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Re: comunicato stampa demanio idrico
A mio modesto avviso, una soluzione potrebbe essere quella di riproporre
quanto fatto dall'assessorato all'ecologia~ambiente (ex ass ferrari arch
davide) del comune di Borgo San Giacomo (BS), il quale visto lo sciempio
attuato su aree demaniali in fregio al fiume Oglio, in concessione a privati
e a destinazione originaria di bosco trasformati in pochi decenni a cultura
di mais, ha, con non poche resistenze istituzionali, chiesto ed ottenuto che
le aree in questione passessero in concessione ed eventualmente in futuro in
proprietà al Comune, al fine di riforestare quanto più possibile, portando
il territorio martoriato ad un ripristino ambientale.
Ottenuta la tanto agognata concessione ( dopo circa 10 anni di domande e
carteggi vari), si è redatto un progetto globale coinvolgente circa 40
ettari, pari a circa 120 piò bresciani da destinare a bosco di essenze
autoctone diversificate.
Ad oggi, non ricoprendo più la carica di assessore, posso comunque dire da
quel che vedo che il progetto viene portato avanti, grazie anche e
soprattutto ai finanziamenti provinciali e regionali ottenuti a suo tempo.
23 ettari di bosco sono a dimora, il resto proseguirà con ogni probabilità
con la prossima amministrazione.
ciao.
davide ferrari
----- Original Message -----
From: "Verdi Friuli-Venezia Giulia" <verdifvg@verdinrete.it>
To: <pck-ecologia@peacelink.it>
Sent: Thursday, May 27, 2004 9:41 AM
Subject: comunicato stampa demanio idrico
> COMUNICATO STAMPA
>
>
>
> Riprendiamo brevemente il contenuto dell'articolo pubblicato recentemente
> su un quotidiano venerdì 14 maggio 2004 sul quotidiano "Il Sole nordest")
> riguardo la situazione del Demanio idrico, ossia dell'insieme dei terreni
> situati lungo i corsi d'acqua, la cui proprietà, e conseguentemente
> gestione, è stata trasferita nel 2001 dallo Stato alle Regioni:
>
> dal titolo : "Demanio idrico, un fiume di irregolarità", dal quale emerge
che :
>
> 1) esiste un elevatissimo numero di pratiche (oltre 5000);
>
> 2) Il numero di funzionari per gestirle è decisamente insufficiente alle
> esigenze;
>
> 3) non più del 25% delle pratiche risulterebbe regolare (la magistratura
> sarebbe già intervenuta anche con condanne)
>
> 4) molte delle superfici sarebbero state utilizzate abusivamente per anni
> senza autorizzazione e senza il pagamento del canone;
>
> 5) sono state distrutti ambienti naturali di grande importanza con
> interventi devastanti (prevalentemente agrari) e sarebbero realizzate
opere
> mai autorizzate ai sensi della normativa in materia di tutela del
> paesaggio.
>
>
>
> Questa situazione- tutt'altro che felice - necessita di un deciso colpo di
> reni per recuperare lo scompenso.
>
> A nostro parere è necessario ed urgente incrementare la dotazione di
> personale al servizio regionale che gestisce la materia (senza inutili
> deleghe ai Comuni già tremendamente oberati di impegni) e soprattutto
> garantire un controllo tecnico naturalistico e agronomico (laureati in
> scienze naturali, biologiche, ambientali) delle concessioni, ora
> assolutamente assente. Questo deve essere fatto al più presto tramite
> assunzione di personale con le citate competenze (le Università regionali
> sfornano fior fiore di laureati in queste discipline, che devono
ripiegare,
> nonostante le esigenze della collettività, su lavori privi di legame con
le
> materie studiate). E' molto più logico per una economia di scala che
queste
> figure professionali restino in carico alla Regione e non ai Comuni, che
> per inevitabili carenze non potrebbero gestire l'importantissimo insieme
di
> beni naturali nella loro specifica valenza scientifica e in un quadro
> necessariamente ampio.
>
> Un'altra possibilità per la gestione è la collaborazione del Servizio
> regionale del demanio idrico con quello della Tutela degli ambienti
> naturali e della fauna, cosa assurdamente non prevista dalla L.R. 16/2002
> (prescrive i soli pareri della Pianificazione regionale e dei Comuni),
> anch'esso comunque tremendamente sotto organico.
>
>
>
>
>
> Nel demanio regionale sono concentrati gli ultimi, relitti, lembi di
> naturalità della pianura e gli habitat rari della montagna (elevato
numero
> di specie animali e vegetali in pericolo e/o endemiche); devono dunque
> essere stabiliti dei criteri scientifici per l'assegnazione e gestione
> delle concessioni, affidandole ai richiedenti che prevedono l'uso più
> ecosostenibile, e vigilando poi tramite personale specializzato.
>
> A nostro parere, oltre al rigido e irrinunciabile criterio che non devono
> più essere distrutti habitat naturali prioritari per ricavare terreni
> agricoli, devono essere risolti i problemi legati alla rapida dispersione
> dei fertilizzanti, dei diserbanti e degli altri prodotti chimici nella
> falda freatica causati dall'estrema ricchezza in scheletro (ghiaia) dei
> terreni in argomento.
>
> Infatti il demanio idrico è proprio ciò che fino alla prima metà del
secolo
> scorso era alveo fluviale. Nel corso degli ultimi 50-60 anni vastissime
> superfici sono state bonificate (a volte anche illegalmente ) e le
> coltivazioni sono state spinte spessissimo fino all'alveo di magra.
> Nonostante le rese bassissime e l'impiego di ingenti quantitativi di
> prodotti chimici e della sempre più rara risorsa idrica, le coltivazioni
> sono convenienti esclusivamente grazie al finanziamento pubblico (PAC,
> Piano di sviluppo rurale). Dunque deve urgentemente essere assicurato che
> questi terreni siano convertiti all'agricoltura biologica, e almeno per
una
> discreta fascia vicino all'acqua siano ripristinate formazioni prative e
> avviati miglioramenti ambientali in funzione dell'incremento del
patrimonio
> faunistico e della biodiversità floristica autoctona, anche per finalità
> turistiche ecosostenibili.
>
> La nostra agricoltura ha bisogno di qualità e di riduzione
dell'inquinamento.
>
> Allora il miglioramento sia avviato prioritariamente sulle superfici di
> proprietà regionale, dando dimostrazioni concrete di applicazione dei
> principi che stanno alla base del Piano di Sviluppo rurale, corposamente
> finanziato dalla Unione europea proprio con questa finalità.
>
> E' assolutamente assurdo infatti che una mano destini contributi pubblici
> per la messa a riposo di terreni privati e il ripristino degli ecosistemi
e
> l'altra causi la distruzione di habitat (anche di interesse europeo
> prioritario) sulle proprietà regionali per coltivare nuove terre.
>
> Il paradosso è anche contabile, perchè in cambio di 150 Euro ettaro di
> canone, il concessionario ne incassa poco meno di 400 di contributi senza
> obblighi di comportamento ecosostenibile.
>
> Alla fine la collettività ci perde e i conti non tornano, soprattutto se
si
> inquina e si distruggono aree miracolosamente ancora naturali.
>
> Maurizio Rozza
> Candidato al Parlamento Europeo nel Collegio 2 - Italia Nord Orientale -
> Verdi per la pace
> http://www.verdinrete.it/verdicarso/
> verdifvg@verdinrete.it
>
> Alessandro Metz
> Consigliere Regionale dei Verdi del F.V.G.
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