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ingegneria contabile del mercato del lavoro
- Subject: ingegneria contabile del mercato del lavoro
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 02 Jan 2003 07:52:59 +0100
da la voce.it 22-12-2002 19-12-2002 L’ingegneria contrattuale del mercato del lavoro italiano: dai Co.Co.Co agli As.Pa. Pietro Garibaldi Se ne sono accorti tutti. Il mercato del lavoro italiano sta cambiando molto. L’impianto istituzionale delineato nello Statuto dei Lavoratori del 1970 era totalmente incentrato sulla protezione del lavoro dipendente a tempo indeterminato. Ogni altra forma contrattuale era inammissibile, o ammissibile soltanto dietro specifiche deroghe legislative o precisi accordi sindacali. Oggi non è più così. Esiste una moltitudine di figure contrattuali ammissibili, ed è davvero difficile orientarsi. L’Istat ne ha contate addirittura 38. Il lavoro temporaneo cresce stabilmente dagli anni 80, e dal settembre 2001 la sua disciplina è stata semplificata e resa molto più flessibile. Dal 1997 esistono anche i lavoratori interinali, quei soggetti tecnicamente assunti a termine da apposite agenzie, e dati in affitto alle imprese utilizzatrici. Il part-time esiste dal 1984, ma la sua disciplina è stata riorganizzata nel 2000. Oggi, il 6 per cento degli occupati sono a tempo parziale. Poi ci sono 2 milioni e trecentomila Collaborazioni Coordinate e Continuative (Co.Co.Co), quella figura contrattuale in cui si trovano sia lavoratori para-subordinati che illustri professionisti. Tecnicamente i Co.Co.Co sono lavoratori autonomi, ma molto spesso forniscono prestazioni analoghe a quelle dei lavoratori dipendenti, ma senza alcuna protezione del posto di lavoro, e con bassissimi contributi previdenziali. In sostanza, circa la metà del milione e mezzo di posti di lavoro creati dal 1995 corrisponde a figure contrattuali diverse da quella di dipendente a tempo indeterminato. E dal gennaio 2003 avremo una nuova infornata di figure contrattuali. Salvo colpi di scena parlamentari, La Legge Delega sul Mercato del Lavoro diventerà presto legge dello Stato. La legge introdurrà nell’ordinamento italiano lo Staff Leasing, la possibilità, da parte di apposite agenzie, di somministrare manodopera a tempo indeterminato per interi reparti aziendali. Una specie di interinale senza limiti di tempo. Sarà poi istituito il lavoro a chiamata, un istituto che permetterà all’impresa di far svolgere la prestazione in qualsiasi momento, in un arco di tempo previsto, dietro pagamento di una "indennità di disponibilità" e delle ore effettivamente lavorate. Sarà anche regolarizzato il job-sharing (ripartizione del posto di lavoro), una forma di lavoro secondo la quale una prestazione potrà essere ripartita fra due o più lavoratori secondo modalità stabilite dagli stessi. Relativamente ai lavoratori Co.Co.Co, la legge delega dovrebbe finalmente garantire ai lavoratori interessati i diritti a periodi di maternità, malattia e infortuni. L’esplosione di nuove forme contrattuali, e l’opportunità di inserirne altre, può essere analizzata sotto almeno tre diversi punti di vista. Il primo è quello dell’efficienza economica, e del ruolo che tali forme contrattuali hanno avuto e potranno avere per aumentare il tasso di occupazione. Il secondo è quello dell’equità, e dell’opportunità di avere un mercato in cui prestazioni lavorative identiche vengono svolte da lavoratori con protezioni molto diverse tra loro. Il terzo è quello della complessità delle regole, e dell’opportunità di continuare ad aumentare il numero di figure contrattuali, con un processo che non sembra avere fine. Dell’efficienza, e del ruolo che le forme contrattuali hanno giocato nella recente crescita dell’occupazione si è già parlato sul sito www.lavoce.info. Dal punto di vista dell’equità, la situazione del mercato del lavoro è imbarazzante. La posizione dei Co.Co.Co è la più paradossale. Mansioni di lavoro identiche vengono spesso effettuate da lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e da parasubordinati, dove l’unica differenza tra i due è il fatto che questi ultimi sono più giovani, e quindi non assunti come lavoratori dipendenti. Fortunatamente, anche il legislatore si è accorto di queste incongruenze, e seppur con un certo ritardo, ha reagito alle iniquità più ovvie. Nel 1997 è stato istituito un apposito fondo previdenziale, e da allora i datori di lavoro sono obbligati a versare come aliquota contributiva il 12 percento del reddito lordo del dipendente. Successivamente tale aliquota è stata innalzata al 19 per cento. Ma gli stessi lavoratori rimangono ancora senza diritto di preavviso in caso di recesso, senza diritto alle ferie, e senza diritto ad un minimo periodo di maternità. Salvo imprevisti, alcuni diritti minimi verranno inseriti nella legge delega in via di approvazione. Come reagirà il mercato a questo irrigidimento dei Co.Co.Co? E’ ovvio, si inventerà nuove forme contrattuali. Gli attenti osservatori avranno già notato la nascita di una nuova forma contrattuale. Si tratta degli Associati in Partecipazione (AsPa), una figura contrattuale che prevede il pagamento delle tasse ma non quello dei contributi. E’ difficile sapere quanti sono esattamente gli AsPa, ma secondo il Presidente del Comitato di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, sono già centinaia di migliaia. Ciò non deve sorprendere. L’economia di mercato e l’ingegno umano sono un eccezionale mezzo per esprimere la creatività di ingegneri, manager, imprenditori o giuristi, come dimostra la creazione degli AsPa. Non deve quindi sorprendere che, alla luce dell’irrigidimento previsto, il numero di Co.Co.Co non sia più in esplosione, mentre cresce all’orizzonte il popolo degli AsPa, i precari dei prossimi anni. Fino a quando il legislatore continuerà a rincorrere il mercato, perderà sempre. La legislazione sarà sempre in ritardo, ed il mercato del lavoro sarà sempre in grado di generare nuove forme contrattuali non previste dall’ordinamento vigente, e quindi non soggette a particolari obblighi. Di questo passo, non dobbiamo sorprenderci se tra qualche anno, le forme di contratto di lavoro saranno 380 e non 38, con una complessità istituzionale con pochi paragoni al mondo. C’è solo un modo per uscire da questa giungla. E’ quello di stabilire dei minimi diritti garantiti a ciascun lavoratore, e lasciare che il mercato e la contrattazione collettiva creino qualsivoglia figura contrattuale, che sarà considerata lecita fino a quando i diritti minimi verranno rispettati. Governo e parti sociali decidano insieme quali sono i minimi standard di garanzia da dare a un lavoratore: ferie, preavviso di recesso, protezione per gli infortuni sul lavoro, diritti previdenziali, etc. Questo permetterebbe di creare uno zoccolo duro minimo per i diritti dei lavoratori e consentirebbe al sistema capitalistico di fare il suo compito, che è quello di inventare continuamente nuovi prodotti, e non nuove figure contrattuali.
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