l'istat disegna un'economia che non riparte



dall'unita' di lunedi 20 maggio 2002

   
  20.05.2002
L'Istat disegna un'economia italiana che non riesce a ripartire
di Angelo Faccinetto

 Dopo la produzione e il Pil, il fatturato e gli ordinativi. Il quadro
dell’economia che esce dai dati Istat non è dei più confortanti. Anzi. Nel
mese di marzo il fatturato dell’industria ha fatto segnare, su base annua,
un calo tendenziale del 6 per cento, mentre gli ordini hanno registrato una
flessione del 3,5 per cento. Un autentico crollo. Trascinato da alcuni
settore strategici dell’industria metalmeccanica e appena mitigato dal
miglioramento - rispettivamente dell’1,8 e del 2 per cento - evidenziato
sul mese di febbraio. Segno di una ripresa che ancora stenta ad affermarsi.

È eloquente l’andamento dei settori. Se l’industria alimentare, quella
calzaturiera e quella della carta - quanto a fatturato - hanno fatto
registrare aumenti dell’ordine del 2-4 per cento, i prodotti della
raffinazione del petrolio e gli apparecchi elettrici e di precisione sono
crollati, rispettivamente, del 12,2 e del 14,4 per cento. Sul fronte degli
ordini, ad andar peggio (meno 17,7 e meno 15,3 per cento)sono i veicoli - e
l’andamento del mercato dell’auto di questi mesi ne è conferma - e gli
apparecchi elettrici. Segnali, anche questi, di una crisi dei consumi
piuttosto profonda. Mentre le speranze di ripresa sono affidate alla
produzione di macchinari (più 8,2 per cento) e al tessile-abbigliamento
(più 7,1).

Speranze prudenti, comunque. È il caso dell’industria metalmeccanica. Dopo
una fase recessiva che ha segnato l’intero 2001, nei primi mesi dell’anno,
come sottolineato dall’Istat, in alcuni settori si sono registrati
miglioramenti. Soprattutto per quel che riguarda il portafoglio ordini, che
si va gradualmente gonfiando. Perchè se ci si ferma ai volumi produttivi,
trascinato da automobili e apparecchi elettrici, anche il primo trimestre
di quest’anno è sconfortante: meno 7,9 per cento rispetto allo stesso
trimestre dell’anno scorso. Con pesanti ricadute su lavoro e occupazione,
visto che le ore di cassa integrazione, nei primi due mesi, sono aumentate
del 10,3 per cento e che, più in generale, nella grande industria
metalmeccanica la forza lavoro è diminuita del 3,8 per cento. Le speranze
di un’inversione di tendenza, comunque, sono legate all’andamento della
crisi dell’auto, cioè della Fiat, e più in generale del settore trasporto. 

Insomma, la Tremonti-bis che doveva fungere da motore di una ripresa rapida
e sostenuta - addirittura da «boom», stando alle ripetute affermazioni dei
vertici di Palazzo Chigi e di Bankitalia - stenta quantomeno a decollare. E
i commenti sono preoccupati. «Se il problema dovesse proseguire in modo
così vistosamente negativo - sottolinea il direttore generale di
Federmeccanica, Roberto Biglieri - la ricaduta sarà molto pesante per tutto
il metalmeccanico». E per tutta l’industria nazionale, stante la
strategicità del settore. A Nomisma si guarda al futuro con scarso ottimismo.