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7.11.2002, il Consiglio Comunale a L'Aquila torna a parlare delGran Sasso



COMUNICATO STAMPA DEL FORUM CITTADINO CONTRO IL TERZO TRAFORO

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7.11.2002, il Consiglio Comunale a L'Aquila torna a parlare del Gran Sasso.



Quasi un anno fa il Consiglio comunale discuteva della realizzazione del
terzo traforo con interventi superficiali e uniformati a favore dell'opera;
questa volta, invece, si parla della pericolosità per la popolazione delle
sostanze utilizzate dagli esperimenti nei laboratori sotto il Gran Sasso.

La miope e arrogante difesa del progetto per il terzo traforo, da parte
delle amministrazioni aquilane, si è infranta sulla forza del movimento di
opposizione. Persino l'attuale Commissione Lavori Pubblici al Senato ha
considerato necessaria una nuova valutazione di impatto ambientale, dando
valore alle indicazioni emerse da parte dei cittadini e delle associazioni.



Il riversamento di trimetilbenzene nelle acque del Mavone, il 16 agosto
scorso, ha confermato i timori di incidenti da sostanze pericolose, già
espressi dagli ambientalisti, fin dal gennaio scorso, con esposti agli Enti
competenti.

Gli attuali rappresentanti dell'Agenzia Regionale per la Tutela
dell'Ambiente (ARTA) e dell'INFN, reagirono in modo che, oggi, possiamo
definire assolutamente irresponsabile. L'ARTA rispose attraverso la stampa
minacciando di denunciare il WWF per procurato allarme. Né la Regione né
altri, se non la Procura di Teramo (che ha iniziato a indagare a fine
luglio) hanno ritenuto degne di attenzione le notizie che, i cittadini sì,
sempre con molto scrupolo e con tanto impegno personale, hanno portato alla
luce.

E pensare che se nel Mavone fosse stato riversato cloruro di gallio, le
persone sarebbero morte.

I laboratori dell'INFN sono stati costruiti nel cuore della più grande
sorgente di acqua pura dell'Italia centrale che oggi serve 800.000 persone.

Perché l'INFN, che da 10 anni fa esperimenti con sostanze pericolose, sta
approntando solo oggi interventi per adeguare i sistemi di sicurezza
interni dei laboratori, perfino quelli antincendio? E come è possibile che
in caso di incidenti che interessino l'ambiente esterno, come quello del 16
agosto, non ci sia un piano di emergenza anche attraverso
l'informazione/formazione degli abitanti?

Che pensare, infine, del rischio sismico specifico connesso alla
localizzazione dei laboratori?

Siamo stanchi di amministratori e politici che, solo dopo i disastri,
accorrono con il casco di protezione e il giubbetto fluorescente, affranti
e pronti a promettere controllo e vigilanza.

Questa volta ci aspettiamo iniziative e risposte all'altezza dei problemi
che sono in campo. Abbiamo la certezza che nessuno studio è stato fatto
finora sul pericolo di incidenti concomitanti con le ingenti sostanze
depositate sotto il Gran Sasso e l'unica iniziativa presa finora, è stata
la recente costituzione presso la Presidenza della Regione Abruzzo di un
gruppo per la valutazione dei rischi, formato da quegli stessi Enti che
avrebbero dovuto già da tempo controllare e valutare le attività dei
laboratori.



E' proprio impossibile ascoltare in tempo le denunce dei cittadini? Troppo
spesso i disastri e i loro effetti devastanti, che restano sempre impuniti,
dipendono dalla incuria e dalla rapina che i governi tollerano o
promuovono, avendo come stella polare non il benessere e la sicurezza di
tutti, ma il profitto e l'interesse dei pochi e dei furbi.





L'Aquila, 6 novembre 2002