i miei complessi sul display



il manifesto - 19 Maggio 2002 
I miei complessi sul display 
L'uso del cellulare, tra segreti e bugie. Dall'imbarazzo di chi chiama
all'evasività di chi risponde. Fino alla scelta degli sms. Il nostro
carattere è scritto sul telefonino
FRANCO CARLINI
Il telefono cambia la vita, ovvero le relazioni tra le persone, la
percezione dello spazio e del tempo, il contenuto delle «conversazioni». E'
stato vero per i primi telefoni, nel secolo scorso, ed è verissimo per i
telefoni cellulari di oggi. Ora che essi hanno raggiunto in numero le linee
fisse, superando la soglia del miliardo, è il momento forse di rifletterci
meglio e di valutarne con occhi lucidi, valori e disvalori. Magari partendo
da alcune considerazioni empiriche che sociologi e antropologi vanno
raccogliendo, ma che fanno parte anche dell'esperienza quotidiana di molti
di noi. 1. Il cellulare riempie gli interstizi. E' il primo effetto,
cercato, della sua diffusione. Significa che alcuni tempi vuoti della vita
quotidiana, come le soste in aeroporto, oppure i viaggi in treno e in auto,
diventano pienamente usabili per le attività di lavoro oppure per fare le
telefonate di relazione e di amicizia che una giornata troppo piena di
lavoro più non consente. E' facile vedere persone che in quei momenti
consultano l'agenda incorporata nel cellulare per farsi venire in mente chi
chiamare. C'è chi apprezza molto tale possibilità, ma il fatto che si senta
il bisogno di riempire a tutti i costi un tempo che diversamente verrebbe
percepito come «morto», è anche un segno preoccupante della moderna
incapacità di stare soli con se stessi e con i propri pensieri.

2. Il cellulare delocalizza. Chiamando una persona al telefono, su di un
numero di rete fissa, non solo si entra in contatto vocale con lei, ma si
ha anche la conferma che si trova in quel posto (la casa, l'ufficio, la
villa al mare). Se poi quel posto lo si conosce, ci si forma un'immagine
mentale del nostro interlocutore seduto sul suo divano o scrivania e questa
immaginazione visiva rende più facile instaurare il dialogo. Con il
cellulare invece non si sa dove lui/lei sia e perciò la domanda più
frequente che le persone si fanno al cellulare non è il generico «come
va?», ma il curioso «dove sei?». Tecnicamente non è quasi mai
un'informazione necessaria per portare a termine con successo quella
conversazione, ma diventa un utile elemento di contesto, per orientarla.

3. Il cellulare imbarazza.Chiamando sulla rete fissa una persona in ufficio
(o a casa alle 19 di sera), si dà per scontato che se risponde ella sia
disponibile a dialogare con noi. Invece chiamandola all'apparecchio
cellulare è forte il dubbio di essere invasivi e di arrivare magari in un
momento inopportuno. E' per questo che un'altra delle frasi più frequenti a
inizio di telefonata è «per caso ti disturbo?» oppure «hai un attimo di
tempo?». Così il telefono mobile ha innescato un curioso fenomeno nei
chiamanti e nei chiamati: da un lato si apprezza la possibilità di essere
raggiungibili in ogni istante e in ogni luogo, ma dall'altro ciò può
diventare un fastidio, senza che per questo ci si decida a spegnerlo. Così
i rispondenti hanno spontaneamente inventato dei formati linguistici
appositi per segnalare al volo che sono impegnati: basta dire «pronto» con
voce bassa e cavernosa perché il chiamante percepisca immediatamente che
non è il momento e, scusandosi, si ritiri in buon ordine. In realtà non c'è
nulla di cui scusarsi: chiamare è lecito e se tu lo tieni acceso vuol dire
che dichiari la tua disponibilità a rispondere. Questo della voce bassa è
un codice linguistico nuovo che tutti abbiamo imparato a riconoscere, anche
se esistono delle situazioni ambigue: è il caso di Fabrizio, persona
gentile, che risponde sempre con voce allegra e disponibile anche se è nel
pieno di un acceso Comitato di redazione; allora tu cominci a ciacolare del
più e del meno e solo dopo un po' lui ti dirà «guarda che adesso sono
impegnato». Seguono scuse e smarrimenti.

4. Il cellulare permette di mentire. Proprio perché non c'è corrispondenza
tra l'apparecchio telefonico e una località fisica, e poiché il telefono
cellulare non trasporta alcuna informazione visiva, uno dei due dialoganti
(o tutti e due) può facilmente celare o alterare il «dove» si trova. Lo si
potrà fare per gioco o per interesse malizioso, per proteggersi da
interlocutori indesiderati o per mille altri motivi. «Scusa, sono in treno,
rischia di cadere la linea», è un ottimo modo per troncare un dialogo,
basta poi spegnere l'apparecchio, come se fosse giunta l'indesiderata
galleria. «Senti adesso sono a Bologna per lavoro, ti chiamo io domani» si
potrà dire all'interlocutore concittadino, anche se ci si trova nella
stessa città di Roma, ma si voglia evitarlo. Infinite sono le varianti di
questi comportamenti elusivi, difensivi (e talora offensivi). Ma se occhio
non vede ...

5. L'identificazione del chiamante. Come è noto sul display del telefono
cellulare compare quasi sempre il numero di chi sta chiamando. Se questo
non avviene può essere per due motivi: il chiamante ha inibito tale
possibilità, o la telefonata arriva da un ufficio sulla rete fissa che
utilizza centralini vecchia maniera. E' per questo motivo che l'autore di
questo articolo è costretto a rispondere sempre ai numeri anonimi, perché
le chiamate del manifesto rientrano in questo gruppo. Se invece il numero
arriva e fa parte di quelli memorizzati sul proprio telefono, esso non
comparirà come sequenza di cifre, ma con il nome associato, per esempio
«Elvis». In tal modo l'identificazione della persona è immediata e consente
una altrettanto istantanea decisione: rispondere o non rispondere. E' per
questo che sono pessimi gli apparati dotati di coperchietto, che non fanno
vedere il numero: se alzi lo sportello per vedere, già rispondi, e magari
non volevi. Qui si sono innescati particolari rituali, ancora in via di
assestamento. Se Elvis mi chiama, sente suonare il cellulare, e al secondo
squillo la connessione si tronca, significa che io ho rifiutato la
chiamata. L'ho «tagliata» perché avevo lasciato acceso l'apparecchio pur
essendo in riunione o perché proprio non le voglio parlare? Il dubbio è
lecito è può restare senza risposta. Oppure il telefono può squillare a
lungo senza risposta, aprendo la strada a una molteplicità di soluzioni: a)
ho dimenticato a casa il cellulare e dunque sta suonando a vuoto; b) ho
messo il silenziatore-vibratore, ma non lo sento vibrare; c) come sopra
sono in riunione e non posso rispondere; d) come sopra, non voglio
rispondere. Nelle persone ansiose, gelose o complessate, tali interrogativi
possono generare piccole angosce relativamente al «quanto sono importante
per quella persona?». Chi sia particolarmente complessato ricorrerà in
questi casi alla tecnica di chiamare da un altro apparecchio, che il
chiamato non conosce, oppure di far precedere il numero del destinatario
dagli opportuni codici che non fanno comparire l'identificazione. Ma in
questo caso le conseguenze possono essere assai negative: se colui che non
mi rispondeva quando comparivo come «Franco», risponde invece alla
telefonata da mittente anonimo, avrò la conferma che era proprio con me che
non voleva parlare. Deprimente.

6. Meglio gli SMS. Per alleviare tali ansie da comunicazione mancata o
rifiutata, i Brevi Messaggi di Testo (Short Message Service) sono ottimi.
Prendiamo il caso di Stefano che riunioni ne fa molte: l'esperienza ci ha
insegnato che tre volte su quattro risponde alle nostre chiamate vocali, ma
giusto per dire «scusa sono in riunione», senza darti il tempo di
aggiungere alcunché. Può capitare tuttavia che si abbia bisogno di
trasmettergli un'informazione urgente: sapendo che lui il cellulare lo
tiene sempre acceso, anche se silenziato, un breve messaggio sarà la
tecnica migliore. Oltre a tutto nei codici di comportamento di molti,
mentre è decisamente maleducato rispondere al cellulare mentre si parla
faccia a faccia con altri, non è considerata colpa grave consultare il
computer palmare durante una riunione, né lo scrivere brevi msg (messaggi)
di risposta. Stefano fa parte della categoria di quelli che a caratteri
alfanumerici risponde sempre (o quasi): buono a sapersi, pur di non abusarne.

7. Il mistero SMS. Le forme comunicative adottate nei messaggini hanno
riscosso ormai l'interesse dei linguisti e degli studiosi della
comunicazione giovanile. Ma scorrendo la molta letteratura in proposito,
non si riesce a trovare una risposta soddisfacente a una domanda di base:
come mai molti li usano quando potrebbero a) fare una telefonata vocale; b)
lasciare un messaggio in segreteria? Il razionale dice che gli Sms sono
particolarmente utili per comunicazioni brevi (160 caratteri),
unidirezionali («sto arrivando») e che non richiedono risposta istantanea
né dialoghi. E che sono ottimi per raggiungere comunque una persona, anche
quando impegnata. Il servizio di «ricevuta di ritorno», a pagamento,
permette anche di sapere con certezza che il destinatario ha ricevuto il
messaggio, e quando: non lo potrà negare.

Tutto ciò è vero, ma va anche notato che la pratica sociale degli Sms
genera ormai dei dialoghi molto intensi e puramente testuali, fatti di
messaggi che vanno e messaggi che vengono in brevi intervalli di tempo.
Come mai dunque quelle due persone non si telefonano e non si parlano a
voce? Non sarebbe più gradevole la comunicazione? Questa obiezione è
valida, ma solo se si assume un punto di vista funzionale, del tipo
«scegliere per ogni interazione il mezzo più efficace ed efficiente». Non
c'è dubbio allora che la comunicazione a due vie del telefono vocale sia
preferibile.

Il fatto è che gli Sms hanno spontaneamente creato un loro mondo di codici
e un loro linguaggio che è parente e figlio sia di quello vocale che di
quello scritto, ma che ha tuttavia dei caratteri propri e originali. Li si
utilizza proprio perché si apprezza tale forma di comunicazione breve e ci
si diverte a usarla, anche a prescindere dal contenuto informativo in senso
stretto che si vuole trasmettere. E tra le caratteristiche apprezzate, non
va dimenticato, c'è anche quella della maggiore lontana che il testo
unidirezionale consente rispetto al dialogo diretto. Può essere uno schermo
alle timidezze o un modo di scrivere giocando ciò che a voce non si riesce
a dire. Infinite varianti e corde della comunicazione tra gli umani.