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una giornata di un lavoratore mcdonald
- Subject: una giornata di un lavoratore mcdonald
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 23 Mar 2002 18:18:04 +0100
da repubblica di venerdi 17 marzo Un'artista canadese ha simulato, in un sito, le 24 ore sempre uguali di un dipendente della catena di hamburger Una giornata nella vita di un commesso di McDonald Si può seguire, passo passo, l'esistenza quotidiana di un nuovo "alienato" al tempo della globalizzazione di RICCARDO STAGLIANO' ---------------------------------------------------------------------------- ---- ROMA - La giornata di un dipendente di McDonald è un ciclo di 24 ore che si rifrange all'infinito nello specchio della vita. Il domani è uguale a ieri e identico alla settimana prossima: il pane con il sesamo, le sottilette, i cetrioli, la carne macinata, le guarnizioni e tutto il resto sino alla scatola bianca e rossa del BigMac. E si ricomincia da capo, senza sosta. Il prima e il dopo sono solo il tessuto connettivo di un'esistenza che sola riesce a riprodurre i ritmi meccanici di un'era industriale d'antan: la catena di montaggio, un uomo che gira una manovella e al posto del bullone stringe una fettina di bacon. E se il turno di fabbrica è stato cantato in "Tempi moderni" da Charlie Chaplin, il cottimo dell'hamburger è immortalato mirabilmente in un sito-testimonianza di Garnet Hertz, un laureando di Belle Arti all'Università di Saskatchewan che ne fece, anni fa, la sua tesi di laurea e che oggi - in tempi di No global - è diventato un tormentone della Rete. A partire dalle 8, quando la sveglia trilla: "Alzarsi. Fare la doccia" è un'opzione, "Troppo stanco. Spegnere la suoneria" è l'altra. Il visitatore può scegliere una strada o l'altra e seguire, passo dopo passo, la giornata del nuovo alienato. Appare un'altra immagine e altre strade possibili: scegliere gli abiti, salire in macchina, guidare a velocità minima-media-massima verso il negozio per prepararsi al piatto forte, l'azione. Inizia la sequenza, che diventa presto un'ossessione: parte inferiore del panino, salse, sottilette, carne, divisorio di pane, altra carne, lattuga, cetrioli, parte superiore del panino e tutto finisce nella scatola. Si ricomincia da capo, ad oltranza. Uno, due, cinque BigMac. E quando il turno potrebbe considerarsi concluso, salta fuori lo scrupolo sul se si è fatto abbastanza. Se si prosegue, infatti, si può prendere un piccolo straordinario, 5 dollari l'ora per imbandire l'ennesima sfilza di super-panini. Ma a un certo punto la stanchezza ha la meglio. E' il momento di tornare a casa. Come una pellicola girata all'indietro il turnista della globalizzazione torna a casa dove l'aspetta un'entusiasmante cenetta. Più carote? Più patate lesse? Più carne? Non si può dire che sia una vita senza possibilità di scelta. Poi la dicotomia finale: "Guardare la tv" o "Andare a letto"? Nel primo caso, ancora un sacco di alternative ma - come qualcuno ha detto - "Tanti canali, niente da vedere". Quando finalmente tocca il letto, il dipendente spera di affrancarsi con i sogni, che però risultano marchiati con il medesimo logo della "M" grande e tonda. Non c'è scampo. "Come sempre, alle cinque del mattino, suonarono la sveglia percuotendo con un martello un pezzo di rotaia appeso vicino alla baracca del comando" iniziava "Una giornata di Ivan Denisovic", il romanzo che dette la notorietà internazionale a Aleksandr Solzenicyn e che raccontava le disumane condizioni di vita di un prigioniero dei gulag staliniani. Nei McDonald le cose sono ben diverse, a nessuno sfugge, ma simile è l'inesorabile ripetizione delle giornate, che non conoscono variazioni sul tema, non consentono scarti. Ivan, scrive Solzenicyn, "Aveva desiderato che non venisse il mattino. Ma il mattino, come sempre, era venuto". Il dipendente senza nome che l'artista canadese racconta ha avuto, più e più volte, il medesimo desiderio. Invano.
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