ilva taranto,un'intesa col trucco



da lanuovaecologia.it     
 
Venerdì 10 Gennaio 2003  
 
 
TARANTO|Forti dubbi sul risanamento dell'area 
 
Ilva, un'intesa col trucco 
 

 Regione, enti locali e parti sociali hanno siglato un accordo per la
riduzione dell'impatto ambientale delle cokerie. Ma Legambiente accusa: «Si
prevede di ingrandire le cosiddette "collinette ecologiche" che fanno da
separazione con il quartiere Tamburi. Una muraglia alta 55 metri che
stravolgerebbe territorio e paesaggio» 
 
 
Due giorni fa è stata siglata, dopo mesi di trattativa, l'intesa tra parti
sociali, enti locali, azienda e Regione Puglia per il miglioramento
dell'impatto ambientale derivante dallo stabilimento Ilva di Taranto.
L'atto di intesa è stato firmato dal presidente della Regione, Raffaele
Fitto, da Claudio Riva, in rappresentanza della proprietà Ilva, dal sindaco
di Taranto, Rossana Di Bello, dal presidente della Provincia di Taranto,
Domenico Rana, dal sindaco di Statte, Giuseppe Mastromarino e dalle
organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl, Ugl e Confsal. Non ha firmato, per
protesta il segretario regionale della Uil, Aldo Pugliese, il quale ritiene
che l'accordo sconfessi intese già raggiunte con l'Ilva e non preveda
garanzie per l'occupazione.

Anche Legambiente si scaglia contro l'intesa e fa sentire la sua voce
attraverso il coordinatore provinciale tarantino Leo Corvace. «Già il
metodo è sbagliato - spiega - Per applicare leggi dello stato o sentenze
passate in giudicato, non si dovrebbe aver bisogno né di tavoli né di
accordi. Quest'intesa è solo un soccorso rosso nei confronti dell'Ilva,
condannata con sospensione della pena a patto che risolvesse entro due anni
i gravi problemi d'impatto dei suoi impianti. Non vediamo motivo per cui la
Regione debba accollarsi l'esborso di 56 milioni di euro per togliere le
castagne dal fuoco all'azienda. Il pubblico si fa carico in questa maniera
di oneri che dovrebbero ricadere su un privato».

Ma le critiche degli ambientalisti tarantini si fanno più aspre quando si
parla delle ricadute dell'attività dell'acciaieria sul territorio
circostante. La questione ambientale da mesi aveva creato tensioni e
frizioni tra la proprietà dello stabilimento e gli enti locali. Con un
provvedimento della magistratura erano state inoltre sequestrate nel
settembre 2001 le batterie 3, 4, 5 e 6 delle cokerie dello stabilimento:
per questo, Riva aveva anche paventato riduzioni della produzione e
dell'occupazione. «L'accordo prevede la possibilità di ingrandire le
cosiddette "collinette ecologiche", dei veri e propri ecomostri che fanno
da separazione tra l'Ilva e il quartiere Tamburi», spiega il coordinatore
provinciale dell'associazione. Le collinette passerebbero infatti dagli
attuali 20 metri a un'altezza di 55 metri: quanto una palazzina di 18 piani
che si espande per una lunghezza di 55 metri. «Questa muraglia
stravolgerebbe territorio e paesaggio in un'area già di per sé degradata -
aggiunge Corvace - Per di più queste collinette saranno composte di loppa,
residuo di lavorazione della stessa Ilva, che così smaltisce anche i propri
scarti».

Il presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto ha espresso
soddisfazione per la firma dell'intesa, sottolineando che la meta raggiunta
tiene conto di tutte le esigenze emerse in queste trattative e «racchiude
uno sforzo complessivo dell'azienda, delle istituzioni, delle parti
sociali, consentendo di ricreare un clima di dialogo e di collaborazione».
Entro un mese verrà attivato un "tavolo" per trovare un accordo di
programma per il «risanamento ambientale e occupazionale» dell'intera area
tarantina. Ma la soluzione non convince Legambiente, che oltre alla
vaghezza dei tempi contesta il fatto che l'accordo, mettendo da parte altri
aspetti dell'impatto sul territorio degli impianti Ilva, costituisce una
sorta di "intesa tombale".

Entro aprile il gruppo Ilva presenterà ai sottoscrittori dell'accordo il
piano industriale che terrà conto «del contesto di garanzia della stabilità
produttiva e occupazionale dello stabilimento». E il fatto che l'intesa non
sia stata raggiunta in presenza di un piano industriale desta ulteriori
preoccupazioni: «Sapere se l'Ilva produrrà 6 o 10 milioni di tonnellate di
acciao l'anno non è di secondaria importanza - conclude Leo Corvace - E
questo senza il piano industriale non lo possiamo sapere. Noi siamo del
parere che una quota di produzione che superi quella attuale di 6,5 milioni
di tonnellate non è sostenibile».

10 gennaio 2003
(Raffaele Lupoli)