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Sent: Wednesday, April 16, 2003 9:28
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Subject: NUCLEARE. IL GOVERNO FA CARTA
STRACCIA DEL REFERENDUM
NUCLEARE. IL GOVERNO FA CARTA STRACCIA
DELLA VOLONTA’ DEGLI ITALIANI ESPRESSA NEL
REFERENDUM
Roma, 16 aprile 2003 - In
palese violazione della legislazione vigente, che non consente la
partecipazione di imprese italiane nella costruzione e gestione di impianti
nucleari all’estero, secondo quanto sancito dal referendum del 1987, l’Ansaldo
si appresta a costruire il secondo reattore della centrale rumena di
Cernavoda, con l’esplicito sostegno del governo.
“Il viceministro Urso
forse con la scusa del miglioramento della sicurezza dei vecchi e pericolosi
impianti di modello sovietico esistenti nell'Est europeo vuole rilanciare
l’industria nucleare italiana- afferma Domitilla Senni, direttore di
Greenpeace questo è totalmente illegittimo, in contrasto con la volontà
espressa dagli italiani nel referendum”
La centrale elettronucleare di
Cernavoda equipaggiata con tecnologia canadese CANDU, il cui primo reattore di
Cernavoda è stato completato nel 1996 dal consorzio italo-canadese Ansaldo
Nucleare-Atomic Energy Corporation Limited (AECL) con il sostegno finanziario
di 150 milioni di dollari da parte del Mediocredito Centrale, rimane il primo
esempio di esportazione di un impianto nucleare con tecnologia occidentale
nell’est Europa.
Il progetto, il cui disegno risale all’era di Ceausescu, è
stato già realizzato per il 40 per cento soltanto per quel che concerne la
costruzione delle opere civili e non nucleari, con una spesa indicativa di 650
milioni di dollari.
Per Greenpeace, dal momento che la divisione
Ansaldo Nucleare è parte dell’Ansaldo Energia, che a sua volta è controllata
al 100 per cento dal gruppo Finmeccanica S.p.A., il cui azionista di
maggioranza relativa rimane tuttora il Ministero dell’Economia e delle Finanze
con il 32,44 per cento, la realizzazione del secondo reattore di Cernavoda è
in palese violazione della legislazione vigente.
Inoltre, il sistema
elettrico rumeno vive attualmente una crisi strutturale e le autorità statali
non hanno considerato adeguatamente tutte le alternative non nucleari che sono
a disposizione per il miglioramento e lo sviluppo di questo, prima di
investire nell’aumento della produzione nazionale. Secondo i dati del
Dipartimento per l’energia degli Stati Uniti (DoE), negli ultimi 10 anni il
fabbisogno energetico della Romania è diminuito da 70.4 TWh a 49,6 TWh poiché
la ripresa economica attesa dopo la fine dell’era Ceausescu è stata rallentata
fortemente da nuove difficoltà finanziarie. La valutazione di impatto
ambientale del progetto non è mai stata resa pubblica dal governo rumeno né
dalle agenzie di credito all’esportazione interessate al progetto e non è
chiaro, quindi, se progetti non nucleari alternativi a quello di Cernavoda
siano stati adeguatamente valutati prima che il governo rumeno abbia
effettuato la scelta in favore del nucleare.
La Romania dispone attualmente
di un surplus energetico che viene esportato verso i paesi confinanti. Il
reattore Cernavoda 1 ha aumentato già la produzione elettrica nazionale dell’8
per cento, ed il reattore Cernavoda 2 contribuirebbe ulteriormente all’export
di energia senza apportare, di contro, alcun miglioramento tangibile al
precario sistema elettrico nazionale. Il Primo Ministro canadese, Jean
Chretien, ha recentemente ventilato l’ipotesi che proprio l’Italia potrebbe
acquistare ed importare l’energia elettrica prodotta dal reattore Cernavoda 2
in Romania.