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28/05 Roma: Tavola Rotonda su Debito Estero
- Subject: 28/05 Roma: Tavola Rotonda su Debito Estero
- From: f.martone at senato.it
- Date: Wed, 22 May 2002 10:00:11 +0200
Per chi non lo avesse ancora ricevuto, si invia di seguito l'invito alla Tavola rotonda sull'arbitrato internazionale sul debito estero che si terrà il 28 maggio p.v. dalle 12.00 alle 14.30 presso l'Ex-Hotel Bologna, Via di S.Chiara 5 Roma. Si allega anche copia del documento "Per una soluzione giusta, equa e trasparente al problema del debito estero - elementi di discussione sulla proposta di un processo di arbitrato indipendente", da me preparato per l'occasione. Sperando di vedervi il 28, invio i miei cordiali saluti Sen. Francesco Martone ----------------------- Senato della Repubblica Gruppo Verdi-L'Ulivo INVITO TAVOLA ROTONDA Martedi' 28 maggio 2002 ore 12.00-14.00 Presso l'Ex-Hotel Bologna Via Di S. Chiara ,5 Roma Quali nuove prospettive per la cancellazione del debito dei paesi in via di sviluppo? Le proposte per una procedura di arbitrato internazionale sul debito Di fronte all'evidente ritardo ed ai limiti evidenziati dalla stessa Banca Mondiale deiprogrammi di riduzione del debito per i paesi poveri maggiormente indebitati, ed all'emergenza rappresentata dalla grave crisi finanziaria ed economica argentina, i fa strada da più parti la proposta di un meccanismo nuovo di insolvenza e di arbitrato che permetta una soluzione giusta, e trasparente alla questione del debito estero. Da una parte le organizzazioni della società civile del Nord e del Sud del mondo hanno elaborato una serie di proposte innovative per un Processo Arbitrale Giusto e Trasparente (Fair and Transparent Arbitration Process) dall'altra lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha avanzato, riconoscendo l'urgenza della questione, due proposte di soluzione del problema nel corso dell'ultimo incontro di Primavera di Banca mondiale e Fondo Monetario internazionale. La tavola rotonda fornirà l'occasione per approfondire le varie proposte, con un confronto tra attivisti, esperti di campagne non governative e amministrazioni competenti , al fine di fornire un contributo costruttivo nel dibattito nazionale ed internazionale. Interverranno: Alberto Acosta ( Economista, Quito, Ecuador) Juergen Kaiser (Erlassjahr 2000, Germania) Luca De Fraia (Azione Aiuto/Sdebitarsi) Francesco Azzarello (Ministero degli Affari Esteri) E' invitato all'incontro un rappresentante del Ministero del Tesoro Coordina: Sen. Francesco Martone, (Gruppo Verdi-L'Ulivo, Commissione Esteri del Senato) Alberto Acosta, autore di numerosi saggi sul debito estero dell'America Latina, è considerato uno dei maggiori esperti internazionali sulla questione, lavora a Quito insieme ai movimenti sociali, ed indigeni dell'Ecuador. Ha svolto di recente numerose analisi sul debito estero e la dollarizzazione, la questione delle migrazioni e dello sfruttamento del petrolio. Ha partecipato di recente ad un seminario internazionale sull'insolvenza e l'arbitrato a Buenos Aires, ed alla Conferenza Internazionale sul FTAP a Guayaquil, Ecuador nel marzo 2002. Juergen Kaiser, coordina in Germania la Campagna Erlassjahr 2000, Jubilee 2000, e concentra il suo lavoro sull'elaborazione e la proposta di meccanismi di arbitrato internazionale sul debito estero. Per informazioni Tel. 06 67064199/3199 f.martone at senato.it ----------------------- Senato della Repubblica Gruppo Verdi-L'Ulivo PER UNA SOLUZIONE GIUSTA, EQUA E TRASPARENTE AL PROBLEMA DEL DEBITO ESTERO Elementi di discussione sulla proposta di un processo di arbitrato indipendente di Francesco Martone (*) Maggio 2002 " Quando occorre che uno stato dichiari bancarotta, così come quando deve farlo un individuo, una bancarotta onesta, trasparente e dichiarata è sempre la procedura meno disonorevole per il debitore e meno dannosa per il creditore" (Adam Smith, La Ricchezza delle Nazioni, 1776) Introduzione 211 miliardi di dollari di debito estero, questo é il macigno che pesa sulle possibilità del popolo argentino di risollevarsi dalla grave crisi politica, economica e finanziaria che ha colpito il paese, sull'orlo dell'insolvenza. Simile destino vive il popolo di un paese vicino, l'Ecuador, anch'esso strangolato dal debito estero e dai costi sociali ed ambientali del programma di dollarizzazione della sua economia. E destino simile hanno vissuto altri paesi, considerati emergenti, quali l'Indonesia, dove la crisi finanziaria ha gettato nella povertà milioni di persone. Il fragore dei cacerolazos, l'impatto indiretto della crisi argentina sul nostro paese, su milioni di cittadini italo-argentini, sulle imprese e sui destini degli averi di decine di migliaia di piccoli risparmiatori italiani possono fornire l'occasione per ridiscutere anche nel nostro paese il necessario riassetto della architettura finanziaria internazionale. Il materiale non manca: varie infatti sono le proposte elaborate dalle campagne internazionali sul debito estero relative all'introduzione di una procedura di arbitrato o insolvenza internazionale sul debito, in gergo riassunta con FTAP (Fair and Transparent Arbitration Process). L'idea di adattare ai contratti finanziari tra stati, e tra stati sovrani ed istituzioni finanziarie, pubbliche o private, la disciplina normativa di diritto fallimentare degli Stati Uniti è al centro del dibattito teorico già da qualche anno. Sulla scia della Conferenza delle Nazioni Unite su Finanza e Sviluppo (Financing for Development) tenutasi a Monterrey nel marzo 2002, e del lavoro preparatorio delle ONG, e dei risultati di gran rilievo della Campagna Jubilee 2000, questa ipotesi ha preso corpo anche a livello istituzionale. Anche l'FMI ha iniziato quasi contemporaneamente a contemplare l'ipotesi di meccanismi nuovi di insolvenza e ristrutturazione del debito sovrano, mentre il 15 marzo scorso, il Bundestag tedesco aveva approvato una risoluzione sulla Conferenza di Monterrey, nella quale si impegna il governo a sostenere l'ipotesi di un processo arbitrale giusto e trasparente sul debito. Questo documento di analisi e discussione vuole pertanto essere un contributo iniziale alla discussione sulla tematica a livello nazionale, ed in sostegno alle proposte delle ONG al riguardo, inclusa la creazione di una rete internazionale di Parlamentari che lavori per sostenere la proposta FTAP a livello globale. Tale proposta è stata lanciata poco prima della Conferenza di Monterrey, durante un incontro internazionale di ONG e campagne internazionali riunitesi a Guayaquil (Ecuador), per discutere una strategia comune sull'arbitrato internazionale, e sulle procedure di mediazione e ristrutturazione del debito sovrano. Cosa non va nel modello attuale di ristrutturazione del debito estero? Finora i negoziati sul debito estero dei paesi in via di sviluppo si sono tenuti negli ambiti circoscritti dei club di creditori, il Club di Parigi ed il Club di Londra, nei quali i paesi debitori, e le loro società civili, non avevano alcuna opportunità di far valere le proprie esigenze, dovendo sottostare ai termini fissati dai creditori, primi fra tutti la Banca mondiale ed il Fondo monetario internazionale. Queste due istituzioni, infatti svolgevano e svolgono tuttora un ruolo di primissimo piano nelle procedure di rinegoziazione del debito multilaterale. Essendo loro riconosciuto uno status di creditore preferenziale, qualcosa di simile ad un diritto di prelazione, i paesi debitori sono obbligati a pagare per primi i loro crediti, pena l'esclusione da ulteriori finanziamenti. Attraverso i piani di aggiustamento strutturale, ora ridenominati piani di riduzione della povertà, Fondo monetario internazionale e Banca mondiale hanno spinto quei paesi (i cosiddetti HIPC, Highly Indebted Poorer Countries) sulla via forzata delle liberalizzazioni e della privatizzazione dei settori chiave delle loro economie, per poter ripagare il debito. Insomma, le istituzioni finanziarie internazionali, oltre a garantirsi il ruolo di poliziotto delle economie di quei paesi, attratti nella spirale perversa della richiesta di finanziamenti per poter ripagare debiti accumulati in precedenza, hanno svolto un ruolo di garante per gli investimenti privati, e per i creditori. I negoziati sul debito estero quindi sono stati finora "gestiti" dai creditori stessi, con poche possibilità da parte dei paesi debitori di poter far valere le proprie ragioni. Uno dei luoghi dedicati a tali negoziati è il Club di Parigi, creato nel 1956 per risolvere la questione del debito estero dell'Argentina, e che rappresenta tutti i creditori pubblici e privati compresi OCSE, FMI, BM ed altre istituzioni multilaterali. In assenza di un quadro giuridico del Club di Parigi, i suoi membri hanno il potere di esercitare un controllo pressoché totale sui debiti, sulle rinegoziazioni, sulle condizioni per nuovi prestiti, sulla cancellazione del debito. Con l'Argentina e non solo, l'incantesimo si è rotto. Gli stessi programmi HIPC per la riduzione o cancellazione del debito estero dei paesi maggiormente indebitati hanno mostrato, per stessa ammissione della Banca mondiale, tutti i loro limiti e la loro inefficacia. I parametri utilizzati per definire la eleggibilità dei paesi ad accedere ai meccanismi di rinegoziazione del debito sono stati infatti esclusivamente improntati ad un approccio macroeconomico. Tra l'altro si calcolava il rapporto tra esportazioni e debito totale, su basi cognitive estremamente labili, basti pensare al caso dell'Uganda, dove il crollo del prezzo del caffè ha determinato una situazione drammatica, alterando i parametri di riferimento usati per porre le condizioni di accesso ai processi di riduzione del debito. Escludendo gli indici di sviluppo umano, di tipo qualitativo, dall'insieme di parametri di eleggibilità, Banca mondiale e Fondo monetario hanno costruito la strada verso il fallimento della loro iniziativa, così ampiamente pubblicizzata come la grande svolta nei rapporti tra paesi ricchi e paesi poveri del pianeta. Le cifre parlano chiaro: secondo la Banca mondiale (2002), 31 dei 42 paesi dell'iniziativa HIPC non riescono ad ottenere i risultati sperati in termini di riduzione o cancellazione del debito. Anzi, alcuni paesi come l'Uganda hanno chiesto finanziamenti superiori a quanto previsto. Inoltre, 9 paesi su 20 hanno subito una sospensione dei finanziamenti dell'FMI poiché non sono in grado di ottemperare del tutto alle condizioni poste dal Fondo per l'accesso ai meccanismi di riduzione del debito, ovvero l'attuazione di programmi di liberalizzazione e privatizzazione delle loro economie. Inoltre, in paesi a medio reddito come Argentina o Ecuador, il "debt for export ratio" o il "debt for income ratio" cioè il rapporto tra debito e reddito usato per determinare l'eleggibilità dei paesi ad accedere ai negoziati di riduzione del debito, non permette di apprezzare il livello di diffusa povertà che lacera quei popoli. Pertanto pur essendo paesi sull'orlo della bancarotta sociale ed economica, con elevati livelli di indebitamento, essi non rientrano nella categoria di paesi poveri maggiormente indebitati. Insomma, i tempi sono ormai maturi per una discussione approfondita su nuovi strumenti per la soluzione della problematica del debito estero, che non si limitino ad un tradizionale e consueto approccio macroeconomico, ma mettano finalmente al centro i necessari prerequisiti di equità, partecipazione e trasparenza attorno ai quali si dovrà ricostruire, a partire dall'arbitrato internazionale sul debito , una nuova architettura finanziaria più giusta e sostenibile. FTAP: I precedenti. "Il rimedio dell'insolvenza non è un atto di misericordia ma di giustizia e ragionevolezza economica". (Kunibert Raffer) Molte sono le proposte elaborate da studiosi e esperti delle organizzazioni non governative, ultima delle quali Jubilee Plus, nata dalla Campagna Jubilee 2000, che ha lanciato una iniziativa per un cosiddetto "Jubilee Framework", che riprende tutti i temi portanti della proposta per un arbitrato internazionale. Vale la pena di sottolineare che tali proposte, seppur con varie sfumature, sono state in parte o in tutto elaborate, o quanto meno recepite anche da ONG e campagne del cosiddetto Sud del Mondo. Elemento comun denominatore di molte delle proposte sull'arbitrato internazionale sul debito è il diritto fallimentare americano, preso a riferimento principale, ed in particolare le procedure contemplate per l'insolvenza delle autorità municipali (articolo 9) e per l'insolvenza delle imprese commerciali (articolo 11). Una proposta quest'ultima avanzata dall'economica Jeffrey Sachs. Per spiegare bene l'asimmetria di trattamento tra paesi e imprese in caso di insolvenza o fallimento, l'economista Jeffrey Sachs cita il caso del fallimento di Macy's. Nel gennaio 1992 Macy's i grandi magazzini di New York e la Russia dichiararono contemporaneamente bancarotta. Per Macy's fu possibile ottenere protezione nei confronti dei creditori, ai sensi del capitolo 11, mentre la Russia dovette pagare tutto. Macy's inoltre ottenne una moratoria immediata sul pagamento degli interessi sul debito, ed in tre settimane fu messa in grado di negoziare un nuovo prestito di 600 milioni di dollari da banche commerciali di New York. La Russia per contro che dovette attendere un anno prima di ottenere un pacchetto di aiuti finanziari dall'FMI e dalla BM, di cifra pressoché equivalente a quella ottenuta da Macy's. Il Professor Kunibert Raffer, dell'Università di Vienna, propone un capitolo 9 internazionale per i debitori sovrani, attraverso il quale si potrebbe svincolare la cancellazione o rinegoziazione del debito all'attuazione dei famigerati piani di aggiustamento strutturale, affrontando la questione dell'insolvenza. Secondo Raffer, "in ogni procedura di insolvenza, bisogna dare la priorità ai diritti umani ed alla dignità umana dei debitori e non ad un pagamento incondizionato del debito". Inoltre " La protezione del debitore è una delle due caratteristiche essenziali dell'insolvenza. L'altra è il principio assolutamente basilare della regola del diritto secondo la quale nessuno può essere giudice nella propria causa...". "Come tutte le procedure giuridiche, l'insolvenza deve rispettare l'esigenza minima secondo cui i creditori non possono decidere in merito alle loro proprie richieste". Raffer propone pertanto l'applicazione a livello di diritto internazionale del capitolo 9, attraverso arbitri internazionali indipendenti. Negli USA la legge protegge sia i poteri di governo delle autorità municipali indebitate che i creditori individuali. I cittadini (impiegati degli enti municipali o qualsiasi altro pubblico contribuente coinvolto) hanno il diritto di comparire a difesa dei suoi interessi, ed i loro standard di vita vengono protetti legalmente. La proposta di estensione del capitolo 9 si basa pertanto sul trattamento equo di tutti i debitori, sulla creazione di una corte internazionale di arbitrato composta da membri proposti da ambedue le parti, escludendo Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, poiché queste istituzioni sono da una parte creditori e dall'altra sono controllate a maggioranza da paesi creditori. Le popolazioni interessate al processo possono essere rappresentate da sindacati, agenzie specializzate ONU o ONG, oppure associazioni di categoria. Anche nel sistema ONU si é spesso fatto riferimento all'eventualità di un meccanismo di insolvenza internazionale. Kofi Annan, Segretario Generale delle Nazioni Unite nel suo rapporto all'Assemblea Generale del settembre 2000 "chiede una valutazione oggettiva e globale da parte di un gruppo di esperti indipendente e non influenzato indebitamente dagli interessi dei creditori mentre i processi sono in corso...I creditori dovrebbero anche impegnarsi ad attuare pienamente e rapidamente ogni raccomandazione di questo gruppo di esperti in materia di cancellazione del debito insolvibile". Già negli anni 80' l'UNCTAD elaborò una proposta mirata principalmente al debito privato, al fine di prevenire la trasformazione delle crisi di liquidità in crisi di insolvenza, salvaguardando i debitori da reazioni eccessive dei mercati e dal meccanismo di "socializzazione del debito". L'UNCTAD Parte dall'assunto che uno dei problemi fondamentali di fronte ai quali si trovano i paesi debitori fosse la "mancanza di un quadro di riferimento ben articolato per la risoluzione dei problemi del debito internazionale". La proposta dell'UNCTAD prevede varie fasi. Inizialmente il paese debitore dichiara una moratoria unilaterale al pagamento del debito e introduce meccanismi di controllo al fine di evitare una fuga di capitali dal paese. Dichiarando una moratoria o congelamento del pagamento del debito (il cosiddetto "standstill"), i creditori non dovrebbero avere il diritto di esigere pagamenti neanche in maniera coattiva, mentre il debitore prepara un piano di ristrutturazione del debito che prevede il trattamento equo di tutti i creditori. Il debitore può inoltre accedere a capitali senza autorizzazione da parte dei creditori. Secondo l'UNCTAD , onde garantire il necessario carattere di imparzialità del processo, il Fondo monetario internazionale non dovrebbe svolgere un ruolo preponderante nel processo, essendo da una parte creditore, con un potere rafforzato dalla sua capacità di porre condizionalità, e dall'altra parte in causa nei negoziati di ristrutturazione del debito. Per ovviare al problema, l'UNCTAD propone la creazione di un "Panel" indipendente per determinare se un paese possa imporre uno "standstill". La presenza di un panel indipendente dovrebbe garantire il paese debitore dagli effetto panico degli investitori, mentre l'FMI dovrebbe fornire dei capitali per fronteggiare le spese di emergenza, svolgendo tuttavia un ruolo importante nei negoziati tra creditori e debitori. FTAP oggi: la proposta del Jubilee Framework Le proposte più recenti provengono da alcune organizzazioni non-governative, tra queste il cosiddetto Jubilee Framework. Il Jubilee Framework, elaborato da Jubilee Plus, emanazione della campagna internazionale Jubilee 2000, riassume grosso modo le principali caratteristiche di un possibile FTAP. La proposta parte dal presupposto di assicurare l'esistenza di una serie di dispositivi che prevedano la possibilità per i paesi indebitati di richiedere una sospensione dei pagamenti, o per i creditori di dichiarare l'insolvenza. Tale eventualità permetterebbe una certa forma di regolamentazione dei flussi di capitali responsabilizzando i prestatori irresponsabili e i debitori negligenti. Il Jubilee Framework si applicherebbe a tutti i paesi indebitati senza alcuna eccezione, e non solo a quelli che l'FMI dichiara insolventi. I criteri per sollecitare una sospensione dei rimborsi saranno fissati dal paese debitore, mentre il cosiddetto debito odioso, quello cioè contratto con violazioni dei diritti umani fondamentali, o da governi dittatoriali, sarebbe cancellato ex officio in quanto illegittimo. Per fare un esempio, almeno il 20 percento del debito estero argentino, in quanto contratto dalle dittature militari , andrebbe "de facto" e "de jure" cancellato. I creditori internazionali, quali l'FMI, non potranno svolgere il molteplice ruolo di ricorrente, giudice e giuria, ed andrà pertanto tutelata la indipendenza della corte d'arbitrato o mediazione ad hoc. Tale corte, essendo costituita "ad hoc" non necessiterebbe di trattato internazionale né della creazione di un nuovo organismo internazionale. L'FMI svolgerebbe un ruolo importante in quanto istituzione competente per la raccolta dei finanziamenti di emergenza al fine di assistere lo stato sovrano durante lo "standstill". Ciononostante l'FMI non dovrebbe essere messo in grado di influire sulla nomina dei membri della commissione indipendente ad-hoc né sulle sue delibere. Come nelle corti di arbitrato commerciale, le due parti - il governo indebitato ed i creditori - nominano due arbitri e questi due un terzo che sarà il giudice. Il tribunale deve operare in maniera trasparente, e chiamato a rispondere non solo dinnanzi ai creditori, ma soprattutto dinnanzi ai cittadini del paese debitore. Tra i compiti del tribunale quello di fare un "auditing" del debito, per comprendere quale debito sia da considerarsi odioso, o contratto nell'illegalità e quali siano i crediti da ripagare ed a quali condizioni. Elemento essenziale per il buon funzionamento del Jubilee Framework è proprio la partecipazione pubblica al funzionamento del tribunale. Come stabilito dal capitolo 9 del codice fallimentare americano, i cittadini dovranno avere il diritto di essere consultati sulla validità economica del piano di accordo amichevole mentre i pubblici contribuenti potranno opporvisi. Pertanto i principi fondamentali dell'insolvenza internazionale possono essere riassunti come segue: a) rispetto della giustizia e della ragione (questo processo non deve essere considerato un atto di carità); b) rispetto dei diritti dell'uomo e della dignità umana del debitore e dei diritti dei creditori; c) rispetto dell'autorità della legge. In caso di procedura fallimentare, né i creditori, né i debitori potranno pertanto controllare il giudizio, né decidere sulle loro richieste o pagamenti. Il giudice è indipendente dai debitori e dai creditori, e risolve la situazione di crisi. Secondo il quarto principio essenziale, i cittadini toccati da una crisi devono beneficiare della possibilità giuridica di essere ascoltati sulle modalità di soluzione. L'FMI rilancia: la proposta Krueger per un SDRM Sotto accusa per le sue pratiche di "bail out" (concessione di pacchetti di salvataggio finanziario ai governi in crisi, utilizzati per lo più per tutelare gli interessi degli investitori stranieri) soprattutto nel caso Argentina, il Fondo Monetario Internazionale, nella persona della sua nuova numero due, Ann Krueger, ha più volte fatto riferimento nei primi mesi del 2002 all'urgenza di mettere in campo un processo nuovo per la ristrutturazione del debito estero sovrano. Al fine di evitare l'emorragia di fondi per piani di salvataggio che hanno inciso in maniera rilevante sulle finanze del Fondo negli ultimi anni, l'FMI dovrebbe quindi intervenire in qualità di "arbitro" verso una soluzione comune, accettata da ambo le parti. Nel suo documento "A New Approach to Sovereign Debt restructuring" del marzo 2002, la Krueger propone un cosiddetto SDRM (Sovereign Debt Restructuring Mechanism). Secondo la Krueger, l'assenza di un "processo prevedibile, ordinato e rapido per la ristrutturazione dei debiti di stati sovrani che stanno attuando politiche appropriate ha una serie di costi. Può portare lo stato sovrano con un carico di debito insostenibile a rinviare la richiesta di una ristrutturazione, con pregiudizio alle sue riserve valutarie e lasciando così sia il debitore che la maggior parte dei creditori in condizioni peggiori di prima. Inoltre, fatto ancor più rilevante, l'assenza di un meccanismo di voto a maggioranza per i termini della ristrutturazione può complicare il processo di ristrutturazione più equa che riporti il paese a livelli sostenibili". L'ipotesi di un SDRM servirebbe quindi ad ambedue le parti, ai creditori perché potrebbe prevenire un eventuale interruzione dei pagamenti, ed al debitore affinché inizi un negoziato con i creditori prima di constatare l'impossibilità del pagamento dei debiti. La Krueger propone quindi due ipotesi. La prima, basata su un approccio "contrattuale" maggiormente gradito all'amministrazione USA, contempla l'ipotesi di inserire nei contratti relativi a prestiti tra donatori e governo del paese ricevente, delle clausole di "azione collettiva" o "collective action clauses" applicabili caso per caso. Secondo la Krueger sarebbe però molto difficile applicare un quadro normativo esclusivamente contrattuale. Infatti i debitori esiterebbero ad includere una tale clausola che creerebbe sfiducia nei confronti degli investitori, poiché così facendo riconoscerebbero anzitempo la eventualità di un mancato pagamento dei prestiti. Un approccio contrattuale non fornirebbe pertanto una soluzione comprensiva e durevole al problema. Sarebbe inoltre fondato su un principio secondo il quale i creditori possono decidere a maggioranza le modalità di ristrutturazione. Quindi oltre all'approccio contrattuale si dovrebbe prevedere un secondo strumento, istituzionale, nel quale l'FMI svolgerebbe un ruolo di primo piano nel regolare e gestire le procedure di ristrutturazione del debito. Il piano dell'FMI è stato di fatto recepito dai G7, che nella loro dichiarazione finale del vertice dei Ministri delle Finanze tenutosi anch'esso nell'aprile 2002 a Washington, fanno riferimento ad un approccio a due binari, che vede da una parte un "approccio di mercato alla ristrutturazione del debito sovrano nel quale nuove clausole di emergenza verrebbero incorporate nei contratti finanziari", e dall'altra un "ulteriore approfondimento da parte dell'FMI sulle proposte di ristrutturazione del debito sovrano che possano richiedere nuovi trattati internazionali, cambiamenti nelle legislazioni nazionali, o emendamenti allo statuto del FMI". Mentre i paesi del G10 nel corso degli incontri di primavera del 2002 del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale hanno sostenuto le clausole di azione collettiva, il Comitato Finanziario e Monetario Internazionale del Fondo (IMFC) ha incoraggiato il Fondo ad esaminare ambedue le proposte, la seconda delle quali contemplerebbe una revisione dello statuto del Fondo monetario, considerando le due proposte complementari l'una all'altra. Resta sullo sfondo la forte opposizione dell'amministrazione americana, che ha cassato la seconda parte della proposta, privilegiando l'approccio contrattuale. Secondo alcuni osservatori, senza l'assenso USA la seconda proposta che contemplerebbe la revisione dello statuto dell'FMI, come già detto, non potrebbe essere realizzabile dato il forte potere di voto degli USA. Conclusioni Le ONG e le organizzazioni della società civile guardano con attenzione alla proposta del FMI, seppur mantenendo alcune forti riserve. Da una parte si apprezza l'enfasi data al carattere preventivo dello SDRM, il fatto che potrebbe essere attivato solo dal paese debitore e non dall'FMI o altre istituzioni, che verrebbe creata una entità internazionale indipendente e che oltre ai mercati emergenti l'SDRM potrebbe essere estesa anche ai paesi HIPC. Dall'altra però restano numerose perplessità sul ruolo primario dell'FMI e sull'insistenza dello stesso a non rinunciare allo status di creditore privilegiato" escludendo i crediti dell'FMI dal processo di rinegoziazione. Restano fuori dalla proposta FMI anche le richieste di trasparenza e partecipazione della società civile. Molte restano quindi le questioni aperte sulle quali trovare consenso per una soluzione equa, trasparente e giusta al debito estero dei paesi poveri o a medio reddito. Per riassumerne solo alcune: il ruolo dell'FMI, la necessità di introdurre controlli sui movimenti di capitale, il ruolo dei debitori ed i loro diritti, la partecipazione della società civile, e l'ambito istituzionale nel quale operare un processo di ristrutturazione, se cioè creare un panel di arbitrato ad hoc o una istituzione permanente, . Tuttavia, il processo di elaborazione e discussione è ormai iniziato, ed il ruolo dei parlamenti e della società civile deve essere quello di stimolare una migliore definizione delle proposte, ed un impegno dei governi e delle istituzioni finanziarie che riconosca pari dignità ai diritti dei creditori e quelli dei debitori, e che metta al centro i diritti fondamentali dei popoli e lo sviluppo sociale, per costruire un percorso di riforma della architettura finanziaria internazionale. Senza una soluzione giusta, equa, e trasparente alla questione del debito estero non ci potranno essere possibilità di sviluppo umano per quei paesi. Proposte come la tassazione dei movimenti di capitale speculativo del tipo della Tobin Tax, la necesaria ed non più rinviabile ridefinizione delle competenze delle istituzioni finanziarie internazionali, la responsabilizzazione ed il coinvolgimento attivo del settore privato nella prevenzione e soluzione delle crisi finanziarie, non potranno pertanto prescindere da un nuovo approccio alla soluzione del debito estero. Un approccio che in ultima analisi riassume in sé tutte le contraddizioni ma anche le possibili soluzioni ai danni causati da un sistema finanziario neoliberale libero finora di operare con scarso controllo da parte dei parlamenti e delle società civili dei paesi ricchi e di quelli indebitati. (*) Senatore, Gruppo Verdi al Senato, Capogruppo 3^ Commissione Affari Esteri ed Emigrazione, Segretario Commissione Diritti Umani. Per ulteriori informazioni: Sen. Francesco Martone, Gruppo Verdi-L'Ulivo, Senato della Repubblica, Palazzo Madama 0010° Roma - tel. 06.67063199/4199 e-mail: f.martone at senato.it Fonti: Jubilee Framework:"Mettre en place un processus d'insolvabilité internationale formant un cadre d'ensemble", Jubilee Plus, New Economics Foundation, Fevrier 2002; Kunibert Raffer, "Solving Sovereign Debt Overhang by internationalizing Charter 9 procedures", 2001; Anne O. Krueger, "A New Approach to Sovereign Debt restructuring", International Monetary Fund, Washington DC, 2002-05-20 "Debt Relief as a Development-Policy Goal" di Kristin Heyne, Buendnis 90- Die Gruenen, Bundestagsfraktion, Ottobre 2001 BLUE 21, Misereror, "Fair and Transparent Arbitration Processes: A new Road to resolve debt crises", discussion paper written by Philipp Hersel, Thomas Fritz, March 2001 www.imf.org/external/pubs/ft/exrp/sdrm/eng/index.htm www.jubileeplus.org/analysis/reports/jubilee_framework.html Liane Schalatek, "From the Washington Consensus to the Monterrey Consensus?" Heinrich Boell Foundation, Washington DC, 2002 Jubilee Plus: "New World Bank reports confirm that the HIPC Initiative is Failing", by Romilly Greenhill, 29 aprile 2002 FTAP-Update: "Schiedsverfahren oder Scheinreformen?" Bewegte Zeiten in Sachen FTAP, Juergen Kaiser, Aprile 2002 su www.erlassjahr.de Alberto Acosta: "La deuda externa es un problema politico global", Maggio 2002
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