte quelle forze che hanno come riferimento fondamentale il > movimento operaio, fare un grande sforzo, anche di invenzione, per trovare > gli strumenti capaci di traghettare fuori da questo declino e da questo > disastro le decine migliaia di persone che continuano ad esservi implicate. > Traghettarle fuori, non scommettere tutto nel salvataggio del contenitore > impresa. > > In che modo? > > Ci vuole uno sforzo, anche di fantasia. Inventare un modo per il controllo > del proprio destino e della propria vita, che non necessariamente deve > essere un destino Fiat o una vita metalmeccanica ma nello stesso tempo che > non sia un destino individuale, che possa essere giocato collettivamente, > puntando sulla solidarietà, sulla coesione: rimanendo insieme. Io lo vedo a > Torino: chi è fuori è fuori, e chi è fuori è solo. Ecco, organizzarsi > perché, al di là del destino dell'impresa, gli operai non rimangano fuori e > non rimangano soli. > > Gemma Contin > g. contin@liberazione. it > >
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