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Presentato al Tar del Lazio ricorso contro il protocollo sullesemine siglato fra il MIFAP E MONSANTO- PIONEER HI BRED



Nella giornata di ieri è stato depositato, al Tar del Lazio, il ricorso. con
richiesta di immediata sospensiva, contro il "Protocollo operativo di
gestione tecnica in materia di presenza ogm nel mais per la campagna 2003",
sottoscritto il 18 agosto 2003.
Il "Protocollo" è stato sottoscritto dal MIPAF, dai rappresentanti delle
Regioni Friuli Venezia Giulia , Lombardia ,  Veneto , Emilia Romagna , alla
presenza dei rappresentanti delle associazioni professionali agricole
Coldiretti, Confagricoltura, Confederazione italiana agricoltori e delle
aziende sementiere Pioneer  e Monsanto.
Questo protocollo ha consegnato la gestione del mais inquinato da OGM,
illegale in italia, nelle mani degli stessi inquinatori, minimizzando così
responsabilità, pericoli, danni irreversibili alla nostra agricoltura e
disinnescando di fatto la possibilità da parte degli agricoltori e cittadini
danneggiati di rivalersi, chiamando a rispondere anche in sede penale, sulle
ditte sementiere proprietarie dei brevetti e delle tecnologie del mais OGM.
Il ricorso contro il "Protocollo" è stato sottoscritto dall'Associazione
Sementieri Italiani, da AltrAgricoltura Nord Est, da A.I.A.B.(Associazione
Italiana Agricoltura Biologica), da  A.M.A.B. (Associazione Mediterranea
Agricoltura Biologica), dalla COOPERATIVA AGRICOLA BRACCIANTI S.C.A.R.L.
"GIULIO BELLINI", da un cittadino ed un agricoltore/allevatore in
rappresentanza delle loro realtà sociali.
L'iniziativa vuole mantenere aperta e viva la discussione sulla necessità
per tutti gli operatori del settore e per i cittadini di scendere in campo
per fermare, oggi, l'introduzione degli OGM attraverso i microinquinamenti
illegali o le proposte di soglia di tolleranza, addirittura per il
biologico, che distruggerebbero l'agricoltura europea legata alle
specificità dei territori, i percorsi e metodi di qualità, il cibo sicuro.
Invitiamo tutti ad essere partecipi e/o promotori delle iniziative contro il
modello di agricoltura globalizzata attorno agli OGM ed alla brevettazione
del vivente.
Vi inviamo il testo del ricorso, di seguito ed in copia allegata.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
----------------------------------------
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
RICORSO PER
AS.SE.ME (Associazione Sementieri Mediterranei), in persona del presidente,
legale rappresentante p.t. Francesco Savoca, ALTRAGRICOLTURA, in persona del
legale rappresentante p.t., dott. Luciano Mioni, A.I.A.B.(Associazione
Italiana Agricoltura Biologica), in persona del presidente, legale
rappresentante p.t. Vincenzo Vizioli    A.M.A.B. (Associazione Mediterranea
Agricoltura Biologica), in persona del presidente Guno Girolomoni,
COOPERATIVA AGRICOLA BRACCIANTI S.C.A.R.L. "GIULIO BELLINI", in persona del
legale rappresentante p.t. Sante Baldini, nonché  per i sig.rri ADRIANA
BROGIO e RICCARDO DONINI, n.q., rispettivamente di cittadini ed operatori
agricoli residenti nelle regioni firmatarie dell'accordo, tutti
rappresentati e difesi dall'avv. Luciana Selmi, come da deleghe a margine e
in calce al  presente atto ed elettivamente domiciliati presso il Suo studio
in Roma, Via Ugo Bassi n. 3.
ricorrenti
CONTRO
·MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona del Ministro
p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,

resistente
NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
·Pioneer Hi Bred Italia S.r.l., in persona del presidente legale
rappresentante p.t. e
·Monsanto Agricoltura Italia Spa, in persona del presidente, legale
rappresentante p.t.

controinteressati
PER L'ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIVA
Del "Protocollo operativo di gestione tecnica in materia di presenza ogm nel
mais per la campagna 2003", sottoscritto il 18 agosto 2003 recentemente
conosciuto - di seguito "il Protocollo" - in materia di presenza accidentale
OGM per la campagna 2003.
FATTO
1.In data 18 agosto 2003, alla presenza del rappresentante del MIPAF, dott.
Giuseppe Ambrosio, dei rappresentanti delle Regioni Friuli Venezia Giulia ,
Lombardia ,  Veneto , Emilia Romagna , alla presenza dei rappresentanti
delle associazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura,
Confederazione italiana agricoltori, nonché alla presenza anche dei
rappresentanti delle ditte sementiere Pioneer  e Monsanto, veniva
sottoscritto e ratificato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
il Protocollo impugnato nel presente ricorso.
2.Il provvedimento impugnato ha tratto origine dalla scoperta, da parte
delle competenti autorità ministeriali e sanitarie locali, di presenza
accidentale di ogm in alcune partite di sementi di mais utilizzato nella
campagna colturale del 2003. Infatti, in seguito a tale scoperta le
competenti autorità ne hanno in alcuni casi disposto il sequestro
amministrativo, in altri casi - Regione Piemonte - disposto la distruzione,
con ordinanza del presidente della giunta regionale, al fine di porre
rimedio alla situazione di illegalità (che sarà in seguito illustrata),
ridurre al minimo il rischio di contaminazione ambientale ( rispetto alle
colture convenzionali e biologiche, comunque libere da ogm) e limitare la
diffusione di tali prodotti agricoli nella catena agro-alimentare, evitando
così il rischio per la salute umana e animale
3.	Tale Protocollo, in sintesi, ha da un lato  ( equamente ) previsto
che le
aziende sementiere paghino all'agricoltore il valore che sarebbe stato
corrispondente a quello del raccolto, ma, dall'altro lato, ha stabilito che
il mais inquinato da ogm verrà raccolto e stoccato dalle ( medesime )
industrie sementiere con "ricollocamento sul mercato industriale" per scopi
energetici e "vendita al miglior prezzo di mercato", in tal modo aggirando
il dovuto obbligo di provvedere alla distruzione di tali prodotti.
4.Tale protocollo si è, dunque, palesato come un tentativo di avallare e
minimizzare l'illegalità derivante dall'introduzione di coltivazioni ogm all
'interno del nostro paese, a seguito della vendita agli agricoltori di
sementi certificate come esenti da ogm e che, in realtà, tali non erano. E,
circostanza gravissima, tali previsioni del protocollo sono in grado di
giocare a favore di un processo di inquinamento agro-ambientale (in ambito
agri-colturale, ma non solo ) con un impatto amplissimo e, quel che è  più
grave, irreversibile (vedi documenti tecnici allegati  ).
5.Infatti, il contenuto di tale documento, come si illustrerà meglio in
seguito, nonostante la sostanziale giustizia della previsione che le aziende
sementiere provvedano ai risarcimenti degli agricoltori, risulta affetto da
vizi formali tali e tanto gravi, nonché da vizi di ingiustizia sostanziali
 per tutti: il fatto che, un accordo soltanto tra alcune delle parti che
operano in questo settore, abbia deciso derogando a quelle che sono espresse
previsioni di legge) così profondamente, che in questa sede la scrivente
associazione è a richiederne l'annullamento per i seguenti motivi.
PREMESSA NORMATIVA
Nell'ambito della materia oggetto del contendere, infatti, risultano
fondamentali le seguenti previsioni legislative e non legislative:
·Gli artt. 9, II c, e 32 Cost. "La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività..."
·La Direttiva 2001/18/CE (attuata  dal D.Lgs. 8 luglio 2003 n. 224 ), del
Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001 "sull'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga
la Direttiva 90/220/CEE del Consiglio", nella quale viene ribadito il
principio, in precedenza introdotto, per cui l'emissione e l'immissione in
commercio di OGM, in tutte le forme in cui possono presentarsi, sono
possibili solo se rispettose delle procedure volte ad assicurare un
preventivo controllo dei rischi, in base al meccanismo delle notifiche e
delle autorizzazioni. Nonché l'art.32 (della citata Direttiva) sulla
 Attuazione del protocollo di Cartagena sulla biosicurezza", protocollo (che
vincola, tra l'altro, gli Stati firmatari, Italia compresa, al rispetto del
principio di precauzione ) ratificato dall'Unione Europea con decisione del
31 luglio 2002 (vedi G.U.C.E. L.201 del 31 luglio 2002) in fase di prossima
attuazione considerato il raggiungimento, il 13 giugno 2003, del 50° Stato
firmatario (il PALAU). Altresì degni di nota sono  il 4°, il 10°
Considerando e l'art.9 della stessa Direttiva 2001/18/CE.
·La Raccomandazione (non vincolante perché non normativa) della Commissione
del 23 luglio 2003 "Recante orientamenti per lo sviluppo di strategie
nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture
transgeniche, convenzionali e biologiche", in particolare i punti 2.2.2,
2.2.4 e 3.2.1.
·La legge 30 aprile 1962 n.283 e successive modificazioni "Vigilanza
igienica su alimenti, bevande, sostanze uso agrario",  nella quale all'art.1
conferisce all'autorità sanitaria - dunque, in ambito amministrativo - il
potere dovere di effettuare controlli e di procedere al sequestro delle
coltivazioni contaminate ed, eventualmente, alla loro distruzione, qualora
vi sia pericolo per la pubblica salute.
·Il Decreto Legislativo 24 Aprile 2001, n.212,  recante l' "Attuazione delle
direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei
prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante
agricole e controlli" -  il quale statuisce all'art.1, comma 2, che la messa
in coltura dei prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate possa
avvenire solo a seguito di autorizzazione del Ministro delle Politiche
Agricole e Forestali, di concerto con il Ministro dell'Ambiente ed il
Ministro della Salute.  Inoltre, anche sulla scorta della legge 1096 del
1971 e  del  suo regolamento di esecuzione, D.P.R. 8 ottobre 1973, n. 1065
 modificato dal D.P.R. n. 322 del 9 maggio 2001), con l'art. 8 bis, di detto
regolamento (introdotto dall'art. 3 del D.P.R. n. 322 stesso), si precisa
"al fine di evitare forme di contaminazione non previste e che possono
arrecare danno ai sistemi agrari, alle produzioni biologiche o habitat
naturali protetti di piante e animali del Paese, i miscugli in cui siano
mescolati prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate, devono
rispettare per quanto attiene alla loro coltivazione e commercializzazione
le medesime disposizioni previste per i prodotti sementieri di varietà
geneticamente modificate". Ancora, per l'art. 19, comma 4°, introdotto dall'
art.7 del d.lgs. n. 212 richiamato, la commercializzazione  può riguardare
solo varietà iscritte nei registri nazionali o nei cataloghi comuni europei.
·Il decreto legislativo del marzo 1993 n. 92, "Attuazione della direttiva
90/220/CEE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati", in particolare l'art.11.
·La circolare del Ministero delle politiche agricole e forestali n.2170 del
13 dicembre 2001 avente ad oggetto " Campagna Semina 2003 - modalità di
controllo sementi mais e soia per la presenza di organismi geneticamente
modificati".
·La circolare n.4 del 23 dicembre 2002 dell'Ispettorato Centrale Repressioni
Frodi, riguardante le direttive impartite dal Ministero delle politiche
agricole e forestali ed il programma nazionale coordinato di controlli sulle
sementi di mais e soia per la ricerca di OGM.
·Infine, degna di nota per le enunciazioni in essa contenute e nonostante
sia priva di efficacia vincolante diretta, la Decisione della Commissione UE
del 2 settembre 2003 "Relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di
impiego di organismi geneticamente modificati nell'Austria superiore,
notificate dalla Repubblica d'Austria a norma dell'articolo 95, paragrafo 5
del trattato CE".

DIRITTO
1.VIOLAZIONE DI LEGGE PER INCOMPETENZA DEI SOGGETTI STIPULANTI A CONCLUDERE
TALI ACCORDI PER MANCANZA DI DELEGA, NONCHÉ PER ECCESSO DI POTERE AI SENSI
DELLA LEGGE 241/1990 ART. 14.
A) Non è dato in alcun modo, vista la ingiustificata esclusione della
ricorrente dalla partecipazione al procedimento amministrativo, riscontrare
se i rappresentanti delle Regioni firmatarie avessero, effettivamente, i
poteri per la sottoscrizione di tale accordo o a quale titolo essi
rappresentavano le amministrazioni di provenienza oppure se avendoli siano
incorsi in situazioni di  eccesso di delega.
B) Inoltre, appare con notevole chiarezza che se l'atto impugnato fosse un
accordo tra privati esso mai e poi mai potrebbe intervenire a regolare tali
materie perché soggette  espressamente a riserva di legge, sulla scorta
della normativa fondamentale che regola tale settore e, dapprima, ampiamente
richiamata. Bensì, in questo caso quello che si configura formalmente
consiste nella manifestazione di volontà dotata di rilevanza esterna posta
in essere da un'autorità amministrativa nell'esercizio di una funzione
amministrativa per un caso concreto e per determinati destinatari, dunque,
ci troviamo innanzi al canonico prototipo di atto amministrativo. Tuttavia,
tale atto nasce inficiato, oltre che dai vizi finora enunciati, anche altri
gravi vizi. Infatti, considerando che "Qualora sia opportuno effettuare un
esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento
amministrativo, l'amministrazione procedente indice di regola una conferenza
di servizi" ( art. 14, comma 1, legge 241/1990 ), il provvedimento de quo  è
stato assunto nella più ampia noncuranza delle specifiche previsioni degli
artt. 14-14bis-14ter e 14quater della l.241/1990. L'interpretazione fornita
dalla stessa giurisprudenza in merito appare illuminante: " La particolare
natura della conferenza di servizi è quella di consentire ai soggetti ed
enti a vario titolo interessati al provvedimento finale di far conoscere il
proprio punto di vista secondo lo schema della partecipazione funzionale,
per cui ciascun apporto mantiene la sua autonomia; pertanto, la conferenza
stessa costituisce una formula organizzativa assimilabile al previo
concerto, strumento procedimentale di emersione e comparazione d'interessi
pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale, e non un vero
e proprio organo collegiale ove le singole manifestazioni di volontà si
fondono in una, fermo restando, che la conferenza di servizi non è il luogo
giuridico in cui si assumono le decisioni finali, ma solo la sede ove tutti
gli interessi pubblici rilevanti in un certo ambito vengono palesati e
confrontati e, quale strumento di collaborazione e di accelerazione del
procedimento, il suo valore resta determinato dall'ampiezza degli interessi
considerati e dalla qualità dei singoli apporti tecnici" ( TAR Veneto, sez.
III, 13/02/2001, n.248 ), ed inoltre: "La l. 7 agosto 1990 n. 241, la quale
rappresenta una più compiuta esplicitazione dei contenuti del canone
costituzionale del buon andamento della p.a. e attribuisce dignità di
criteri normativi ai concetti di economicità, semplicità, celerità ed
efficacia della sua attività, nell'ipotesi (art. 14) di una pluralità di
interessi pubblici coinvolti in uno stesso procedimento e di un loro esame
contestuale, disegna un modello di procedimento in cui una delle funzioni
principali è proprio quella di coordinamento ed organizzazione dei fini
pubblici (a cui attendono istituti quali la comunicazione di avvio del
procedimento, la partecipazione degli interessati, il responsabile del
procedimento, la conferenza di servizi), con la conseguenza che l'esercizio
dissociato dei poteri che fanno capo allo stesso ente per la realizzazione
dei fini suddetti, specie ove tra essi sussista un obiettivo collegamento,
contrasta col criterio di ragionevolezza e con quello di buona
amministrazione" (C. Stato, sez. V, 28-06-2000, n. 3639).
2.VIOLAZIONE DELLA LEGGE 241/1990: ECCESSO DI POTERE, NELLE FORME
SINTOMATICHE DI MANCATO AVVISO DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO E MANIFESTA
ILLOGICITA' DEL PROVVEDIMENTO.
Come accennato, risultando che l'amministrazione per l'emanazione  del
provvedimento de quo ha provveduto, sua sponte, travisando lo spirito della
norma, ad avviare un  procedimento per giungere all'emanazione dell'atto qui
impugnato, l'illegittimità del provvedimento è maggiormente da considerare
per le violazioni degli artt. 7-8 della legge 7 Agosto 1990 n. 241. Come
risulterà anche dalla lettura dei documenti allegati, risulta
incomprensibile il motivo per cui il protocollo nella sua stesura
provvisoria del 12 agosto 2003 prevedesse anche la presenza - seppure nell'a
ssenza della ricorrente, ad essa non imputabile - delle associazioni
sementiere. La legge in questione, infatti, prevede all'art.7 che: "Ove non
sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di
celerità del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste
dall'art. 8 ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è
destinato a produrre effetti diretti…", in proposito, anche la
giurisprudenza del C.d.S., sez. V, n.1364, del 26/09/1995 che afferma:" La
comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo, di cui agli
articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241, ha lo scopo di consentire
all'interessato, a proposito di ogni atto amministrativo che possa recare
offesa ai suoi diritti, libertà e interessi, di proporre fatti e argomenti
e, occorrendo, di offrire mezzi di prova di cui l'autorità amministrativa
terrà conto…", ed ancora, al riguardo, C.d.S. sez. V, 21 gennaio 2002, n.
343: "L'obbligo della comunicazione di avvio del procedimento non
costituisce un mero adempimento formale perché esso mira anche a meglio
indirizzare la manifestazione della volontà della P.A.
Orbene, nel momento in cui la P.A. ha deciso di avviare un procedimento ex
officio diretto a stabilire delle regole, comuni e condivise, essa doveva
necessariamente premurarsi di dare avviso ai soggetti che nell'ambito della
filiera risultano destinatari, in questo caso loro malgrado, di
provvedimenti aventi un'efficacia generale. Questi ultimi, infatti,
avrebbero potuto sia decidere di provvedere ad effettuare proposte -
unitariamente o singolarmente - sia avrebbero potuto decidere di aderire per
proprio conto, comunque, con la consapevolezza dell'avvio di un procedimento
destinato a porre delle regole in un settore nel quale essi compongono
elemento fondamentale  completamente nuovo, rispetto a quello cui avevano
pur preso parte. In mancanza di questo avviso, della violazione
dell'interesse del ricorrente e della legittima previsione di intervenire
nel procedimento si è in presenza di quel "cattivo uso di potere da parte
della P.A." ( Quaranta ), che caratterizza l'eccesso di potere.
3.VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE LA DIRETTIVA 2001/18/CE (ATTUATA  DAL
D.LGS. 8 LUGLIO 2003 N. 224 ), DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO DEL 12
MARZO 2001 "SULL'EMISSIONE DELIBERATA NELL'AMBIENTE DI ORGANISMI
GENETICAMENTE MODIFICATI E CHE ABROGA LA DIRETTIVA 90/220/CEE DEL CONSIGLIO"
. VIOLAZIONE DELL'ART.95 DEL TRATTATO ISTITUTIVO DELLA COMUNITA' EUROPEA.
ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLA ILLOGICITÀ, DELLA CARENZA DI
MOTIVAZIONE, TRAVISAMENTO DI FATTO E CONTRADDITTORIETÀ DELL'ATTO.
A) Ai sensi della indicata direttiva (attuata  dal D.Lgs. 8 luglio 2003 n.
224), per l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati viene stabilita una procedura di autorizzazione articolata in più
fasi, stante la considerazione del rischio per la salute umana e l'ambiente
. Infatti, per poter essere immessa nel mercato e per la circolazione nel
territorio comunitario, una semente geneticamente modificata deve superare
due apposite fasi: 1) l'autorizzazione alla sua modificazione genetica, come
previsto dalla Direttiva 2001/18/CE, 2) la sottoposizione agli esami
previsti dalla norma comunitaria per  ciò che riguarda le sue
caratteristiche di varietà. Soltanto l'esito positivo di tali passaggi
consente a) di registrare la varietà nel catalogo nazionale delle sementi,
b) dopo tale iscrizione, di poter liberamente far circolare le sementi di
tale varietà in tutto il territorio della Comunità.
Ora, considerando quanto risulta dal testo del Protocollo al punto A.
rubricato "Premessa", ossia: "La competente autorità ministeriale ha
accertato la presenza accidentale di ogm su alcune partite di seme di mais,
che sono state seminate nel corso della campagna colturale del 2003. Il mais
alla data odierna ha iniziato il processo di maturazione nel territorio…. In
alternativa alla distruzione delle colture provenienti da dette sementi, si
ritiene opportuno operare attraverso una gestione tecnico-economica del
problema anche al fine di ottenere informazioni utili per le prossime
campagne mediante l'effettuazione o di analisi fogliari in pre-raccolta o di
analisi della granella ( pre o post-raccolta) del mais…". Emerge, dunque,
immediatamente la rilevazione che  - sotto il profilo ambientale - quelle
che sono le previsioni generali stabilite per l'introduzione di organismi
geneticamente modificati risulterebbero, in pratica, lettera morta. Ciò che
si prefigurerebbe, se il provvedimento impugnato rimanesse incontestato,
potrebbe essere rappresentato come una forma particolare di rilascio in
massa di ogm (occorre sottolineare che  il richiamo contenuto nel documento
al fattore dell'accidentalità della contaminazione risulta fallace e
fuorviante - come si dirà per esteso in seguito- perché nell'ambito delle
sementi, è praticamente impossibile prevenire o controllare la dispersione
del polline ed i probabili incroci fra ogm e specie selvatiche o coltivate.
Addirittura le stesse aree protette a fini naturalistici sarebbero soggette
a rischio di contaminazione).
Violazione palese delle disposizioni della Direttiva 2001/18/CE può essere
rinvenuta anche alla luce dell'art. 23, rubricato "Clausola di salvaguardia"
, il quale al II periodo del comma 1 stabilisce espressamente: " Lo Stato
membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di
emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell'immissione in
commercio, e l'informazione del pubblico".
Ancora, dalla lettura del Considerando n.55 della Decisione della
Commissione del 2 settembre 2003 "Relativa alle disposizioni nazionali sul
divieto di impiego di organismi geneticamente modificati nell'Austria
superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a norma dell'articolo 95,
paragrafo 5 del trattato CE", emerge chiaramente la seguente disposizione :
"…la direttiva 2001/18/CE non prevede alcun valore soglia (de minimis) in
relazione alla presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di OGM non
autorizzati nelle sementi. Di conseguenza gli Stati membri non hanno il
potere di determinare le quantità di OGM considerate pericolose né -
quindi - di stabilire tali soglie".
B) Secondo l'art.95, paragrafo 5, del Trattato CE, "allorché, dopo l'
adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di
armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre disposizioni
nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione
ambientale o dell'ambiente di lavoro giustificate da un problema specifico a
detto Stato membro insorto dopo l'adozione della misura di armonizzazione,
esso notifica le disposizioni previste dalla Commissione precisando i motivi
dell'introduzione delle stesse". In questo caso risulta la palese violazione
anche della suindicata procedura comunitaria. Infatti, oltre al fatto di
contravvenire alla previsione del principio base della Direttiva 2001/18/CE,
nel protocollo impugnato viene travisato lo spirito delle norme richiamate e
delle direttive in tema di sementi che consentono la libera circolazione
delle sementi geneticamente modificate autorizzate a livello comunitario, e
non di quelle che, arbitrariamente, ha ratificato - anche se per altri
scopi, comunque nocivi- il MIPAF.
4.VIOLAZIONE ED ERRATA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 25 NOVEMBRE 1971 N. 1096 E
DEL REGOLAMENTO DI ESECUZIONE, D.P.R. 8 OTTOBRE 1973, N. 1065 ( MODIFICATO
DAL D.P.R. N. 322 DEL 9 MAGGIO 2001) . ECCESSO DI POTERE PER
CONTRADDITTORIETÀ CON LA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E
FORESTALI N.2170 DEL 13 DICEMBRE 2002 AVENTE AD OGGETTO LA CAMPAGNA DI
SEMINA 2003". DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
E' opportuno rammentare che la circolare afferma nella premessa, che "in
attesa dell'emanazione di una specifica normativa europea e in applicazione
del ' principio di precauzione ' di cui al comma 14 dell'art.19 della legge
1096/1971, non è possibile autorizzare la semina di varietà non iscritte nel
registro nazionale italiano, né la presenza di sementi geneticamente
modificate in lotti di sementi convenzionali".
Nel Protocollo impugnato vi è, infatti, la generica affermazione che " il
livello delle presenze accidentali riscontrate dalle analisi effettuate si
attesta su valori inferiori o prossimi allo 0,1%". Sulla base delle
tecnologie attualmente esistenti, è verosimile che una sia pur
infinitesimale presenza di ogm in partite di sementi convenzionali sfugga
alla verifica. Ma questo dato di fatto non può essere utilizzato per
inficiare l'obbligo legislativo ribadito dalla circolare 2170/2002, di
mantenere la c.d. tolleranza zero, ossia di non ammettere alla coltivazione
e commercializzazione - e tiene a precisare: di nessun tipo di immissione in
commercio -  di sementi nelle quali siano presenti ogm non autorizzati. Il
limite tecnologico non inficia lo scopo della legislazione: infatti, una
volta che sia stata individuata una traccia di ogm e si tratta di ogm non
autorizzati la commercializzazione e la semina non sono possibili, pena l'
applicazione delle sanzioni di legge.
5.VIOLAZIONE DI LEGGE ED ERRATA APPLICAZIONE DEL D. LGS. 24 APRILE 2001,
N.212, DELL'ARTT. 1 E 2. ECCESSO DI POTERE PER FALSO PRESUPPOSTO E
TRAVISAMENTO DI FATTO. DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
Nella parte del Protocollo  relativa alla "Gestione della granella prodotta"
viene puntualmente previsto che: "1. Le produzioni di cui al presente
protocollo , separate dalle altre, sono raccolte e stoccate dalle ditte di
cui al punto 2, secondo modalità definite dalla competente autorità
regionale. 2. Le ditte sementiere firmatarie del presente protocollo si
impegnano a ritirare ed acquistare dai produttori agricoli il prodotto
proveniente dalle sementi già risultate positive all'analisi OGM; in caso di
mancato acquisto le Amministrazioni pubbliche si riservano i provvedimenti
di competenza". Quanto ivi contemplato non rappresenta altro che un
clamoroso esempio di disposizione che si arroga il potere di violare le
previsioni legislative. Infatti, ai sensi dell'art. 2, comma 1, delle d.lgs.
212/2001 " per   "commercializzazione" si intende la vendita, la detenzione
a fini di vendita, l'offerta in vendita e qualsiasi collocamento, fornitura
o trasferimento mirante allo sfruttamento commerciale di sementi a terzi,
con o senza compenso. Non sono considerate commercializzazione le operazioni
non miranti allo  sfruttamento commerciale delle varietà come:
a) la fornitura di sementi a organismi ufficiali di valutazione e ispezione;
b) la fornitura di sementi a prestatori di servizi per lavorazione o
imballaggio, purche' essi non acquisiscano titoli sulle sementi fornite;
c) la fornitura di sementi in determinate condizioni a prestatori di servizi
per la produzione di talune materie prime agricole a fini industriali,
ovvero per la propagazione di sementi finalizzata alla produzione di talune
materie prime agricole a fini industriali, purchè essi non acquisiscano
titoli sulle sementi fornite ne' sul prodotto del raccolto". E,
fondamentalmente, le sopraindicate censure al Protocollo trovano un notevole
riscontro anche dalla lettura del testo dell'art. 1, commi 1 e 2 del decreto
legislativo citato, i quali stabiliscono : "1. Il presente decreto da'
attuazione alle disposizioni dell'Unione europea, concernenti la libera
circolazione delle sementi nell'ambito dell'Unione stessa, di cui alle
direttive 98/95/CE e 98/96/CE. Al fine di assicurare la tutela della salute
umana e dell'ambiente, detta attuazione avviene nel rispetto del principio
di precauzione di cui all'articolo 174.2 del Trattato di Amsterdam.2. Ai
prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate si applicano le
disposizioni della legge 25 novembre 1971, n. 1096 e della legge 20 aprile
1976, n. 195, e, per quanto non disposto da dette leggi o dal presente
articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni recate dal decreto
legislativo 3 marzo 1993, n. 92, e successive modificazioni. La messa in
coltura dei prodotti sementieri di cui al presente comma e' soggetta ad
autorizzazione con provvedimento del Ministro delle politiche agricole e
forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e del Ministro della
sanita', emanato previo parere della Commissione di cui al comma 3, nel
quale sono stabilite misure idonee a garantire che le colture derivanti da
prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate non entrino in
contatto con le colture derivanti da prodotti sementieri tradizionali e non
arrechino danno biologico all'ambiente circostante, tenuto conto delle
peculiarità agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche"
Si domanda, quindi, come sia stato possibile - e con il rischio di quali
conseguenze - l'avallo di tale scelte da parte dell'organo statuale preposto
dalla legge alla tutela ed al rispetto delle norme in questo settore; avallo
concesso sino, addirittura, ad arrivare a consentirne la commercializzazione
e "la coltivazione di fatto"moltiplicando l'effetto di illegalità causato
dalla vicenda in quanto in primis non ne è stata disposta la distruzione,
poi non sono stati presi provvedimenti a carico delle ditte responsabili,
ed, infine, sono state lasciate libere di commercializzare tale prodotto
inquinante ( ulteriormente inquinando come si illustrerà appresso ).
Peraltro, l' assoluta carenza di motivazione discende dal fatto che se da
una parte il protocollo  riconosce apertamente che la situazione in atto
avrebbe dovuto portare alla distruzione delle  sementi in campo, atteso che
la stessa messa a coltura e, dunque, la presenza sul territorio sono di per
sé fonti di inquinamento e di possibili danni alla salute dei cittadini ed
alle colture degli altri operatori agricoli attivi nel medesimo territorio,
dall'altro non fornisce alcuna motivazione in merito alla diversa scelta
effettuata. Anzi, la possibilità concessa agli agricoltori coinvolti di
portare liberamente a termine le coltivazioni ed alle imprese sementiere di
raccogliere la produzione ottenuta e , dulcis in fundo, addirittura di
commercializzarla, costituisce una risposta contraddittoria ed inadeguata
rispetto ai pericoli legati allo svolgimento stesso della coltivazione in
campo ed al rischio di contaminazioni che nel perdurare della medesima
coltivazione, ossia ancor prima della raccolta, possono danneggiare altre
colture non inquinate da ogm! Al riguardo, mette conto ricordare che, a
proposito delle malattie che colpiscono animali, la giurisprudenza del
Consiglio di Stato ha opportunamente rammentato che l'abbattimento è atto
dovuto in quanto esclusivo rimedio alla rimozione dei rischi, per cui non è
necessaria alcuna motivazione al provvedimento che lo determina. Viceversa
 la motivazione è  necessaria quando l'amministrazione opti per una
soluzione alternativa (quale lo spostamento a scopo di macellazione di suini
clinicamente sani, ovvero l'autorizzazione a portare a termine l'ingrasso di
suini presenti in reparti di produzione distinti e tali da evitare la
propagazione del " virus" da un reparto di produzione all'altro (Consiglio
di Stato, 14 novembre 1996, n. 1364): motivazione, dunque, che deve fornire
anche indicazioni circa le adeguate contromisure adottate per ovviare ai
pericoli che, in linea di principio,  solo la distruzione materiale sarebbe
in grado di assicurare.
Ebbene, nel nostro caso, il protocollo si è limitato molto semplicemente ed
altrettanto superficialmente solo ad annunciare la rinuncia alla
distruzione. La soluzione adottata senza il supporto di alcuna valida ed
adeguata motivazione non integra gli estremi di una alternativa ragionata e
verificabile nei suoi presupposti e nei suoi risultati. Anzi, la soluzione
adottata risulta  ictu oculi  non in grado di rimuovere le ragioni
fondamentali che militano a favore del provvedimento di  distruzione che lo
stesso protocollo  pur riconosce quale esito necessario della violazione di
legge perpetrato. Infatti, la prosecuzione della coltivazione sul campo per
di più, in assenza di alcuna determinazione restrittiva dei poteri di
gestione e di disposizione da parte  dei coltivatori ( si pensi allo stesso
semplice sequestro delle colture ) costituisce risposta inidonea: questa non
solo lascia del tutto impregiudicati i pericoli di inquinamento ambientale
legati alla stessa presenza della coltivazioni, ma ne permette l'incremento
e la moltiplicazione che sono legati alla prosecuzione  temporale stessa
delle coltivazioni.
6.VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 1  ED ART. 4, PUNTO 1, DELLA LEGGE 833/1978
"ISTITUZIONE SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE". DISPARITA' DI TRATTAMENTO EX
ART.3 DELLA COSTITUZIONE.
Il protocollo impugnato è, altresì, affetto dai vizi derivanti dalla
disparità di trattamento nella tutela del diritto alla salute dei cittadini.
Infatti, rappresenta un fatto noto all'intera collettività, che fattispecie
sostanzialmente analoghe accadute durante il mese di luglio u.s. sono state
considerate e trattate in misura assolutamente differente. Ci si riferisce
agli episodi di rinvenimento di terreni contaminati da ogm posti sotto
sequestro dalle competenti autorità sanitarie in Piemonte e che, infine,
sono stati completamente distrutti su disposizione di ordinanza del
Presidente della Regione Piemonte ( nonostante fosse stato presentato
ricorso al TAR Piemonte per la sospensiva cautelare di tali decisioni ).
Tale denunciata disparità di trattamento discende dalla considerazione che
il mais sottoposto alla gestione del Protocollo consta in una identica
situazione a quella verificatasi in Piemonte. Analizzando, dunque, ai sensi
della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale - legge n. 833/1978,
nello specifico dell'art.4, punto 1, il quale recita: "Con legge dello Stato
sono dettate norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute
uniformi per tutto il territorio nazionale e stabilite le relative sanzioni
penali, particolarmente in materia di: 1) inquinamento dell'atmosfera, delle
acque e del suolo…" , si potrà notare che i cittadini residenti nelle
regioni firmatarie del protocollo godono di una tutela della salute
affievolita rispetto ai residenti in Piemonte.
7.	VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 32 DELLA COSTITUZIONE  E VIOLAZIONE DI
LEGGE
EX ART. 174 DEL TRATTATO DI AMSTERDAM CHE MODIFICA IL TRATTATO SULL'UNIONE
EUROPEA: ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
A)Non possono accertarsi interpretazioni tali da rendere inefficace il
diritto fondamentale alla tutela del bene salute, così come previsto dall'
art. 32 della Costituzione. Infatti, ai sensi delle decisioni prese nell'
ambito del Protocollo, l'unico bene realmente tutelato sembrerebbe quello,
ugualmente di rango costituzionale, del diritto di fare impresa ex art.41
Cost.
B) Dalla lettura del principio di precauzione, principio riconosciuto dalla
Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo di Rio de Janeiro
nel 1992, come diritto e obbligo degli Stati,trova riferimento esplicito nel
Trattato della Comunità europea (modificato dal Trattato di Amsterdam, art.
174), che così recita: "La politica ambientale della Comunità in materia
ambientale mira a un livello elevato di tutela, tenendo conto della
diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è
fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul
principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga".....". L'applicazione
del principio di precauzione comporta, in sostanza, l'adozione di decisioni
cautelative allorquando, in presenza di rischi gravi o irreversibili, non
sia ancora possibile stabilire con certezza, sulla base delle conoscenze
scientifiche disponibili, un'esatta relazione tra causa ed effetto.
L'attivazione del ricorso al principio di precauzione dipende,
sostanzialmente, dalla mancanza o dalla disponibilità parziale di tutti gli
elementi necessari per effettuare la valutazione del rischio di un fenomeno,
di un prodotto o di un processo. II ricorso al principio di precauzione
presuppone l'esistenza di "una valutazione scientifica del rischio che, per
l'insufficienza dei dati, il loro carattere non concludente o la loro
imprecisione, non consente di determinare con sufficiente certezza il
rischio in questione". Conseguentemente, le misure di protezione adottate in
base al principio di precauzione non possono che avere un carattere
provvisorio, collegato, evidentemente, all'evoluzione delle conoscenze
scientifiche o alla disponibilità di dati pertinenti e attendibili. "L'onere
della prova", così come avviene per le autorizzazioni dei pesticidi e dei
biocidi, spetta comunque alle imprese interessate, e il rischio di un
prodotto potenzialmente pericoloso è considerato inaccettabile fino a quando
non sia dimostrato il contrario.
Secondo l'interpretazione della Corte di giustizia e della Commissione delle
Comunità europee, il principio enunciato nell'art. 174 del Trattato, è un
principio generale del diritto comunitario, la sua applicazione non è
limitata al diritto ambientale, ma si estende ad altre materie di interesse
comunitario, in particolare la tutela della salute e dei consumatori.
Interessa, quindi, i tre tipici settori di intervento della ricerca e  delle
applicazioni biotecnologiche, come  del resto confermano le più recenti
direttive, che si ispirano al principio precauzionale e vincolano
espressamente gli  Stati membri al rispetto del medesimo principio nella
relativa disciplina di attuazione. E' il caso, ad esempio, della Direttiva
2001/18/CE (ben noto al ricorrente) del Parlamento europeo e del Consiglio,
sull'emissione deliberata nell'ambiente di  organismi geneticamente
modificati, (considerando (8) ).
Varrà la pena ricordare l'atteggiamento della giurisprudenza costituzionale
riguardo l'applicazione del presente principio: infatti, nella sentenza
382/1999 la Corte respinge le censure di illegittimità costituzionale
relative ad una legge della Regione Veneto che prevede  valori limite di
esposizione ai campi elettromagnetici molto inferiori  rispetto a quelli
imposti dal  D.P.C.M. 23 aprile 1992.
Nel caso ora ricordato la Corte riconduce la disciplina regionale -di natura
evidentemente precauzionale, considerato lo stato delle evidenze
scientifiche in materia- alla competenza regionale "dell'assistenza
sanitaria, intesa come complesso degli interventi positivi per la tutela e
promozione della salute umana". La stessa Corte dichiara inammissibile,
perché mera doglianza di merito, la censura di lesione dell'interesse
nazionale prospettata dall'Avvocatura dello Stato, per il maggior onere
economico che la normativa comporterebbe per l'ente gestore, e quindi per
gli utenti del servizio in tutto il territorio nazionale, con ipotetici
benefici per la salute nel solo territorio veneto.
Ed ancora sempre nella giurisprudenza della Corte costituzionale è
rinvenibile un atteggiamento analogo nella sentenza 351/1999, in cui risulta
chiaramente che l'adozione di misure precauzionali di tutela della salute
umana  rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 32 della Costituzione
che  in determinate situazioni legittima e  impone l'adozione di adeguate
misure di cautela, (nel  caso  di specie "l'adozione di opportune  cautele
in ordine  alla  eliminazione del  consumo umano e animale e  del materiale
specifico a rischio ottenuto da  animali della specie bovina, ovina e
caprina", punto 7 del considerato in diritto). Della giurisprudenza della
Corte di Giustizia UE
(C. Giustizia 5.5.2998 cause riunite 157/96 e C. 180/98…" Orbene, si deve
ammettere quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata
di rischi per la salute delle persone, che le Istituzioni possono adottare
misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate
la realtà e la gravità di tali rischi…") ed ancora di quella di legittimità
(cfr. sentenza Corte Costituzionale 351/99 e Corte di Cassazione 1636/2000).
5 bis) VIOLAZIONE DELL'ART.41 DELLA COSTITUZIONE NELLA PARTE IN CUI  TUTELA
LA LIBERA INIZIATIVA PRIVATA CHE SI SVOLGA NEL PIENO RISPETTO DELLA
LEGISLAZIONE.
La singolare deroga  che il Protocollo, in modo illegale ed illegittimo
introduce , peraltro senza adeguata motivazione, circa il rispetto della
normativa comunitaria e nazionale che vieta la coltivazione e la
commercializzazione di sementi contenenti ogm integra anche una violazione
del diritto di iniziativa economica degli altri operatori agricoli presenti
in quel medesimo territorio i quali possono assai verosimilmente  vedere le
proprie colture di mais contaminate per via della proseguita coltivazione di
quelle contenenti ogm. Invero, siffatti operatori, sebbene rispettosi della
legge,  per effetto della forzata prosecuzione delle colture contaminate
assicurata dal Protocollo,  potrebbero da un lato soffrire un pregiudizio
alla loro libertà di iniziativa che è tutelata proprio da quel divieto
legislativo riguardante le sementi ogm, violato da alcuni operatori
concorrenti, dall'altro subire  gli effetti di quella stessa legislazione
in termini di possibile sequestro delle loro produzioni - in quanto
contaminate di rimbalzo - : con la duplice beffa, da un lato di non aver
concorso ab origine alla propagazione di sementi ogm e dall'altro di non
poter fruire del trattamento che il Protocollo ha riservato ai soli
operatori che ab origine avevano acquistato e messo a coltura sementi
contaminate !  In altre parole, il divieto di coltivazione costituisce al
momento una prima fondamentale risposta al problema relativo alla
coesistenza tra colture trasgeniche e colture tradizionali. Il problema
della coesistenza, al centro dell'attenzione della recente Raccomandazione
della Commissione, richiede in ogni caso -. ammesso e non concesso che sia
concretamente praticabile nel nostro Paese ad alta intensità di coltivazioni
e con maglie poderali assai piccole - che si elaborino soluzioni tecniche
adeguate alle peculiari caratteristiche dei singoli territori. Rilievo quest
'ultimo sufficiente ad illuminare ancor meglio l' arbitrarietà e l'
inadeguatezza della soluzione accolta nel Protocollo, la quale, infatti, si
è limitata - bontà sua! - da un lato ad escludere immotivatamente la
distruzione - allo stato dell'arte l'unico rimedio efficace per rimuovere i
rischi generati, tenendo anche conto della specificità dei territori
italiani coinvolti-, dall'altro a permettere  la prosecuzione delle
coltivazioni senza preoccuparsi di tutelare i terzi operatori rispettosi
della legge.
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SULLA NECESSITA' DI PROVVEDERE ALLA SOSPENSIONE CAUTELARE
 DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO
Ritenendo già ampiamente illustrati i profili afferenti al ricorso in
questione che sotto il profilo del fumus boni iuris lo rendono affetto di
illegittimità e riservandosi di approfondire ancor più tali aspetti nella
Camera di Consiglio, tuttavia occorre descrivere quali aspetti del periculum
in mora rendono necessaria ed indilazionabile la sospensione del Protocollo
impugnato.
Preliminarmente, si vuole richiamare l'attenzione del Collegio sull'
interpretazione giurisprudenziale che si va formando in questo campo, in
particolare sulle recentissime decisioni del Tribunale Amministrativo
Regionale del Piemonte, sede di Torino,  pronunciatosi su circostanze
analoghe ( terreni inquinati da sementi ogm non autorizzate nei cui
confronti, il Presidente della Giunta regionale del Piemonte aveva -
correttamente - ordinato la distruzione causando l'impugnazione dell'
ordinazione da parte della ditta sementiera interessata), nello specifico i
Decreti Presidenziali nn.819/2003 e 820/2003 (in allegato), nonché sulla
ancor più recente decisione della Corte di Giustizia Europea del 9 settembre
2003 nella causa C-236/01 pendente tra la Monsanto Italia SpA ed altri nei
confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri ( in
allegato ).
Di fondamentale importanza è l'attenta considerazione della parte del
documento relativa alla "Gestione della granella prodotta", punto 3, che
stabilisce " La destinazione delle produzioni è il ricollocamento sul
mercato industriale come carburante ecologico ( bioetanolo ) o come biomassa
per gli impianti di produzione energetica; altro impiego, ad uso diverso
dall'alimentazione umana ed animale previsto dalla legislazione vigente, è
sottoposto ad autorizzazione del Ministero, d'intesa con la Regione
competente per territorio, fatta salva l'evoluzione della normativa italiana
e comunitaria". Ma le predette statuizioni, lette alla luce del documento
tecnico ( in allegato ) del dott. Enrico Lucconi, dell'Istituto sperimentale
per la cerealicoltura, "Mais trasformazione e utilizzazione industriale
della granella" è illuminante circa l'elevato residuo di rischio ambientale.
Infatti, permettendo ai soggetti firmatari di ricavare indirettamente, da
tale illecito comportamento, un profitto, potendo l'agricoltore alienare il
mais inquinato per la sua trasformazione in bio-etanolo e soprattutto
potendo poi le ditte sementiere rivenderlo per altri scopi industriali.
Sotto un profilo strettamente tecnico, è bene chiarire che il rimedio è più
grave del male che si vorrebbe curare, perché  non tiene conto di tutte le
operazioni necessarie per arrivare a questa trasformazione, in particolare
nella fase di raccolta meccanica dal campo del prodotto (trebbiatura), in
cui si verifica una dispersione notevolissima della granella (che è anche
seme) che non può essere evitata, granella da caricare negli automezzi di
trasporto, presenti sul campo nel momento della stessa raccolta.
Inoltre, tali mezzi ed automezzi, inquinati, vanno ad operare altrove, con
dispersione ulteriore dei residui.
Insomma, un disastro se si valutano puntualmente tutti i passaggi per
arrivare alla produzione del bioetanolo.
In concreto, quanto più alta è la produzione, tanto più sono impegnative la
raccolta e la conservazione per la destinazione finale. Su un prodotto di
100 quintali non è difficile perderne 3/4. Un ritardo di un mese nella
raccolta può aumentare di altri quintali le perdite stesse (cfr. "La moderna
coltivazione del mais", Samuel R. Aldrich e Earl R. Leng, 275, R.E.D.A. -
Roma).
La produzione di bioetanolo impone, poi, la degerminazione del mais; germe
dal quale si ricava olio che potrà essere destinato all'alimentazione umana
(olio di semi di mais).
Una volta ottenuto, dal germe pressato, l'olio in questione, il "panello"
residuo viene destinato all'alimentazione animale.
E tutto ciò considerando solo le operazioni più usuali e comuni e
sottolineando la circostanza che attualmente stanno approssimandosi le
operazioni di raccolta del mais inquinato .
Tutto ciò premesso,
Si chiede
All'Ecc.mo tribunale adito che voglia accogliere integralmente il presente
ricorso, dichiarando illegittimi e conseguentemente annullando, previa
sospensione, il provvedimento oggi impugnato, e per l'effetto provvedere ai
sensi delle normative vigenti in materia di introduzione di ogm non
autorizzati, nonchè al risarcimento del danno ambientale eventualmente
verificatosi.
Con vittoria di onorari, competenze e spese.
Roma, lì 19 settembre 2003
Avv. Luciana Selmi

RELATA DI NOTIFICA
Istante come in atti io sottoscritto uff. giud. Addetto all'Ufficio
Notifiche della Corte d'Appello di Roma ho notificato copia autentica e
conforme dell'antescritto ricorso a:
1)	M.I.P.A.F. - Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, in
persona
del Ministro p.t., domiciliato ex lege presso l'Avvocatura Generale dello
Stato in Via dei Portoghesi n. 12, - 00186 ROMA.
2) Pioneer Hi Bred Italia, in persona del legale rappresentante p.t., presso
la sede in via Giuseppina n.9, 26030 Malagnino, Cremona.
3) Monsanto  Agricoltura Italia, in persona del legale rappresentante p.t.,
via S. Colombano 81/a - 26900 LODI.
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N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura@italytrading.com