venezia: fanghi tossici come fertilizzanti



da lanuovaecologia.it venerdi 23 maggio 2003

ECOREATI

|Perquisite numerose ditte e prelevati campioni di terra

Fanghi tossici come fertilizzanti: 12 indagati

Rifiuti pericolosi per 60.000 tonnellate finiti nei campi e nei vivati
anziché in discarica. L'area interessata comprende le province di Venezia,
Pordenone, Padova, Rovigo, Ferrara e Brescia

Fanghi di depurazione di acque reflue industriali inquinati da diossine e
usati come fertilizzanti in agricoltura o in attività florovivaistiche in
almeno sei province di quattro regioni, con pericolo per la salute degli
agricoltori, dei consumatori e dell'ecosistema: è la scoperta del corpo
forestale dello Stato in un'inchiesta del pm di Venezia Felice Casson, che
vede indagate 12 persone, tra cui Andrea Lolli e Marco Cuomo, legale
rappresentante e responsabile del depuratore Vesta Spa di Fusina (Venezia).

Gli altri indagati ricoprono le stesse cariche in altrettanti impianti di
compostaggio delle province di Padova, Rovigo, Pordenone, Ferrara, Ravenna,
Brescia (ma ce ne sono altri in corso di accertamento) che - secondo
l'accusa - acquistavano i fanghi accettando bollettini d'analisi incompleti
e senza accertarne l'idoneità all'uso agricolo, come prevede la legge.
Pesanti le ipotesi di reato: attività organizzata di traffico illecito di
>rifiuti, delitti contro la salute pubblica, violazione della legge speciale
per la salvaguardia di Venezia e della normativa di settore che regola lo
spandimento dei fanghi sui suoli agricoli.

Nell'indagine è stato consultato anche l'Istituto superiore di sanità, che
ha segnalato gravi rischi, con effetti anche sulla catena alimentare. Il
depuratore di Fusina tratta la depurazione, oltre che delle acque reflue
civili, anche di quelle industriali provenienti dalle fabbriche di Marghera
(Enichem compresa), da autospurghi e dal consorzio del mirese (dove
scaricano anche industrie che lavorano rifiuti tossico-nocivi).

Diverse centinaia gli agricoltori che, ignari, avrebbero acquistato e
impiegato il fertilizzante inquinato, trasformando così i loro campi, hanno
spiegato oggi gli investigatori in una conferenza stampa, in terreni
«significativamente contaminati, a tal punto che dovrebbero essere
sottoposti a bonifica, nel caso valessero i criteri per un'area industriale
o di verde
pubblico».

I fanghi prelevati ed esaminati, infatti, presentavano elevate
concentrazioni di inquinanti tossici, in particolare policlorobifenili
(Pbc), in quantità pari a 2964 microgrammi per chilo, e diossine
(Pcdd/pcdf), in quantità pari a 333 nanogrammi di tossicità equivalente:
percentuale, quest'ultima, che collocherebbe i terreni tra la zona A e la
zona B della legge Seveso, ossia tra quelli interdetti all'uomo e quelli
vietati all' azione antropica.

Il corpo forestale dello Stato ritiene che dal 2000 al 2003 il depuratore di
Vesta abbia prodotto 60.000 tonnellate di fanghi inquinati, pari come
dimensioni a un parallelepipedo ampio come un campo da calcio e alto oltre
dieci metri, ma ritiene che tale attività di produzione risalga al 1997.

da il gazzettino.it - venezia -

Venerdì, 23 Maggio 2003

Lo stabilisce anche una direttiva Ue del 1999 che l'Italia non ha ancora
recepito

Venezia
Sessantamila tonnellate di fanghi smaltite illegalmente solo tra il 2000 e
il 2003. Centinaia o migliaia di campi e serre concimati con fertilizzanti
alla diossina. Cifre da capogiro emerse dall'inchiesta del Corpo forestale
che hanno portato alla denuncia di dodici persone e che ieri sono state
analizzate dall'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale
del Veneto che ha poi relazionato l'assessorato.

Chiediamo al segretario regionale dell'ambiente, Roberto Casarin,(nella
foto) una prima valutazione.«È difficile dare giudizi perchè non si
conoscono bene i dati, molti dei quali sono secretati. Si possono fare
considerazioni di carattere generale: il decreto legislativo 99 del 1992
consente l'utilizzo direttamente in agricoltura dei fanghi da impianti di
depurazione civile nel presupposto che questi siano biologici. Come Regione
avevamo tentato di dire: sarebbe meglio che questi fanghi, invece di andare
direttamente in agricoltura, venissero messi negli impianti di compostaggio,
ma ciò comportava un costo maggiore per lo smaltimento e non lo ha fatto
nessuno».

Invece cosa è successo?

«Che ha cominciato ad affluire nelle fogne di tutto a causa dei mutati
costumi di vita: dal meccanico all'idraulico alla lavasecco. Comportamenti
che hanno cambiato la composizione del refluo urbano».

E nessuno se ne è accorto?

«L'Unione europea ha fatto nel 1999 una direttiva, che però non è stata
ancora recepita In Italia, con cui si è preso coscienza che nei reflui
urbani, e quindi nei fanghi, non c'è più la tipologia esclusivamente
biologica di un tempo ma c'è di tutto, pensiamo a quanti si sviluppano le
fotografie in casa o usano cartucce per le stampanti. E di conseguenza si è
ampliato lo spettro di indagine sui reflui urbani».

Un quadro confuso, nel quale Vesta è finita sotto accusa.

«Una colpa che non è prevista dalla legge. Come poteva pensare a misurare le
diossine, se nessuno norma ne parla a parte la direttiva non applicata.
Forse si può parlare di leggerezza sapendo che ormai l'orientamento è
rivolto all'analisi di più parametri».

Ora la Regione cosa farà?

«Di fronte a leggi dello Stato non è che possiamo fare norme diverse. Faremo
una nota a tutti i gestori di depuratori per dire "signori, stiamo attenti
perchè, pur non essendoci l'obbligo, se è vero che ci sono diossine un
controllo s'impone comunque».

Non è che si è fatto troppo allarmismo?

«Non lo so, perchè non conosco i dati. Teniamo presente che la presenza di
diossina attorno alla zona industriale di Porto Marghera è di 10 nanogrammi
nella prima fascia di due chilometri e di 2,3 nanogrammi in quella
successiva tra 2 e 10 chilometri. Mentre il decreto 471 del 1999 pone come
soglia di un terreno inquinato la presenza di 10 nanogrammi per i terreni
residenziali e di 100 per una zona industriale».

I nanogrammi rilevati dal Corpo forestale sono però 333.

«Ho letto che si parla di valori come quelli di Seveso, ma da quel che si
capisce sono valori riscontrati nel fango stesso e non nel terreno trattato.
Mi auguro quindi che ora si analizzino veramente i terreni dei campi».

Si potevano fare maggiori controlli?

«La Regione ha compiti esclusivamente di indirizzo e ha nell'Arpav il
braccio operativo a disposizione di chi lo chiama: noi abbiamo dato precisi
compiti alle Province che prevedono che chi utilizza i fanghi faccia una
relazione agronomica che deve essere verificata dalla Provincia con le
proprie strutture o attraverso l'Arpav».

Quindi c'è stata negligenza?

«Non lo so, la legge parla non di una vera e propria autorizzazione, ma
piuttosto di una semplice comunicazione. Tutto questo ha però favorito chi
vuole fare il furbo e stocca montagne di rifiuti anche tossici e poi
sparisce nel nulla. Ecco perchè, senza dare la croce addosso a nessuno,
bisogna potenziare i controlli che sono in capo alle Provincie e per i quali
ricevono copiosi finanziamenti».

Altrimenti?

«Bisogna agire a monte e vietare questi tipi di smaltimento».

Giuseppe Tedesco

da il gazzettino it 23 maggio 2003

Mestre
"A seguito delle notizie ...

Mestre
"A seguito delle notizie comparse sulla stampa, abbiamo effettuato
un'attenta verifica di tutte le nostre attività, iniziative e comportamenti
in merito e abbiamo la completa e totale convinzione che sono state
totalmente rispettate le disposizioni di legge".

Così il presidente di Vesta, Andrea Lolli, che ha convocato ieri una
conferenza stampa per spiegare che tutto è stato fatto secondo legge. Ma
allora, come è saltata fuori questa storia della diossina che finisce nei
campi? Marco Cuomo, direttore dell'impianto di Fusina: "I 1.100 chilometri
di rete fognaria gestiti da Vesta finiscono al depuratore di Fusina. Tutto
quel che entra è il prodotto degli scarichi civili, al 90\%. Escono acque e
fanghi. Fusina ha l'impianto più controllato d'Italia: 42 microinquinanti
sono monitoriati in automatico e in più facciamo le analisi di laboratorio".

E le diossine? "La legge non prevede che si controllino le diossine". Ecco
il punto: vuol dire che la legge Ronchi e quella ancora più restrittiva, la
Ronchi-Costa, che si applica per la laguna di Venezia, non hanno previsto la
diossina fra i parametri da controllare. Ecco perchè Vesta può dire con
tranquillità che non ha commesso alcun illecito. Perchè leggi nazionali e
autorizzazioni locali dicono chiaramente che "i fanghi di recupero e ogni
altro rifiuto derivante dal ciclo di depurazione, dovranno essere
preferibilmente avviati ad impianti di compostaggio per la produzione di
ammendanti e fertilizzanti". E' esattamente quel che è successo.Dunque, alla
fine, il messaggio della Vesta è questo: non metteteci in croce perchè noi
abbiamo seguito la legge. Semmai prendetevela con il legislatore. Ed è quel
che dice anche l'assessore provinciale all'Ambiente, Ezio Da Villa: "Il
sostituto procuratore Felice Casson, ha sollevato un problema che è
nazionale. E' vero che la legge non prevede il controllo delle diossine. Che
finiscono sui terreni e quindi negli alimenti. La situazione è allarmante
ovunque e non solo qui".


Padova
«Non si tratta di rifiuti ...

Padova
«Non si tratta di rifiuti solidi urbani o di fanghi ma di una "mistura non
meglio identificata". Proprio quel genere di rifiuti di cui non si conosce
nè il quantitativo prodotto (e non solo in Veneto) né la loro destinazione
in impianti o discariche di tutta Italia». Così la Coldiretti del Veneto
giudica la vicenda dei "fanghi alla diossina" che «ci pone di fronte
all'ennesima emergenza».«Interessi ambientali ed economici, in una logica
sostenibile, sono tra loro compatibili - afferma in un comunicato la
Federazione regionale coltivatori diretti del Veneto - Ma le vicende alla
cronaca di questi giorni dimostrano che qualcosa non funziona. Va
evidenziato che solo il 70 per cento delle acque viene depurato e per tre
impianti di depurazione su quattro, degli oltre 7000 censiti a livello
nazionale, è ignota la destinazione dei fanghi con alta probabilità di
smaltimento attraverso forme clandestine e incontrollate».

Coldiretti ricorda poi che «mentre i rifiuti solidi urbani sono controllati
da un Osservatorio regionale (ogni cittadino veneto ha prodotto nell'anno
2000 468 kg di rifiuti, 476 kg nel 2001) di tutti gli altri si sa poco» e
che «il Veneto negli ultimi cinque anni ha maturato una coscienza ecologica:
la raccolta differenziata interessa ormai circa il 35 per cento dei Rsu».
«L'allarme - prosegue il comunicato - richiama il coinvolgimento di tutte le
istituzioni per accompagnare l'azione preventiva con quella di bonifica dei
luoghi contaminati ed evitare inquinamenti ambientali e rischi per la
sicurezza alimentare».

Per questo Coldiretti si dice anche pronta ad attivarsi per supportare
legalmente le imprese agricole danneggiate e sottolinea che «la legge di
orientamento (n. 228/01), fortemente voluta da Coldiretti, impegna tutte le
istituzioni a definire criteri e piani territoriali idonei a tutelare le
aree con produzioni agricole tipiche, biologiche e di qualità al fine di
garantire le caratteristiche alimentari». «Dall'impegno per una corretta
gestione del territorio - conclude Coldiretti - dipende la sicurezza
alimentare dei cittadini e la possibilità di affrontare concretamente il
capitolo della valorizzazione dei prodotti agricoli che Coldiretti sostiene
con la proposta di legge di iniziativa popolare sulla rintracciabilità
obbligatoria».