[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

cokeria e leggende metropolitane



A Genova lo scorso febbraio è stata "spenta" la cokeria Ilva di Cornigliano 
perché inquinava troppo. Quanti operai hanno perso il posto di lavoro? 
Nessuno. Nonostante ciò a Taranto gli "agitatori di spettri" prevedono 
6.000 licenziamenti se nella locale cokeria verrà applicato il 
provvedimento della magistratura di riduzione di un terzo 
dell'inquinamento. Agli "agitatori di spettri" Taranto Sera ha ieri 
dedicando un puntuale commento che concludeva così: "Qui si vuole soltanto 
che i posti di lavoro non debbano necessariamente costare sacrifici in 
termini di vite umane". Ma chi sono questi catastrofisti dell'occupazione 
che, paradossalmente, accusano gli ambientalisti di "catastrofismo"? Gli 
"agitatori di spettri" sono tutti coloro i quali, di fronte alle ordinanze 
del sindaco prima e al provvedimento della magistratura ora, agitano lo 
spauracchio di licenziamenti a valanga senza minimamente fare i conti con i 
dati di fatto.
Manca meno di una settimana alla data del 20 giugno, data in cui la 
magistratura di Taranto verificherà il rispetto del provvedimento che 
impone la riduzione del 33% dell'inquinamento della cokeria. Ed eccoli 
spuntare, puntuali, gli agitatori di spettri. Vogliamo ragionare con i dati 
fatto anziché con le paure? In primo luogo va detto che il provvedimento di 
riduzione della produzione di carbon coke tocca solo 150 operai e non 
6.000; infatti l'organico della cokeria si aggira sulle 400 unità. In 
secondo luogo va detto che - anche se tutta la cokeria venisse fermata - il 
resto dell'Ilva può funzionare con carbon coke comprato, come fa adesso 
l'Ilva di Cornigliano.
A Taranto Riva ha bisogno - lo ricaviamo dai dati ufficiali presentati 
dall'azienza - di 3.000 lavoratori all'anno, inseriti con contratti di 
formazione-lavoro. Non potrebbe quindi licenziare 150 lavoratori delle 
batterie 3-4-4-6 della cokeria senza violare l'articolo 18 dello Statuto 
dei Diritti dei Lavoratori. Sono stupito che da parte sindacale non vi sia 
una netta critica verso gli "agitatori di spettri" nonostante vi sia una 
forte mobilitazione sindacale in difesa di quell'articolo 18 che recita: 
"Il giudice con la sentenza (…) annulla il licenziamento intimato senza 
giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma 
della legge stessa". Non vi sarebbe infatti "giusta causa o giustificato 
motivo" se Riva dovesse licenziare 150 operai della cokeria per poi 
assumerne 3.000 in formazione lavoro.
Ecco perché è una leggenda metropolitana la previsione di 6.000 
licenziamenti in caso di applicazione dell'attuale provvedimento della 
magistratura. Queste cose vanno dette chiare e forti ai lavoratori 
altrimenti serpeggia la paura della perdita del posto. E arriviamo alla 
domanda fondamentale: a chi giova la paura? E' presto detto. Riva a Genova, 
in cambio dello spegnimento della cokeria, è riuscito ad ottenere il 
possesso delle aree su cui poggiano i suoi impianti, attraverso un accordo 
tutto politico. Gli agitatori di spettri giocano oggettivamente il ruolo di 
facilitatori di questo scambio politico per cui si alza il prezzo su una 
cosa su cui non si dovrebbe trattare (il rispetto della legge e della 
salute) in cambio di una contropartita.
Ma ritornando sull'inconsistenza del ricatto occupazionale. Occorre 
segnalare che recentemente sono fuoriusciti quasi 4 mila operai dall'Ilva 
di Taranto molti dei quali usufruendo della legge sull'amianto. L'Ilva - 
per quanto subisca gli effetti congiunturali della recessione - ha oggi più 
che mai bisogno di compensare questa emorragia di lavoratori. Non va 
dimenticato inoltre che la messa in sicurezza degli impianti spenti e la 
bonifica richiedono mano d'opera come pure richiede mano d'opera l'intero 
stabilimento se venissero imposte le manutenzioni su cui si risparmia per 
non impegnare soldi e operai. Con più manutenzioni vi sarebbero meno 
infortuni e più lavoro. In caso di estrema necessità, ridurre gli 
straordinari è un altro modo per compensare gli effetti della chiusura 
delle batterie cancerogene della cokeria. Mi spiace essere così schematico 
ma credo che non occorra infierire oltre sullo stereotipo "più salute più 
licenziamenti". Il ricatto occupazionale a Taranto è un bluff, è anzi il 
Bluff con la B maiuscola. I fantomatici licenziamenti "da cokeria" mai sono 
avvenuti a Genova e mai avverranno a Taranto. Se licenziamenti ci dovessero 
essere in futuro, essi saranno il risultato di equazioni matematiche a più 
variabili, in cui le variabili che pesano di più sono connesse alla domanda 
mondiale di acciaio, ai costi delle materie prime, alla globalizzazione 
dell'economia, all'andamento delle borse, all'oscillazione del dollaro, al 
debito estero del Terzo Mondo, all'andamento del PIL, alle innovazioni di 
processo e di prodotto, alle nuove tecnologie ecc. Sono tutte cose che si 
studiano all'università e che sono impostate sui fogli elettronici di Excel 
nei computer dell'Ilva.
Vi è poi una seconda leggenda metropolitana che svolazza nell'aria 
inquinata di questa città: "la cokeria è un inferno che quasi nessuno è in 
grado di spegnere". Come i pozzi del Kuwait incendiati da Saddam Hussein. 
Questa leggenda metropolitana è stata sfatata a Cornigliano quando i 
tecnici dell'associazione "Per Cornigliano ONLUS" presentarono una 
relazione che prevedeva tempi di spegnimento nell'ordine di un massimo di 
48 ore. Noi a Taranto pensavamo che le ordinanze del Sindaco non si 
potessero applicare per insormontabili difficoltà tecniche; poi abbiamo 
dovuto prendere atto che erano tutte balle. PeaceLink è riuscita ad 
ottenere quella relazione tecnica con cui si spiega come spegnere la 
cokeria in 48 ore. E' una relazione confermata dal fatto che Riva, una 
volta ottenuto la promessa dello "scambio" ha effettivamente spento la 
cokeria in 48 ore. Per cui a Taranto lo spegnimento di 4 batterie dovrebbe 
essere immediato se Riva dovesse disobbedire al provvedimento della 
magistratura. E PeaceLink ha fatto pervenire alla Procura della Repubblica 
la relazione tecnica con cui si elencano le operazioni di spegnimento della 
cokeria di Cornigliano in 48 ore.
PeaceLink ha oggi messo quella relazione su Internet all'indirizzo 
http://www.peacelink.it/webgate/taranto/maillist.html
a disposizione di tutti i giornali che la vogliano pubblicare.
E veniamo al vero spettro: l'inquinamento cancerogeno della cokeria.
La Repubblica, nella sua edizione genovese del 12 febbraio 2002, titolava: 
"Cornigliano, crolla lo smog. Tre giorni senza coke 83% di benzene in 
meno". Ricordo che il benzene è un potente cancerogeno che può essere 
fatale anche alla prima inalazione. A Cornigliano (quartiere genovese a 
ridosso della cokeria, un po' come i Tamburi) questo era il dato tre giorni 
dopo che la cokeria era stata spenta. A Taranto tale riduzione potrebbe 
attestarsi sul 33% chiudendo 4 batterie su 10 e comprando il coke.
Occorre costruire una cultura più articolata ed avanzata: vogliamo essere 
competitivi con la Cina o la Polonia nella produzione del coke scegliendo 
di giocare la nostra competitività sul terreno del rischio salute? Pensata 
così, questa competizione la perderemo di sicuro. Se puntiamo invece su 
altre variabili forse avremo pensato veramente al futuro e non ad una 
mortificante e mortifera sconfitta. La globalizzazione ci spazzerà via se 
ci specializzeremo nei mestieri cancerogeni; perché nel terzo mondo si 
troverà sempre una città più disperata di Taranto disposta a sacrificarsi 
con minori tutele e con paghe minori. Per questo è importante oggi puntare 
ad uno sviluppo pulito e di qualità, ora che l'industria pesante non è in 
grado di ricattare ma è "debole" dato che ha bisogno di mano d'opera per 
rimpiazzare la fuga degli esposti all'amianto. Riva oggi non tratta da 
posizioni di forza; pertanto confida in aiuti politici e in una consolidata 
tendenza alla rassegnazione dei tarantini. Ma spetta proprio a noi 
tarantini decidere se essere cavie o cittadini. Se rassegnarci a respirare 
il benzene dei potenti o se rialzare la testa e rivendicare i nostri diritti.

Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
a.marescotti@peacelink.it