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Fabiocchi NEWS 26 Lug 2002



Newsletter Eco-Internazionalista www.ecquologia.it
-Australia/Foreste: in pericolo la liberta' di stampa
-ONU: Rapporto su Sviluppo Umano: le nuove democrazie vacillano
-Le eco-tasse riducono l'inquinamento e alleggeriscono le tasse sul reddito 
-Rifiuti: UE accusa Italia di non aver rispettato le norme
-La deforestazione illegale minaccia la stabilita' economica ed ecologica
-Islanda: 3,000 km2 saranno danneggiati dalle infrastrutture della Alcoa
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www.undp.org/hdr2002/ Rapporto UNDP sullo Sviluppo Umano 2002
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Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI@inwind.it
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Australia/Foreste: in pericolo la liberta' di stampa
24 Luglio 2002 - Una nuova legge nell'Australia Occidentale potrebbe mettere in pericolo la liberta' di informazione. La tecnologia moderna e' diventata la principale arma per gli ambientalisti che denunciano la distruzione di foreste portata avanti dalle multinazionali. Le video camere e altre attrezzature per computer permettono agli attivisti di creare siti web e documentari di buona qualita'. Il Dipartimento per la conservazione e la gestione delle terre dell'Australia Occidentale (CALM), responsabile della gestione forestale, e' stato molto imbarazzato per la pubblicazione di alcuni video che mostrano come si sta permettendo alle multinazionali di distruggere ampie aree di foresta nativa. (I video si possono vedere su http://members.iinet.net.au/~Ekimred). Per questo motivo il CALM e' riuscito a far passare in parlamento una nuova legge che vieta di filmare o fotografare nelle foreste, tranne che per uso personale. La legge e' in palese violazione dei diritti umani ed e' l'inizio della fine della liberta' di informare su cosa sta avvenendo nelle foreste di proprieta' pubblica. L'industria del legname vuole nascondere tutto agli occhi del pubblico, essa sta sfruttando sia le persone che l'ambiente. E' possibile mandare un'email di protesta al Premier dell'Australia Occidentale per chiedere che la legge venga rimossa: http://www.foei.org/cyberaction/calm.php
Fonte: FoE Int.; trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi@inwind.it
 
ONU: Rapporto su Sviluppo Umano: le nuove democrazie vacillano
24 Luglio 2002 - Secondo il Rapporto sullo Sviluppo Umano 2002, pubblicato dall'UNDP (United Nations Development Programme), le conquiste fatte con l'emergere di dozzine di nuove democrazie nell'ultimo decennio rischiano di essere annullate da leader autoritari che manipolano le elezioni e dalla perdita di fiducia nel sistema democratico da parte di milioni di persone. In molte nazioni la cultura democratica (liberta' di stampa e liberta' di fare opposizione politica) non riesce a svilupparsi o sta per essere soffocata. Il rapporto sostiene che le crisi economiche di molti paesi alimentano la percezione che il sistema democratico non riesca a garantire una vita migliore. Dal 1980, ben 81 nazioni si sono trasformate in democrazie, e in 140 paesi su circa 200 esistenti si sono tenute elezioni multipartitiche. Ma un'elezione multipartitica da sola non fa di un paese una democrazia, sostiene l'amministratore dell'UNDP Mark Malloch Brown. Il rapporto sullo sviluppo umano stila una classifica delle nazioni del mondo in base al loro indice di sviluppo umano basato principalmente sull'aspettativa di vita, educazione e reddito pro capite. Quest'anno la Norvegia si conferma al primo posto, seguita da Svezia, Canada, Belgio, Australia e USA. In coda alla classifica ci sono solo paesi sub-sahariani: Sierra Leone, Niger, Burundi, Mozambico e Burkina Faso. Il rapporto afferma che sebbene la maggioranza della popolazione mondiale viva in democrazie (almeno da punto di vista formale), in 106 paesi le liberta' politiche e i diritti civili sono limitati e dal 1990 le guerre civili sono costate 3.6 milioni di vite umane. Circa 2.8 miliardi di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno. Piu' di 60 paesi hanno redditi pro capite inferiori a quelli del 1990. Malloch Brown ha detto: "la democrazia non sembra rispondere alle vere necessita' dei poveri." Secondo il rapporto, la politica che serve particolari gruppi di interesse preoccupa gli elettori in paesi come gli USA, dove le donazioni da parte di multinazionali sono salite a 1.2 miliardi di dollari nelle elezioni del 2000, o in India dove l'80% dei finanziamenti nelle elezioni del 1996 arrivavano dalle grandi multinazionali. I sondaggi spesso mostrano sempre piu' scarsa fiducia nella democrazia e nel libero mercato come e' successo piu' di recente in America Latina. Una delle cause e' il fallimento delle nazioni ricche ad espandere il libero mercato abbastanza rapidamente da fare la differenza per le economie deboli. Secondo il rapporto le banche, le corti e le istituzioni governative sono in crisi, spesso a causa della corruzione o di pressioni politiche. L'indipendenza della stampa e dei media dalla politica e dal business contribuisce a rafforzare la democrazia: i media devono essere indipendenti non solo dal controllo statale, ma anche dalla concentrazione del settore privato; essi inoltre devono seguire severi principi etici e professionali. I monopoli statali nella comunicazione mediatica persistono soprattutto nel mondo arabo. Nel contesto della globalizzazione, il mondo sembra dividersi sempre piu' tra ricchi e poveri, tra chi appoggia l'attuale ordine economico e chi chiede un'alternativa. L'integrazione globale non e' stata accopagnata da maggiore pluralismo, commenta una delle autrici del rapporto che ha proposto di riformare in senso democratico le istituzioni multilaterali come possibile rimedio: quelle istituzioni oggi rappresentano la concentrazione del potere nelle mani dei paesi ricchi, ha detto. Fonte: New York Times; OneWorld; trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi@inwind.it

Le eco-tasse riducono l'inquinamento e alleggeriscono le tasse sul reddito 
25 Luglio 2002 - Negli ultimi anni molti paesi hanno adottato tassazioni sulle attivita' che danneggiano l'ambiente e contemporaneamente ridotto le tasse sul reddito. Sebbene a livello mondiale esse rappresentino solo il 3% dei ricavi da tasse, i governi stanno cominciando a considerare l'adozione di eco-tasse per combattere l'inquinamento. Il prezzo di mercato per ogni litro di benzina riflette i costi di estrazione, lavorazione e trasporto del greggio, ma non considera i costi che i governi devono affrontare per l'inquinamento dell'aria, le piogge acide o i danni provocati dai disastri naturali causati dal riscaldamento globale di cui i combustibili fossili sono i maggiori responsabili. Le eco-tasse servono quindi per allineare i prezzi di mercato dei prodotti e delle attivita' ambientalmente dannose con i loro costi reali.
La Germania ha adottato una riforma sulle tasse abbassando le tassazioni sul reddito e aumentando quelle sulla benzina, sui combustibili da riscaldamento, sul gas naturale e sull'elettricita'. I ricavi sono stati utilizzati per diminuire i contributi dei lavoratori ai fondi pensione. Tuttavia gli aumenti delle eco-tasse per le industrie che consumano molta energia sono stati sostanzialmente piu' bassi per il rischio di perdere competitivita' internazionale. Nel 2000 la Germania ha ulteriormente aumentato le tasse sui carburanti, il risultato e' stata una riduzione del 5% delle vendite di combustibili nella prima meta' del 2001 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Finora la Germania ha trasferito il 2% del carico tributario dai redditi alle attivita' inquinanti.
L'Olanda ha adottato una tassa sui carburanti nel 1988 e tra il '96 e il '98 un'altra sul consumo di gas naturale, elettricita' e combustibili da riscaldamento. I maggiori consumatori di energia, cioe' le industrie, sono stati esentati da queste tasse per mantenere competitivita' nel mercato internazionale, percio' le eco-tasse sono ricadute soprattutto sui singoli cittadini. Comunque i ricavi sono stati utilizzati per ridurre le tasse sul reddito. Questo trasferimento ha fatto alzare i costi energetici delle abitazioni, il risultato e' stata una riduzione del 15% del consumo energetico e del 5-10% del consumo di carburante. La Finlandia ha adottato la carbon-tax nel 1990. Nel 1998 le emissioni di CO2 erano inferiori del 7% rispetto al '90. Ma anche qui le eco-tasse sono ricadute soprattutto sui singoli consumatori e non sulle grandi industrie. Nel 1991 la Svezia ha aumentato le tasse sulle emissioni si carbonio e zolfo riducendo allo stesso tempo quelle sul reddito. Le industrie manifatturiere hanno avuto esenzioni da molte tasse ambientali. Nel 2001 il governo ha aumentato le tasse sul carburante diesel, sui combustibili da riscaldamento e sull'elettricita', mentre ha ridotto le tasse sul reddito e i contributi per la sicurezza sociale. Finora il 6% del carico tributario e' stato trasferito dai redditi alle attivita' inquinanti. Questo ha contribuito a ridurre le emissioni di gas serra piu' rapidamente del previsto: si prevedeva una riduzione del 4% delle emissioni entro il 2012, ma gia' nel 2000 le emissioni erano inferiori del 3.9% rispetto al 1990. In Danimarca le tasse sui combustibili fossili e sull'elettricita' hanno favorito l'ascesa dell'industria energetica eolica che attualmente produce il 18% del fabbisogno nazionale.
I governi devono anche eliminare i sussidi che favoriscono le attivita' inquinanti. A livello mondiale questi sussidi ammontano a 500 miliardi di dollari all'anno. Finche' i sussidi statali incoraggeranno le attivita' che le eco-tasse scoraggiano, l'efficacia di queste ultime sara' limitata. Bisognerebbe tassare anche i carburanti degli aerei che attualmente sono esentati da tasse in tutto il mondo, pur rappresentando il 3.5% delle emissioni mondiali di CO2. Fonte: Earth Policy Institute; trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi@inwind.it
 
Rifiuti: UE accusa Italia di non aver rispettato le norme
25 Luglio 2002 - La Commissione Europea ha portato 8 stati dell'Unione alla Corte di Giustizia per non aver rispettato le norme sui rifiuti. L'UE rivolge all'Italia tre capi di accusa: la Commissione sostiene che l'Italia non ha obbligato un'azienda a ripulire tre siti contenenti residui di petrolio bruciato che minacciava di penetrare nel suolo e inquinare le acque; non ha bonificato un altro sito usato illegalmente per depositare dei rifiuti pericolosi; e non ha trasformato in legge le norme europee. Quest'ultima accusa e' rivolta anche a Grecia, Regno Unito e Belgio. L'UE ha presentato altre accuse anche contro Germania, Spagna, Austria e Portogallo. Il Commissario Europeo per l'Ambiente, Margot Wallstrom, ha detto: "La legislazione europea sui rifiuti esiste per un motivo. Vogliamo evitare che i rifiuti danneggino l'ambiente e la salute umana. I singoli paesi hanno il dovere di rispettare le norme." Fonte: REUTERS; trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi@inwind.it 
 
La deforestazione illegale minaccia la stabilita' economica ed ecologica
21 Maggio 2002 - Le inondazioni in Indonesia del primo periodo dell'anno hanno ucciso centinaia di persone, distrutto migliaia di case, danneggiato migliaia di ettari di coltivazioni a riso, e messo in crisi le compagnie di assicurazione. La deforestazione, spesso illegale, ha distrutto foreste che stabilizzano i suoli e regolano i flussi dei fiumi, causando in tal modo inondazioni e frane. Negli ultimi 50 anni, la copertura forestale dell'Indonesia si e' ridotta da 162 milioni di ettari a 98 milioni. Le infrastrutture frammentano oltre la meta' delle rimanenti foreste. Quasi il 70% del legname in Indonesia e' tagliato illegalmente, il taglio illegale ha distrutto 10 milioni di ettari di foresta. Il caso dell'Indonesia non e' unico: le Filippine originariamente possedevano 16 milioni di ettari di foreste, adesso sono meno di 700,000 ettari: cio' ha causato disastri naturali e danni per milioni di dollari. Nel 1989 la Tailandia vieto' il taglio di foreste in risposta alle devastanti inondazioni che avevano provocato la morte di 400 vite. Sebbene il taglio illegale sia inferiore a quello precedente al divieto, esso e' ancora diffuso. Piu' di recente, le grandi inondazioni del fiume Yangtze nel 1998 in Cina sono state attribuite alla rimozione dell'85% della copertura forestale nel bacino del fiume, cio' ha spinto la Cina a vietare la deforestazione e avviare una campagna di riforestazione nell'area. La Cina consuma circa 280 milioni di metri cubi di legno all'anno, ma la produzione domestica ammonta a 142 mln. Cosi', mentre la produzione interna si riduce, la Cina si affida alle importazioni e alla deforestazione illegale per colmare il vuoto. Nei prossimi anni le importazioni di legname in Cina potrebbero superare quelle degli USA e del Giappone. Il 57% del legname importato in Cina proviene dalla Russia, dove almeno un quinto del legname e' illegale o viola la legislazione. In Laos, dove il volume della deforestazione illegale equivale almeno ad un sesto della produzione legale, l'esercito taglia le foreste. Adesso meno del 40% del paese e' coperto da foreste, mentre nel 1940 era il 70%. Il legname in Camerun genera il 20% delle entrate statali da esportazioni, in Gabon ne genera il 13%. Purtroppo solo la meta' delle compagnie in Camerun sono autorizzate a tagliare, e tra queste le violazioni della legislazione sono comuni. In Brasile, con il tasso di deforestazione piu' alto al mondo, l'80% delle operazioni di taglio sono illegali; il Messico sta perdendo 1 milione di ettari l'anno; in Etiopia negli ultimi 40 anni la copertura forestale si e' ridotta da 40 mln di ettari a 2.7 mln. I paesi del G8 e dell'UE acquistano 280 mln di metri cubi di legname dall'estero ogni anno, corrispondenti al 74% delle importazioni mondiali di legname. Gran parte di queste provengono da paesi dove la deforestazione illegale e' la norma. Se i paesi importatori insistesseso nell'acquistare i prodotti forestali certificati con standard ambientali e sociali come quelli dell'FSC (Forest Stewardship Council), la deforestazione illegale sarebbe piu' difficile. Il riciclo e la riduzione dei consumi possono diminuire la domanda di legname tagliato illegalmente. Come ha riconosciuto il governo cinese, i servizi forniti dalle foreste possono valere molto di piu' del legno che contengono. Fonte: Earth Policy Institute; trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi@inwind.it
 
Islanda: 3,000 km2 saranno danneggiati dalle infrastrutture della Alcoa Inc.
23 Luglio 2002 - Il governo islandese, la multinazionale Alcoa e la compagnia energetica islandese Landsvirkjun hanno firmato un accordo per costruire una grande fonderia di alluminio e un impianto idroelettrico nell'Islanda orientale. Questo sara' il piu' importante progetto infrastrutturale mai realizzato nell'isola. E' prevista la costruzione di una diga alta 190 metri e altre di dimensioni minori, tunnel, linee elettriche, strade e un bacino idrico di 57 chilometri quadrati. Il WWF ha subito condannato l'accordo sostenendo che le infrastrutture previste danneggeranno la fauna e la flora in 3,000 chilometri quadrati, circa il 3% dell'isola, modificheranno l'idrologia della zona e distruggeranno parte del Dimmugljufur canyon, il Grand Canyon islandese. Il WWF critica il governo islandese per aver ignorato le richieste di istituire un parco nazionale in quelle zone: secondo un sondaggio, il 65% degli islandesi e' favorevole all'istituzione del parco. Il WWF e un alleanza di diverse organizzazioni ambientaliste hanno chiesto alla Alcoa di ritirarsi dal progetto da quando essa e' subentrata alla Norvegese Norsk Hydro che si era ritirata all'inizio dell'anno. Secondo l'organizzazione, il parco nazionale potrebbe offrire possibilita' di lavoro alternative come quelle legate all'eco-turismo. L'Alcoa, la piu' grande compagnia mondiale di alluminio, sostiene che il suo impianto sara' tra i meno inquinanti del mondo e portera' migliaia di posti di lavoro. Fonte: WWF-Arctic; trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi@inwind.it