idrogeno,carta da giocare?




 
il manifesto - 16 Marzo 2003
 
LA RIVOLUZIONE ECOLOGICA
L'idrogeno, carta da giocare
Critiche alle critiche Sul modello a idrogeno piovono decine di obiezioni di scienziati e osservatori. Ma spesso vengono fraintesi i termini del problema
Un luogo comune. Una delle tesi ricorrenti nel partito anti-idrogeno riguarda i costi e la sostenibilità ambientale. Ecco come stanno davvero le cose
VINCENZO NASO*
FABIO ORECCHINI*
Alcuni aderenti al Comitato, cui volentieri aderiamo in via di principio, Scienziate e scienziati contro la guerra, si sono recentemente impegnati strenuamente nel mettere in guardia «tutti coloro che hanno a cuore il futuro del pianeta a non cadere nel tranello dell'idrogeno» e nel «diradare la nebbia che aleggia sull'argomento» (il manifesto, 9/3/03). Molte delle affermazioni e delle valutazioni che essi propongono sono condivisibili.(1) La questione, però, è che per combattere potenziali pericoli ambientali e l'uso irrazionale e pericoloso di risorse non rinnovabili (la produzione di idrogeno mediante impiego di combustibili fossili, con incremento dei gas serra e consumo di fonti di energia non rinnovabili, in via di esaurimento), questi colleghi combattono l'idea stessa di utilizzare l'idrogeno come combustibile. Buttano, cioè, il bambino insieme all'acqua (e all'aria) inquinate! Dicono: l'idrogeno (H2) sarà pure un combustibile assai energeticamente dotato (tre volte il potere calorifero dei derivati dal petrolio), sarà pure pulito (la sua combustione origina... vapor d'acqua e basta), ma se per produrlo si deve inquinare molto, consumando per di più combustibili fossili, ci si rimette. Come già ampiamente argomentato ne (il manifesto del 2/11/02 , «La rivoluzione con l'idrogeno»), sostenere semplicemente il ciclo dell'idrogeno come «rivoluzione» e panacea di tutti i problemi energetici ed ambientali può effettivamente rivelarsi una trappola. Già allora sostenevamo, come fanno Rifkin, Hoffman, Sachs, Nebbia e tanti altri, che la strada da percorrere è quella del ciclo pulito dell'idrogeno. Il successo tecnologico, infrastrutturale e commerciale del ciclo dell'idrogeno passa attraverso la risoluzione di problemi di distribuzione capillare e di realizzazione di dispositivi di utilizzo efficienti e competitivi: celle a combustibile, motori a combustione interna (ma anche a combustione esterna, come gli Stirling) alimentati ad idrogeno. Il ciclo pulito dell'idrogeno, in più, deve vincere la sfida di produrre il «nuovo» combustibile limitando l'impatto ambientale e l'impiego di fonti non rinnovabili. La rivoluzione ecologica dell'H2 è possibile. Non solo, è anche particolarmente auspicabile per chi rispetta il pianeta e coerentemente con ciò non vuole né guerre, né trappole economiche. L'energia pulita si potrà fornire se l'idrogeno verrà prodotto massicciamente da fonti rinnovabili. I critici le hanno liquidate con poche battute, relegandole ad un ruolo improprio e secondario. E' sfuggito il fatto che le fonti rinnovabili aprono orizzonti totalmente nuovi e completamente svincolati dalla palude petrolifera, visto che possono - noi diciamo «devono» - essere utilizzate per produrre direttamente idrogeno anche innanzitutto per via termica o vie biologiche varie (gassificazione di biomasse; celle fotoelettrochimiche, fotolisi, termolisi ed altri impieghi dell'energia solare). Insieme ad eolico, fotovoltaico, minidraulico, geotermia e «rifiuti» possono - e devono - produrre anche elettricità, da utilizzare direttamente o per produrre idrogeno, in molti casi anche accettando un maggiore costo energetico «apparente».
 
La grande opportunità risiede nella proposta strategica di affiancare alle grandi centrali termoelettriche la produzione decentrata di elettricità e/o di idrogeno. I due vettori energetici devono essere prodotti prevalentemente dove servono e partendo da fonti «locali», decentrate anch'esse. Non ha senso attribuire alle fonti rinnovabili il ruolo misero e secondario di piccoli produttori di elettricità da riversare in rete: la concorrenza della produzione di elettricità e dell'uso di combustibili fossili con sistemi convenzionali non si potrà a breve termine vincere con la sola carta della migliore performance ambientale. Queste possono affermarsi solo se a questo uso integrativo delle fonti fossili, che tutti auspichiamo, si affiancheranno la produzione decentrata (che porta risparmi e benefici strutturali, perché non grava sulle reti di distribuzione) e la produzione massiva diretta di idrogeno. Due sole notazioni.Utilizzare le fonti rinnovabili per produrre grandi quantità di idrogeno (in modo efficiente, naturalmente, e con i minimi costi) significa, di fatto, accumulare energia primaria rinnovabile e pulita «trasferendola» in un combustibile anch'esso pulito, cioè differendone l'uso nello spazio e nel tempo. Ma significa anche sganciare le rinnovabili dalla concorrenza diretta delle fonti fossili, che, se non si tiene conto della limitatezza delle risorse e dell'impatto ambientale, non è altrimenti superabile. Seguendo la strada che proponiamo, si potrà disporre di un altro vettore energetico che, come l'elettricità, non è localmente inquinante. E se ciò è certamente utilissimo per gli usi domestici ed industriali, è addirittura vitale nel settore dei trasporti, dove le attuali soluzioni tecnologiche sono, alla lunga, insostenibili.
 
Si dirà: su quali potenzialità di produzione da rinnovabili si può contare? E che cosa occorre fare per rendere possibile il ciclo pulito? I calcoli del CIRPS parlano, per la sola Italia, di una produzione di idrogeno da fonti rinnovabili di oltre 7 milioni di tonnellate all'anno che, tenuto conto dell'alto contenuto energetico dell'H2, equivale a 20-25 milioni di tonnellate di petrolio. Non ci pare poco; e potrebbe essere solo l'inizio. Occorre però un grande sforzo coordinato del mondo della ricerca applicata e dell'industria. Rinviare la soluzione dei problemi che ci affliggono all'introduzione di un nuovo concetto di sviluppo è un errore: occorre operare su tutti i piani contemporaneamente. Su quello tecnologico, la generazione decentrata ed il ciclo pulito dell'idrogeno non porteranno forse immediatamente alla «democratizzazione dell'energia» preconizzata da Rifkin, ma certo aiuteranno chi non vuole «le guerre infinite e permanenti per appropriarsi delle sempre più scarse risorse energetiche» ed aiuteranno una re-industrializzazione innovativa.
 
(1)A parte qualche piccolo infortunio nella divulgazione: ad esempio, contraddicendosi, ci informano che «l'idrogeno è un gas infiammabile che non esiste sulla superficie della Terra»; intendendo dire che «non esiste libero» (per esistere esiste: è l'elemento più diffuso in natura, in tutto l'universo!)
 
*CIRPS, Università La Sapienza, Roma