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P. Kenndy: La bomba demografica
- Subject: P. Kenndy: La bomba demografica
- From: "F A B I O C C H I::" <eco_fabiocchi at tin.it>
- Date: Fri, 24 Sep 2004 15:42:57 +0200
La bomba demografica
di Paul Kennedy
Paul Kennedy è professore di storia alla Yale University. Ha pubblicato tra
l'altro Il mondo in una nuova era
I giornali annunciano la fine dell'incubo della bomba demografica, ma la realtà
è più complessa
Internazionale 558, 23 settembre 2004
http://www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=7267
Alla fine di agosto, i lettori di molti giornali saranno stati piacevolmente
sorpresi di sapere che la "bomba demografica", che da decenni toglie il sonno
agli esperti, sta esaurendo la sua forza dirompente. Di recente l'agenzia
dell'Onu che ogni anno pubblica statistiche sui trend demografici ha un po'
ridimensionato le sue previsioni.
Oggi il nostro pianeta ospita sei miliardi e 300 milioni di persone: l'agenzia
prevede che entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà il picco massimo
e poi si assesterà su circa nove miliardi di abitanti. Non è proprio una buona
notizia per chi dice che abbiamo già superato la soglia di sostenibilità.
Tuttavia, si tratta di una cifra molto inferiore ai pronostici di una decina
d'anni fa. Non c'è da stupirsi, quindi, se il rapporto ha fatto notizia. Ma
prima di stappare lo champagne, diamo un'occhiata un po' più approfondita ai
calcoli.
Il nostro è un mondo complesso e sul piano demografico presenta enormi divari,
non solo tra le diverse regioni, ma anche al loro interno. Il motivo principale
del rallentamento della crescita demografica è semplice: i tassi di natalità
sono scesi sia nei paesi industrializzati (ma non in tutti) sia in quelli in
via di sviluppo (anche qui, non in tutti). Di questa transizione demografica
non c'è una sola spiegazione: gli esperti la attribuiscono soprattutto a due
cause.
La prima è che oggi un numero sempre crescente di famiglie abita in città
sovraffollate anziché in campagna. Avere cinque o sei figli può far comodo se
abiti in una vecchia casa colonica: puoi metterli a badare ai polli o a
raccogliere la legna. Se però ti sei trasferito in un monolocale di una
bidonville di San Paolo del Brasile, tanto per fare un esempio, avere una
famiglia numerosa è decisamente poco pratico.
C'è poi un secondo insieme di motivi legati al nuovo ruolo delle donne sia
nelle società avanzate sia in quelle in via di sviluppo. L'aumento del numero
di ragazze e donne che accedono all'istruzione secondaria e universitaria ha
anche l'effetto di ridurre le dimensioni della famiglia media, tra l'altro
perché ritarda l'età del matrimonio e aumenta le opportunità di impiego.
Infine, in molti paesi la speranza di vita delle donne sta salendo, il che
riduce la pressione a metter su famiglia in giovane età.
Non meno interessanti, e gravide di importanti conseguenze sul piano
demografico, sono le novità intervenute nel mondo in via di sviluppo a livello
di opportunità professionali e di stile di vita delle donne. Oggi davanti a una
giovane istruita si schiudono possibilità che a sua nonna erano precluse. E se
la ragazza lavora in uno studio legale, o gestisce un'impresa, le resta poco
tempo (o voglia) per mandare avanti una famiglia.
Anche se è impossibile da dimostrare in modo incontestabile, sembra ci sia una
forte correlazione tra le aspettative sul ruolo della donna nella società e il
tasso di natalità di un paese. Allora, questo rallentamento della crescita
della popolazione mondiale va salutato come un segno positivo? Nel complesso,
sì: per l'ambiente, per l'assistenza sanitaria, per la causa dell'uguaglianza
tra i sessi.
Tuttavia, in questa situazione ci sono vari aspetti su cui riflettere. Il primo
è l'implosione demografica dell'Europa, del Giappone e della Russia: bisogna
puntualizzare che una società anziana è anche una società cauta e
conservatrice, ed è difficile che si avventuri a promuovere i cambiamenti
necessari per stare al passo con il ventunesimo secolo.
Problemi molto seri
In secondo luogo il quadro generale – con il tasso d'incremento demografico in
calo in tutto il Nordafrica e in gran parte dell'Asia – non tiene conto delle
eccezioni, cioè di quei paesi o regioni dove le proiezioni demografiche parlano
di forti aumenti: per esempio lo Yemen, l'Asia centrale, l'Africa centrale e
occidentale. Secondo le proiezioni, entro il 2050 il Pakistan, che oggi ha la
stessa popolazione della Russia (145 milioni), dovrebbe raggiungere i 345
milioni.
In quasi tutti questi casi, si tratta di paesi dove lo stato è disgregato o in
via di disgregazione e soffre di conflitti interni, arretratezza sul piano dei
diritti delle donne, situazioni ambientali disastrose e livelli spaventosi di
povertà. C'è da preoccuparsi, mi sembra.
Un'ultima considerazione. Anche se i tassi di fecondità di tutto il mondo in
via di sviluppo si stabilizzassero oggi stesso, ci troveremmo comunque di
fronte a una sfida: quella posta dal miliardo e più di giovani che attualmente
hanno un'età compresa tra i 5 e i 20 anni.
E ancora: come farà la società globale ad assistere le ragazze svantaggiate,
che conducono una vita ben lontana dagli standard delle loro sorelle svedesi o
canadesi? E che ne facciamo delle centinaia di milioni di giovanotti pieni di
rabbia ed energia che, senza un'istruzione né un lavoro, invadono le strade di
Falluja o della Striscia di Gaza?
Sono domande a cui non c'è una risposta. Tuttavia, è bene tenere a mente queste
difficili sfide. Altrimenti rischiamo di leggere distrattamente l'annuncio che
l'incubo della bomba demografica è finito, senza accorgerci che di problemi
demografici ce ne sono ancora, e molto seri.