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rassegna stampa: Coldiretti e OGM



Vi giriamo una riflessione sulla questione OGM del responsabile Coldiretti
di Rovigo.
A nostro avviso pur essendosi schierata ufficialmente anti OGM la Coldiretti
si è attestata su una linea che presenta ambiguità e che se non chiarita,
proprio per l'importanza che riconosciamo a questo sindacato storico, aprirà
varchi nel largo fronte dei movimenti anti OGM. Sarà lo strumento usato
dalla lobbye finanziaria e produttiva delle Biotecnologie assieme alla
lobbye scientifica per riproporre gli ogm in altra salsa subito dopo il
tentativo del microinquinamento delle colture di mais. Non condividiamo
quindi il tatticismo della prima parte dell'intervista che a nostro avviso
contrasta decisamente con le affermazioni molto precise e condivisibili
dell'ultima parte. Tutto questo è stimolo ad approfondire il dibattito in
seno a chi ha a cuore la trasformazione della nostra agricoltura in una
agricoltura di qualità legata al territorio ed ai bisogni espressi dalla
stragrande maggioranza dei cittadini che sono prima di tutto portatori di
diritti e poi consumatori.

A cura di AltrAgricoltura Nord Est

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Tratto da "Il Resto del Carlino - ed- Rovigo" - 16/09/03
«Gli ogm vanno studiati, non commercializzati»

I noti casi che in questi giorni hanno interessato anche le campagne venete
richiamano la nostra attenzione sul tema dell'utilizzo degli Organismi
Geneticamente Modificati.
Credo sia quanto mai opportuno svolgere insieme una riflessione serena, che
provi ad approfondire alcune delle principali implicazioni riguardanti
questa tecnologia. Come tutti ormai dovremmo sapere, si tratta
dell'introduzione, in coltivazione e in allevamento, di organismi il cui
corredo genetico è stato manipolato con tecniche di laboratorio, che
consentono di introdurre frammenti genetici propri di altre specie che mai,
in natura o con le tecniche della tradizionale selezione genetica applicata
dall'uomo, potrebbero incrociarsi tra loro.
Si tratta, quindi, di qualcosa enormemente oltre l'incrocio, l'innesto o
l'ibridazione applicati a ogni specie allevata o coltivata e che sin qui
abbiamo conosciuto. Qualcosa in grado non solo di migliorare le cultivar
rispetto ai rispettivi punti deboli, introducendo elementi di resistenza, ma
addirittura di svincolare le caratteristiche di una produzione dal suo
classico ambiente di esistenza. Un salto enorme nella strada del progresso
umano, un salto che può far paura per quanto avvicina l'uomo al Creatore
della Vita.
Rispetto a questa innovazione la scienza non è oggi in grado di garantirci
dell'assenza di effetti collaterali negativi e indesiderati, legati in
sostanza al pericoloso e irreversibile inquinamento genetico che ciò
genererebbe nella catena alimentare.
E allora come avviene per l'applicazione nella vita di tutti i giorni dei
nuovi farmaci o di altre nuove tecnologie, la cosa più ovvia e di buon senso
è quella di potenziare lo studio, la ricerca e l'indagine di questi effetti.
Ma come mai invece si vuole saltare questa fase? Come mai alcune
multinazionali sono arrivate a infrangere l'attuale legge, che consente
l'uso delle sementi ogm per la sperimentazione, e hanno commercializzato
sementi vietate? A chiunque cerchi di capire qualcosa di più, appare
evidente come il dibattito sia astutamente mantenuto su toni superficiali e
polemici. Ma perché? La semplificazione che tenta di contrabbandare gli ogm
come le moderne armi contro il flagello della fame è smentita da fatti,
tanto clamorosi quanto messi in silenzio.
In India sino ad alcuni anni fa l'introduzione delle cosiddette "sementi
terminator", inutilizzabili cioè per la risemina dell'anno successivo,
ottenute per via transgenica, ha provocato decine di migliaia di morti tra
suicidi di capi famiglia che non sapevano che fare per sfamare i figli e
morti per denutrizione. Famiglie vissute per generazioni utilizzando semi
autoctoni prodotti in casa e rovinate nel volgere di una stagione dall'uso
di una nuova e diversa tecnologia, che si può solo comprare con i soldi che
loro non possiedono.
Recenti elaborazioni di scienziati esperti hanno confermato che il bilancio
alimentare mondiale, in calorie, è più che sufficiente a nutrire con
abbondanza tutta la popolazione del pianeta. Il problema è quello della
iniqua distribuzione della ricchezza e della conseguente difficoltà di
accesso al cibo di una parte considerevole del Mondo.
Certo le tecniche di coltivazione utilizzate nei Paesi meno sviluppati non
sono sofisticate ed efficienti come le nostre, in quei contesti i parassiti
e le patologie riducono di molto le produzioni, ma basta questo per
giustificare l'introduzione di qualcosa che fa sì produrre di più, ma i cui
effetti reali sono ignoti?
Di fronte a tutto ciò il minimo è attuare quel principio di cautela che la
norma prevede, consentendo ora l'utilizzo delle sementi ogm per la doverosa
ricerca e sperimentazione, attendendone i risultati prima dell'immissione in
commercio.
E noi invochiamo l'investimento di risorse necessario a questa ricerca, per
avere dati certi e poter assumere decisioni con piena cognizione di causa,
evitando di commettere errori irrimediabili.
Una volta acquisiti gli esiti di questa ricerca, a prescindere dai tempi
necessari, è fondamentale che i produttori, che comunque non vogliono
utilizzare queste sementi e prodotti ogm, siano garantiti da vendite
truffaldine ed in ogni caso da contaminazioni derivanti dalla coesistenza
con colture biotech.
A maggior ragione ciò vale per il consumatore, che deve essere messo in
grado, attraverso una chiara indicazione della composizione e dell'origine
dei prodotti alimentari, di sapere se il prodotto che acquista è
geneticamente modificato, in che forma e in che misura.
Ma l'ogm, in quanto possibilità di totale delocalizzazione e svincolo dal
territorio naturale di una produzione, fatto di tipi di terreno, di
caratteristiche climatiche, di disponibilità di risorse, spinge verso un
modello di agricoltura ben lontano da quello che conosciamo e che noi
vogliamo garantire.
Un modello omologato a livello planetario, che nega quella territorialità,
quella tipicità e quella qualità che, soprattutto nell'ultimo decennio, la
società ha dimostrato di apprezzare e di ricercare quale componente della
qualità della vita.
(*) Presidente Coldiretti Rovigo

di Napoleone Sartori (*)


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