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fonti alternative risorse eoliche



da boiler it di lunedi 6 maggio 2002

 
Risorse eoliche

di Claudia Giammatteo  


 È IL NUOVO RECORD. L’energia eolica, ricavata dalla forza cinetica del
vento, ha segnato un altro primato. Alla fine dello scorso anno le turbine
a vento hanno spinto la capacità globale mondiale di altri 6970 megawatt,
sforando il tetto dei 24.500 Mw. Vincendo il primato di “fonte energetica
con il più alto tasso di crescita del mondo”. E il vento ha superato anche
l’atomo.Secondo l’associazione Europea per l’energia eolica, (Ewea)
l’energia prodotta nel 2001 dai nuovi impianti nucleari è stata solo di
1.748 megawatt. Un terzo di quelli “eolici”.


Le Microsoft del vento

Partita dalla California nei primi anni Ottanta, la sfida eolica è stata
ripresa dall’Europa: il 67 per cento della capacità eolica mondiale è
installata nel vecchio continente. Il 53 per cento del mercato mondiale
eolico – tra vendite dirette e concessioni – è in mano alla Danimarca: il
giro d’affari dell’industria eolica danese si avvicina ai 2.7 miliardi di
euro. E la Microsoft del vento è la compagnia danese Vestas: spuntata come
un fungo nel 1987, le azioni della compagnia sono salite del 24 per cento
in un anno. Affari d’oro anche per i diretti concorrenti: la tedesca
Enercon, l’americana Enron Wind (passata alla General Electric dopo lo
scandalo che ha coinvolto la grande multinazionale americana), la spagnola
Gemesa. Il boom ha lambito anche l’Italia. Dopo una lunga sosta,
l’andamento di crescita del mercato eolico italiano – spiega la sezione
italiana dell’Ises, l’importante istituto di ricerca e sviluppo del solare
e delle altre fonti alternative – è andato molto oltre le previsioni: + 52
per cento nel 2000 rispetto al 1999. Con 427 Mw istallati a fine 2000 e 58
centrali, concentrate nel “triangolo del vento” compreso tra Campania,
Abruzzo e Puglia.



A livello globale, è vero, è una goccia nel mare. I dati parlano chiaro:
l’80 per cento del fabbisogno energetico mondiale – che galoppa al 2 per
cento l’anno – è soddisfatto da gas, petrolio, e carbone. E la capacità
eolica è appena sufficienti a soddisfare l’1 per cento della fame mondiale
di energia. Eppure, un dato non sfugge agli analisti. Negli ultimi cinque
anni, il ritmo di crescita dell’eolico è del 38.8 per cento l’anno. La
vendita di turbine eoliche, nel 1999, è crescita del 65 per cento, quasi
quanto quella dei telefonini cellulari. E l’industria mondiale, secondo gli
analisti olandesi della Btm, si propone di raggiungere i 60 mila megawatt
eolici entro il 2010 e 150 mila entro il 2020, di cui un terzo costituito
da piattaforme off-shore, ovvero in alto mare. Inoltre, mentre il prezzo
delle fonti convenzionali, sembra destinato a salire con il tempo, quello
dell’energia eolica sta scendendo. «Negli ultimi venti anni il costo
dell’energia eolica è diminuito anche dell’80 per cento», spiega Arthouro
Zervos, presidente dell’European Wind Energy Association, mostrando un
listino virtuale: 2600 dollari/ kilowatt nel 1981 a 800 dollari/kilowatt
nel 1998. «Dato il continuo progresso tecnologico, si prevedono ulteriori
ribassi. Per alcuni paesi, l’energia eolica potrebbe rappresentare presto
la fonte di elettricità più economica». Merito dei progressi tecnologici, e
della caccia ai siti più azzeccati: così è stata già raggiunta la parità
economica con gas e carbone. Infine, un terzo dato: l’ago della bilancia
del mercato mondiale dell’energia si sta spostando verso i paesi in via di
sviluppo. Così, tra la cinquina dei paesi super produttori di energia
eolica, fa capolino l’India, già in posizione di leader. Mentre tra i paesi
potenzialmente super-produttori svetta la Cina, vero “ago della bilancia”
dello scenario energetico del prossimo secolo.


L’inizio della transizione energetica?

L’interpretazione di questi segnali divide gli analisti. C’è chi vede nella
corsa alle fonti alternative una sfida persa in partenza, puntellata da
incentivi e sconti fiscali. Chi abbraccia la sfida come “rimedio” contro i
gas serra prodotti dal petrolio, responsabili del riscaldamento globale. Ma
per altri, la corsa all’eolico potrebbe essere di più: l’inizio di una
rivoluzione energetica, destinata a scuotere gli equilibri geopolitici
mondiali. «Un attento esame ai trend tecnologici, economici, sociali ed
ambientali», spiegano Cristopher Flavin e Seth Dunn, del Worldwatch
Institute (il famoso centro di ricerche americano su ambiente e temi
globali), «suggerisce che potremmo trovarci alle battute iniziali di una
importante transizione energetica globale, caratterizzata dall’addio ai
combustibili fossili. Al loro posto le risorse energetiche primarie più
abbondanti della terra: il sole, il vento, e l’idrogeno». Una rivoluzione
simile a quella vissuta un secolo fa, durante il passaggio dal carbone al
petrolio. Partita lentamente, destinata ad accelerare nei prossimi decenni.
E che partorirà un sistema energetico radicalmente diverso dall’attuale.
Affidato a «piccoli impianti miniaturizzati e decentrati: piccole turbine
nelle fabbriche, celle a combustibili nei seminterrati, pannelli solari sui
tetti, turbine eoliche distribuite nei pascoli e impianti elettrici
trasportabili».



Un nuovo ordine “energetico”, insomma. Preannunciato, secondo i suoi
sostenitori, prima di tutto dai limiti delle risorse convenzionali. Se gas
naturale e carbone sono sufficienti a durare fino alla fine del Ventunesimo
secolo e oltre, infatti, la produzione di petrolio potrebbe arrivare al
capolinea in anticipo. A rimanere è solo «la metà del patrimonio naturale
originario», argomentano gli esperti americani. Altro segno premonitore, le
preoccupazioni per la dipendenza dall’”oro greggio” che crescono anche
negli Stati Uniti. Preoccupazioni legate alla sicurezza nazionale, dopo i
fatti dell’11 settembre. Gas e petrolio che provengono in zone molte
distanti dell’Unione, spesso caratterizzati da rischi geopolitici. «Il 60
per cento delle forniture di petrolio», ha ricordato al Congresso americano
il senatore repubblicano Frank Murkoswi, «è d’importazione e viene dal
Medioriente», area turbolenta per eccellenza come confermano gli ultimi
mesi. L’Europa è sulla stessa barca: «L’Unione Europea importa il 50 per
cento di energia dall’esterno», si legge nel Libro bianco delle
rinnovabili: « In assenza di interventi, sarà il 70 per cento entro il 2020».


Gli scenari futuri

Se le aspettative degli analisti del Worldwatch Institute saranno
rispettate, gli scenari futuri potrebbero vedere un pianeta radicalmente
trasformato. «Un’economia idrogeno-eolico-solare stravolgerebbe gli
equilibri internazionali», spiega Flavin: «Cambierebbero i protagonisti
della scena: non solo le “major del petrolio”, Stati Uniti, Russia e
Medioriente. Ma molti altri, tra cui Messico, India e Sudafrica in prima
linea per l’energia solare, Canada, India e Cina per le risorse eoliche. Un
sistema meno concentrato avrebbe una distribuzione più equa dei profitti. A
giovarsene non sarebbe solo la bilancia commerciale. «La natura
relativamente diffusa delle risorse energetiche rinnovabili», sottolinea
l’esperto, «ridurrebbe sensibilmente la dipendenza dal petrolio, e in
generale le importazioni». Con un risultato shock, a detta di Flavin: «La
diminuzione dei conflitti internazionali legati agli approvvigionamenti».
Che sono davvero tanti.