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i miei complessi sul display
- Subject: i miei complessi sul display
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 22 May 2002 06:48:02 +0200
il manifesto - 19 Maggio 2002 I miei complessi sul display L'uso del cellulare, tra segreti e bugie. Dall'imbarazzo di chi chiama all'evasività di chi risponde. Fino alla scelta degli sms. Il nostro carattere è scritto sul telefonino FRANCO CARLINI Il telefono cambia la vita, ovvero le relazioni tra le persone, la percezione dello spazio e del tempo, il contenuto delle «conversazioni». E' stato vero per i primi telefoni, nel secolo scorso, ed è verissimo per i telefoni cellulari di oggi. Ora che essi hanno raggiunto in numero le linee fisse, superando la soglia del miliardo, è il momento forse di rifletterci meglio e di valutarne con occhi lucidi, valori e disvalori. Magari partendo da alcune considerazioni empiriche che sociologi e antropologi vanno raccogliendo, ma che fanno parte anche dell'esperienza quotidiana di molti di noi. 1. Il cellulare riempie gli interstizi. E' il primo effetto, cercato, della sua diffusione. Significa che alcuni tempi vuoti della vita quotidiana, come le soste in aeroporto, oppure i viaggi in treno e in auto, diventano pienamente usabili per le attività di lavoro oppure per fare le telefonate di relazione e di amicizia che una giornata troppo piena di lavoro più non consente. E' facile vedere persone che in quei momenti consultano l'agenda incorporata nel cellulare per farsi venire in mente chi chiamare. C'è chi apprezza molto tale possibilità, ma il fatto che si senta il bisogno di riempire a tutti i costi un tempo che diversamente verrebbe percepito come «morto», è anche un segno preoccupante della moderna incapacità di stare soli con se stessi e con i propri pensieri. 2. Il cellulare delocalizza. Chiamando una persona al telefono, su di un numero di rete fissa, non solo si entra in contatto vocale con lei, ma si ha anche la conferma che si trova in quel posto (la casa, l'ufficio, la villa al mare). Se poi quel posto lo si conosce, ci si forma un'immagine mentale del nostro interlocutore seduto sul suo divano o scrivania e questa immaginazione visiva rende più facile instaurare il dialogo. Con il cellulare invece non si sa dove lui/lei sia e perciò la domanda più frequente che le persone si fanno al cellulare non è il generico «come va?», ma il curioso «dove sei?». Tecnicamente non è quasi mai un'informazione necessaria per portare a termine con successo quella conversazione, ma diventa un utile elemento di contesto, per orientarla. 3. Il cellulare imbarazza.Chiamando sulla rete fissa una persona in ufficio (o a casa alle 19 di sera), si dà per scontato che se risponde ella sia disponibile a dialogare con noi. Invece chiamandola all'apparecchio cellulare è forte il dubbio di essere invasivi e di arrivare magari in un momento inopportuno. E' per questo che un'altra delle frasi più frequenti a inizio di telefonata è «per caso ti disturbo?» oppure «hai un attimo di tempo?». Così il telefono mobile ha innescato un curioso fenomeno nei chiamanti e nei chiamati: da un lato si apprezza la possibilità di essere raggiungibili in ogni istante e in ogni luogo, ma dall'altro ciò può diventare un fastidio, senza che per questo ci si decida a spegnerlo. Così i rispondenti hanno spontaneamente inventato dei formati linguistici appositi per segnalare al volo che sono impegnati: basta dire «pronto» con voce bassa e cavernosa perché il chiamante percepisca immediatamente che non è il momento e, scusandosi, si ritiri in buon ordine. In realtà non c'è nulla di cui scusarsi: chiamare è lecito e se tu lo tieni acceso vuol dire che dichiari la tua disponibilità a rispondere. Questo della voce bassa è un codice linguistico nuovo che tutti abbiamo imparato a riconoscere, anche se esistono delle situazioni ambigue: è il caso di Fabrizio, persona gentile, che risponde sempre con voce allegra e disponibile anche se è nel pieno di un acceso Comitato di redazione; allora tu cominci a ciacolare del più e del meno e solo dopo un po' lui ti dirà «guarda che adesso sono impegnato». Seguono scuse e smarrimenti. 4. Il cellulare permette di mentire. Proprio perché non c'è corrispondenza tra l'apparecchio telefonico e una località fisica, e poiché il telefono cellulare non trasporta alcuna informazione visiva, uno dei due dialoganti (o tutti e due) può facilmente celare o alterare il «dove» si trova. Lo si potrà fare per gioco o per interesse malizioso, per proteggersi da interlocutori indesiderati o per mille altri motivi. «Scusa, sono in treno, rischia di cadere la linea», è un ottimo modo per troncare un dialogo, basta poi spegnere l'apparecchio, come se fosse giunta l'indesiderata galleria. «Senti adesso sono a Bologna per lavoro, ti chiamo io domani» si potrà dire all'interlocutore concittadino, anche se ci si trova nella stessa città di Roma, ma si voglia evitarlo. Infinite sono le varianti di questi comportamenti elusivi, difensivi (e talora offensivi). Ma se occhio non vede ... 5. L'identificazione del chiamante. Come è noto sul display del telefono cellulare compare quasi sempre il numero di chi sta chiamando. Se questo non avviene può essere per due motivi: il chiamante ha inibito tale possibilità, o la telefonata arriva da un ufficio sulla rete fissa che utilizza centralini vecchia maniera. E' per questo motivo che l'autore di questo articolo è costretto a rispondere sempre ai numeri anonimi, perché le chiamate del manifesto rientrano in questo gruppo. Se invece il numero arriva e fa parte di quelli memorizzati sul proprio telefono, esso non comparirà come sequenza di cifre, ma con il nome associato, per esempio «Elvis». In tal modo l'identificazione della persona è immediata e consente una altrettanto istantanea decisione: rispondere o non rispondere. E' per questo che sono pessimi gli apparati dotati di coperchietto, che non fanno vedere il numero: se alzi lo sportello per vedere, già rispondi, e magari non volevi. Qui si sono innescati particolari rituali, ancora in via di assestamento. Se Elvis mi chiama, sente suonare il cellulare, e al secondo squillo la connessione si tronca, significa che io ho rifiutato la chiamata. L'ho «tagliata» perché avevo lasciato acceso l'apparecchio pur essendo in riunione o perché proprio non le voglio parlare? Il dubbio è lecito è può restare senza risposta. Oppure il telefono può squillare a lungo senza risposta, aprendo la strada a una molteplicità di soluzioni: a) ho dimenticato a casa il cellulare e dunque sta suonando a vuoto; b) ho messo il silenziatore-vibratore, ma non lo sento vibrare; c) come sopra sono in riunione e non posso rispondere; d) come sopra, non voglio rispondere. Nelle persone ansiose, gelose o complessate, tali interrogativi possono generare piccole angosce relativamente al «quanto sono importante per quella persona?». Chi sia particolarmente complessato ricorrerà in questi casi alla tecnica di chiamare da un altro apparecchio, che il chiamato non conosce, oppure di far precedere il numero del destinatario dagli opportuni codici che non fanno comparire l'identificazione. Ma in questo caso le conseguenze possono essere assai negative: se colui che non mi rispondeva quando comparivo come «Franco», risponde invece alla telefonata da mittente anonimo, avrò la conferma che era proprio con me che non voleva parlare. Deprimente. 6. Meglio gli SMS. Per alleviare tali ansie da comunicazione mancata o rifiutata, i Brevi Messaggi di Testo (Short Message Service) sono ottimi. Prendiamo il caso di Stefano che riunioni ne fa molte: l'esperienza ci ha insegnato che tre volte su quattro risponde alle nostre chiamate vocali, ma giusto per dire «scusa sono in riunione», senza darti il tempo di aggiungere alcunché. Può capitare tuttavia che si abbia bisogno di trasmettergli un'informazione urgente: sapendo che lui il cellulare lo tiene sempre acceso, anche se silenziato, un breve messaggio sarà la tecnica migliore. Oltre a tutto nei codici di comportamento di molti, mentre è decisamente maleducato rispondere al cellulare mentre si parla faccia a faccia con altri, non è considerata colpa grave consultare il computer palmare durante una riunione, né lo scrivere brevi msg (messaggi) di risposta. Stefano fa parte della categoria di quelli che a caratteri alfanumerici risponde sempre (o quasi): buono a sapersi, pur di non abusarne. 7. Il mistero SMS. Le forme comunicative adottate nei messaggini hanno riscosso ormai l'interesse dei linguisti e degli studiosi della comunicazione giovanile. Ma scorrendo la molta letteratura in proposito, non si riesce a trovare una risposta soddisfacente a una domanda di base: come mai molti li usano quando potrebbero a) fare una telefonata vocale; b) lasciare un messaggio in segreteria? Il razionale dice che gli Sms sono particolarmente utili per comunicazioni brevi (160 caratteri), unidirezionali («sto arrivando») e che non richiedono risposta istantanea né dialoghi. E che sono ottimi per raggiungere comunque una persona, anche quando impegnata. Il servizio di «ricevuta di ritorno», a pagamento, permette anche di sapere con certezza che il destinatario ha ricevuto il messaggio, e quando: non lo potrà negare. Tutto ciò è vero, ma va anche notato che la pratica sociale degli Sms genera ormai dei dialoghi molto intensi e puramente testuali, fatti di messaggi che vanno e messaggi che vengono in brevi intervalli di tempo. Come mai dunque quelle due persone non si telefonano e non si parlano a voce? Non sarebbe più gradevole la comunicazione? Questa obiezione è valida, ma solo se si assume un punto di vista funzionale, del tipo «scegliere per ogni interazione il mezzo più efficace ed efficiente». Non c'è dubbio allora che la comunicazione a due vie del telefono vocale sia preferibile. Il fatto è che gli Sms hanno spontaneamente creato un loro mondo di codici e un loro linguaggio che è parente e figlio sia di quello vocale che di quello scritto, ma che ha tuttavia dei caratteri propri e originali. Li si utilizza proprio perché si apprezza tale forma di comunicazione breve e ci si diverte a usarla, anche a prescindere dal contenuto informativo in senso stretto che si vuole trasmettere. E tra le caratteristiche apprezzate, non va dimenticato, c'è anche quella della maggiore lontana che il testo unidirezionale consente rispetto al dialogo diretto. Può essere uno schermo alle timidezze o un modo di scrivere giocando ciò che a voce non si riesce a dire. Infinite varianti e corde della comunicazione tra gli umani.
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