28/05 Roma: Tavola Rotonda su Debito Estero



Per chi non lo avesse ancora ricevuto, si invia di seguito l'invito alla
Tavola rotonda sull'arbitrato internazionale sul debito estero che si terrà
il 28 maggio p.v. dalle 12.00 alle 14.30 presso l'Ex-Hotel Bologna, Via di
S.Chiara 5 Roma.
Si allega anche copia del documento "Per una soluzione giusta, equa e
trasparente al problema del debito estero - elementi di discussione sulla
proposta di un processo di arbitrato indipendente",  da me preparato per
l'occasione.
Sperando di vedervi il 28,  invio i miei

cordiali saluti


Sen. Francesco Martone




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Senato della Repubblica
Gruppo Verdi-L'Ulivo

INVITO


TAVOLA ROTONDA


Martedi' 28 maggio 2002
ore 12.00-14.00


Presso l'Ex-Hotel Bologna
Via Di S. Chiara ,5
Roma





Quali nuove prospettive per la cancellazione del debito dei paesi in via di
sviluppo?

Le proposte per una procedura di arbitrato internazionale sul debito


Di fronte all'evidente ritardo ed ai limiti evidenziati dalla stessa Banca
Mondiale deiprogrammi di riduzione del debito per i paesi poveri
maggiormente indebitati, ed all'emergenza rappresentata dalla grave crisi
finanziaria ed economica argentina, i fa strada da più parti la proposta di
un meccanismo nuovo di insolvenza e di arbitrato che permetta una soluzione
giusta, e trasparente alla questione del debito estero.
Da una parte le organizzazioni della società civile del Nord e del Sud del
mondo hanno elaborato una serie di proposte innovative per un Processo
Arbitrale Giusto e Trasparente (Fair and Transparent Arbitration Process)
dall'altra lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha avanzato,
riconoscendo l'urgenza della questione, due proposte di soluzione del
problema nel corso dell'ultimo incontro di Primavera di Banca mondiale e
Fondo Monetario internazionale.

La tavola rotonda fornirà l'occasione per approfondire le varie proposte,
con un confronto tra attivisti, esperti di campagne non governative e
amministrazioni competenti , al fine di fornire un contributo  costruttivo
nel dibattito nazionale ed internazionale.


Interverranno:
Alberto Acosta ( Economista, Quito, Ecuador)
Juergen Kaiser (Erlassjahr 2000, Germania)
Luca De Fraia (Azione Aiuto/Sdebitarsi)
Francesco Azzarello (Ministero degli Affari Esteri)
E' invitato all'incontro un rappresentante del Ministero del Tesoro


Coordina: Sen. Francesco Martone, (Gruppo Verdi-L'Ulivo, Commissione Esteri
del Senato)


Alberto Acosta, autore di numerosi saggi sul debito estero dell'America
Latina, è considerato uno dei maggiori esperti internazionali sulla
questione, lavora a Quito insieme ai movimenti sociali, ed indigeni
dell'Ecuador. Ha svolto di recente numerose analisi sul debito estero e la
dollarizzazione, la questione delle migrazioni e dello sfruttamento del
petrolio. Ha partecipato di recente ad un seminario internazionale
sull'insolvenza e l'arbitrato a Buenos Aires, ed alla Conferenza
Internazionale sul FTAP a Guayaquil, Ecuador nel marzo 2002.

Juergen Kaiser, coordina in Germania la Campagna Erlassjahr 2000, Jubilee
2000, e concentra il suo lavoro sull'elaborazione e la proposta di
meccanismi di arbitrato internazionale sul debito estero.


Per informazioni

Tel. 06 67064199/3199
f.martone at senato.it







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Senato della Repubblica
Gruppo Verdi-L'Ulivo








PER UNA SOLUZIONE GIUSTA, EQUA E TRASPARENTE
AL PROBLEMA DEL DEBITO ESTERO

Elementi di discussione sulla proposta di un processo di arbitrato indipendente


di Francesco Martone (*)
Maggio 2002






" Quando occorre che uno stato dichiari bancarotta, così come quando deve
farlo un individuo, una bancarotta onesta, trasparente e dichiarata è
sempre la procedura meno disonorevole per il debitore e meno dannosa per il
creditore" (Adam Smith,  La Ricchezza delle Nazioni, 1776)


Introduzione


211 miliardi di dollari di debito estero, questo é il macigno che pesa
sulle possibilità del popolo argentino di risollevarsi dalla grave crisi
politica, economica e finanziaria che ha colpito il paese, sull'orlo
dell'insolvenza.  Simile destino vive il popolo di un paese vicino,
l'Ecuador, anch'esso strangolato dal debito estero e dai costi sociali ed
ambientali del programma di dollarizzazione della sua economia. E destino
simile hanno vissuto altri paesi, considerati emergenti, quali l'Indonesia,
dove la crisi finanziaria ha gettato nella povertà milioni di persone.


Il fragore dei cacerolazos, l'impatto indiretto della crisi argentina sul
nostro paese, su milioni di cittadini italo-argentini, sulle imprese e sui
destini degli averi di decine di migliaia di piccoli risparmiatori italiani
possono fornire l'occasione per ridiscutere anche nel nostro paese il
necessario riassetto della architettura finanziaria internazionale. Il
materiale non manca: varie infatti sono le proposte elaborate dalle
campagne internazionali sul debito estero relative all'introduzione di una
procedura di arbitrato o insolvenza internazionale sul debito, in gergo
riassunta con FTAP (Fair and Transparent Arbitration Process).

L'idea di adattare ai contratti finanziari tra stati, e tra stati sovrani
ed istituzioni finanziarie, pubbliche o private, la disciplina normativa di
diritto fallimentare degli Stati Uniti è al centro del dibattito teorico
già da qualche anno. Sulla scia  della Conferenza delle Nazioni Unite su
Finanza e Sviluppo (Financing for Development) tenutasi a Monterrey nel
marzo 2002, e del lavoro preparatorio delle ONG, e dei risultati di gran
rilievo della Campagna Jubilee 2000, questa ipotesi ha preso corpo anche a
livello istituzionale. Anche l'FMI ha iniziato quasi contemporaneamente a
contemplare l'ipotesi di meccanismi nuovi di insolvenza e ristrutturazione
del debito sovrano, mentre il 15 marzo scorso, il Bundestag tedesco aveva
approvato una risoluzione sulla Conferenza di Monterrey, nella quale si
impegna il governo a sostenere l'ipotesi di un processo arbitrale giusto e
trasparente sul debito.

Questo documento di analisi e discussione vuole pertanto essere un
contributo iniziale alla discussione sulla tematica a livello nazionale, ed
in sostegno alle proposte delle ONG al riguardo,  inclusa la creazione di
una rete internazionale di Parlamentari che lavori per sostenere la
proposta FTAP a livello globale. Tale proposta è stata lanciata  poco prima
della Conferenza di Monterrey, durante un incontro internazionale di  ONG e
campagne internazionali riunitesi  a Guayaquil (Ecuador), per discutere una
strategia comune sull'arbitrato internazionale, e sulle procedure di
mediazione e ristrutturazione del debito sovrano.



Cosa non va nel modello attuale di ristrutturazione del debito estero?



Finora i negoziati sul debito estero dei paesi in via di sviluppo si sono
tenuti  negli ambiti circoscritti dei club di creditori, il Club di Parigi
ed il Club di Londra, nei quali i paesi debitori, e le loro società civili,
non avevano alcuna opportunità di far valere le proprie esigenze,  dovendo
sottostare ai termini fissati dai creditori, primi fra tutti la Banca
mondiale ed il Fondo monetario internazionale. Queste due istituzioni,
infatti svolgevano e svolgono tuttora  un ruolo di primissimo piano nelle
procedure di rinegoziazione del debito multilaterale. Essendo loro
riconosciuto uno status di creditore preferenziale, qualcosa di simile ad
un diritto di prelazione, i paesi debitori sono obbligati a pagare per
primi i loro crediti, pena l'esclusione da ulteriori finanziamenti.
Attraverso i piani di aggiustamento strutturale, ora ridenominati piani di
riduzione della povertà, Fondo monetario internazionale e Banca mondiale
hanno spinto quei paesi (i cosiddetti HIPC, Highly Indebted Poorer
Countries) sulla via forzata delle liberalizzazioni e della privatizzazione
dei settori chiave delle loro economie, per poter ripagare il debito.
Insomma, le istituzioni finanziarie internazionali, oltre a garantirsi il
ruolo di poliziotto delle economie di quei paesi, attratti nella spirale
perversa della richiesta di finanziamenti per poter ripagare debiti
accumulati in precedenza, hanno svolto un ruolo di garante per gli
investimenti privati, e per i creditori.

I negoziati sul debito estero quindi sono stati finora "gestiti" dai
creditori stessi, con poche possibilità da parte dei paesi debitori di
poter far valere le proprie ragioni. Uno dei luoghi dedicati a  tali
negoziati è il Club di Parigi, creato nel 1956 per risolvere la questione
del debito estero dell'Argentina, e che rappresenta tutti i creditori
pubblici e privati compresi OCSE, FMI, BM ed altre istituzioni
multilaterali. In assenza di  un quadro giuridico del Club di Parigi, i
suoi membri hanno il potere di esercitare un controllo pressoché totale sui
debiti, sulle rinegoziazioni, sulle condizioni per nuovi prestiti, sulla
cancellazione del debito. Con l'Argentina e non solo, l'incantesimo si è
rotto.

Gli stessi programmi HIPC per la riduzione o cancellazione del debito
estero dei paesi maggiormente indebitati hanno mostrato, per stessa
ammissione della Banca mondiale, tutti i loro limiti e la loro inefficacia.
I parametri utilizzati per definire la eleggibilità dei paesi ad accedere
ai meccanismi di rinegoziazione del debito sono stati infatti
esclusivamente improntati ad un approccio macroeconomico. Tra l'altro si
calcolava il rapporto tra esportazioni e debito totale, su basi cognitive
estremamente labili, basti pensare al caso dell'Uganda, dove il crollo del
prezzo del caffè ha determinato una situazione drammatica, alterando i
parametri di riferimento usati per porre le condizioni di accesso ai
processi di riduzione del debito. Escludendo gli indici di sviluppo umano,
di tipo qualitativo, dall'insieme di parametri di eleggibilità, Banca
mondiale e Fondo monetario hanno costruito la strada verso il fallimento
della loro iniziativa, così ampiamente pubblicizzata come la grande svolta
nei rapporti tra paesi ricchi e paesi poveri del pianeta.

Le cifre parlano chiaro: secondo la Banca mondiale (2002), 31 dei 42 paesi
dell'iniziativa HIPC non riescono ad ottenere i risultati sperati in
termini di riduzione o cancellazione del debito. Anzi, alcuni paesi come
l'Uganda hanno chiesto finanziamenti superiori a quanto previsto. Inoltre,
9 paesi su 20 hanno subito una sospensione dei finanziamenti dell'FMI
poiché non sono in grado di ottemperare del tutto alle condizioni poste dal
Fondo per l'accesso ai meccanismi di riduzione del debito, ovvero
l'attuazione di  programmi di liberalizzazione e privatizzazione delle loro
economie.

Inoltre, in paesi a medio reddito come Argentina o Ecuador, il "debt for
export ratio" o il "debt for income ratio" cioè il rapporto tra debito e
reddito usato per determinare l'eleggibilità dei paesi ad accedere ai
negoziati di riduzione del debito, non permette di apprezzare il livello di
diffusa povertà che lacera quei popoli. Pertanto pur essendo paesi
sull'orlo della bancarotta sociale ed economica, con elevati livelli di
indebitamento, essi non rientrano nella categoria di paesi poveri
maggiormente indebitati.

Insomma, i tempi sono ormai  maturi per una discussione approfondita su
nuovi strumenti  per la soluzione della problematica del debito estero,
che non si limitino ad un tradizionale e consueto approccio macroeconomico,
ma mettano finalmente al centro i necessari prerequisiti di equità,
partecipazione e trasparenza attorno ai quali si dovrà ricostruire, a
partire dall'arbitrato internazionale sul debito , una nuova architettura
finanziaria più giusta e sostenibile.


FTAP: I precedenti.



"Il rimedio dell'insolvenza non è un atto di misericordia ma di giustizia
e ragionevolezza economica".
(Kunibert Raffer)




Molte sono le proposte elaborate da studiosi e esperti delle organizzazioni
non governative, ultima delle quali Jubilee Plus, nata dalla Campagna
Jubilee 2000, che ha lanciato una iniziativa per un cosiddetto "Jubilee
Framework", che riprende tutti i temi portanti della proposta per un
arbitrato internazionale. Vale la pena di sottolineare che tali proposte,
seppur con varie sfumature, sono state in parte o in tutto elaborate, o
quanto meno recepite anche da ONG e campagne del cosiddetto Sud del Mondo.

Elemento comun denominatore di molte delle proposte sull'arbitrato
internazionale sul debito è il diritto fallimentare americano, preso a
riferimento principale, ed in particolare le procedure contemplate per
l'insolvenza delle autorità municipali (articolo 9) e per l'insolvenza
delle imprese commerciali (articolo 11). Una proposta quest'ultima avanzata
dall'economica Jeffrey Sachs.

Per spiegare bene l'asimmetria di trattamento tra paesi e imprese in caso
di insolvenza o fallimento, l'economista Jeffrey Sachs cita  il caso del
fallimento di Macy's. Nel gennaio 1992 Macy's i grandi magazzini di New
York e la Russia dichiararono contemporaneamente bancarotta. Per  Macy's fu
possibile ottenere protezione nei confronti dei creditori, ai sensi del
capitolo 11, mentre la Russia dovette pagare tutto. Macy's inoltre ottenne
una moratoria immediata sul pagamento degli interessi sul debito, ed in tre
settimane fu messa in grado di negoziare un nuovo prestito di 600 milioni
di dollari da banche commerciali di New York. La Russia per contro che
dovette attendere un anno prima di ottenere un pacchetto di aiuti
finanziari dall'FMI  e dalla BM, di cifra pressoché equivalente a quella
ottenuta da Macy's.

Il Professor Kunibert Raffer, dell'Università di Vienna, propone un
capitolo 9 internazionale per i debitori sovrani, attraverso il quale si
potrebbe svincolare la cancellazione o rinegoziazione del debito
all'attuazione dei famigerati piani di aggiustamento strutturale,
affrontando la questione dell'insolvenza.

Secondo Raffer, "in ogni procedura di insolvenza, bisogna dare la priorità
ai diritti umani ed alla dignità umana dei debitori e non ad un pagamento
incondizionato del debito". Inoltre " La protezione del debitore è una
delle due caratteristiche essenziali dell'insolvenza. L'altra è il
principio assolutamente basilare della regola del diritto secondo la quale
nessuno può essere giudice nella propria causa...". "Come tutte le
procedure giuridiche, l'insolvenza deve rispettare l'esigenza minima
secondo cui i creditori non possono decidere in merito alle loro proprie
richieste".

Raffer propone pertanto l'applicazione a livello di diritto internazionale
del capitolo 9, attraverso arbitri internazionali indipendenti. Negli USA
la legge protegge sia i poteri di governo delle autorità municipali
indebitate che i creditori individuali. I cittadini (impiegati degli enti
municipali o qualsiasi altro pubblico contribuente coinvolto) hanno il
diritto di comparire a difesa dei suoi interessi, ed i loro standard di
vita vengono protetti legalmente.

La proposta di estensione del capitolo 9 si basa pertanto sul trattamento
equo di tutti i debitori, sulla creazione di una corte internazionale di
arbitrato composta da membri proposti da ambedue le parti, escludendo Banca
mondiale e Fondo monetario internazionale, poiché queste istituzioni sono
da una parte creditori e dall'altra sono controllate a maggioranza da paesi
creditori.
Le popolazioni  interessate al processo possono essere rappresentate da
sindacati, agenzie specializzate ONU o ONG, oppure associazioni di
categoria.

Anche nel sistema ONU si é spesso fatto riferimento all'eventualità di un
meccanismo di insolvenza internazionale. Kofi Annan, Segretario Generale
delle Nazioni Unite nel suo rapporto all'Assemblea Generale del settembre
2000 "chiede una valutazione oggettiva e globale da parte di un gruppo di
esperti indipendente e non influenzato indebitamente dagli interessi dei
creditori mentre i processi sono in corso...I creditori dovrebbero anche
impegnarsi ad attuare pienamente e rapidamente ogni raccomandazione di
questo gruppo di esperti in materia di cancellazione del debito
insolvibile".

Già negli anni 80' l'UNCTAD elaborò una proposta mirata principalmente al
debito privato, al fine di prevenire la trasformazione delle crisi di
liquidità in crisi di insolvenza, salvaguardando i debitori da reazioni
eccessive dei mercati e dal meccanismo di "socializzazione del debito".
L'UNCTAD Parte dall'assunto che uno dei problemi fondamentali di fronte ai
quali si trovano i paesi debitori fosse la "mancanza di un quadro di
riferimento ben articolato per la risoluzione dei problemi del debito
internazionale".

La proposta dell'UNCTAD prevede varie fasi. Inizialmente il paese debitore
dichiara una moratoria unilaterale al pagamento del debito e introduce
meccanismi di controllo al fine di evitare una fuga di capitali dal paese.
Dichiarando una moratoria o congelamento del pagamento del debito (il
cosiddetto "standstill"), i creditori non dovrebbero avere il diritto di
esigere pagamenti neanche in maniera coattiva, mentre il debitore prepara
un piano di ristrutturazione del debito che prevede il trattamento equo di
tutti i creditori. Il debitore può inoltre accedere a capitali senza
autorizzazione da parte dei creditori.

Secondo l'UNCTAD , onde garantire il necessario carattere di imparzialità
del processo, il Fondo monetario internazionale non dovrebbe svolgere un
ruolo preponderante nel processo, essendo da una parte creditore, con un
potere rafforzato dalla sua capacità di porre condizionalità,  e dall'altra
parte in causa nei negoziati di ristrutturazione del debito.

Per ovviare al problema, l'UNCTAD propone la creazione di un "Panel"
indipendente per determinare se un paese possa imporre uno "standstill". La
presenza di un panel indipendente dovrebbe garantire il paese debitore
dagli effetto panico degli investitori, mentre l'FMI dovrebbe fornire dei
capitali per fronteggiare le spese di emergenza, svolgendo tuttavia un
ruolo importante nei negoziati tra creditori e debitori.


FTAP oggi: la proposta del Jubilee Framework


Le proposte più recenti provengono da alcune organizzazioni
non-governative, tra queste il cosiddetto  Jubilee Framework.

Il Jubilee Framework, elaborato da Jubilee Plus, emanazione della campagna
internazionale Jubilee 2000, riassume grosso modo le principali
caratteristiche di un possibile FTAP. La proposta parte dal presupposto di
assicurare l'esistenza di una serie di dispositivi che prevedano la
possibilità per i paesi indebitati di richiedere una sospensione dei
pagamenti, o per i creditori di dichiarare l'insolvenza. Tale eventualità
permetterebbe una certa forma di regolamentazione dei flussi di capitali
responsabilizzando i prestatori irresponsabili e i debitori negligenti. Il
Jubilee Framework si applicherebbe a tutti i paesi indebitati senza alcuna
eccezione, e non solo a quelli che l'FMI dichiara insolventi.

I criteri per sollecitare una sospensione dei rimborsi saranno fissati dal
paese debitore, mentre il cosiddetto debito odioso, quello cioè contratto
con violazioni dei diritti umani fondamentali, o da governi dittatoriali,
sarebbe cancellato ex officio in quanto illegittimo. Per fare un esempio,
almeno il 20 percento del debito estero argentino, in quanto contratto
dalle dittature militari , andrebbe "de facto" e "de jure" cancellato.

I creditori internazionali, quali l'FMI, non potranno svolgere il
molteplice ruolo di ricorrente, giudice e giuria, ed andrà pertanto
tutelata la indipendenza della corte d'arbitrato o mediazione ad hoc. Tale
corte, essendo costituita "ad hoc" non necessiterebbe di trattato
internazionale né della creazione di un nuovo organismo internazionale.
L'FMI svolgerebbe un ruolo importante in quanto istituzione competente per
la raccolta dei finanziamenti di emergenza al fine di assistere lo stato
sovrano durante lo "standstill". Ciononostante l'FMI non dovrebbe essere
messo in grado di influire sulla nomina dei membri della commissione
indipendente ad-hoc né sulle sue delibere. Come nelle corti di arbitrato
commerciale, le due parti - il governo indebitato ed i creditori - nominano
due arbitri e questi due un terzo che sarà il giudice.

Il tribunale deve operare in maniera trasparente, e chiamato a rispondere
non solo dinnanzi ai creditori, ma soprattutto dinnanzi ai cittadini del
paese debitore. Tra i compiti del tribunale quello di fare un "auditing"
del debito, per comprendere quale debito sia da considerarsi odioso, o
contratto nell'illegalità e quali siano i crediti da ripagare ed a quali
condizioni. Elemento essenziale per il buon funzionamento del Jubilee
Framework è proprio  la partecipazione pubblica al funzionamento del
tribunale.  Come stabilito dal capitolo 9 del codice fallimentare
americano, i cittadini dovranno avere il diritto di essere consultati sulla
validità economica del piano di accordo amichevole mentre i pubblici
contribuenti potranno opporvisi.

Pertanto i  principi fondamentali dell'insolvenza internazionale possono
essere riassunti come segue: a) rispetto della giustizia e della ragione
(questo processo non deve essere considerato un atto di carità); b)
rispetto dei diritti dell'uomo e della dignità umana del debitore e dei
diritti dei creditori; c) rispetto dell'autorità della legge. In caso di
procedura fallimentare, né i creditori, né i debitori potranno pertanto
controllare il giudizio, né decidere sulle loro richieste o pagamenti. Il
giudice è indipendente dai debitori e dai creditori, e risolve la
situazione di crisi. Secondo il quarto principio essenziale, i cittadini
toccati da una crisi devono beneficiare della possibilità giuridica di
essere ascoltati sulle modalità di soluzione.


L'FMI rilancia: la proposta Krueger per un SDRM


Sotto accusa per le sue pratiche di "bail out" (concessione di pacchetti di
salvataggio finanziario  ai governi in crisi, utilizzati per lo più per
tutelare gli interessi degli investitori stranieri) soprattutto nel caso
Argentina, il Fondo Monetario Internazionale, nella persona della sua nuova
numero due,  Ann Krueger, ha più volte fatto riferimento nei primi mesi del
2002  all'urgenza di mettere in campo un processo nuovo per la
ristrutturazione del debito estero sovrano. Al fine di evitare l'emorragia
di fondi per piani di salvataggio che hanno inciso in maniera rilevante
sulle finanze del Fondo negli ultimi anni, l'FMI dovrebbe quindi
intervenire in qualità di "arbitro" verso una soluzione comune, accettata
da ambo le parti.

Nel suo documento "A New Approach to Sovereign Debt restructuring" del
marzo 2002, la Krueger propone un cosiddetto SDRM (Sovereign Debt
Restructuring Mechanism). Secondo la Krueger, l'assenza di un "processo
prevedibile, ordinato e rapido per la ristrutturazione dei debiti di stati
sovrani che stanno attuando politiche appropriate ha una serie di costi.
Può portare lo stato sovrano con un carico di debito insostenibile  a
rinviare la richiesta di una ristrutturazione, con pregiudizio alle sue
riserve valutarie e lasciando così sia il debitore che la maggior parte dei
creditori in condizioni peggiori di prima. Inoltre, fatto ancor più
rilevante, l'assenza di un meccanismo di voto a maggioranza per i termini
della ristrutturazione può complicare il processo di ristrutturazione più
equa che riporti il paese a livelli sostenibili".

L'ipotesi  di un SDRM servirebbe quindi ad ambedue le parti, ai creditori
perché potrebbe prevenire un eventuale interruzione dei pagamenti, ed al
debitore affinché inizi un negoziato con i creditori prima di constatare
l'impossibilità del pagamento dei debiti.

La Krueger propone quindi due ipotesi. La prima, basata su un approccio
"contrattuale" maggiormente gradito all'amministrazione USA, contempla
l'ipotesi di inserire nei contratti relativi a prestiti tra donatori e
governo del paese ricevente, delle clausole di "azione collettiva" o
"collective action clauses" applicabili caso per caso. Secondo la Krueger
sarebbe però molto difficile applicare un quadro normativo esclusivamente
contrattuale. Infatti i debitori esiterebbero ad includere una tale
clausola che creerebbe sfiducia nei confronti degli investitori,  poiché
così facendo riconoscerebbero anzitempo la eventualità di un mancato
pagamento dei prestiti.

Un approccio contrattuale non fornirebbe pertanto una soluzione comprensiva
e durevole al problema. Sarebbe inoltre fondato su un principio secondo il
quale i creditori possono decidere a maggioranza le modalità di
ristrutturazione. Quindi oltre all'approccio contrattuale si dovrebbe
prevedere un secondo strumento, istituzionale, nel quale l'FMI svolgerebbe
un ruolo di primo piano nel regolare e gestire le procedure di
ristrutturazione del debito.

Il piano dell'FMI è stato di fatto recepito dai G7, che nella loro
dichiarazione finale del vertice dei Ministri delle Finanze tenutosi
anch'esso nell'aprile 2002 a Washington, fanno riferimento ad un approccio
a due binari, che vede da una parte un "approccio di mercato alla
ristrutturazione del debito sovrano nel quale nuove clausole di emergenza
verrebbero incorporate nei contratti finanziari",  e dall'altra un
"ulteriore approfondimento da parte dell'FMI sulle proposte di
ristrutturazione del debito sovrano che possano richiedere nuovi trattati
internazionali, cambiamenti nelle legislazioni nazionali, o emendamenti
allo statuto del FMI".

Mentre i paesi del G10 nel corso degli incontri di primavera del 2002 del
Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale hanno sostenuto  le
clausole di azione collettiva, il Comitato Finanziario e Monetario
Internazionale del Fondo (IMFC) ha incoraggiato il Fondo ad esaminare
ambedue le proposte, la seconda delle quali contemplerebbe una revisione
dello statuto del Fondo monetario, considerando le due proposte
complementari l'una all'altra.


Resta sullo sfondo  la forte opposizione dell'amministrazione americana,
che ha cassato la seconda parte della proposta, privilegiando l'approccio
contrattuale. Secondo alcuni osservatori, senza l'assenso USA la seconda
proposta che contemplerebbe la revisione dello statuto dell'FMI, come già
detto, non potrebbe essere realizzabile dato il forte potere di voto degli
USA.



Conclusioni


Le ONG e le organizzazioni della società civile guardano con attenzione
alla proposta del FMI, seppur mantenendo alcune forti riserve. Da una parte
si apprezza l'enfasi data al carattere preventivo dello SDRM, il fatto che
potrebbe essere attivato solo dal paese debitore e non dall'FMI o altre
istituzioni, che verrebbe creata una entità internazionale indipendente e
che oltre ai mercati emergenti l'SDRM potrebbe essere estesa anche ai paesi
HIPC. Dall'altra però restano numerose perplessità sul ruolo primario
dell'FMI e sull'insistenza dello stesso a non rinunciare allo status di
creditore privilegiato" escludendo i crediti dell'FMI dal processo di
rinegoziazione. Restano fuori dalla proposta FMI anche le richieste di
trasparenza e partecipazione della società civile.

Molte restano quindi le questioni aperte sulle quali trovare consenso per
una soluzione equa, trasparente e giusta al debito estero dei paesi poveri
o a medio reddito. Per riassumerne solo alcune: il ruolo dell'FMI, la
necessità di introdurre controlli sui movimenti di capitale, il ruolo dei
debitori ed i loro diritti, la partecipazione della società civile, e
l'ambito istituzionale nel quale operare un processo di ristrutturazione,
se cioè creare un panel di arbitrato ad hoc o una istituzione permanente,  .

Tuttavia, il processo di elaborazione e discussione è ormai iniziato, ed il
ruolo dei parlamenti e della società civile deve essere quello di stimolare
una migliore definizione delle proposte, ed un impegno dei governi e delle
istituzioni finanziarie che riconosca pari dignità ai diritti dei creditori
e quelli dei debitori, e che metta al centro i diritti fondamentali dei
popoli e lo sviluppo sociale, per costruire un percorso di riforma della
architettura finanziaria internazionale. Senza una soluzione giusta, equa,
e trasparente alla questione del debito estero non ci potranno essere
possibilità di sviluppo umano per quei paesi. Proposte come la tassazione
dei movimenti di capitale speculativo del tipo della Tobin Tax, la
necesaria ed non più rinviabile ridefinizione delle competenze delle
istituzioni finanziarie internazionali, la responsabilizzazione ed il
coinvolgimento attivo del settore privato nella prevenzione e soluzione
delle crisi finanziarie, non potranno pertanto prescindere da un nuovo
approccio alla soluzione del debito estero.  Un approccio che in ultima
analisi riassume in sé tutte le contraddizioni ma anche le possibili
soluzioni ai danni causati da un sistema finanziario neoliberale libero
finora di operare con scarso controllo da parte dei parlamenti e delle
società civili dei paesi ricchi e di quelli indebitati.













(*) Senatore, Gruppo Verdi al Senato, Capogruppo 3^ Commissione Affari
Esteri ed Emigrazione, Segretario Commissione Diritti Umani.
Per ulteriori informazioni: Sen. Francesco Martone, Gruppo Verdi-L'Ulivo,
Senato della Repubblica, Palazzo Madama 0010° Roma - tel. 06.67063199/4199
e-mail: f.martone at senato.it





Fonti:

Jubilee Framework:"Mettre en place un processus d'insolvabilité
internationale formant un cadre d'ensemble", Jubilee Plus, New Economics
Foundation, Fevrier 2002;

Kunibert Raffer, "Solving Sovereign Debt Overhang by internationalizing
Charter 9 procedures", 2001;

Anne  O. Krueger, "A New Approach to Sovereign Debt restructuring",
International Monetary Fund, Washington DC, 2002-05-20

"Debt Relief as a Development-Policy Goal" di Kristin Heyne, Buendnis 90-
Die Gruenen, Bundestagsfraktion, Ottobre 2001

BLUE 21, Misereror, "Fair and Transparent Arbitration Processes: A new Road
to resolve debt crises", discussion paper written by Philipp Hersel, Thomas
Fritz, March 2001

www.imf.org/external/pubs/ft/exrp/sdrm/eng/index.htm

www.jubileeplus.org/analysis/reports/jubilee_framework.html

Liane Schalatek, "From the Washington Consensus to the Monterrey
Consensus?" Heinrich Boell Foundation, Washington DC, 2002

Jubilee Plus: "New World Bank reports confirm that the HIPC Initiative is
Failing", by Romilly Greenhill, 29 aprile 2002

FTAP-Update: "Schiedsverfahren oder Scheinreformen?" Bewegte Zeiten in
Sachen FTAP, Juergen Kaiser, Aprile 2002  su www.erlassjahr.de
Alberto Acosta: "La deuda externa es un problema politico global", Maggio 2002