[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
lavorare poco lavorare bene
- Subject: lavorare poco lavorare bene
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 24 Dec 2001 12:51:55 +0100
da repubblica GIOVEDÌ, 20 DICEMBRE 2001 Stampa questo articolo Lavorare poco, lavorare bene ecco il segreto dell'Europa Il risvolto negativo resta l'alta disoccupazione: le imprese sono restie ad assumere nuovi dipendenti Il mito del miracolo Usa è falso La produttività nel Vecchio Continente è molto superiore RUDI DORNBUSCH ---------------------------------------------------------------------------- ---- Sul miracolo economico americano tira aria di revisione. Non solo la bolla USA è scoppiata, ma oggi sembra proprio che buona parte del miracolo economico degli anni '90 non sia mai esistito. Quanto a prestazioni è l'Europa a trionfare, non gli USA. Uno studio sulle origini della crescita economica condotto dall'Ocse assembla un formidabile insieme di dati associati a nuovi giudizi sugli andamenti positivi e negativi. La prestazione dell'economia americana non risulta brillante come si pensava: è vero che gli Stati Uniti hanno registrato una crescita consistente negli anni '90, superiore a quella delle maggiori economie europee, ma l'immagine degli USA come miracolo produttivo, è falsa. Ciò è evidente a livello tradizionale di prodotto per lavoratore, ma ancor di più se consideriamo che in Europa si lavorano molte meno ore a testa rispetto all'America. Prendendo in esame la produttività per ora lavorata, l'Europa mostra una tendenza completamente opposta. E' la Germania, un paese reputato fiacco se non peggio, a vincere la competizione. I tedeschi non lavorano molto, ma quanto a produttività non hanno rivali e continuano a migliorare. Potrebbe quasi sembrare che l'Europa abbia escogitato un abile stratagemma: lavorare poco, lavorare bene. In effetti non solo ha registrato una più alta crescita produttiva, ma anche migliori livelli di produttività. La Germania ovest o la Francia hanno prodotto decisamente più valore in dollari per ora lavorata rispetto agli Usa. Lo stesso ha fatto l'Italia. Il Giappone, invece, con il suo inefficiente terziario si è dimostrato di gran lunga inferiore agli USA e all'Europa, come la Gran Bretagna. Ecco una possibile interpretazione di questi dati di fatto: il mercato del lavoro in Europa costituisce un grande problema. E' eccessivamente regolato, poco flessibile e, in aggiunta a questi due mali, costoso, persino all'attuale basso tasso dell'euro. Non c'è da sorprendersi se le imprese europee sono diffidenti e operano secondo modelli «capitalintensive». Con alte concentrazioni di capitale per lavoratore, a parità di altre condizioni, la manodopera è altamente produttiva: ecco il modello europeo. Inoltre le imprese «laborintensive» (cioè a bassa produttività) sono più propense ad affidare alcuni compiti a soggetti esterni o ad operare offshore. Questo in parte perché la ristrutturazione in Europa è un processo difficile che può portare al trasferimento all'estero dell'intera impresa. Di conseguenza, per eliminazione, le ditte che restano sono quelle che mostrano incrementi nella produttività. E' un modello intelligente, ma c'è un rovescio della medaglia? Il lato negativo è che l'Europa ha un'alta disoccupazione perché le imprese sono restie ad assumere nuovi dipendenti. Negli Usa invece la crescita normalmente implica un accumulo relativamente minore di capitale per lavoratore e un limitato aumento di produttività per lavoratore o per ora lavorata, ma porta in cambio alla creazione di un numero significativamente maggiore di posti di lavoro. Di fatto gran parte della crescita americana negli anni '90 ha implicato l'assorbimento dei disoccupati e dei beneficiari delle prestazioni di assistenza sociale nel mercato del lavoro. La crescita Usa comporta la creazione di molti posti di lavoro, la crescita europea, anche se alta, mantiene costante la disoccupazione. Due diversi modelli, ciascuno con un rovescio della medaglia. Sarebbe ovviamente interessante per l'Europa ottenere l'ulteriore beneficio di una massiccia creazione di posti di lavoro e per gli Usa godere di una più forte produttività in aggiunta alla monumentale macchina occupazionale. Esiste la possibilità che una di queste eventualità si verifichi? L'Europa non ha grandi prospettive di emergere dalla trappola della disoccupazione, né nel prossimo anno di recessione, né in tempi brevi. Per cambiare le cose essa dovrebbe rimpinzare l'economia di investimenti, denaro a basso costo, sgravi fiscali per tutti e forse spendere denaro per opere pubbliche. Non c'è speranza che ciò si realizzi nelle attuali condizioni di rigido contenimento dei bilanci. La storia rimarrà quella di una buona produttività, sorprendentemente buona, considerando che non si pensava all'Europa come facente parte dell'area della «new economy». Negli Usa c'è recessione e quindi crescente disoccupazione. La prevista modesta ripresa non sarà sufficiente a superare la produttività. Il prossimo anno, di conseguenza, l'Europa e gli Usa si troveranno in una situazione simile. Sul versante della produttività forse le cose miglioreranno. E' la prima volta che gli Usa registrano una crescita di produttività in una fase di recessione (in cui normalmente la produttività assume valori negativi). Se questa crescita tiene e si rafforza con la ripresa, come sembra pensare il Presidente Greenspan, gli Usa potrebbero presto trovarsi di fronte al dilemma europeo. Raggiungeranno buoni livelli di produttività, forse anche migliori di quelli europei, ma non saranno in grado di ridurre il tasso di disoccupazione. Purtroppo non è ben chiaro quale stato di cose sia migliore.
- Prev by Date: l'industria col bollino verde
- Next by Date: legambiente e la legge-obbiettivo
- Previous by thread: l'industria col bollino verde
- Next by thread: legambiente e la legge-obbiettivo
- Indice: