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l'olio extravergine di Taranto e gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) cancerogeni



Riceviamo e pubblichiamo questo saggio, riassunto della tesi di laurea di 
Giorgia Purcaro.

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From: "Giorgia Purcaro" <giorgia.purcaro@adriacom.it>



Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono composti ubiquitari 
generati da combustione incompleta di sostanze organiche. Vengono riversati 
nell’atmosfera attraverso combustioni spontanee (eruzioni vulcaniche, 
incendi…) ma principalmente attraverso l’attività umana (produzione di 
energia industriale, scarichi di autoveicoli, riscaldamento domestico,…). 
Questi composti sono classificati dal punto di vista chimico in IPA leggeri 
e pesanti, a seconda del loro peso molecolare. Gli IPA leggeri sembrano 
legati al metabolismo della pianta, mentre gli IPA pesanti sono di provata 
attività cancerogena. L’assunzione di questi composti da parte dell’uomo 
avviene principalmente attraverso l’ingestione di alimenti contaminati, 
tuttavia anche l’inalazione e il contatto cutaneo hanno un peso importante, 
in particolare per alcune categorie di lavoratori che si trovano 
strettamente a contatto con questi cancerogeni . La contaminazione degli 
alimenti deriva sia da trattamenti tecnologici mal gestiti (grigliatura, 
affumicatura) che dall’inquinamento atmosferico attraverso la deposizione 
di particolato contaminato sulle colture in campo; per questo motivo il 
livello di IPA nell’ambiente dovrebbe essere mantenuto il più basso 
possibile. Da uno studio sulla dieta mediterranea è emerso che il 
contributo maggiore al quantitativo di IPA assunti dall’uomo deriva dai 
cereali, essenzialmente perché largamente consumati e non perché presentino 
valori estremamente elevati. E’ infatti dimostrato che gli alimenti 
maggiormente contaminati sono i grassi e gli oli a causa della natura 
lipofila di questi composti. In particolare l’olio grezzo che si estrae 
dalla sansa (residuo di pasta di olive dopo estrazione per pressione) 
risulta essere fortemente inquinato a causa del processo di essiccamento 
che subisce prima dell’estrazione dell’olio residuo con solvente. La 
presenza di IPA negli oli vergini è invece da collegare principalmente 
all’inquinamento ambientale nella zona di coltivazione. Ovviamente le aree 
più penalizzate risultano quelle situate in vicinanze di strade trafficate 
e di siti industriali.
Un polo industriale di particolare importanza in Italia è quello di 
Taranto. Le principali industrie di questo sito sono una raffineria di 
grandi dimensioni (AGIP), un cementificio di importanza nazionale 
(CEMENTIR) e uno dei più grandi stabilimenti siderurgici europei (ILVA). 
Quest’area è considerata ad elevato rischio ambientale e per questo 
inserita nel piano di risanamento riportato dal DPR del 23 Aprile 1998. Da 
uno studio condotto dall’Enea, il principale responsabile dell’inquinamento 
da ricaduta di polveri (alle quali sono associati gli IPA) appare essere 
l’ILVA ed in particolare il reparto sotto accusa è la cokeria. In questo 
reparto avviene la trasformazione del carbon fossile in coke, il quale 
viene poi utilizzato insieme al minerale di ferro per la produzione di 
acciaio, tramite trattamento termico a 1000°C per circa 18 ore in batterie 
di forni in muratura refrattaria. I forni sono caricati dall’alto (piano 
coperchi). E’ stato stimato che un addetto al piano coperchi è sottoposto a 
quantitativi di Benzo(a)Pirene (BaP) di anche 11 g/m3/dì, quando secondo 
stime del WHO l’esposizione a 10 g/m3 l’anno porta ad un aumento di 0,4 del 
rapporto di rischio relativo del tumore al polmone. Dai forni della cokeria 
fuoriescono anche elevati quantitativi di fumi che si riversano 
sull’abitato circostante, in particolare sul quartiere Tamburi di Taranto 
situato a ridosso della zona industriale. Centraline di rilevamento della 
qualità dell’aria situate in diversi punti della città hanno rilevato anche 
punte di oltre 10 g/m3 di BaP (secondo le linee guida del DM 25/11/94 il 
valore del BaP dovrebbe essere tenuto sotto 1 g/m3).
In seguito al ritrovamento di elevati contenuti di IPA in alcuni oli di 
oliva della Puglia, il Dipartimento di Scienze degli Alimenti di Udine ha 
effettuato uno studio su olive prelevate nelle aree circostanti a Taranto 
(Ceglie, Francavilla, Villa Castelli, Grottaglie, Massafra, Lizzano) allo 
scopo di evidenziare o meno un legame con l’inquinamento causato dal polo 
industriale di Taranto.
La contaminazione superficiale delle olive, raccolte direttamente 
dall’albero, è risultata più elevata rispetto a quella riscontrata in olive 
prelevate in altre zone di Italia poste lontane da insediamenti 
industriali. Considerato che parte dell’inquinamento superficiale delle 
olive campionate potrebbe essere stato rimosso dalle copiose piogge che 
hanno preceduto il campionamento stesso, questi risultati sembrano 
dimostrare un’incidenza dell’inquinamento ambientale. Tuttavia, i livelli 
particolarmente elevati riscontrati in alcuni oli rispetto a quelli delle 
olive corrispondenti prelevate direttamente dagli alberi, fa ipotizzare che 
ci possa essere un problema anche a livello di frantoio, durante la filiera 
di trasformazione. Al fine di approfondire la reale incidenza del sito 
industriale di Taranto sul livello di IPA negli oli extra vergini 
provenienti da questa zona, si rendono pertanto necessarie ulteriori 
indagini che tengano conto della distanza dalla fonte di emissione e della 
ricaduta degli inquinanti in relazione alla direzione dei venti. Dallo 
studio condotto dall’Istituto Isiata in collaborazione con il CNR di Lecce 
è emerso che le ricadute avvengono principalmente a sud rispetto ai siti 
industriali. Tuttavia le circolazioni atmosferiche variano dal periodo 
estivo a quello invernale, in quest’ultimo le ricadute avvengono 
frequentemente anche nell’entroterra di Taranto. Inoltre secondo uno studio 
di Bakker et al., effettuato nei dintorni di una raffineria in Belgio, 
l’effetto delle ricadute diminuisce sensibilmente all’aumentare della 
distanza dalla sorgente, abbassandosi anche di circa 10-30 volte dopo 
qualche chilometro.
Bisogna inoltre ricordare che il lavaggio delle olive effettuato in 
frantoio prima dell’estrazione dell’olio, se condotto con acqua corrente, 
rappresenta un’efficace sistema per allontanare questi contaminanti. 
Un’azione più efficace si potrebbe eventualmente ottenere aggiungendo un 
detergente che ha la capacità di rendere più solubili gli IPA in acqua, 
tuttavia l’utilizzo di questi prodotti potrebbe dare problemi per il loro 
successivo allontanamento.
Relativamente alla problematica degli IPA, è importante fare alcune 
considerazioni riguardo ai limiti di legge recentemente stabiliti in Spagna 
e in Italia per l’olio di sansa di oliva, ma di fatto applicati anche 
all’olio extra vergine. I limiti in questione stabiliscono che ciascun 
singolo IPA pesante non deve superare i 2 g/Kg e che la loro somma non deve 
superare i 5 g/Kg. Quest’ultimo limite, in particolare, non tiene conto 
dell’effettiva tossicità dei diversi IPA considerati nella somma e ha 
portato in taluni casi ad ingiustificati allarmismi per alcune partite di 
oli extra vergini di oliva di cui è stata bloccata l’esportazione. 
Sicuramente più coerente è il  limite emanato dal Governo Canadese che 
corregge la presenza di ogni singolo IPA per il suo coefficiente di 
tossicità equivalente (TEF) rispetto al BaP, il composto ritenuto più 
cancerogeno.