fondi pensione al bivio di nuove riforme



da affari e finanza

 

il governo vuole liberare il Tfr per incentivare l’utilizzo della
previdenza integrativa ma l’aspro conflitto tra Confindustria e sindacati
che coinvolge anche le norme in materia di flessibilità del lavoro, rende
incerto lo scenario futuro. Nel frattempo le polizze vita tradizionali
conservano il loro peso

Fondi pensione al bivio di nuove riforme

FERNANDO VACARINI

è passato solo un anno dall’introduzione delle nuove norme sulla previdenza
integrativa, ma già si respira un’altra aria. Poi, con la delega chiesta
dal governo su previdenza e lavoro, lo scenario che si presenta è piuttosto
fluido e non si escludono colpi di scena. Ma procediamo con ordine. A
partire dal 2001, con le modifiche fiscali sul trattamento delle polizze
vita, due prodotti come le unit linked e le index linked ,che negli anni
precedenti erano state la rivelazione della raccolta premi surclassando le
polizze vita tradizionali, sono state relegate in un angolo, perdendo il
privilegio della detrazione del 19% sul premio annuo versato e mettendo in
discussione anche gli altri capisaldi. Con la riforma della successioni
infatti mantengono il loro appeal solo per donazioni in favore di persone
al di fuori dall’asse ereditario. Inoltre da qualche mese, grazie ad una
sentenza emessa da un giudice, anche l’impignorabilità e
l’insequestrabilità sono state messe in discussione. Uno dei punti fermi
della riforma fiscale sulla previdenza, era il decollo della previdenza
integrativa sotto forma di Pip (Piani integrativi previdenziali) e Fondi
Pensione. I primi risultati sono però deludenti, se pensiamo che i Pip nel
corso del loro primo anno di vita, secondo stime elaborate da Tillinghast
Towers Perrin hanno raccolto solo 340 milioni di euro, pari all’1% della
nuova produzione vita che continua a mantenere le quote di mercato grazie a
caricamenti più vantaggiosi per le reti di vendita. Ma anche il settore dei
Fondi Pensioni chiusi e quello dei Fondi Pensione aperti non ottiene i
risultati sperati, nonostante a settembre 2001, sempre secondo dati
Tillinghast Towers Perrin gli asset gestiti dai Fondi Pensione chiusi
ammontano a 2.000 milioni di euro con un incremento su base annua del 100%,
mentre i Fondi Pensioni aperti gestivano asset per 713 milioni di euro con
un incremento del 75% su base annua. Rispetto al resto dell’Europa e alle
necessità dei futuri pensionati è però troppo poco, il gap rimane molto
elevato. Per cercare di incentivare l’utilizzo della previdenza
integrativa, ma soprattutto dei Fondi Pensione, il governo Berlusconi ha
deciso di liberare il Tfr per farlo confluire nei Fondi Pensione. E qui si
è arenato il problema, con un conflitto aspro che vede contrapposti
Confindustria e sindacati. 
Un altro elemento al centro del dibattito è la possibilità di scelta se
aderire ai Fondi pensione chiusi o a quelli aperti. Secondo l’attuale
normativa i dipendenti devono aderire ai Fondi Pensione chiusi.
Confindustria spinge invece per la libertà di scelta del lavoratore. Anche
qui si tratta di lotta di potere, nei Fondi negoziali il sindacato è
presente nella gestione, in quelli aperti no. Forse, come suggerisce
Filippo Menichino, titolare di uno degli Studi di diritto del lavoro più
noti in Italia, sarebbe sufficiente trovare l’accordo sul lavoro sulla base
di una maggiore tutela del lavoro, con una indennità di disoccupazione a
livelli elevati come nei paesi dove il Welfare State è più evoluto. Ma
quale sarà lo scenario per i prossimi anni della previdenza integrativa.
«Senza ombra di dubbio, il discorso relativo al Tfr può cambiare lo
scenario — afferma Maurizio Valsecchi, direttore generale Strategy
Economics di Tillinghast Towers Perrin — . Comunque l’Inps nei prossimi 10
— 15 anni non sarà in grado di garantire l’attuale livello di trattamenti
pensionistici. E qualcosa va cambiato. Il sistema italiano di previdenza
integrativa, è vero, si trova in ritardo, passerà un po’ di tempo prima che
tutto entri a regime, si può pensare che ciò accadrà nella seconda metà del
2003. Una considerazione è però molto importante: il mercato darà una
rendita di posizione al first mover. Una volta scelto il primo
interlocutore il cliente non cambierà gestore con facilità. Inoltre il
mercato italiano può esplodere in poco tempo, per cui i gestori esteri sono
pronti ad approfittarne». Ma qualcosa cambierà anche sul fronte dei
prodotti di previdenza integrativa, ci sarà chi vedrà le proprie quote di
mercato salire e chi addirittura scomparirà. «Le polizze vita tradizionali,
mantenendo i vantaggi fiscali, continueranno ad avere il loro peso — spiega
Marco Mori, direttore marketing di Ing Employee Benefits — almeno fino a
quando tutta la vicenda legata ai Fondi Pensione non sarà chiarita. I premi
unici saranno rinnovati fino a quando potranno godere dei vantaggi fiscali,
poi avranno un futuro incerto. Per le unit linked il futuro sarà
probabilmente all’interno dei Pip, le index invece non ci saranno più.
Anche se — sottolinea Mori — sia le unit che le index linked non possono
più essere considerate prodotti di previdenza ma di risparmio gestito. I
Pip, con molta probabilità, possono esplodere. Già quest’anno si potrà
raggiungere il 5% del totale contro circa l’1% dello scorso anno. I Pip
inoltre faranno gola soprattutto ai liberi professionisti grazie ai
benefici fiscali (abolizione della tassa sui premi versati del 2,5% e
deduzione fiscale del 12% annuo fino a 5.164 euro) e perché non sono legati
alla vicenda Tfr. Sul fronte dei Fondi Pensione bisognerà attendere i
risvolti delle vicende politiche per esprimere dei giudizi completi.
Un’ipotesi possibile può essere anche avere un Fondo Pensione con un Pip:
entrambi godono degli stessi benefici fiscali, ma il Pip ha un vantaggio al
momento della rendita essendo calcolata su parametri demografici all’inizio
del contratto, mentre nel Fondo Pensione solo all’inizio della rendita.
Inoltre, utilizzando tutti e due gli strumenti si può avere una maggiore
diversificazione. 
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